I di Avvento 2013
La venuta del Signore

Matteo 24,1-31
Riferimenti : Isaia 51,4-82 - Salmo 49 -  tessalonicesi 2,1-14

Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme. La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore medita saggezza; porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra. Perché temere nei giorni tristi, quando mi circonda la malizia dei perversi? Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare
Isaia 51,4-8

Ascoltatemi attenti, o popoli; nazioni, porgetemi l'orecchio. Poiché da me uscirà la legge, il mio diritto sarà luce dei popoli. La mia vittoria è vicina, si manifesterà come luce la mia salvezza; le mie braccia governeranno i popoli. In me spereranno le isole, avranno fiducia nel mio braccio. Alzate al cielo i vostri occhi e guardate la terra di sotto, poiché i cieli si dissolveranno come fumo, la terra si logorerà come una veste e i suoi abitanti moriranno come larve. Ma la mia salvezza durerà sempre, la mia giustizia non sarà annientata. Ascoltatemi, esperti della giustizia, popolo che porti nel cuore la mia legge. Non temete l'insulto degli uomini, non vi spaventate per i loro scherni; poiché le tarme li roderanno come una veste e la tignola li roderà come lana, ma la mia giustizia durerà per sempre, la mia salvezza di generazione in generazione

Stiamo leggendo un testo (a partire dal cap. 49) che sviluppa diversi aspetti della consolazione che il Signore sa dare. Nella sua visione sul futuro di Israele, Isaia incoraggia il popolo ad ascoltare il Signore, almeno tre volte nell'arco dei primi 8 versetti del capitolo 51: "Ascoltatemi (v. 1), porgete orecchio (v. 4). ascoltatemi (v. 7)". C'è un invito al popolo di Israele a cercare il Signore, facendo memoria della propria radice: si parla di roccia e si parla di cava da cui viene presa la pietra per costruire (v. 1). Dio è più grande di qualunque Potenza e di qualunque essere umano. Il Signore perciò manderà la sua salvezza e il popolo si renderà conto di una nuova legge che uscirà, garantita dal Signore stesso. A questo punto tutte le nazioni scopriranno che da Dio e dal suo popolo esce il diritto come luce per tutti. La giustizia di Dio sarà forte, sarà vicina e sarà vera. Il braccio di Dio governerà i popoli, offrendo finalmente a tutte le nazioni speranza e fiducia in colui che comanda. E se il tempo logorerà il cielo e la terra e la morte sembrerà che faccia da padrona, la giustizia e la salvezza di Dio dureranno per sempre. Solo la giustizia di Dio dura sempre, e ciò avviene per ogni generazione. Tuttavia, con i propri occhi, il popolo d'Israele sta contemplando una realtà di disorientamento e di esclusione. E quindi grida al Signore di aver bisogno di Lui, della stessa potenza con cui ha creato il mondo, della stessa forza con cui ha liberato, in passato, i loro padri nell'esodo, strappandoli all'Egitto. Il popolo viene incoraggiato a continuare a credere alla fede ed alla legge "che porta nel cuore", anche se é schernito dagli uomini. Nel nostro tempo si rifà pesante il clima di individualismo che distorce la solidarietà, deforma la legge che diventa, spesso, pretesto per ingiustizie, separandola dalla giustizia, o si elude la legge stessa riportando interessi e danaro, potenza e potere come criteri di vita. La mentalità corrente tende a diventare sempre più mafiosa, quando il riferimento non è più ciò che è giusto, ma ciò che mi interessa. In tal caso, tuttavia, si generano criteri di guerra e di oppressione che distruggono il cuore più che non le mura o il tempio di Gerusalemme.

