V DOMENICA DOPO PENTECOSTE
13 luglio 2014
Luca. 9, 57-62.
Riferimenti : Genesi. 11, 31. 32b - 12, 5b - Salmo  104-  Ebrei. 11, 1-2. 8-16b
Signore, mio Dio, quanto sei grande! Rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un manto. Tu stendi il cielo come una tenda, costruisci sulle acque la tua dimora, fai delle nubi il tuo carro, cammini sulle ali del vento;  fai dei venti i tuoi messaggeri, delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.  Hai fondato la terra sulle sue basi, mai potrà vacillare.  L'oceano l'avvolgeva come un manto, le acque coprivano le montagne.

Genesi. 11, 31. 32b - 12, 5b

In quei giorni. Terach prese Abram, suo figlio,e Lot, figlio di Aran, figlio cioè di suo figlio, e Sarài sua nuora,moglie di Abram suo figlio, e uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella terra di Canaan.Arrivarono fino a Carran e vi si stabilirono. Terach morì a Carran. Il Signore disse ad Abram:«Vattene dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò. Farò di te una grande nazione e ti benedirò, renderò grande il tuo nome e possa tu essere una benedizione. Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che ti malediranno maledirò, e in te si diranno benedette tutte le famiglie della terra». Allora Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore, e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie Sarài e Lot, figlio di suo fratello,e tutti i beni che avevano acquistati in Carran e tutte le persone che lì si erano procurate e si incamminarono verso la terra di Canaan.

I primi 11 capitoli della Genesi ci hanno consegnato il profilo della creazione del mondo e dell’umanità. Questaumanità è splendida e padrona del mondo. E però, a sua volta, stenta ad accogliere i progetti del Signore. Anzi, mentrecresce e “si moltiplica”, stravolge completamente il proprio crescere e il proprio operare. Così questa umanità, amataprofondamente da Dio, si avvia verso l’autodistruzione del diluvio, poiché non accetta che debbano esserci linee eregole di valore. Si salva solo la famiglia di Noè: 8 persone in tutto. E da questi salvati ricomincia un nuovo camminonel mondo sotto il segno dell’arcobaleno di pace con la garanzia che non ci sarebbe stata più una totale distruzione.L’umanità ricomincia, ma ritorna nei propri limiti e chiusure. A questo punto il progetto di Dio si fa più preciso. Diosceglie un uomo e un popolo che nascerà da lui. Quest’uomo è Abramo che sarà il nuovo Adamo nel mondo futuro. Egli accoglie la vocazione del Signore per sé e per il mondo. Parte dalla terra del peccato, Ur dei caldei per arrivare dopo molti anni alla terra promessa dove si stabilisce, riceve in dono il figlio Isacco a tarda età, e il figlio sarà la prova vivente della benedizione di Dio.Uscendo da Ur di Caldea, una zona molto ricca perché 2 fiumi, il Tigri e l’Eufrate, offrono abbondanza di acqua equindi terreno fertile, Terach, padre di Abramo, decide di mettersi in viaggio con la sua famiglia. Lascia la terra del sudcon il figlio Abramo, la nuora Sarai e Lot, il nipote,figlio di un fratello e si incamminano verso Carran, a circa 1000 kma nord. Probabilmente, il clan di Abramo, e quindi degli ebrei, è costituito da nomadi che vivono ai margini delle grandi città. Questi nomadi hanno un diverso destino poiché alcuni gruppi sono riusciti a impadronirsi delle città, altri sono rimasti nomadi e quindi disponibili a spostarsi. Per questo motivo queste persone sono considerate estranee, i “senza patria”.Dopo un certo tempo muore il padre Terach, e si inserisce qui l’invito che il Signore offre ad Abramo. E Abramo, improvvisamente, per un avvenimento radicale (ma non si sa quale), a sua volta, è costretto ad abbandonare la suaterra. La Bibbia ci dà una lettura teologica dei fatti. Abramo vede negli avvenimenti la volontà di Dio, comprendendo,in tal modo, che il Signore lo chiama ad una grande missione ed ha accettato, lasciandosi condurre da Lui. Senza segni premonitori, il Signore entra nella vita di Abramo con un comando preciso: "Vattene dal tuo paese verso il paese che io ti indicherò“. Nella rassegnazione di una vita tutta uguale interviene un richiamo nuovo. Può capitare anche a ciascuno di noi, attraverso situazioni particolari: un incontro, il consiglio di un amico vero, una comunicazione interiore. Ad Abramo non viene rivelato fin dal principio dove sarà condotto e, come per ogni persona, deve misurare la sua stradaogni volta.Ci sono i termini di una promessa che più avanti diventerà "un'alleanza". E la promessa che viene innovataalmeno tre volte (15,18; 17,1-8, 22,16-18) e verrà ripetuta ad Isacco (21 26,5) e a Giacobbe (28,14). Ma si tratta sempree solo di promesse perché, per esempio, solo in tarda età nascerà, il figlio donato da Dio, inizio di una discendenza.Per anni abiteranno la terra di Canaan, ma saranno solo stranieri, con l’unica proprietà di una grotta dove Abramoseppellisce Sara. (Gen 23). Si nota un richiamo alla potenza demografica e al possesso territoriale da una parte;dall'altra vengono ripresi e ricordati elementi spirituali e universalistici: il rapporto di amicizia con Dio e l'esserestrumento di benedizione per tutte le stirpi della terra. Il significato di questa benedizione può essere inteso in sensomessianico: le stirpi della terra avranno motivo di sentirsi fortunati in grazie al "seme di Abramo". E se non ci vienedescritto nulla di ciò che precede, improvvisamente sorge solamente un comando di Dio (quale Dio? Abramo loscoprirà via via). Il comando ha la stessa forza, gravità e potenza dei tempi della creazione: “Dio disse” (v.1). La Paroladi Dio è una novità che sradica, è invito al nuovo, a cercare una terra per ricominciare da capo. E se vogliamo contarele popolazioni che si riconoscono discendenti di Abramo, dovremmo contare almeno due miliardi di persone che loritengono all’inizio della propria religiosità e consapevolezza: Ebrei, Cristiani e Musulmani. Questa scelta e questaubbidienza resteranno, nella vita di questi popoli, un elemento di esempio, di gloria e di orgoglio.

