
V DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
Gesù insegna il comandamento
più grande 28 settembre 2014
Matteo 22, 34-40.
Riferimenti : Deuteronomio 6, 4-12 - salmo 17 - Galati 5,
1-14. |
| Accogli, Signore, la causa del giusto, sii
attento al mio grido. Porgi l'orecchio alla mia preghiera: sulle
mie labbra non c'è inganno. Venga da te la mia sentenza, i tuoi
occhi vedano la giustizia. Saggia il mio cuore, scrutalo di
notte, provami al fuoco, non troverai malizia. La mia bocca non
si è resa colpevole, secondo l'agire degli uomini; seguendo la
parola delle tue labbra, ho evitato i sentieri del violento. |
|
Deuteronomio 6, 4-12
In quei giorniMosè
disse: 4Ascolta, Israele: il Signore è il
nostro Dio, unico è il Signore. 5Tu amerai il
Signore, tuo Dio, con tutto il cuore, con tutta
l’anima e con tutte le forze. 6Questi precetti
che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. 7Li
ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti
troverai in casa tua, quando camminerai per
via, quando ti coricherai e quando ti alzerai.
Te li legherai alla mano come un segno, ti
saranno come un pendaglio tra gli occhi 9e li
scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle
tue porte. 10Quando il Signore, tuo Dio, ti
avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi
padri Abramo, Isacco e Giacobbe aveva giurato
di darti, con città grandi e belle che tu non
hai edificato, 11case piene di ogni bene che
tu non hai riempito, cisterne scavate ma non
date, vigne e oliveti che tu non hai
piantato,quando avrai mangiato e ti sarai
saziato,12guardati dal dimenticare il
Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra
d’Egitto, dalla condizione servile.
Mosè si è avvicinato a
Dio per ascoltare quello che il suo popolo deve
capire e praticare all’inizio della sua
esistenza liberata ed autonoma, avendo avuto il
dono della emancipazione dalla schiavitù, per
una scelta privilegiata da parte di Dio a
preferenza degli altri popoli. E’ Mosè che
ascolta e comunica ed è stato il popolo stesso,
intimorito dalla presenza potente di Dio sul
Sinai, a delegare Mosè come ambasciatore e
quindi come messaggero di Dio con loro:
“Avvicinati tu - ha detto il popolo - e ascolta
quanto il Signore nostro Dio dirà e poi ci
riferirai quanto ti avrà detto e noi lo
ascolteremo e lo faremo” (5, 23-27). Tre
verbi si sviluppano e si rincorrono dando,
ciascuno all’altro,sfumature proprie e
raccogliendo insieme ricchezze diverse: “Temi,
ascolta, ama”.«Temi il Signore Dio tuo»
(6,2): è un’espressione tipica della fedeltà
all’Alleanza. Il timore (Es 20,20) comporta
simultaneamente un amore che corrisponde a
quello che Dio ha avuto con i padri, la loro
discendenza e loro stessi (4,37) e impegna in
un’obbedienza assoluta a quanto Dio comanda
(6,2-5;10,12-15; cf.Gen 22,12). Il contenuto
religioso e morale di questo timore andrà
sempre più affinandosi (Gs 24,14; 1Re 18,3.12;
2Re 4,1;Pr 1,7; Is 11,2; Ger 32,39; ecc.).
«Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio,
unico è il Signore» (v4). E’ l’atto
fondamentale di fede del popolo d’Israele nella
sua storia.«Tu amerai il Signore, tuo Dio,
con tutto il cuore, con tutta l’anima e con
tutte le forze»(v 5). Preceduto
dall’esperienza del dono di Dio, l’amore non è
proposto come scelta, ma come comando. Questo
amore di Dio si affinerà, è soggetto a pericoli
ed a distorsioni,equivoci e supponenze. Sarà
presentissimo nei libri profetici, soprattutto
in Osea, in Geremia, e nei Salmi. Gesù,
richiamandosi a Dt 6,5, presenterà come il più
grande comando l’amore di Dio (Mt 22,37p), un
amore che si unisce al timore filiale, ma
esclude quello servile (1Gv 4,18). Matteo,
tuttavia aggiungerà: “con tutta la tua mente”:
l’amore ha bisogno di profondità ed ha bisogno
di lucidità e chiarezza. L’amore a Dio non va
identificato con la pratica dei doveri
religiosi, con la partecipazione agli atti di
culto. Per ingraziarsi gli dèi, i popoli
dell’antico Medio Oriente offrivano olocausti di
animali e le primizie dei raccolti, convinti
che, se il soave odore delle vittime non fosse
regolarmente salito al cielo, gli dèi si
sarebbero adirati e avrebbero inviato
pestilenze,siccità e carestie. Anche
Israele, per lungo tempo, concepisce il suo
rapporto con il Signore in termini cultuali.
Ritiene di poter ottenere i favori del suo Dio
offrendogli,come i pagani, sacrifici e
olocausti. Non è così che il Signore vuole che
gli si manifesti amore. I profeti sono
durissimi contro il ritualismo religioso: «Che
m’importa dei vostri sacrifici senza numero?
