DOMENICA DELL'INCARNAZIONE
22 DICEMBRE 2013

luca 1,26-38
Riferimenti : Isaia 62,10-63,3 - salmo 71 - filippesi 4.4,9

In te mi rifugio, Signore, ch'io non resti confuso in eterno. Liberami, difendimi per la tua giustizia, porgimi ascolto e salvami. Sii per me rupe di difesa, baluardo inaccessibile, poiché tu sei mio rifugio e mia fortezza

Isaia 62, 10 - 63, 3b
In quei giorni. Isaia disse: «Passate, passate per le porte, / sgombrate la via al popolo, / spianate, spianate la strada, / liberatela dalle pietre, / innalzate un vessillo per i popoli». Ecco ciò che il Signore fa sentire / all’estremità della terra: / «Dite alla figlia di Sion: / “Ecco, arriva il tuo salvatore; / ecco, egli ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo precede”. / Li chiameranno “Popolo santo”, / “Redenti del Signore”. / E tu sarai chiamata Ricercata, / “Città non abbandonata”». «Chi è costui che viene da Edom, / da Bosra con le vesti tinte di rosso, / splendido nella sua veste, / che avanza nella pienezza della sua forza?». / «Sono io, che parlo con giustizia, / e sono grande nel salvare». / «Perché rossa è la tua veste / e i tuoi abiti come quelli di chi pigia nel torchio?». / «Nel tino ho pigiato da solo / e del mio popolo nessuno era con me».

Siamo al canto del ritorno, della gloria del popolo finalmente splendido e salvato, della scoperta della bellezza della sua elezione da parte di Dio che ha scelto Gerusalemme come sposa. I primi versetti del capitolo 62 celebrano questa bellezza e questo splendore: "Sarai una magnifica corona nella mano del Signore, un diadema regale nella palma del tuo Dio. Nessuno ti chiamerà più Abbandonata, né la tua terra sarà più detta Devastata, ma sarai chiamata Mia Gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua delizia e la tua terra avrà uno sposo". (62,3-4) E continua: "Come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te. (62,5). In questo splendore si formulano anche gli inviti. Ma bisogna rendere possibili gli accessi a questa città poiché bisogna onorare l'ospite prezioso che è il Signore, il Salvatore sta per entrare e facilitare gli invitati, anche "alzando un vessillo per i popoli". Questa Gerusalemme perciò, visitata da tutti i popoli e che riceve, insieme, come città della pace, il Signore, è inondata di regali e di ricompense per il progetto futuro. Vengono dati a Gerusalemme quattro nomi simbolici che indicano le qualità del nuovo popolo di Dio: «"Li chiameranno "Popolo santo", "Redenti del Signore", "Ricercata", "Città non abbandonata"». Nel voler celebrare la grandezza e la novità il profeta della restaurazione della città liberata inserisce un testo carico di quelle immagini di guerra che un combattente eroe, vincitore e liberatore di Gerusalemme, porta con sé. Dio viene descritto come un vendemmiatore che torna dopo aver pigiato l'uva nel tino: i suoi abiti sono sporchi di mosto ma quel mosto è il sangue dei popoli nemici di Israele di cui Edom è il nemico tradizionale. Le stesse immagini e il ricordo preciso di Edom, in modi più tempestosi e più apocalittici, vengono ricordati in Isaia al capitolo 34 (Is.34,1-7). Senza scandalizzarci del linguaggio culturale del tempo, il Signore rivendica la sua giustizia, la sua forza e la sua totale scelta personale senza interventi né collaborazioni da parte di alcuno. E' il suo modo per sottolineare la pienezza di amore e quindi la gratuità. Viene immaginato un dialogo tra questo personaggio misterioso e vincitore e le sentinelle che invitano lo sconosciuto ad identificarsi (63,1-6). La risposta dà il profilo di una battaglia dove il valoroso sconosciuto ha vinto, combattendo da solo. Perciò la sua venuta non è per interesse, né per la volontà di potere e di potenza, ma solo per mantenere la sua parola e sua fedeltà alla sposa: Israele. E' chiaro che in una lettura cristiana colui che arriva è Gesù, potente ma che ha battuto il peccato e la morte nella sua vita. E' sporco del proprio sangue e non del sangue di altri.

filippesi 4.4,9
Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. La vostra affabilità sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù. In conclusione, fratelli, tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!

