I DOMENICA DOPO LA DEDICAZIONE
26 ottobre 2014
Luca 24, 44-49a.
Riferimenti : Atti 10, 34-48a.1 - Salmo 95
- Corinzi 1, 17b-24. |
| A te si deve lode, o Dio, in Sion; a te si
sciolga il voto in Gerusalemme. A te, che ascolti la preghiera,
viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu
perdoni i nostri peccati. Beato chi hai scelto e chiamato
vicino, abiterà nei tuoi atrii. Ci sazieremo dei beni della tua
casa, della santità del tuo tempio. Con i prodigi della tua
giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, speranza dei
confini della terra e dei mari lontani. Tu rendi saldi i monti
con la tua forza, cinto di potenza. |
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Atti 10, 34-48a. In quei giorni.
Pietro allora prese la parola e disse: «In
verità sto rendendomi conto che Dio non fa
preferenza di persone, ma accoglie chi lo
teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione
appartenga. Questa è la Parola che egli ha
inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace
per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di
tutti. Voi sapete ciò che è accaduto in tutta la
Giudea, cominciando dalla Galilea, dopo il
battesimo predicato da Giovanni; cioè come
Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù
di Nàzaret, il quale passò beneficando e
risanando tutti coloro che stavano sotto il
potere del diavolo, perché Dio era con lui. E noi
siamo testimoni di tutte le cose da lui compiute
nella regione dei Giudei e in Gerusalemme.
Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma
Dio lo ha risuscitato al terzo giorno e volle
che si manifestasse, non a tutto il popolo,
ma a testimoni prescelti da Dio, a noi che
abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo la sua
risurrezione dai morti. E ci ha ordinato di
annunciare al popolo e di testimoniare che
egli è il giudice dei vivi e dei morti,
costituito da Dio. A lui tutti i profeti
danno questa testimonianza: chiunque crede in
lui riceve il perdono dei peccati per mezzo del
suo nome». Pietro stava ancora dicendo queste
cose,quando lo Spirito Santo discese sopra
tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i
fedeli circoncisi, che erano venuti con
Pietro, si stupirono che anche sui pagani si
fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li
sentivano infatti parlare in altre lingue e
glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi
può impedire che siano battezzati nell’acqua
questi che hanno ricevuto,come noi, lo
Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati
nel nome di Gesù Cristo.
Stiamo leggendo, negli Atti degli
Apostoli, il quinto intervento su otto,
pronunciato da Pietro a Cesarea in casa di
Cornelio, un centurione che coltiva profondo
rispetto per la religione d'Israele, a
somiglianza dell'altro centurione di Cafarnao,
ricordato da Luca (Lc7,1-10).Questa
testimonianza di Pietro è preziosa poiché
esprime la traccia di evangelizzazione che
gli apostoli e quindi la Comunità cristiana
sviluppa nel primo secolo. Qui la trama dei
pensieri è affidata a Pietro perché garantisca a
tutte le comunità la ricerca della verità su
Gesù.“Mi sto rendendo conto” e Pietro scopre
che, nonostante la convivenza di anni con
Gesù, deve approfondire egli stesso il messaggio
cristiano poiché, giorno per giorno,
verificando situazioni e incontri, capisce
quanto sia necessario misurarsi su ciò che
avviene per capire meglio Gesù.Bisogna,
allora, richiamarsi alla vita di Gesù, prima di
tutto.- Egli comincia dalla periferia
(Galilea), facendo del bene e curando coloro che
sono vittime del male poiché ha la forza di
Dio (vv 37-38). Il fatto che venga da un paese
sconosciuto, Nazareth, non smentisce il valore
della sua presenza. Egli ha veramente operato
ed è verificabile. La fede cristiana si appoggia
su una persona,non su idee o ragionamenti e
noi siamo testimoni di un mondo che egli ha
cominciato a cambiare. Gli uomini non hanno
riconosciuto Gesù e lo hanno ucciso,
crocifiggendolo (v 39).- Ma Dio, quando
ormai tutto sembra compromesso e tutta la
vicenda di Gesù un inganno, sconvolge le
leggi della natura risuscitando il suo servo
fedele (v 40).- Gesù, risuscitato, si è
mostrato “a noi che abbiamo mangiato e bevuto
