DOMENICA NELL’OTTAVA DEL NATALE DEL SIGNORE
29 Dicembre 2013
Giovanni 1, 1-14
Riferimenti : Proverbi 8, 22-31 - Salmo 2  - Colossesi 1, 13b. 15-20
Perché le genti congiurano perché invano cospirano i popoli? Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia: "Spezziamo le loro catene, gettiamo via i loro legami". Se ne ride chi abita i cieli, li schernisce dall'alto il Signore. Egli parla loro con ira, li spaventa nel suo sdegno: "Io l'ho costituito mio sovrano sul Sion mio santo monte".

Proverbi 8, 22-31
La Sapienza grida: «Il Signore mi ha creato come inizio della sua attività, prima di ogni sua opera, all’origine. Dall’eternità sono stata formata, fin dal principio, dagli inizi della terra.Quando non esistevano gli abissi, io fui generata, quando ancora non vierano le sorgenti cariche d’acqua;prima che fossero fissate le basi dei monti, prima delle colline, io fui generata,quando ancora non aveva fatto la terra e i campi né le prime zolle del mondo.Quando egli fissava i cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio sull’abisso,quando condensava le nubi in alto, quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando stabiliva al mare i suoi limiti, così che le acque non ne oltrepassassero i confini,quando disponeva le fondamenta della terra,io ero con lui come artefice ed ero la sua delizia ogni giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante,giocavo sul globo terrestre,ponendo le mie delizie tra i figli dell’uomo.

 Il libro dei Proverbi, nonostante sia stato attribuito a Salomone (1,1), va considerato come opera didiversi autori, confluiti nei secoli a fissare il testo attuale. La parte più antica risale all'epoca della monarchia in Israele (X-VII sec.); voleva sintetizzare comportamenti e saggezze che servissero damodello per la corte, la famiglia, la scuola, la formazione degli scribi e degli impiegatinell'amministrazione del regno. I primi nove capitoli, da cui è stato tratto il testo di oggi, riflettono la concezione della Sapienza che si è affermata dopo l'esilio babilonese (V sec.): la Sapienza diventaanzitutto una prerogativa divina, e non è più soltanto un mezzo per ottenere successo e benevolenza.Nei libri sapienziali dell'Antico Testamento spesso la Sapienza stessa è personificata. Quasi una tecnicateatrale permette alla Sapienza di presentarsi agli uomini desiderabile più d'ogni altra cosa, di castamentesedurli e farli innamorare di sé, così che abbiano la vita piena e vera.Il libro dei Proverbi pone, all'inizio di tutto, la creazione-generazione della Sapienza. E’ anteriore a tutto,ma è pure principio di tutto, principio nel tempo e principio di ogni realtà, perché l'intelligenza umanascopre, con meraviglia inesausta, le tracce dell'intelligenza divina nelle cose del mondo: rapporti,meccanismi, sistemi complessi che suggeriscono una progettualità, sommamente sapiente, che haprodotto la realtà e la conduce nel tempo. D'altra parte il libro dei Proverbi rivela qualcosa di Dio stesso: questa Sapienza è anche altra da lui, si pone come suo partner nell'opera della creazione, come“consigliere al suo fianco” e, molto di più, come sua “delizia”, giorno dopo giorno, bimba o donna dagliocchi sempre ridenti. Ciò che fa ridenti gli occhi di Sapienza è il globo terrestre, la terra che Dio hacreato, e delizia della Sapienza sono i figli dell'uomo. L'Antico Testamento è giunto fino ad affermare che Dio non è solo nel creare il mondo.Gesù riprenderà questa riflessione e la svilupperà. La prima Comunità cristiana via via collegherà laSapienza che crea con Dio ed il Verbo di Dio che si è fatto uomo in Gesù.Ci troviamo oggi con un testo di 4 strofe. Nella prima (vv 22-23) e nell'ultima (vv 30-31) la Sapienza parla di se stessa mentre nella seconda (vv 24-26) e terza (vv 27-29) la creazione del mondo si sviluppadal nulla attraverso la Sapienza. Descritta come una fanciulla, figlia primogenita del Creatore, è capacedi portare al padre una grande gioia, frutto di condivisione totale, di comunione nel progettare. Così Diosi presenta sempre in relazione con qualcuno, disponibile, che partecipa alla sua opera. Il disegnocreativo è nel pensiero di Dio, ma accanto a Lui ci si immagina come un modello davanti ai suoi occhisu cui Egli imposta la sua attività: la Sapienza come un "architetto- artigiano-capomastro" che segue ilavori e vi partecipa. In ogni fase, in ogni giorno è la delizia di Dio e ne condivide la gioia. Essa è l'unicache conosce Dio, è in rapporto con Lui e con gli uomini. Lei sola possiede e può donare il significatoultimo delle cose. Certamente il popolo cristiano è chiamato a riflettere sulla parola, portatrice della Sapienza, ricca delloSpirito di Dio, e capace poi di tradurla. E se è molto difficile, nella realtà di oggi, siamo però chiamati a farlo poiché la Sapienza vuole creare e ricreare il mondo.Si torna, così, al sapere sul mondo, alle scelte anche sociali e politiche che debbono saper ritrovare isegni della Sapienza e le sue traduzioni. Ma stiamo attenti di non pretendere queste traduzioni dalla Gerarchia. Non è questo il suo compito. Tali scelte debbono nascere dalla esperienza, dalla competenza,dal coraggio e dalla volontà di perseguire il bene comune del popolo di Dio, motivate dalla riflessione edall’audacia della Sapienza del Signore.

