 SOLENNITÀ DELLA SANTISSIMA
TRINITÀ 15/06/2014
Giovanni16, 12-15.
Riferimenti : Esodo. 3, 1-15 - Salmo 67
- Romani. 8, 14-17 |
| Dio abbia pietà di noi e ci benedica, su di noi
faccia splendere il suo volto; perché si conosca sulla terra la
tua via, fra tutte le genti la tua salvezza. Ti lodino i popoli,
Dio, ti lodino i popoli tutti. Esultino le genti e si
rallegrino, perché giudichi i popoli con giustizia, governi le
nazioni sulla terra. Ti lodino i popoli, Dio, ti lodino i popoli
tutti |
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Esodo. 3, 1-15
In quei giorni. Mentre Mosè stava
pascolando il greggedi Ietro, suo suocero, sacerdote di
Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al
monte di Dio, l’Oreb.L’angelo del Signore gli apparve in una
fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto.Egli guardò ed ecco:
il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si
consumava. Mosè pensò: «Voglio avvicinarmi a osservare questo
grande spettacolo: perché il roveto non brucia?». Il Signore
vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal
roveto:«Mosè, Mosè!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Non
avvicinarti oltre! Togliti isandali dai piedi, perché il
luogo sul quale tu stai è suolo santo!». E disse:«Io sono
il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il
Dio di Giacobbe». Mosè allora si coprì il volto, perché
aveva paura di guardare verso Dio. Il Signore disse: «Ho
osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito
il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue
sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e
per farlo salire da questa terra verso una terra bella e
spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso
il luogo dove sitrovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il
Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo. Ecco, il grido degli Israeliti
è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani
li opprimono. Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’
uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!». Mosè disse
aDio: «Chi sono io per andare dal faraone e far uscire
gli Israeliti dall’Egitto?». Rispose: «Io sarò con te. Questo
sarà per te il segno che io ti ho mandato:quando tu avrai
fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo
monte». Mosè disse a Dio: «Ecco, io vado dagli Israeliti e
dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi
diranno:“Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò
loro?». Dio disse a Mosè:«Io sono colui che sono!». E
aggiunse:«Così dirai agli Israeliti: “Io-Sono mi ha mandato
a voi”». Dio disse ancora a Mosè: «Dirai agli Israeliti: “Il
Signore,Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di
Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il
mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò
ricordato di generazione in generazione.
Mosè è fuggito dall’Egitto, avendo messo a repentaglio la
sua vita. Ha infatti difeso uno schiavo ebreo da un
aguzzino egiziano che, nella colluttazione con Mosè, è
rimasto ucciso. Mosè non sopporta che i sottomessi siano
sfruttati e maltrattati. Ha un cuore misericordioso. Ma
questo impaurisce sia il Faraone che gli stessi ebrei
che, per timore di conseguenze, lo rifiutano (Es 2,11-16).
Così è fuggito, trovando rifugio nel deserto, in una vita
tranquilla di pastore. Si è accasato ed ha dimenticato tutto
e tutti,in unavita sempre uguale.Ma è il Signore che
non dimentica il suo popolo insofferenza e sente il suo
grido. Non è un popolo chegrida al Signore come
preghiera e come speranza diintercessione. E’ un popolo che
grida per paura, perdisperazione senza nessun
riferimento e attesa. E Dio ascolta questo grido.Il
Signore ricorda l'alleanza compiuta con i patriarchi, misura
la sofferenza del suo popolo comeindegna: "Ho osservato, ho
udito, conosco, sono sceso". Il Signore è presente, sente la
disperazione eilsuo cuore è scosso. Bisogna preparare un
futuro, attraverso la liberazione del popolo dalla
schiavitù,facendolo salire in un paese totalmente nuovo,
ricco e fertile. Nel libro dell'Esodo si utilizza il ve
rbo“uscire” (usato 94 volte) per esprimere il signific
ato di una liberazione-salvezza. Esso fa parte delnucleo
fondamentale della fede ebraica: "Il Signore ci hafatto
uscire dall’Egitto". La condizione di speranzanon è