2 tessalonicesi 2,1-14

Voi stessi infatti, fratelli, sapete bene che la nostra venuta in mezzo a voi non è stata vana. Ma dopo avere prima sofferto e subìto oltraggi a Filippi, come ben sapete, abbiamo avuto il coraggio nel nostro Dio di annunziarvi il vangelo di Dio in mezzo a molte lotte. E il nostro appello non è stato mosso da volontà di inganno, né da torbidi motivi, né abbiamo usato frode alcuna; ma come Dio ci ha trovati degni di affidarci il vangelo così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori. Mai infatti abbiamo pronunziato parole di adulazione, come sapete, né avuto pensieri di cupidigia: Dio ne è testimone. E neppure abbiamo cercato la gloria umana, né da voi né da altri, pur potendo far valere la nostra autorità di apostoli di Cristo. Invece siamo stati amorevoli in mezzo a voi come una madre nutre e ha cura delle proprie creature. Così affezionati a voi, avremmo desiderato darvi non solo il vangelo di Dio, ma la nostra stessa vita, perché ci siete diventati cari. Voi ricordate infatti, fratelli, la nostra fatica e il nostro travaglio: lavorando notte e giorno per non essere di peso ad alcuno vi abbiamo annunziato il vangelo di Dio. Voi siete testimoni, e Dio stesso è testimone, come è stato santo, giusto, irreprensibile il nostro comportamento verso di voi credenti; e sapete anche che, come fa un padre verso i propri figli, abbiamo esortato ciascuno di voi, incoraggiandovi e scongiurandovi a comportarvi in maniera degna di quel Dio che vi chiama al suo regno e alla sua gloria. Proprio per questo anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete. Voi infatti, fratelli, siete diventati imitatori delle Chiese di Dio in Gesù Cristo, che sono nella Giudea, perché avete sofferto anche voi da parte dei vostri connazionali come loro da parte dei Giudei

Nella seconda lettera ai Tessalonicési Paolo inizia con il saluto e il ringraziamento a Dio per la fermezza di fede dei destinatari e assicura che l'aver perseverato nella fedeltà, nonostante le fatiche, li porterà alla gioia eterna mentre chi avrà rifiutato il Regno sarapunito dalla giustizia di Dio. A questo punto pronuncia una duplice preghiera: il Signore vi renda degni della sua chiamata e compia nei Tessalonicési l'opera iniziata nella carità e nella fede. La preoccupazione di Paolo resta sempre quella di un comportamento coerente da parte dei "fratelli che lui ama". Quello che restituisce consapevolezza e coraggio è la coscienza che il Signore è presente e che il Signore viene. Paolo allora si sforza di offrire alcuni segni, utilizzando espressioni già note nell'AT che riguardano avvenimenti drammatici e catastrofici (Is 11,4; Ez 28,2; Dn11,36). Di questo futuro prossimo o lontano, non si sa, se ne parla in giro utilizzando linguaggi strani e fantasiosi. Qualcuno ha addirittura immaginato di poter garantire le proprie affermazioni con una lettera scritta da Paolo stesso, pretendendo di affermare che il tempo della fine è ormai alle porte. Per questo, dice Paolo, rifiutando con chiarezza ogni comunicazione a lui attribuibile su questi problemi, si preoccupa di firmare di suo pugno la lettera che sta inviando (3,17). Prima della fine, dice Paolo, si verificherà il rinnegamento della fede da parte di molti (apostasia); e comparirà "l'uomo dell'iniquità", che si contrappone a Dio, ma che qualcuno "lo trattiene". Tolto quest'ostacolo, esploderà l'odio contro Cristo e i credenti in Gesù. Certamente sarà annientato da Cristo stesso, ma l'empio raggiungerà un altissimo livello di grandezza, di potenza e di prodigi. Nella riflessione Paolo non ci dà elementi di identificazione per capire i riferimenti che porta e tuttavia chiarisce che esistono, dentro di noi, nonostante inganni e illusioni, capacità di libertà e responsabilità senza acquiescenze e senza fatalismi. La prospettiva è un orizzonte di difficoltà e di lotta e tuttavia l'essere credenti ci apre alla fiducia, al ringraziamento per l'amore del Signore, per la vocazione ricevuta, per lo Spirito Santo che ci santifica nella verità. La lettura della storia ci obbliga a ripensare a questi testi che, se non si decifrano nel contesto di Paolo, poiché non abbiamo sufficienti elementi, ci danno però dei parametri per l'oggi: la persecuzione dei credenti innocenti nel Medio Oriente e non solo, l'orgoglio e la potenza dell'uomo d'iniquità, lo stravolgimento della legge, l'illusione del benessere a scapito di interi popoli dimenticati. I credenti in Gesù sono invitati a ripensare sul significato dell'esistenza e della propria fede, a vivere in modi diversi, a chiarirsi e chiarire, a ripresentare il significato della coerenza alla ricerca della verità di cui Gesù è portatore