Ebrei. 11, 1-2. 8-16b

Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sarai, sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare madre,perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva promesso. Perquesto da un uomo solo, e inoltre già segnato dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo da lontano,dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti, avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi;ora invece essi aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste.Per questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.

 La “Lettera agli ebrei” è stata scritta, con tutta probabilità, alcuni anni dopo la distruzione di Gerusalemme avvenutanel 70 d C. E questi ebrei, a cui è diretta la lettera, che pure hanno accettato di credere in Gesù, detti giudeo-cristiani,sono rimasti sconcertati dalla distruzione del popolo ebraico e dalla disperazione dei sopravvissuti. Gerusalemme non èpiù la splendida città di Dio, nella garanzia concreta del Signore, e perciò non è più la città capace di narrare lepromesse della Gloria.Nasce l’esigenza di ripensare profondamente, non solo ai contenuti della propria fede, ma allo stesso significato delcredere. E il cap.11, che iniziamo a leggere, comincia con la definizione della fede: essa è il fondamento della speranza.La fede è orientata al futuro di Dio per noi, ed è, insieme, garanzia e anticipo della gioia eterna definitiva. La fede èorientata agli invisibili, si appoggia alla parola del Signore che ci svela le opere di Dio sul mondo. Essa stessa ètestimonianza di Dio poiché Dio non ha avuto testimoni della sua operosità: quando creava il mondo e quando creaval’umanità (11,3). Il capitolo continua proponendo i campioni di questa fede: Abele, Enoc, Noè (11,4-7). Giunge adAbramo. Egli, per fede, parte per una meta che non conosce, e per fede soggiorna “in una regione straniera, abitandosotto le tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli aspetta, infatti, la città dalle saldefondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso”. E perché si attuasse la predizione di una discendenza, Abramo e Sarai hanno aspettato molte decine di anni. “Morirono senza aver visto il compimento della promessa” (11,13) Ci sono due piccole garanzie sul futuro che essi non avrebbero visto: c’è la nascita di Isacco e c’è l’unica proprietà, che Abramo si permette di avere nella terra che gli è stata promessa: una grotta che si è comperata a caro prezzo per seppellire Sara (Gen 23,1-20). Una nascita da genitori molto anziani e una grotta con una tomba diventano "pegno ecaparra" della promessa. E per noi la fede che cosa sostiene, impegna, vale?- La fede sostiene in noi uno stile nuovo di vita di figli di Dio.- Garantisce solidità e stabilità per seguire le scelte che Gesù ha compiuto nella sua vita.- Nello stesso tempo la fede garantisce chi ci sta vicino e prova valori e presenze che possono aiutare a persuadere. Intal modo essa diventa come una "dimostrazione". In una parola, rassicura in noi la realtà celeste che Gesù ci hamanifestato ed offre, attorno a noi, garanzie di realtà non visibili. L'autore di questa lettera esemplifica, attraverso moltipersonaggi conosciuti nella Scrittura, lo stile di fede che bisogna sviluppare nel nostro cammino verso Dio. Nel testo della liturgia di oggi ci vengono richiamate la fede di Abramo e la fede di Sarai. Abramo, a 75 anni (Gen 12,4), nell'etàin cui si ritiene di essersi conquistato un giusto riposo, parte per una terra sconosciuta (vv8-10). Sarai crede, nonostantetutte le contrarie logiche umane, che avrà un figlio, garanzia ed elemento che permetterà lo sviluppo delle benedizioniche Dio ha dato a questa famiglia. L'autore biblico, però, per mettere in evidenza la profondità della loro fede, ricordala povertà delle garanzie e dei risultati nella fede di Abramo e di Sarai. Ebbero solo un figlio e non una moltitudine;continuarono a peregrinare sempre, come stranieri, in terre diverse. E tuttavia Abramo continuò a fidarsi fino in fondo,nella sua vita, di Dio e delle sue promesse. Questo vale anche per ogni credente ogni volta che ripensa alla Parola diGesù. E’ morto per la salvezza di tutti. Noi non verifichiamo questa salvezza, spesso scopriamo il male che dilaga e cisentiamo come sconfitti. Eppure la Parola del Signore è una parola grande, viva, che garantisce il trionfo del bene e lapienezza della misericordia. Certamente, come per Abramo, siamo chiamati a credere, ad operare come se avessimochiari gli effetti e chiari i risultati. La nostra collaborazione è preziosissima e il Signore ne ha bisogno e tuttavia egliopera con noi, nonostante noi, oltre noi.