S. Paolo, nella finale della lettera ai Filippesi, dopo alcune esortazioni, consigli pratici e raccomandazioni, invita alla gioia. "Rallegratevi nel Signore" in fondo è una stranezza: non si può comandare la gioia eppure il credente deve sforzarsi di raggiungere questo sentimento poiché egli si pone in rapporto a Cristo risorto (il Signore). Paolo, carcerato con la prospettiva di una sentenza capitale, non ha abbandonato la gioia, soprattutto nella consapevolezza che il suo sacrificio può aiutare a far crescere la fede ai credenti di Filippi. La gioia porta amabilità con gli uomini e la vicinanza della venuta del Signore; anzi, più che incentivare il distacco verso questo mondo, diventa occasione di un impegno più solido e saldo dì amore. Il "Non angustiatevi" ricorda lo stesso verbo del discorso delle beatitudini (Mt 6,25-34) e impegna un giusto rapporto con le cose. Il cristiano di fronte alle difficoltà non può disperarsi ma deve fidarsi di Dio Provvidenza e deve chiedere ciò che gli serve per il proprio mantenimento. E nel momento stesso che chiede, secondo lo stile ebraico, deve anche ringraziare poiché il ringraziamento è costitutivo della preghiera, indipendentemente che si faccia una richiesta e che questa sia esaudita. Allora "cuore e pensieri" (dimensione profonda e interiore della persona) saranno custoditi nella pace e quindi in quell'equilibrio che non prova più ansia né sgomento. un atteggiamento di fiducia che accetta di camminare nella fedeltà a Signore e nella pace deve saper scoprire con il solo i valori fondamentali da cui ogni comunità non l'avrebbe mai prescindere. E l'elenco di otto valori che toccano il vivere morale di ogni persona, e non solo quello della comunità cristiana. Si potrebbe però notare che il 8 è il numero della risurrezione, e quindi si potrebbe dire che questo elenco tocca i credenti che accolgono e vivano la speranza della vita piena. A conclusione del testo Paolo suggerisce come ha dei discepoli di seguire il proprio esempio poiché è egli si è fatto per loro accompagnatore e maestro. L'augurio conclusivo passa dalla pace di Dio (versetto sette) al Dio della pace versetto non. Se c'è Dio ce la pace e se c'è la pace Dio agisce.

 
Nazaret vista da Nord.
Al centro la Basilica. Sullo sfondo il monte del precipizio
BASILICA INFERIORE DELL'ANNUNCIAZIONE.
Nazareth. La città entra nella storia solo con gli avvenimenti della vita di Gesù; non è mai nominata nell’AT, neppure dal Talmud, né da Giuseppe Flavio, anche se la località risulta abitata sin dall’età del Bronzo. Ai tempi di Gesù non doveva essere molto importante se Natanaele poté esclamare: “Cosa può mai venire di buono da Nazareth?” (Gv 1,46)
 Luca 1,26-38

Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te". A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine". Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo". Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio". Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto".

Ciò che colpisce, nell’Annunciazione, è che una “religione pura” esige un dialogo vivente e costante fra Dio e ogni uomo. Qui Dio ha pronunciato la sua ultima Parola a Maria, perché si compissero le parole che, nella storia di Israele, erano state dette ad Abramo, a Mosé e ai profeti. Essi avevano ascoltato e obbedito; lasciarono entrare nella loro vita la Parola di Dio, la fecero parlare nelle loro azioni e la resero feconda nel loro destino.
I profeti sostituirono alle loro proprie idee la Parola di Dio; anche Maria lasciò che la Parola di Dio si sostituisse a quelle che erano le sue convinzioni religiose. Di fronte alla profondità e all’estensione di questa nuova Parola, Maria “rimase turbata”. L’avvicinarsi del Dio infinito deve sempre turbare profondamente la creatura, anche se, come Maria, è “piena di grazia”.
Assolutamente straordinario è poi che questo Dio non solo si avvicina a Maria, ma le offre il proprio Figlio eterno perché divenga il suo Figlio. Come è possibile che il “Figlio dell’Altissimo” diventi suo Figlio? “Lo Spirito Santo scenderà su di te”. Come scese sul caos, in occasione della creazione, lo Spirito Santo scenderà su Maria e il risultato sarà una nuova creazione. L’albero appassito della storia fiorirà di nuovo. “Maria disse: Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Nell’Annunciazione si ha il tipo di dialogo che il Padre del nostro Signore Gesù Cristo vorrebbe avere con ciascuno di noi. L’esperienza di Maria a Nazaret sottolinea questa verità per tutto il popolo di Dio. Il suo “sì” in risposta all’offerta divina e il cambiamento drammatico di vita che ne sarebbe seguito, mostrano che la venuta di Dio in mezzo a noi esige un cambiamento radicale.
Ma, cosa più importante, l’Annunciazione a Maria ci pone di fronte ad una grande verità: ognuno di noi ha avuto un’“annunciazione” personale. Sto esagerando? No di certo. Se esaminate la vostra vita passata, troverete un’esperienza che è stata decisiva; forse non ebbe allora conseguenze immediate, o almeno non vi sembrò, ma, ripensandoci adesso, vi accorgete che è stata fondamentale, sia essa la scuola che avete frequentato, un libro che avete letto, un discorso che avete ascoltato, una frase delle Scritture che vi ha colpito, gli amici a cui vi siete sentiti uniti o un ritiro che avete fatto. Era il Dio di Maria di Nazaret che si annunciava a voi. Voi avete dunque avuto una “vostra” annunciazione. E se non avete risposto “sì”, o se avete pronunciato soltanto un “sì” timido? Basta riconoscere l’annunciazione ora e cercare di recuperare il tempo perduto vivendo per Dio e per gli altri.
“Eccomi sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto
”.