 VI domenica dopo Pentecoste
Mostrami , Signore la
tua gloria 20 luglio 2014
Luca 6,20-31
Riferimenti : Esodo 33,18-34,10 - Salmo 76 - 1 CORINZI 3,5-11 |
La mia voce sale a Dio e grido aiuto; la mia
voce sale a Dio, finché mi ascolti. Nel giorno dell'angoscia io
cerco il Signore, tutta la notte la mia mano è tesa e non si
stanca; io rifiuto ogni conforto. Mi ricordo di Dio e gemo,
medito e viene meno il mio spirito. Tu trattieni dal sonno i
miei occhi, sono turbato e senza parole. Ripenso ai giorni
passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi
ritorna nel cuore: rifletto e il mio spirito si va
interrogando. |
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Esodo 33,18-34,10 Gli disse: «Mostrami la tua
Gloria!». Rispose: «Farò passare davanti a te tutto il mio
splendore e proclamerò il mio nome: Signore, davanti a te. Farò
grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò
aver misericordia». Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio
volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo». Aggiunse
il Signore: «Ecco un luogo vicino a me. Tu starai sopra la rupe:
quando passerà la mia Gloria, io ti porrò nella cavità della
rupe e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò
la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può
vedere». Poi il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di
pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che
erano sulle tavole di prima, che hai spezzate. Tieniti pronto
per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e
rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te,
nessuno si trovi sulla cima del monte e lungo tutto il monte;
neppure armenti o greggi vengano a pascolare davanti a questo
monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò
di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli
aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il
Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò
il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui proclamando:
«Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento
all'ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo
favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la
trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che
castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino
alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta
fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi
occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è
un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il
nostro peccato: fa' di noi la tua eredità». Il Signore disse:
«Ecco io stabilisco un'alleanza: in presenza di tutto il tuo
popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in
nessun paese e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al
quale ti trovi vedrà l'opera del Signore, perché terribile è
quanto io sto per fare con te.
Abbiamo letto il racconto di un secondo ritorno di Mosè sul
Sinai. Disceso dal monte, la prima volta, con le tavole incise
che dovevano essere il trionfo della fedeltà e la conferma della
preferenza di Dio per questo popolo, nel campo degli Israeliti è
avvenuto l'inimmaginabile: orge, costruzioni di idoli con l'oro
di famiglia portato dall'Egitto, rifiuto dell'autorità di Mosè,
guerra interna che si scatena per avere una vittoria o un
predominio. Mosè vince una vera battaglia, compiendo con i suoi
un massacro di ribelli. Ma, a questo punto, è convinto che la
sconfitta più terribile se l'è procurata davanti a Dio. E'
convinto del rifiuto di Dio, della lacerazione di un'alleanza
prefigurata. E' convinto di non avere futuro e di doversi
preparare ad un destino di abbandono e di morte nel deserto. E
invece Mosè (Es. 34,4-10) è invitato da Dio a ritornare sul
monte. Dio vuole rifare una copia della prima legge che era
andata distrutta nella disperazione di un tempo senza futuro. Le
prime tavole erano state opera di Dio, scritte da Dio e donate
(32,16). Qui Dio non recede e accetta di scrivere, ancora una
seconda volta, la legge ma le nuove tavole di pietra debbono
essere preparate da Mosè stesso: la legge nasce e si propone in
collaborazione. Il Signore mantiene la misericordia con
fedeltà e amore; e questa è la sorpresa per tutti, ma
soprattutto per Mosè, che sta imparando a conoscere Dio. E
infatti Dio gli si ferma accanto, nascosto e palese ("scese
nella nube" v.5) e si proclama per ciò che Mosè deve capire
sulla identità di Dio stesso. Il Signore, infatti, è
fondamentalmente "misericordioso e pietoso, lento all'ira e
ricco di fedeltà". Questa proclamazione è rivelazione di Dio,
gioiosa intuizione per Mosè che ormai si sente legato al suo
popolo e quindi solidale, nel bene e nel male; e tuttavia
pienamente unito a Dio e all'esigenza di fedeltà. La
misericordia del Signore fa intuire una profondità di legame e
di coinvolgimento impensabile. Così Mosè, che teme di restare
solo e angosciato in questa scelta di solidarietà, scopre che è
possibile riprendere una speranza grande e un progetto
interrotto. Questo Dio fa prevalere il perdono anche se
continua, nella giustizia, la punizione. Ma il favore e il
perdono stanno come 1000 e 4. Mosè accoglie e "si curva in
fretta fino a terra" (v.8) e riprende la sua preghiera di
intercessione. Chiede che "il Signore cammini in mezzo a noi,
che perdoni la nostra colpa e ci faccia sua eredità ". Si
ritrovano continuamente uniti il richiamo del cammino
vittorioso, la protezione della presenza divina, la gloria di
essere custodi ed eredi nella scelta di Dio (Deut. 4,20;
9,26.29). Mosè comunque, fino in fondo, si sente mediatore e fa
le scelte preziose di solidarietà con il popolo, a somiglianza
di Gesù. Mosè prende su di sé il peccato del popolo (nostra
colpa) anche se, nel tempo del peccato della sua gente, è
rimasto lontano, per 40 giorni, al cospetto di Dio sul monte.