con lui dopo la sua risurrezione dai morti”
(41). Con questa attenzione per i suoi e non per
una risurrezione visibile a tutti, ha voluto
rispettare la libertà di ciascuno ed ha chiesto
che credere in Lui si appoggi su un cammino di
ricerca, di fedeltà e di fiducia.- Così “ci
ha ordinato di annunciare al popolo e di
testimoniare che egli è il giudice dei vivi e
dei morti, costituito da Dio” (v 42). E i
testimoni sono coloro che hanno vissuto con
Lui e lo hanno visto, con chiarezza, risorto. In
tal modo sono testimoni di un “Gesù che
giudica” poiché verificano quanto ciascuno di
noi ha preso sul serio l’impegno ad essergli
somigliante. Tuttavia, che Gesù sia giudice non
suppone paura ma fiducia, poiché è colui che
ha condiviso la nostra fatica ed ha sofferto i
nostri stessi limiti umani e ci capisce ed ha
misericordia.- E i discepoli sono missionari
non perché siano esemplari per la loro vita, ma
perché possono riferire la parola e gli incontri
con Gesù a chi voglia cogliere, con cuore
puro, la loro testimonianza. Il Signore
garantisce Pietro e Cornelio della sua
accettazione e, in segno della convalida,
investe gli ascoltatori di Pietro degli stessi
doni di Pentecoste. In tal modo Pietro “scopre e
si rende conto” che, prima ancora di
ricevere
il battesimo, la discesa dello Spirito Santo su
Cornelio e i familiari indica,in maniera
evidente, che il progetto di Dio è aperto anche
per i pagani e la loro accoglienza nel Regno
non passa più solo attraverso l'ebraismo, ma li
inserisce,anche immediatamente, nella Chiesa
mediante la fede in Gesù e il battesimo. Negli
Atti il dono dello Spirito, come in questo caso,
però, è strettamente legato alla fede,ancora
non necessariamente al battesimo. E Pietro
verifica che c’è fede, c’è stato
ascolto, c’è
l’accoglienza di Dio nello Spirito. Ogni
giorno siamo invitati ad “accorgerci” della
presenza del Signore che ci precede nel cuore
di ogni uomo e donna e ci svela le attese nel
mondo. |
1 Corinzi 1, 17b-24. Fratelli,
Cristo mi ha mandato ad annunciare il Vangelo, non con
sapienza di parola, perché non venga resa vana la croce di
Cristo. La parola della croce infatti è stoltezza per quelli che
si perdono, ma per quelli che si salvano,ossia per noi, è
potenza di Dio. Sta scritto infatti: Distruggerò la sapienza
dei sapienti e annullerò l’intelligenza degli intelligenti.
Dov’è il sapiente? Dov’è il dotto? Dov’è il sottile ragionatore
di questo mondo? Dio non ha forse dimostrato stolta la
sapienza del mondo? Poiché infatti, nel disegno sapiente
di Dio, il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha
conosciuto Dio, è piaciuto a Dio salvare i credenti con la
stoltezza della predicazione. Mentre i Giudei chiedono segni e i
Greci cercano sapienza, noi invece annunciamo Cristo
crocifisso: scandalo per i Giudei e stoltezza per i pagani;
ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, Cristo
è potenza di Dio e sapienza di Dio. Il retroterra di questo testo va ritrovato nella
esperienza di Paolo ad Atene. Non avendo ancora fatto i
conti, fino in fondo, con la novità cristiana in ambiente
pagano, sprovveduto di metodo, andando tra i greci, Paolo
ritiene di ingolosirli del messaggio di Gesù, introducendo la
presentazione della fede cristiana con suggestioni retoriche,
con esemplificazioni filosofiche, con intuizioni religiose
comuni a tutti gli uomini. Il discorso di Paolo ad Atene (At
17,22-31) è un capolavoro di presentazione della novità
cristiana alla cultura greca. Ma Paolo non ha ancora misurato
fino in fondo quanto sia esplosivo il messaggio di Gesù e come
sia problematica la sua accettazione. Certamente Gesù è centrale
nella proposta di Paolo, ma la sua presentazione deve essere
sembrata come l’incontro di un testimone coraggioso e
generoso che dà la vita per un messaggio od una idea
religiosa. Alla fine tutta la sua introduzione sul cristianesimo
si sfarina in una risata ed uno scuotimento di testa dei suoi
ascoltatori: “Quando sentirono parlare di risurrezione dai
morti, alcuni lo deridevano, altri dicevano: “Su questo ti
sentiremo un’altra volta” (At 17,32). Paolo ricorda bene come
arrivò a Corinto e ripete alla sua comunità di Corinto le
stesse considerazioni che aveva fatto ripensando alla sua