togliere l’ostacolo o far morire il violento,come noi
vorremmo. Ma, come spesse volteverifichiamo nella Bibbia e
questo ci lascia sconcertati, bisogna uscire dalla
situazione. E questo, gliebrei lo sperimenteranno. Non
sarà una uscita facile ma richiederà fatica, sofferenza,
fiducia e coraggio.Tutto sarà così faticoso e la libertà
costerà così tanto che arriveranno a desiderare la schiavitù
passata,nel tempo della sottomissione in Egitto (Es
16,3).Il dialogo iniziale con Mosè nasce da una sua istin
tiva curiosità: il roveto ardente, che non si consuma,
svela, da parte di Mosè, un interesse ai significati del
mondo, ai perché della realtà in cui viviamoedegli
avvenimenti che dobbiamo affrontare. E’ cosìche si inizia a
cercare il Signore. E’ un suggerimentoda offrire agli
adulti quando parlano con i giovani. Vanno incoraggiati a
cercare il perché dei fattie a nonaccontentarsi delle
risposte ovvie o più facili.Un bellissimo commento rabbinico
interpreta: “Il Santo, Benedetto egli sia, disse a Mosé:
“Non senti cheio sono nel dolore proprio come Israele è
nel dolore? Guarda da che luogo ti parlo, dalle spine! Se co
sì sipotesse dire, io condivido il dolore d’Israele!” (E
sodo Rabbà 2,5).Dio disse a Mosè: “Io sono con te”(v 12).
Mosé risponde: “Eccomi”, ma all’invito che il Signore fa di
accostarsi a lui, Mosé deve andare scalzo, senza sandali (il
sandalo ha, come suola, pelle di animalemorto; perciò non
può calpestare il luogo sacro: lo pensa ancora l’Islam) e a
capo coperto perché prova iltimore di avvicinarsi a Dio.
Nonostante la sua povertà e indegnità, Mosé si sente dire
che deve innalzarsiall’altezza del faraone per
annunciargli che un altro Dio combatte contro di lui, che
pure ritiene diesserel’incarnazione di un Dio. Mosè
pensa dentro di sé:“È impossibile, non sono all’altezza.” e
porta cinquemotivi per cui egli non può presentarsi come
ambasciatore di un Dio sconosciuto. Il Signore smantella
lescuse, mantiene l’impegno con Mosé e gli dà pure un
segno. Ma è uno strano segno. si avvererà quandotutto sarà
finito.Siamo ad una ubbidienza totale e senza garanzie. Mo
sè supplica:”Almeno dimmi il tuo nome”.Conoscere il nome di
qualcuno, in un certo senso, ètentare di impossessarsi della
sua identità e quindiavere potere su di lui. E Dio non
si svela per ciòche è (resta sempre inaccessibile), ma per
come sicomporterà. Il significato, infatti, corrisponde a:
Yahwè: "Io sono", anzi “Io sarò colui che sarò”. Saròuna
presenza fedele nei secoli e sarò accanto a questo popolo,
sottomettendo la potenza degli dei cheloopprimono. Dio
dice il suo modo di essere, di “essere per”. E il nome
divino impronunciabile perl'ebraismo, il sacro tetragramma
YHWH, suona come un Dio che “fa essere, che fa liberi”.
Dio si serve degli angeli e, in questo caso, si puòdire che
l’angelo è Mosè (Es 23,20. 23): “Ecco iomando un angelo
davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare
nel luogo che ho preparato”.Il Signore cerca
collaborazione e, se si accetta dilavorare insieme per i
suoi progetti di liberazione, sidiventa suoi angeli. Con
Mosé ciascuno di noi è chiamato a continuare le schiere
angeliche sulla terra.Ma tutto il testo esprime anche una
strana povertàdi Dio. Per liberare il popolo, Dio ha bisogno
di Mosèe lo incalza, lo assedia, accetta tutte le sue
scuse e vi pone soluzioni. Tanto è desideroso di libera
re, tantoè premuroso di mandare un liberatore, pur accettand
one i limiti. E’ una grande riflessione per no Romani. 8,
14-17Fratelli, tutti quelli che sono guidati dallo
Spirito di Dio, questi sono figli di Dio. E voi non avete
ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma
avetericevuto lo Spirito che rende figliadottivi, per
mezzo del quale gridiamo:«Abbà! Padre!». Lo Spirito stesso,
insieme al nostro spirito, attesta che siamo figli di Dio. E
se siamo figli,siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi
di Cristo, se davvero prendiamo partealle sue sofferenze per
partecipare anche alla sua gloria
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Romani. 8, 14-17
Fratelli, tutti
quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, questi sono
figli di Dio. E voi non avete ricevuto uno spirito da schiavi
per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che
rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo:«Abbà!