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1 CORINZI 3,5-11 Ma che cosa è mai Apollo?
Cosa è Paolo? Ministri attraverso i quali siete venuti alla fede
e ciascuno secondo che il Signore gli ha concesso. Io ho
piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere.
Ora né chi pianta, né chi irrìga è qualche cosa, ma Dio che fa
crescere. Non c'è differenza tra chi pianta e chi irrìga, ma
ciascuno riceverà la sua mercede secondo il proprio lavoro.
Siamo infatti collaboratori di Dio, e voi siete il campo di Dio,
l'edificio di Dio. Secondo la grazia di Dio che mi è stata data,
come un sapiente architetto io ho posto il fondamento; un altro
poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento come
costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da
quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo.
Paolo, nel capitolo precedente, ha sviluppato il tema della
sapienza: "una sapienza non di questo mondo, né dei principi di
questo mondo che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della
sapienza di Dio che è nel mistero... ma a noi Dio ha rivelato
questa sapienza mediante lo Spirito" (2,6-10). Continuando la
sua riflessione per i fratelli della comunità di Corinto,
confessa: "Non ho potuto parlare a voi come a esseri spirituali
ma carnali" (3,1). Paolo, infatti, ricorda che, all'inizio,
esisteva, ovviamente, una grande impreparazione per la diversa
provenienza religiosa; ma riscontra, comunque, in questa
comunità, delle fratture tra i credenti, per cui rileva
divisioni e gruppi di cristiani contrapposti che fanno
riferimento a Paolo, ad Apollo, a Cefa (Pietro) (3,22) mentre,
poco prima, Paolo ricorda anche il "partito di Cristo" (1,12).
L'apostolo dice che, se all'inizio li ha trattati come esseri
carnali e come bambini "(3,1), anche adesso continua a non
poterli trattare come uomini spirituali a causa delle loro
posizioni "di invidia e di discordia" (3,3). Paolo tiene allora
a chiarire la natura del ministero apostolico, suo e di tutti
coloro che hanno delle funzioni particolari ed educative nella
comunità cristiana. Coloro che esercitano un ministero, dice
Paolo, sono semplicemente dei servitori e ricorda, a modo di
parabola, due tipi di lavori comuni conosciuti: l'agricoltura e
l'edilizia. In questi due orizzonti ricostruisce esempi di ruoli
e di responsabilità. "Siamo collaboratori di Dio e voi siete
il campo di Dio, l'edificio di Dio" (3,8). Il Signore fa
crescere, utilizzando ovviamente il lavoro di chi pianta e di
chi irriga. Ma, nel campo, determinante è Dio che fa crescere
ciò che è stato seminato, e non gli annunciatori o i catechisti
(Paolo, Apollo, Cefa). Per l'esistenza e la stabilità
dell'edificio sono necessarie le fondamenta: ed è Gesù che le
costituisce. Tutti coloro che portano messaggi diversi o
pretendono di costruire su fondamenta che non siano quelle di
Gesù, distruggono il tempio di Dio e l'opera di Dio in ciascuno.
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Veduta
dalla collina e la basilicadelle Beatitudine |
Luca 6,20-31 egli, alzàti gli
occhi verso i suoi discepoli, diceva: «Beati voi, poveri, perché vostro è il
regno di Dio. Beati voi, che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati
voi, che ora piangete, perché riderete. Beati voi, quando gli uomini vi
odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno
il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. 23Rallegratevi in
quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel
cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a
voi, ricchi, perché avete già ricevuto la vostra consolazione. Guai a voi,
che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi, che ora ridete, perché
sarete nel dolore e piangerete. Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di
voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti. Ma a
voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che
vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi
trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche l’altra; a chi ti
strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. 30Da’ a chiunque ti
chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. E come volete che
gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro». Luca
segue la trama del Vangelo di Marco fino al versetto 6,2, se si escludono i
primi due capitoli dell'infanzia di Gesù (cc 1-2). A questo punto si stacca
per inserire altro materiale (chiamato "piccolo inserto: 6,2-8,3) che
contiene il "discorso della. pianura" in parallelo al "discorso della
montagna" di Matteo (cc 5-7). Mentre Matteo deve aver elaborato tutto il
materiale con altri testi ripresi dalla predicazione di Gesù, Luca propone le
Beatitudini in uno stile alquanto diverso. Infatti Matteo elenca otto
Beatitudini sul mondo dei sofferenti (più una rivolta agli discepoli); Luca
invece ne riporta quattro, facendole seguire da quattro maledizioni
antitetiche, rivolte direttamente agli uditori nella seconda persona plurale:
"Beati voi",.."guai a voi...". Il linguaggio di Luca è immediato ed efficace.