esperienza ateniese. Egli continua a riaffermare il suo
atteggiamento a loro noto. Umile, aderente all’esperienza
sconcertante della vita di Gesù, senza la pretesa di
raddolcire il messaggio, cerca di far conoscere il Vangelo come
“vera e gioiosa nuova notizia: Cristo mi ha mandato ad
annunciare il Vangelo, non con sapienza di parola, perché non
venga resa vana la croce di Cristo “(v. 17). E se i giudei
chiedono segni miracolosi che confermino Gesù come Messia, e
i pagani chiedono la sapienza dei ragionamenti che possano
convincere, noi, dice Paolo, sappiamo che è necessario
diventare discepoli di Cristo crocifisso. Egli è il Messia
atteso che,passando attraverso la passione e la morte, viene
risuscitato da Dio. Ora questo segno divino non è sufficiente
per i giudei e non convince l'intelligenza dei pagani,
scandalo per i primi, in quanto non era previsto che il Messia
atteso morisse,stoltezza per i secondi, perché: “Si è mai
visto uno risorgere dai morti?”. Paolo però continua
ricordando che in tutta la vita della Comunità cristiana ci si
scontra tra la sapienza del mondo e la sapienza cristiana.
Questa dovrebbe aiutare a rileggere scelte, significati,
valori e fatti. Essa dovrebbe essere al vertice delle proprie
scelte poiché la sapienza cristiana non è ovvia, ma è
sconcertante, spesso paradossale. Ha bisogno della forza di
Dio, della preghiera, del consiglio delle persone
sperimentate, del coraggio di rivedere le ovvietà con sana
fiducia nel Signore. Ci ritroviamo ogni giorno con questo
interrogativo: “Che cosa il Signore ci chiede?Come si
presenta? Come posso vivere la sua presenza e la sua fede nel
mio mondo quotidiano?”. E’ l’interrogativo di ogni comunità e
di ogni battezzato. Che cosa la sapienza cristiana mi chiede
perché veramente appaia il volto di Gesù in me? nella Chiesa?
nel cammino con le persone di ogni giorno?E’ stata la
domanda che si sono fatti i vescovi nel Sinodo, ed hanno
riflettuto sulle scelte di Gesù per l’oggi. |
Luca 24, 44-49a. In quel
tempo. Il Signore Gesù disse: «Sono queste le parole che io vi dissi
quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte
su di me nella legge di Mosè, nei Profeti e nei
Salmi». Allora aprì
loro la mente per comprendere le Scritture e disse loro: «Così
sta
scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo
nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il
perdono dei
peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed
ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso».
Siamo alla conclusione del vangelo di Luca. Colpisce la
frase: “Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture”.Perché
anche oggi, anche noi, per comprendere le Scritture, dobbiamo aprire la
mente. La Parola di Dio non dà una comprensione automatica: occorre
un’apertura. Un’apertura della mente. La mente non è lo spirito, non è la
ragione, non è il sapere. La mente è l’intelligenza, con la quale ci si
introduce a intuire, carpire il “senso”della Parola contenuta nelle
Scritture. C’è un verbo greco (suniénai) che indica pienamente questo
significato: il concentrare (sùn) tutte le proprie capacità interiori, la
memoria, il cuore, le emozioni e i sentimenti, la lucidità e la semplicità
del percepire e del vibrare, per avviarsi verso l’interno della parola
scritta, appunto per coglierne il significato. E’ Gesù, con il suo
Spirito, che apre la mente a questa intelligenza delle Scritture:bisogna
allora accostarsi ad esse primariamente non puntando sulle nostre bravure
intellettuali e razionalistiche, ma affidandoci ad una preghiera che ci
consenta di essere disponibili completamente a dove ci vuole condurre.
Un’altra sottolineatura è sul contenuto della testimonianza (di questo voi
siete testimoni): la misericordia e il perdono. Dio non è un padrone
temibile o un giudice autoritario, ma è ricco di amore e di misericordia e
vuole che gli uomini, sue creature, suoi figli e figlie, siano felici.
Gesù non è entrato nella storia e nell’umanità per condannare, ma per
salvare, cioè per dare vita e vitalità. E’ questo che va annunciato e
proclamato a voce altissima. A tutti. A partire da quelli che incrociamo
ogni giorno.
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