Rovine di Sichem......
mentre camminavano per la strada verso Sichem.........
panorame di Schem
 Luca. 9, 57-62.
In quel tempo.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E  costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno diDio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio».

Il testo sulla vocazione dei discepoli del cap.9 pone le basi della scelta di Gesù e della sua Comunità nell’impegno delseguirlo. Il testo di oggi ci riporta all’inizio di una scelta fondamentale che Gesù sta facendo. Secondo Luca: “Mentrestavano compiendosi il giorno in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la decisione di mettersi in cammino versoGerusalemme” e si concluderà con l’ingresso nel tempio (9,51-19,46)). I samaritani di un villaggio attraverso cui Gesù,venendo dalla Galilea doveva passare per andare verso Gerusalemme, si rifiutano di riceverlo. Giovanni e Giacomo,chiamati, non a caso, “i figli del tuono” vorrebbero punirli, facendo scendere un fuoco dal cielo. Gesù li rimprovera peril loro fanatismo, integralismo e la loro incapacità ad essere accoglienti verso tutti, anche con coloro che li rifiutano.Mentre camminano, incontrano molti che vorrebbero seguirlo, ma dovrebbero anche sistemare alcune cose ovvie eineliminabili: per esempio, dare sepoltura al proprio padre e andare salutare i propri familiari a casa. Gesù insegna chele esigenze del Regno superano tutte le altre esigenze. Del resto il Regno di Dio è vita e Gesù si preoccupa che ci siimpegni, si sia attenti alla vita mentre gli uomini si occupano ancora dei morti.Il testo si inquadra nella linea del cammino, seguendo il maestro, verso Gerusalemme. Credere consiste nel percorrerecon Gesù la sua stessa strada o la stessa “via”. La parola “via” sarà l’immagine dei cristiani: Paolo perseguita coloro “che sono della via” (Atti 9,2); a Efeso, “poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di credere, dicendo male inpubblico di questa Via, Paolo si allontanò da loro” (19,9); nella stessa città scoppia un tumulto contro la via (Atti19,23)ecc. Sulla “via” si giocano le scelte.- Un tale che, con entusiasmo, lo vuole seguire ovunque (9, 57-58), si sente rispondere dal maestro più con laperplessità che lo scoraggia che non con l’entusiasmo dell’accoglienza. Chi vuole seguire Gesù non può sognare unavita comoda, non avrà una dimora fissa ma dormirà sotto le stelle, si dovrà accontentare dell’ospitalità che gli vienedata quando trova qualcuno che gliela vuol dare. Non avrà una pietra su cui posare il capo (9,58), finché Gesù posa il suo capo, ma solo sulla croce (Gv19,30). Luca usa in greco lo stesso verbo ( “posare”) che Giovanni utilizza per Gesùche muore ( chinato il capo). - Un altro, che vuole seguire Gesù, dice che però, prima, deve andare a seppellire i genitori. Gesù risponde con unafrase che non è solo stupefacente ma anche scandalosa e provocatoria anzi empia se si tratta di un funerale. In Israele ildovere più sacro per un figlio è quello di seppellire i propri genitori e per fare questo è dispensato da qualunque precetto della legge, persino dal precetto del sabato. Il sommo sacerdote, che