mentre Matteo, rivolgendosi in terza persona, dà al testo un sapore più
astratto (salvo l'ultima): "Beati i poveri, beati quelli che piangono, ecc",
e aggiunge qualche parola, dando al testo un significato più spirituale:
"Beati i poveri in spirito, beati quelli che hanno fame e sete della
giustizia...". Così Matteo, inserendo le beatitudini in una catechesi
ecclesiale, ha prospettive morali-esistenziali. Luca, invece, non vuole tanto
svelare precetti nuovi, ma proclamare un bene, un nuovo modo di essere, la
novità assoluta che piace a Dio e che per noi è inedita. Sia in Matteo che in
Luca tutta la proposta di Gesù è rivolta ai discepoli e non alla gente, per
cui la beatitudine è proclamata a chi crede in Gesù e ha fatto scelte di
valore come Gesù ha insegnato. "Poveri e ricchi": i poveri sono beati se
diventano il segno della scelta definitiva di Dio: e il mondo si salva
attraverso scelte umili e povere. I ricchi invece non fanno intravvedere Dio,
Padre di Gesù ma un mondo di idoli attraverso le loro scelte di vita e la
loro mentalità. "Affamati e sazi": coloro che mancano perfino del cibo vivono
la povertà estrema e sono lo specchio limpido di Dio che soccorre attraverso
Gesù e la sua provvidenza. I sazi invece abusano e sprecano e offuscano
l'immagine di Dio. Si godono la vita, non aiutano negando ad altri di
partecipare alla propria abbondanza (vedi la parabola di Lazzaro e del ricco
epulone:Lc16,19-31). Così vanno incontro a una fame insaziabile di verità, di
giustizia e di amore che sarà loro negata. "Dolenti e gaudenti": ci sono
nella vita persone che soffrono con dolore lacerante e assomigliano a Gesù,
servo sofferente. Essi troveranno in Dio la sua pienezza e la sua gioia già
qui, poiché sta per venire a visitarli. Quelli, invece, che godono e non
accettano lo stile di Gesù, sì troveranno con stupore nella tragedia.
"Perseguitati e raccomandati": perseguitati sono coloro che, a causa della
loro fede, diventano oggetto di odio, rancore, rifiuto. La contrapposizione
non è con i persecutori ma con coloro che sono osannati e giustificati (dalla
gente). Come Gesù, anche i cristiani. Come è stato colpito il capo,
colpiranno anche le membra, ma c'è la certezza di camminare sulla strada
giusta, verso il Padre. Il secondo e il terzo richiamo ("coloro che sono sazi
e coloro che ridono") hanno come riferimento il banchetto messianico a cui
non potranno prendere parte poiché non si sono sintonizzati con la venuta del
Regno di Dio. Il "discorso della pianura" di Luca vuole offrire alla comunità
cristiana prospettive e stimoli di collaborazione con il Padre che,
attraverso Gesù, libera il suo popolo e lo salva. Potrebbe essere
significativo anche il confronto con il "Magnificat" (sempre di Luca 1,46-56)
dove viene annunciato il capovolgimento delle situazioni. Sembra comunque che
questo testo sia più antico che non quello di Matteo. La seconda parte,
che qui ci viene parzialmente prospettata (6,27-35), propone concretamente
alcuni atteggiamenti di credenti all'interno della vita quotidiana. Si tratta
di far maturare un amore (greco:"agape") che assomigli all'amore di comunione
di Dio con il suo popolo. Il rapporto amico-nemico viene sviluppato in uno
stile di novità in quattro punti: "amare i nemici, fare del bene a chi vi
odia, benedite chi vi maledice e pregate per chi vi maltratta". Altri quattro
richiami sulla vita quotidiana fanno riferimento "alla violenza, alla pretesa
degli altri nella loro ingordigia (chiedere in mantello e chiedere danaro),
alla gratuità (non richiedere)". Questo testo conclude in quella che viene
chiamata "la regola d'oro" e che si trova, in modo frequente, in altre
religioni, riletta, per lo più nei termini del "non fare:: "Non fare agli
altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te". Qui Gesù parla in
prospettive positive:" E come volete che gli uomini facciano a voi, così
anche voi fate a loro". E questo comporta, prima di tutto, un'analisi delle
proprie attese e del proprio desiderio per poter sapere trattare gli altri
allo stesso modo con cui vorremmo che gli altri trattassero noi ". Ma per i
cristiani la regola d'oro procede per parametri ancora più profondi: "Vi do
un comandamento nuovo: e vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi
così amatevi anche voi gli uni gli altri. Per questo tutti sapranno che siete
miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,33- 34). Le
Beatitudini sono un orizzonte che si prospetta sul cammino futuro, ogni
giorno. Se uno vuole camminare non può ignorarlo. Ma nello stesso tempo ci
obbliga a misurarci, sia sulla strada che stiamo compiendo passo passo, sia
sull'orientamento che stiamo prendendo. Le Beatitudini non sono un sogno, ma
si prospettano come la nuova logica della vita, disposta a ricreare il mondo
nella misericordia e nella pace. |