Colossesi 1, 13b. 15-20
Il Figlio del suo amore è immagine delDio invisibile, primogenito di tutta lacreazione, perché in lui furono create tuttele cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili equelle invisibili: Troni, Dominazioni,Principati e Potenze. Tutte le cose sono statecreate per mezzo di lui e in vista di lui. Egliè prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo,della Chiesa. Egli è principio, primogenito diquelli che risorgono dai morti, perché sia luiad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta lapienezza e che per mezzo di lui e in vista dilui siano riconciliate tutte le cose, avendopacificato con il sangue della sua croce sia lecose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli
 
Colossi la comunità è disorientata da una dottrina d'origine ebraica e pagana che esalta i ruoli dimisteriose potenze celesti, ben oltre la dignità di Gesù. Paolo in questa lettera si preoccupa di porre unariflessione approfondita su Gesù e il suo ruolo, come riferimento fondamentale del creato e di tutta laChiesa. Sembra che qui si citi un inno cristiano primitivo (3,16) composto di due strofe.La prima strofa (vv 15.16) celebra il ruolo di Cristo nella prima creazione e nella nuova creazione (2Cor5,17). Spiega il significato di «tutte le cose» (vv 16bcd.20b) come richiamo ai credenti che tendevano ariferire un ruolo preminente agli angeli (2,18).La seconda strofa (Col 1,18-20) proclama la Chiesa: come corpo di Cristo; di essa Cristo ne è il capo, siaper la sua priorità nel tempo (nella creazione e primo tra i risuscitati, v18), e sia per la sua riconciliazionedi tutte le cose: egli è perciò «principio» nell’ordine della salvezza (v 20).Si intravede la pienezza «della divinità» (come in Col 2,9).In Gesù tutte le cose sono create e dipendono da lui: il mondo è in pace nella pienezza del Signore. Maun altro titolo fa convergere a Gesù tutte le cose. Infatti, se la caduta dell’umanità nella disobbedienza hatrascinato tutta la realtà nella esclusione da Dio, solo Gesù è stato capace di riconciliare la realtà poichéha “pacificato con il suo sangue” ed ha riconquistato tutto alla vita mediante la sua risurrezione. Cosìl’umanità e il creato stesso, coinvolti nella colpa, sono ripresi, purificati e salvati. (Rm 8,19-22;1Cor3,22s;15,20-28;Ef 1,10;4,10;Fil 2,10s;3,21;Eb 2,5-8; cf.2,9).In tal modo tutto il mondo può tornare nell’ordine e nella pace, sia gli spiriti celesti, sia gli uomini (2Ts1,8-9;1Cor 6,9-10;Gal 5,21;Rm 2,8;Ef 5,5) sia le realtà create.

Giovanni 1, 1-14

In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio.Egli era, in principio, presso Dio:tutto è stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. In lui era la vita e la vita erala luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce.Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.Era nel mondo e il mondo è stato fatto per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto.Venne fra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto.A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome,i quali, non da sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati.E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito che viene dalPadre, pieno di grazia e di verità.