Padre!». Lo Spirito stesso, insieme al nostro spirito,
attesta che siamo figli di Dio. E se siamo figli, siamo
anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo, se davvero
prendiamo parte alle sue sofferenze per partecipare anche
alla sua gloria San Paolo ci allarga gli
orizzonti del mondo di Diopoiché ci garantisce di far parte
della famiglia di Diodi cui noi tutti, battezzati,
facciamo parte. Non esisteva, nel mondo ebraico, l’adozione.
Erafondamentalmente un istituto del mondo greco-romano.
Questa rilettura dei rapporti familiari che facevasalire
il figlio adottivo alla stessa dignità dei figli naturali,
con la stessa eredità e con lo stesso rapportoparentale,
aiuta molto a intravvedere il significato di ogni cristiano
battezzato nei rapporti con Gesù econ il Padre. Gesù è
l’Unigenito, nato nella pienezza del Padre il quale ci
coinvolge tutti nella stessafraternità. Gesù ne è
consapevole e sa che questo èil progetto di Dio. Ma la
trasformazione interioreèsviluppata nello Spirito. Lo
stesso Spirito è all’interno della Trinità ed è lo stesso
Spirito che anima Gesùnel suo cammino nel mondo. E’ lo
stesso Spirito chevivifica le nostre scelte e il nostro
cammino, è loSpirito che ci rincuora, è lo Spirito che
ci permette, con gioia e in pienezza, di poter chiamare Dio:
“nostro Padre, nostro Papà”. Se il primo brano, tratto
dall’Esodo, ci parla dell’attenzione di Dio che opera una
liberazione per averciscelti, questo testo parla del
cammino della nostravita che si è sviluppata, che deve aver
bisogno diunacoscienza nuova, a somiglianza di quella di
Gesù che lo Spirito ha offerto a lui ed offre a noi. Ma a
questo punto, nel dirci “coeredi di Cristo”, ci parla anche
di prendere parte alle sue sofferenze perpartecipare anche
alla sua gloria”. Con questo non siamo invitati a salire
sulla croce e a ricevere unaflagellazione quali Gesù ha
sopportato. Le sofferenze fondamentali di Gesù erano quelle
di voler bene,nonostante i rifiuti e le ritrosie che
incontrava.Partecipare alle sofferenze di Gesù significa
rigenerare inquesto mondo la consapevolezza di un amore
profondoche va ricercato, vissuto in libertà, proposto
come prospettiva di pace. Perciò “figli di Dio e non
schiavi”. Ed anche gli schiavi hanno la stessadignità e
pienezza dei figli di Dio. |
Giovanni16, 12-15. In quel tempo.
Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli:” Molte cose ho ancora da
dirvi,
ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo
Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da
se stesso,ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose
future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che
è mio e ve lo
annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo
ho
detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà”
Nei “discorsi di addio”, raccolti nei capitoli 13-17, Giovanni ci
comunica che, nelle promesse e nellegaranzie di Gesù, ha una parte
fondamentale il donodello Spirito. In quell’ultima sera del Giovedì sa
nto,Gesù si preoccupa di approfondire l’offerta che offre ai suoi e
ne indica il ruolo, come garante dellaverità.Ci troviamo di fronte ad
un futuro drammatico di cui, probabilmente, gli apostoli non si rendono
conto,nonostante le prospettive e i preannunci di Gesù. Ormai si sono
abituati alle polemiche con le autoritàreligiose, davanti alle quali
Gesù oppone fermezzae libertà. Pensano, perciò, che il futuro è garant
itocome una faticosa ma fruttifica raccolta di coinvolgimenti e di
successi.Eppure l’ultima cena, raccontata da Giovanni, apreorizzonti
nuovi dove addirittura Gesù scomparedietro la presenza dello Spirito.
Infatti sarà datoun altro Paràclito (Gv 14,16): “io pregherò il Padre
edegli vi darà un altro Paràclito perché rimanga convoi per sempre”.