- dice il Signore - Smettete di presentare
offerte inutili, l’incenso è un abominio per
me; noviluni, sabati, assemblee sacre, non posso
sopportare delitto e solennità. Anche se
moltiplicate le preghiere, io non ascolto.
Imparate a fare il bene,ricercate la
giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete
giustizia all’orfano, difendete la causa
della vedova» (Is 1,10-20; Am 5,21-25). Ma anche
noi abbiamo lo stesso problema. L’amore che
Dio chiede non è un fugace sentimento,
un’emozione momentanea, una dichiarazione di
affetto fatta con le labbra, un compimento di
gesti,magari settimanalmente con una messa
per esaurire il tutto in una nicchia. Chiede
l’adesione totale a Lui nell’adempimento di ciò
che gli è gradito. Con tutto il cuore:
suppone il controllo di tutte le scelte e di
tutti i sentimenti: non ci sia spazio per gli
idoli, per la bramosia del denaro, dei capricci,
delle ambizioni. Con tutta l’anima: l’anima
nella Bibbia equivale alla vita e quindi nessun
istante può essere trascorso in disaccordo
con il progetto del Signore. Con tutta la
forza: impiegare tutte le proprie energie e
capacità nella realizzazione dei disegni del
Signore, insieme con i propri beni materiali.
Questo amore deve coinvolgere il popolo in cui
si vive e il popolo che verrà, il cui
equilibrio e la cui saggezza dipenderanno dalla
nostra attenzione, insegnamento ed
educazione. E se il brano conclude che la
ricchezza ed il benessere sono il dono di nozze
offerto da Dio Alleato, la continuità del
benessere dipenderà da come verrà mantenuta
dal popolo, che c’è e che verrà, la centralità
di questo amore. Questa è la sintesi da
memorizzare, da ripetere, da maturare e da
diffondere come la radice della vera sapienza.
E infatti queste sono le parole della preghiera
che un buon ebreo recitava e recita ancor
oggi tre volte il giorno. |
Galati 5, 1-14. Fratelli, 1Cristo
ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non
lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. 2Ecco,
io,Paolo, vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi
gioverà a nulla. 3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa
circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta
la Legge. 4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi
che cercate la giustificazione nella Legge; siete decaduti
dalla grazia. 5Quanto a noi, per lo Spirito, in forza della
fede, attendiamo fermamente la giustizia sperata. 6Perché
in Cristo Gesù non è la circoncisione che vale o la non
circoncisione, ma la fede che si rende operosa per mezzo
della carità. Correvate così bene! Chi vi ha tagliatola
strada, voi che non obbedite più alla verità? 8Questa
persuasione non viene sicuramente colui che vi chiama! 9Un
po’ di lievito fa fermentare tutta la pasta. 10Io sono
fiducioso per voi, nel Signore, che non penserete
diversamente; ma chi vi turba subirà la condanna, chiunque
egli sia. 11Quanto a me, fratelli, se predico ancora la
circoncisione,perché sono tuttora perseguitato? Infatti,
sarebbe annullato lo scandalo della croce.12Farebbero meglio
a farsi mutilare quelli che vi gettano nello scompiglio!
13Voi, infatti,fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che
questa libertà non divenga però un pretesto per la carne;
mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri.
14Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo
precetto:Amerai il tuo prossimo come te stesso. Paolo scrive ai Galati con grande determinazione,
cercando di passare, da questo brano,dal piano teologico
alle scelte ed ai comportamenti morali. E’ molto fiducioso di
questi cristiani a cui scrive e con cui si è trovato molto
d’accordo e che valuta sinceri e generosi. Per questo,
tuttavia, pur sentendosi fiducioso, è preoccupato per alcune
loro deformazioni. Sembra che si siano mostrati ingenui e si
siano lasciati raggirare da alcuni fanatici. Non vengono
riportate percentuali di deviazioni o di persone che hanno
accettato i nuovi annunciatori. Ma questi hanno distolto i
credenti dalla fede genuina di Gesù per ritornare alle linee
morali precedenti. Paolo si lamenta che si siano affrettati ad
alterare la loro fede, equivocando. E’ un impedimento che Paolo
continua ad incontrare nella sua predicazione, soprattutto
perché il suo inizio avviene sempre con le comunità di Ebrei,
disseminate nell’impero. D’altra parte è anche comprensibile che
si lascino riprendere dalla nostalgia e dalle abitudini molto
resistenti e capillari che costellano fatti normali e
situazioni quotidiane. Paolo si preoccupa perché la fedeltà alle
tradizioni farisaiche condiziona la novità che Gesù porta;
ricorda che tutto questo fa dimenticare quell’unico e
fondamentale comandamento che è l’amore del prossimo,
comandamento che è la sintesi di tutta la legge (vv 13-14).