Il Prologo (o Introduzione: si chiamano così i primi 18 versetti del Vangelo di Giovanni) si presentacome un testo libero, un canto che prende vita e cresce da un versetto all’altro. Esso parla della manifestazione di Gesù che rivela Dio. Gesù è il narratore che parla del Padre, dell’amore che lega ilFiglio al Padre e di ambedue nei riguardi dell’uomo. Egli è l’icona visibile del Dio invisibile, perché chi vede il Figlio vede il Padre.Questa Rivelazione del Prologo, del Figlio nel Padre e del Padre attraverso il Figlio, trova il suo puntomassimo in Gv. 16,28: “Sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre”. Così, aquesto i suoi discepoli rispondono: “Ora parli chiaramente e non usi similitudini, ora conosciamo che saitutto…per questo crediamo che sei uscito da Dio”Il prologo e tutto il vangelo si formano dal moto di Gesù che, uscito dal Padre torna al Padre. La strutturainterna, con la discesa nel mondo e con la salita al Padre, raggiunge nella nostra vita il suo vertice neldono della luce, della grazia e della verità che, se accolte, ci rendono figli di Dio. Il Prologo è l’inizio del vangelo di Giovanni che illustra, anticipandoli e sintetizzandoli, tutti i temi delVangelo di Giovanni: Gesù è il Verbo di Dio che si fa carne e viene ad abitare tra noi.Possiamo distinguere quattro sezioni in cui si intrecciano i significati- della identità del Verbo e della sua missione nel mondo, rivelatore del Padre e salvatore,- della missione di Giovanni Battista,- del rifiuto e della fede del mondo in Cristo Gesù,- di pienezza di Cristo.La prima sezione (vv. 1-5) ci presenta il Verbo, come Dio, origine e mediatore della creazione, vita eluce. Egli è fonte di vita per gli uomini in quanto creatore con Dio e in quanto luce degli uomini. La lucerivela ciò che è nascosto: il mistero di Dio, e ciò che si nasconde nelle tenebre: il peccato degli uomini.L’evangelista Giovanni afferma che, a causa della resurrezione, il Verbo è più forte delle tenebre e dellamorte.La seconda sezione (vv. 6-9) parla di Giovanni il Battezzatore come testimone che viene da Dio permostrare al popolo ebreo la luce di Cristo, la luce vera che illumina la vita di ciascuno di noi. Giovanni ilBattista è consapevole di non essere lui la luce, ma il suo compito è quello di dare testimonianza a Gesù,che è venuto come la luce vera.La terza sezione (vv. 10-13) mostra il mistero dell’accoglienza e del rifiuto di Gesù da parte degliuomini. Gesù, avendo partecipato alla creazione del mondo come Verbo di Dio, avrebbe dovuto esserericonosciuto dal mondo - come il suo creatore - in modo naturale. E invece il popolo, scelto da Dio perrendere testimonianza al suo Messia, non lo ha riconosciuto, salvo alcuni, che lo hanno accolto comeinviato dal Padre. Essi si sono riconosciuti suoi fratelli, e diventati figli di Dio. Tutto questo, tuttavia,non accade per discendenza carnale, ma per discendenza spirituale. Infatti chiunque, appartenente a qualsiasi popolo, può diventare figlio di Dio, se accoglie Gesù nello Spirito del Padre, riconoscendosicosì generato alla vita dal Dio della vita. Un interessante brano di Paolo ci ricorda: «Ed egli è morto pertutti, perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto e risuscitato perloro. Cosicché ormai noi non conosciamo più nessuno secondo la carne; e anche se abbiamo conosciutoCristo secondo la carne, ora non lo conosciamo più così. Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova;le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2 Cor 5,15-17).C’è poi una quarta sezione (vv. 14-18) che fa sempre parte di questo bellissimo inno di cui, oggi,leggiamo solo l’inizio nel v 14. Il seguito continua: «15 Giovanni gli dà testimonianza e proclama: «Era dilui che io dissi: Colui che viene dopo di me è avanti a me, perché era prima di me».16Dalla sua pienezzanoi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.17Perché la Legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e laverità vennero per mezzo di Gesù Cristo.18Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio edè nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato».Gesù ha salvato il mondo facendosi uno di noi per abitare tra noi. Egli è come la tenda dell’Alleanza chesi trovava in mezzo al popolo, quando uscì dall’Egitto con Mosè, luogo della presenza del Signore,«figura» del Cristo che abita in mezzo al popolo.Che Dio si faccia carne è il mistero che ci meraviglia sempre. Egli infatti “Non ritenne un privilegiol’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo…come uomo umiliò sestesso”(cfr. Fil 2,6-11). Egli è venuto a compiere la Legge che si compendia nella carità e nella verità:nella carità dell’amore di Dio per noi e nella verità di questo stesso amore, fedele a se stesso e che nonviene mai meno. E’ una verità che si traduce nella fedeltà di Dio al suo disegno di amore per l’uomo.Se è vero che fino a Gesù nessuno ha mai visto Dio e che, nell’Antico Testamento, l’incontro con Luiavviene solo nell’ascolto della sua Parola, con Gesù ci viene rivelato il volto del Padre: “Filippo, chivede me vede il Padre” (Gv 14,9).