Eppure subito dopo aleggia unaparola impronunciabile: la prospettiva di
diventareorfani. “Non vi lascerò orfani. Verrò da voi” (14,18)
Siamo al primo dei cinque testi che riguardano lo Spirito (Paràclito,
Spirito di verità, Spirito Santo). E laparola è detta. Essere orfani,
per il momento, noncrea confusione perché non capiscono. Ma poi rester
àcome un marchio di angoscia. Lo Spirito aiuterà a vivere il cammino
con fiducia. Dovranno raggiungereGesù nella fede, nello Spirito che
incoraggia ma non l’avranno più sotto mano.Capiranno via via. Inviato
dal Padre (e da Cristo), dopo la partenza di Gesù (16,7;7,39;At 2,33), lo
Spirito, mandato dal Padre e da Gesù, dimorerà persempre presso i
discepoli (14,15-17), per ricordareecompletare l’insegnamento di Gesù
stesso (14,25-26).Condurrà i discepoli in cammini di verità (8,32), e
spiegherà loro il senso degli avvenimenti futuri(16,12-15). Glorificherà
Cristo (16,14): infatti testimonierà (15,26-27;1Gv 5,6-7) che la sua
missioneèvenuta veramente da Dio e che il mondo, ingannato dal
suo principe, il «padre della menzogna» (8,44),ha avuto torto nel non
credere in lui (16,7-11).Ce ne sarà bisogno di questa presenza poiché il
piano di Dio, svolto da Gesù, risulterà assolutamenteinimmaginabile e
assurdo. Va contro ogni logica edogni attesa umana, proprio perché viene
dallosplendore e dalla munificenza di Dio. Il dramma chesi scatenerà
su Gesù, il giusto, diventerà il veroesolo appello e la vera garanzia
di salvezza. Proprio da quel male che ha cancellato Gesù nascerà la
pienezza, ma questo può essere colto, ed insegnatoe garantito solo dallo
Spirito. Non ci sonogiustificazioni umane.Eppure lo Spirito Santo non
aggiungerà rivelazionipoiché Gesù ha già manifestato tutto il suo
messaggio. Gesù sa che i suoi discepoli hanno bisogno di vederselo
spiegato, maturato, esemplificato:idiscepoli, infatti, non sanno e
non possono capire.“Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento
non siete capaci di portarne il peso” (v 12). Nell'apparente abbandono
che il gruppo dei discepoliavverte, questo nuovo ospite terrà il posto di
Gesùmentre il risorto ritorna al Padre. La missione diGesùè
finita, ma lo Spirito Santo sarà testimone dellasua presenza (Gv.14,26;
15,26). “Quando verrà lui,loSpirito della verità, vi guiderà a tutta
la verità”(v13).Tutto è stato rivelato e lo Spirito Santo non aggiu
ngerà nulla “perché non parlerà da se stesso, ma diràtutto ciò che
avrà udito e vi annuncerà le cose future” (v 16,13): Eppure il compito
dello Spiritocontinuerà l'azione di Cristo poiché la rende presente,
in modo nuovo, anche se, a volte, è difficileintravederla. Ma lo Spirito
ci aprirà gli occhi. Elo farà, accompagnando via via nella storia ciò che
accade: i fatti, gli avvenimenti, le scelte. Il bene e il male, l’eroismo
e la vigliaccheria, di cui èimpastatala fragilità dell’uomo, saranno
richiami per capiremeglio, per scoprire le parole di Gesù, per matura
re,insieme con il mondo, il cammino della sua comunità. Ma saranno
aiutati dallo Spirito poichésorgeranno sempre interrogativi e lamenti,
lacerazioni e attese. La Chiesa dovrà sentirsi, dentro questo
crogiuolo, come testimone, portatrice umile e coraggiosa di speranza che
lo Spirito sosterrà, aiutandoainterpretare i tempi,.Perciò la
Trinità di presenta- come il Padre che ha misericordia di fronte a tut
ti gli schiavi del mondo;- come presenza liberante di Gesù, fratello di
tutti, che vuole ricordare nel nostro mondo la dignitàdiogni uomo
e donna come figli di Dio;- come Spirito, fermento nella storia per
maturareil nostro cammino di speranza. |