VI DOMENICA DI PASQUA
25 maggio 2014
Giovanni. 14, 25-29
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 4, 8-141 - Salmo 117 -  Cor 2, 12-16
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria; perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.
Atti degli Apostoli. 4, 8-14
In quei giorni. Pietro, colmato di Spirito Santo,disse loro: «Capi del popolo eanziani, visto che oggi veniamointerrogati sul beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per mezzo dichi egli sia stato salvato, sia noto atutti voi e a tutto il popolo d’Israele:nel nome di Gesù Cristo il Nazareno,che voi avete crocifisso e che Dio harisuscitato dai morti, costui vi stainnanzi risanato. Questo Gesù è lapietra, che è stata scartata da voi,costruttori, e che è diventata la pietrad’angolo. In nessun altro c’èsalvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini,nel quale è stabilito che noi siamosalvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e rendendosi conto cheerano persone semplici e senzaistruzione, rimanevano stupiti e liriconoscevano come quelli che eranostati con Gesù.Vedendo poi inpiedi, vicino a loro, l’uomo che erastato guarito, non sapevano che cosa replicare.


Il testo di oggi, ripreso molte volte nelle liturgie settimanali del tempo pasquale, fa riferimento ad unsegno particolare che è avvenuto a Gerusalemme alla porta “bella” del tempio. Un uomo, zoppo fin dallanascita, trasportato ogni giorno presso il tempio per chiedere l’elemosina, da Pietro che con Giovanni sale al tempio per pregare, si sente rispondere quando chiede l’elemosina: “Oro e argento non ho maquello che possiedo te lo do: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, cammina” (At 3,1-6). Il fatto ha suscitato meraviglia, stupore, assembramenti di persone, anche perché lo storpio guarito, datutti conosciuto, continua a gridare la sua meraviglia e a ringraziare. Quando i responsabili del tempiodecidono di intervenire per mettere fine al disordine e far tacere Pietro che spiega il fatto come unintervento di Gesù risorto, concludono di incarcerare gli apostoli. Il giorno dopo si riuniscono i capi deiGiudei, gli anziani e gli scribi (4,5-6) e, insieme, Luca fa l’elenco dei personaggi più importanti deltempio di Gerusalemme, tutte persone coinvolte nel processo di Gesù. Viene posta la domanda: "Conquale potere e in nome di chi avete fatto questo?" (v 7). Anche a Gesù, dopo la cacciata dei venditori daltempio (Luca 20,2. 8), si pone una domanda simile. A Gesù si chiede con quale autorità ha operato. Agliapostoli si chiede invece l’origine di quel potere di guarigione e, quindi, in nome di chi hanno compiutotutto questo.La risposta è data con piena consapevolezza da Pietro, pieno di Spirito Santo. Luca ricorda spesso questorapporto tra la Parola e lo Spirito: è il dono di Dio attraverso Gesù.Pietro si sente testimone davanti ad Israele e davanti al mondo. La guarigione è avvenuta attraverso Gesù, “che voi avete ucciso e che Dio ha risuscitato dai morti”. - Pietro si rende conto che sta manifestando, agli esperti della legge e dei profeti, il valore della presenzadi Gesù: Egli è venuto a liberare e ad inaugurare i tempi messianici, annunciati da Isaia (Luca 4,17 ss )ed ora questi tempi continuano attraverso i credenti in Gesù, e quindi attraverso la sua comunità che locelebra vivo e amato da Dio pienamente.- Ma Pietro ricorda anche il salmo 117,22: quello della “pietra angolare” che viene posta a fondamentodel tempio nuovo. La citazione del salmo, per sé, intende il tempio di Israele, distrutto dai nemici ericostruito malgrado le opposizioni degli avversari. E la pietra angolare è parte delle fondamenta di unedificio che, posta all’angolo, deve sostenere il maggior sforzo del peso di tutta la costruzione. E’ quindila pietra più robusta, simbolo della resistenza dell’edificio stesso. Proprio Gesù è la pietra angolare delnuovo tempo, della nuova comunità, della nuova speranza di Israele e del mondo.- Stupisce è la pretesa di una continuità tra l'azione di Gesù e l'azione della Chiesa.- Soprattutto i capi hanno bisogno di salvezza perché essi, più degli altri, rischiano di farsi nemici di Dioe, forti della loro cultura, rischiano di non saper vedere, per la loro prevenzione ideologica, la realtà e isegni che Dio offre al mondo.- Non c’è negli apostoli la volontà di vincere, ma la volontà di testimoniare. Si rendono conto dellerigidità e della durezza di posizione attorno a loro, ma non se ne preoccupano, né vogliono difendersi, né cercano attenuanti. Ritengono di dire proprio ciò che ritengono sia giusto e lo fanno in piena libertà. Laparola che viene usata in greco è “parresia”. E’ la capacità di testimoniare liberamente ecoraggiosamente in un mondo ostile. Nel mondo greco significa la libertà di parola che spetta nell’assemblea al cittadino che gode dei pieni diritti civili. - Gli apostoli non ne fanno un problema di pubblicità, né si contrappongono come in concorrenza. Ritengonoche il problema fondamentale sia la conversione totale sulla persona di Gesù. - Essi sono consapevoli che la vera novità che portano, sconcertante, è che la salvezza promessa daJahvé è ora presente nella persona di Gesù.- In fondo anche oggi, nella verifica dei valori e delle scelte che ciascuno di noi fa, ci dovrebbe esserequesto confronto con le parole e le scelte di Gesù nella vita quotidiana. Non sempre è facile, non sempre abbiamo lucidità di fronte alle situazioni complesse e diverse che stiamo vivendo. Questo ci dice che, tracredenti, ci dovrebbe essere una maggiore comunicazione della fede, consapevoli che non sono solo isacerdoti ad aiutare il popolo di Dio, ma ogni credente adulto dovrebbe poter essere sostegno perchéognuno tenti una traduzione quotidiana di vita, filtrata attraverso la propria competenza e la propria
1 Cor 2, 12-16
Fratelli, noi non abbiamo ricevuto lo spiritodel mondo, ma lo Spirito di Dio perconoscere ciò che Dio ci ha donato. Di queste cose noi parliamo, conparole non suggerite dalla sapienzaumana, bensì insegnate dallo Spirito,esprimendo cose spirituali in terminispirituali. Ma l’uomo lasciato allesue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono folliaper lui e non è capace di intenderle,perché di esse si può giudicare permezzo dello Spirito. L’uomo mossodallo Spirito, invece, giudica ognicosa, senza poter essere giudicato danessuno. Infatti chi mai ha conosciuto il pensiero del Signore inmodo da poterlo consigliare? Ora, noi abbiamo il pensiero di Cristo.