 
 

Muro del pianto (tempio - chiesa- tomba)

 

 Matteo 24,1-31

Mentre Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Gesù disse loro: "Vedete tutte queste cose? In verità vi dico, non resterà qui pietra su pietra che non venga diroccata". Sedutosi poi sul monte degli Ulivi, i suoi discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: "Dicci quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo". Gesù rispose: "Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sentirete poi parlare di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi; è necessario che tutto questo avvenga, ma non è ancora la fine. Si solleverà popolo contro popolo e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi; ma tutto questo è solo l'inizio dei dolori. Allora vi consegneranno ai supplizi e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, ed essi si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell'iniquità, l'amore di molti si raffredderà. Ma chi persevererà sino alla fine, sarà salvato. Frattanto questo vangelo del regno sarà annunziato in tutto il mondo, perché ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete l'abominio della desolazione, di cui parlò il profeta Daniele, stare nel luogo santo - chi legge comprenda -, allora quelli che sono in Giudea fuggano ai monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere la roba di casa, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendersi il mantello. Guai alle donne incinte e a quelle che allatteranno in quei giorni. Pregate perché la vostra fuga non accada d'inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale mai avvenne dall'inizio del mondo fino a ora, né mai più ci sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti quei giorni saranno abbreviati. Allora se qualcuno vi dirà: Ecco, il Cristo è qui, o: È là, non ci credete. Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l'ho predetto. Se dunque vi diranno: Ecco, è nel deserto, non ci andate; o: È in casa, non ci credete. Come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Dovunque sarà il cadavere, ivi si raduneranno gli avvoltoi. Subitodopo la tribolazione di quei giorni, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, gli astri cadranno dal cielo e le potenze dei cieli saranno sconvolte. Allora comparirà nel cielo il segno del Figlio dell'uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell'uomo venire sopra le nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli con una grande tromba e raduneranno tutti i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all'altro dei cieli.