Per questo Paolo scrive con chiarezza: solo Gesù ci ha liberati
per costituirci liberi.“Perché in Cristo Gesù non è la
circoncisione che vale o la non circoncisione, ma la fede che
si rende operosa per mezzo della carità” (v 6). La libertà è la
grande conquista che Paolo scopre nel conoscere Cristo
poiché, prima di tutto, Gesù stesso ha vissuto fino infondo
questa libertà, ponendo alla base delle sue scelte e del suo
insegnamento l’amore verso la volontà di Dio e l’amore verso
tutti gli uomini e donne del suo tempo che hanno bisogno di
misericordia. Su questo tema fondamentale della libertà noi
credenti dovremmo ripensare molto e approfondire le scelte e
l’impegno nel mondo delle relazioni, della giustizia, delle
istituzioni, della Chiesa e della società. Certamente, si
equivoca molto facilmente la libertà, scambiandola con
l’anarchia, gli interessi di parte,la presunzione di
lucidità e di chiarezza, il rifiuto della legalità o di legami.
E la si sottopone alla emotività del nostro essere come unico
criterio assoluto di giudizio. Non va dimenticato che da
Paolo vengono ricordati qui due modelli di vita, che riconduce
alla“carne” e allo “Spirito”. La “carne” è principio di
peccato. Il comportamento carnale è esemplificato da un
“catalogo di vizi” (19-21). E’ la libertà senza giudizio di Dio
che si proclama come diritto. Ma la libertà di Gesù si misura
su grandi valori, si valuta e si confronta sulla comunione,
sull’attenzione verso le persone più fragili, sulle Parole di
Gesù a cui siamo tutti chiamati, nel rispetto di ciascuno, ad
esserne interpreti E’ vero che si ha molta paura a parlare
di libertà, perché ci si immagina che l’ubbidienza,la
sottomissione, l’accettare tutto quello che ci viene imposto sia
il meglio, non crea problemi, ci lascia tranquilli. Eppure
nella Chiesa, per secoli, ed ancor oggi nei paesi dove i
cristiani sono minoranza, si insiste nel coraggio, nel ricercare
la parola di Gesù,nel ritrovare la fiducia e l’accoglienza
verso tutti. Non è questo il vero esercizio di libertà
cristiana? |
Matteo 22, 34-40.
In quel
tempo.34 I farisei, avendo udito che egli aveva chiuso la bocca ai
sadducei, si riunirono insieme 35e uno di loro, un dottore della Legge,
lo interrogò per metterlo alla prova:36«Maestro, nella Legge, qual è il
grande comandamento?». 37Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con
tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente.
38Questo è il grande e primo comandamento.39Il secondo poi è simile a
quello: Amerai iltuo prossimo come te stesso. 40Da questi due
comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».
Anche a noi piace discutere su vari problemi, pur scottanti, così come
avviene nel cap.22di Matteo, dove si vuole mettere alla prova (“tentare”)
Gesù su temi che allora erano di attualità (ma ancor oggi lo sono).Qui
addirittura un dottore della Legge interpella Gesù su qualcosa che un
credente ebreo dovrebbe aver ben chiaro: il grande comandamento. E Gesù
difatti risponde correttamente, ma, ad evitare fraintendimenti e distinzioni,
unisce all’amore di Dio quello del prossimo; anzi, in un certo senso, lo
identifica: è il cuore della Legge, è il cuore della fede.
Questa
domanda viene posta a Gesù dopo che i farisei si erano ‘radunati insieme’,
perché si rendono conto della fondamentale importanza della
domanda. E’
come dire oggi’: che cosa credi riguardo a Gesù e riguardo a Dio?Il
mettere insieme i due comandamenti, identificandoli, è ciò che fa la
differenza tra una fede abitudinaria e superficiale (chi non conosce
questo comandamento?) e il significato della risposta di Gesù: non vale un
culto devoto e teorico, non valgono i pensieri su Dio se non sono intrisi
da un reale e provato amore del prossimo, cioè di chi ti sta o si fa
vicino. Le misure, poi, sono totalizzanti: con tutto il tuo cuore, con tutta
la tua anima,con tutta la mente, come te stesso, cioè facendo spazio
reale nella tua interiorità e nella tua vita all’altro che in questo
momento ti sollecita o ti infastidisce. Spazio d’affetti, di pensiero, di
condivisione. L’amore a Dio è un atteggiamento che trae la sua forza
d’essere nella tua umanità e nel tuo farti umano con gli altri per amore.
Per questo è il grande comandamento, potremmo dire anche l’unico, quello su
cui sei provato e che ti mette in crisi, perché non sei mai all’altezza,
ma slitti via. Certo, le cose le sai, ma si fa quel che si può. Così il
nostro incontro con il Signore rischia di banalizzarsi. Ed è anche per
questo che viene usato il futuro “amerai”. Perché non si dà
mai un
risultato raggiunto, ma è sempre una tensione, un desiderio, una conversione.
Una richiesta di perdono. Perché occorre l’umiltà di chi si fida e di chi
si presenta con la convinzione che solo con il suo aiuto e con la
consapevolezza di riflettere solo una scintilla del suo amore se
totalmente ti rimetterai a lui, potrai cominciare a capire qualcosa di questo
– grande comandamento. E’ un testo che ci fa riflettere a fondo: in che
cosa consiste la nostra totalità?
|