Paolo sente la fatica della predicazione poiché scopre che nel mondo greco, dove si è avventurato, la sapienza, nata nella cultura ebraica e maturata nei fatti e nella parola di Gesù, sapienza di Dio tra noi, èstata profondamente rifiutata. Infatti, all’inizio di questo capitolo, Paolo fa riferimento alla delusionesofferta nella sua prima esperienza di predicazione ad Atene. Il fallimento in Atene, la città dei filosofi,ha fatto comprendere l’insignificanza della cultura umana su cui egli aveva puntato molto per farsi accettare. La delusione è diventata consapevolezza e così si esprime alla sua comunità di Corinto a cuiscrive dopo essersi fermato molti mesi.“Anch'io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con l'eccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non GesùCristo, e Cristo crocifisso. Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La miaparola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazionedello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla Al principio egli impiega i suoi giorni feriali nel lavoro manuale, fabbricando tende nella casa di Aquilae Priscilla, una coppia di cristiani scacciati dall’imperatore Claudio da Roma per tensioni e scontri traebrei (probabilmente sono tensioni tra nuclei di cristiani e residenti di cultura ebraica tradizionale)Questa coppia accoglie in casa l’apostolo, inizialmente come lavoratore; dopo qualche tempo, Paolo si dedicherà, a tempo pieno, alla predicazione (At 18,1-11). Paolo ha sempre apprezzato la cultura ebraica, e pensando al mondo occidentale, ha apprezzato lacultura greca e la sua filosofia. Ma l’esperienza gli ha fatto capire che sono due realtà che non possonomescolarsi. Ciò che egli porta è la sapienza di Dio attraverso Gesù e questa sapienza non può essere offerta se non dallo Spirito che è il principio rivelatore. E’ lo Spirito di Dio che ci permette di conoscere idoni che ci sono stati elargiti. E si chiamano spirituali perché vengono dallo Spirito.Certamente questo comporta una grande responsabilità perché il dono di Dio non è solo un richiamo morale del proprio comportamento ma è l’offerta di una comprensione più alta che nasce da parte di Dioper poter interpretare e far maturare il mondo.D’altra parte Gesù non ci ha assicurato che ci aiuterà a capire nel tempo e a sviluppare in noi e nelmondo i semi che egli ha gettato? “Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padremanderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv14,25).“L’uomo lasciato alle sue forze non comprende le cose dello Spirito di Dio: esse sono follia per lui” (v14) ma il dono di Dio, se viene offerto a colui che accetta il Signore, non va lasciato come un tesoro damettere in cassaforte, raggiungibile solo da alcuni eletti, ma va sviluppato perché la Chiesa possa aiutareil mondo a scoprire valori e significati che il Signore ha voluto imprimervi. Credo che debba essereripensato, senza la pretesa di una pubblicità, il cammino che ha fatto il mondo da 2000 anni. A questocammino ha preso particolarmente parte il pensiero di Gesù e, lo si sappia o non lo si sappia, hacoinvolto tutti: siamo stati liberati dalle superstizioni o delle paure, sono state introdotte libertà eduguaglianza; è maturato il criterio di valutazione sulle malattie, sulle disabilità, sulla liceità dellaschiavitù e della pena di morte, sul valore delle donne e dei bambini; si sono sviluppati ospedali e maturata la scienza; è stato proposto l’umanesimo, sono maturati patti di solidarietà e l’umanità è statavia via maggiormente coinvolta in un progetto di pace. Anche il mondo cristiano, purtroppo, moltevolte, si è lasciato travolgere dalla mentalità del mondo e tuttavia prezioso è stato il significato delperdono e della misericordia. Il perdono non è acquisire a poco prezzo una mentalità egoista oabitudinaria, ma aprire la strada alla speranza di reggere; il perdono chiude le porte della disperazione.Misericordia non significa abitudine a farla franca.E se il perdono e la misericordia suppongono certamente il coraggio di un cammino faticoso e difficile, dispongono e sostengono la possibilità e la capacità del superare i propri limiti e i limiti del mondo.
 