 Il brano evangelico odierno riporta buona parte del discorso escatologico, cioè, relativo alle “cose ultime” che devono accadere (24,1-25,46) e che, nel Vangelo secondo Matteo coincidono con la parusia, ovvero il ritorno del Signore Gesù «con grande potenza e gloria». I vv 1-3 relativi alla distruzione del Tempio di Gerusalemme segnano come l’avvio di “queste ultime cose” illustrate da Gesù interrogato esplicitamente su di esse dai suoi discepoli. Tale distruzione segna perciò l’avvio dei “dolori” (vv 4-14) attraverso il ricorso a immagini di realtà ben conosciute quali: guerre, rivoluzioni, carestie… Esse, però, non sono la “fine” la quale è dilazionata in vista della predicazione di «questo Vangelo del regno in tutto il mondo» (v 14). Persino la “grande tribolazione” (vv 15-28), ovvero la terribile persecuzione scatenata dall’Impero romano non rappresenta ancora la fine. In quella circostanza, poi, occorrerà guardarsi dai “falsi messia” dai “falsi profeti” che cercheranno di sedurre anche i credenti. La fine (vv 29-31) coincide, invece, con la venuta del Signore, significata dal suo “segno” e descritta con perturbazioni cosmiche, a indicare che tutto il creato è in essa coinvolto, con la sua apparizione sulle “nubi del cielo” e con il raduno degli “eletti”. Le pagine della Scrittura, oggi proclamate, e soprattutto la pagina evangelica di Matteo caratterizzano l’Avvento come tempo in cui la Chiesa, la comunità dei discepoli del Signore, mentre si prepara a celebrare il suo Natale, è sollecitata a considerare di essere incamminata, con l’intera umanità e il cosmo, verso le “cose ultime”. Si tratta, cioè, di tenere vivo nel cuore della Chiesa la domanda rivolta un giorno dai discepoli a Gesù: «quando accadranno queste cose, e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo?» (v 3). È una domanda di capitale importanza per tutti noi. Essa ci dice che di tutte le realtà di questo mondo non rimarrà «pietra su pietra» e, pertanto, ci mette in guardia dal cadere vittima del materialismo dilagante che chiude gli occhi e i cuori e li ripiega sulle cose quali il potere, il piacere, il successo, illudendosi sulla loro reale capacità di dare vita e felicità durature. È decisivo, in una parola, tenere viva in noi la certezza di fede che questo mondo è destinato a finire e che la sua fine coincide con la seconda definitiva venuta del Signore. La prospettiva dunque è il ritorno “glorioso” del Signore che è venuto nel mondo nell’umiltà e nella piccolezza del Bambino, che ha sofferto la croce per la salvezza. Il Vangelo perciò ci aiuta a comprendere come la “gloriosa venuta del Signore” è dilazionata nel tempo perché a tutte le genti sia predicato il suo nome nel quale c’è salvezza. Nel frattempo la comunità è esortata a non farsi sviare dagli accadimenti e dai fenomeni tragici che scandiscono tale attesa. Tra questi accadimenti, come già per la Chiesa delle origini è da mettere in conto anche la “grande tribolazione” ovvero la persecuzione a cui dovrà andare incontro. Soprattutto la Chiesa deve guardarsi dal lasciarsi sedurre dai falsi profeti o dagli anti-cristi che si impegnano a togliere dal cuore dei credenti la fede nel Signore Gesù e la carità vicendevole e verso tutti per depositarvi i semi malvagi dell’odio e del tradimento (cfr. v 10). Anche l’Apostolo mette in guardia la giovane comunità cristiana di Tessalonica dal lasciarsi sedurre dalla «venuta dell’empio» forte della «potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità» (Epistola: 2Tessalonicesi 2,9-10). Ciò che apprendiamo in questa I domenica di Avvento va tenuto costantemente presente nel nostro cammino. Abbiamo capito che il mondo, la storia, il cosmo e ognuno di noi ha come prospettiva finale un evento salvifico: il Figlio dell’uomo che porta con sé il suo “segno” ossia la sua croce, l’emblema di ciò che egli ha compiuto per nostro amore e attorno al quale tutti saranno radunati dagli angeli ministri del Signore. Si tratta perciò di una prospettiva di per sé piena di luce e non di tenebre già annunziata dall’oracolo profetico e dove trova compimento la divina promessa: «la mia salvezza durerà per sempre, la mia giustizia non verrà distrutta» (Lettura: Isaia 51,6). Per questo occorre trascorrere questa esistenza terrena “perseverando sino alla fine” nella fedeltà al Signore e al suo Vangelo: in concreto rifiutando le ingannevoli seduzioni del mondo, non ”scandalizzandoci” per le umiliazioni e le persecuzioni subite a causa del Vangelo, e soprattutto vivendo integralmente e dando piena testimonianza al Vangelo stesso che è tutto racchiuso nel comandamento della carità, sulla quale tutti saremo giudicati allorché verremo radunati davanti al trono del grande re e giudice.