non può entrare in un cimitero o anchesolo avvicinarsi ad un cadavere, è tenuto ad accompagnare al sepolcro i propri genitori. Perciò se questa frase è moltoparadossale per la cultura ebraica, non può essere tuttavia accantonata. Potrebbe trattarsi, però anche, di genitorianziani per cui si chiede una dilazione, in attesa della loro morte. Ma si possono intendere “morti” coloro che nonhanno trovato le vie del Regno. Perciò è urgente una predicazione per tutti coloro che non sono ancora sulla strada verso il progetto di Dio. Significa che neppure i sentimenti più sacri che legano ai propri genitori devono frapporsinella decisione di seguire Gesù.- Una terza persona chiede di seguirlo, ma, prima, deve, almeno, andare a salutare i familiari come, d’altra parte, avevafatto il profeta Eliseo (1 Re,19,20). D’altra parte Gesù ha impegnato i suoi ad amare e aiutare i genitori (Matteo 15,3-9). E tuttavia anche in questo testo si tratta di priorità. Perciò il Regno e quindi Gesù vengono al primo posto nellescelte e valgono di più se bisogna dare delle precedenze. Ci rendiamo conto che Gesù ci fa mettere, in secondo ordine, ipropri bisogni di comodità, gli obblighi di pietà e l’impegno di provvedere ai propri cari. Gesù non rifiuta nessuna diqueste esigenze, ma la missione che egli propone è molto più urgente poiché è gratuita, è il grande atto d’amore verso l’alto, è il celebrare insieme la gran festa dove ciascuno ha una sua dignità e un suo valore. Sul mettere mano all’aratroc’è il richiamo del profeta Eliseo (ricordato prima). Ma Gesù è molto più esigente e richiede insieme coraggio eprontezza, e ancora fermezza e costanza nella sviluppare il proprio impegno.Ci ritroviamo oggi a ripensare alla fede robusta di Abramo, la fede che sostiene la speranza e che ci fa disponibili perun mondo di coerenza e di pace, la fede che motiva e sostiene il cammino sulla via, dietro Gesù.Il Regno di Dio si apre esigente, ma carico di doni: sono le Comunità cristiane che debbono far proprie le possibilità, scoprire le urgenze, comunicarsele in un progetto di presenza e di collaborazione.Ci sono energie splendide nelle Chiesa, persone generose e attente, eppure manca un coordinamento che intreccisolidarietà, presenza, amicizia, lavoro comune. Spesso nelle Comunità cristiane, pur i8n mezzo a mota generosità, èdifficile lavorare insieme tra gruppi ed difficile entrarvi. C’è il rischio della gelosia, l’attesa del “grazie”, il timore di non essere all’altezza, insieme con la paura di dover essere aiutati da altri e di essere scavalcati da altri. Così ci sinasconde, ci si isola, non ci si cerca con simpatia. C’è il rischio del criticare, del non essere disposti al ricostruire, delnon saper dire grazie a nostra volta, del pretendere di essere tuttofare. Una Comunità cristiana dovrebbe preoccuparsi di sviluppare, tutta insieme, una formazione comune sui temi fondamentali della fede. Conoscersi tra gruppi, prepararsiper confrontarsi, per coordinare, per cogliere il senso del cammino della storia e della Chiesa nella storia, accogliendostimoli, approfondimento, in libertà e ricerca, in simpatia e povertà di cuore.