 

IL CENACOLO
Giovanni. 14, 25-29
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: “ Vi ho detto queste cose mentre sono ancora presso di voi. Ma il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: “Vado e tornerò da voi”. Se mi amaste, vi rallegrereste che io vado al Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l’ho detto ora, prima che avvenga, perché, quando avverrà, voi crediate.

Come sono consolanti le parole di Gesù: Vi lascio la pace. Vi do la mia pace. Ci sembra quasi, in mezzo ai tumulti quotidiani, di respirare una tregua, di assaporare qualcosa cheveramente ci aiuterebbe a recuperare la calma del cuore e l’agitarsi dei turbamenti dell’animo.Eppure, c’è una chiave, una paroletta quasi insignificante, che definisce e in un certo senso delimita le parole di Gesù: è quell’aggettivo “mia”.Ma come? Ci possono essere modi diversi di interpretare la pace? Si, è vero, oggi -ma è così dasempre- si è portati ad usare le parole con disinvoltura, addirittura con significati opposti e divergenti,quindi anche qui si potrebbe non andare troppo per il sottile.Infatti , quando si dice ‘pace’, si pensa a qualcosa di tranquillo, ad un rispetto di parole e di gesti, almacero di tutte le armi, ad un afflosciarsi delle violenze, ad una comprensione e ad una possibilità disoluzione dei problemi, per gravi che siano.Si pensa e si desidera qualcosa di bello, di sicuro, di dolce, di contentezza per un desiderio ottenuto, perun progetto raggiunto, per un piacere di vivere, per un affetto appagante.Ma Gesù sembra voler scindere: la pace è qualcosa di più delle nostre normali attese. E’la MIA pace.E la pace di Gesù non è mai un riposo, perché implica il desiderio di Dio di un’umanità che si vuolebene, che apre le porte, che condivide, che si china ad accarezzare, a togliere un ostacolo.A me sembra di capire che la pace di Gesù sia soprattutto il coraggio di vivere secondo un senso,secondo appunto quel Suo Spirito Vivente che ci ha trasfuso perché possiamo fare memoria di che cosasia l’amore vero, la volontà di trasformare ogni affetto ed ogni rapporto in una relazione vera.E mi sembra allora che possiamo pregare il Signore di continuare a richiamarci alla Sua pace – e lo si faogni giorno nella Messa- e non limitarci alle nostre piccole egoistiche ‘paci’ e tranquillità, bensì allapossibilità, che è poi un suo dono, di coinvolgerci in questo coraggio incredibile di non lasciare il mondo così com’è, anche se le nostre forze sono limitate e piccoli sono gli ambiti del nostro vivere quotidiano.Perché è Lui che respira in noi con la sua forza e pace viventi.