
Ultima Domenica di gennaio
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
29.01.2017 Lc 2, 22-33
Riferimenti : Sir 7, 27-30. 32-36; Sal 127; Col 3, 12-21; Lc 2,
22-33 |
Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue
vie. Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e
avrai ogni bene. ® La tua sposa come vite feconda nell’intimità
della tua casa; i tuoi figli come virgulti d’ulivo intorno alla
tua mensa. Ecco com’è benedetto l’uomo che teme il Signore. Ti
benedica il Signore da Sion. |
Siracide 7, 27-30. 32-36 Onora
tuo padre con tutto il cuore / e non dimenticare
le doglie di tua madre. / Ricorda che essi ti
hanno generato: / che cosa darai loro in cambio
di quanto ti hanno dato? / Con tutta l’anima
temi il Signore / e abbi riverenza per i suoi
sacerdoti. / Ama con tutta la forza chi ti ha
creato / e non trascurare i suoi ministri. /
Anche al povero tendi la tua mano, / perché sia
perfetta la tua benedizione. / La tua generosità
si estenda a ogni vivente, / ma anche al morto
non negare la tua pietà. / Non evitare coloro
che piangono / e con gli afflitti móstrati
afflitto. / Non esitare a visitare un malato, /
perché per questo sarai amato. / In tutte le tue
opere ricòrdati della tua fine / e non cadrai
mai nel peccato. Dopo aver
richiamato al giovane figlio, a cui è rivolto
l'insegnamento, l'impegno di ricerca della
istruzione: " Figlio, fin da giovane ricerca
l'istruzione e fino a vecchio troverai sapienza"
(6,18), i brani che leggiamo oggi, nel cap.7,
fanno arte di raccomandazioni di diverso
argomento di natura morale, sociale e religiosa.
Per lo più sono precetti in forma negativa in
tutto il capitolo, ma qui vengono ripensate
anche proposte aperte alla maturazione ed al
progresso della sapienza. Il libro del Siracide,
detto anche "Sapienza di Sirach", detto anche
Ecclesiastico, fu inizialmente scritto in
ebraico da Ben Sira, (il nome greco è Siracide)
verso il 180 a. C. e fu tradotto dal nipote in
greco attorno al 130 a.C., lasciandone
testimonianza nel prologo nel libro stesso.
Composto da 51 capitoli con vari detti di genere
sapienziale, sintesi della religione ebraica
tradizionale e della sapienza comune, vuole
contrastare la penetrazione culturale greca
nella cultura ebraica, ponendo una diga morale
per i suoi, e incoraggiando a riprendere la
Sapienza delle proprie tradizioni. Coraggioso e
infervorato dalla Sapienza e del culto ebraico,
insiste che non ci si debba vergognare della
propria ricchezza morale e della legge. Il mondo
ebraico, quando stabilì il Canone (elenco
ufficiale dei libri della Scrittura attorno il
90 d.C,) non considerò ispirato questo testo,
probabilmente perché la sua diffusione era
avvenuta, prevalentemente, con il testo greco.
E' rimasto invece come testo sacro ispirato nei
testi ufficiali del Canone cattolico. Perciò non
è elencato nella Bibbia ebraica (22 libri), né
nel Canone del mondo protestante ( che segue,
per l'A.T., il criterio ebraico). Nelle bibbie è
ricordato come Deuterocanonico. Sono nominate le
realtà più sacre della vita quotidiana ebraica:
i familiari, compresi i genitori (vv18-28), il
rispetto del Signore e dei suoi sacerdoti
(29-31), i poveri (v 32), le offerte per i morti
secondo criteri propri degli ebrei che pure non
avevano ancora con chiarezza il richiamo della
vita oltre la morte e la risurrezione dei morti,
come la consapevolezza sviluppò più tardi (v
33). Si richiamano, con accenti di tenerezza,
l'attenzione alla misericordia verso chi piange
e verso i malati (vv 34-35). Il v 33 ricorda che
le opere di misericordia non debbono escludere
nessuno: "La tua generosità si estenda a ogni
vivente, ma anche al morto". E' commovente
questa attenzione alla vita e persino al ricordo
della vita. Si può sentire l'eco del comando
di Dio nel racconto della creazione: "Coltivare
e custodire la creazione" (Gen2,15) è il compito
di chi ha ricevuto in dono il
mondo e lo
mantiene bello e grande. Si suppone il lavoro ma
non è il lavoro dello schiavo che opera in conto
terzi e a cui non interessa per nulla il
risultato. Sono le raccomandazioni a persone
libere che mantengono bene la casa, ricevuta in
dono da Dio, e la abbelliscono e la
arricchiscono per ogni essere vivente. L'ultima
raccomandazione ha il significato globale della
sapienza di vita: "In tutte le tue opere
ricordati della tua fine e non cadrai mai nel
peccato" (v 36 ) .
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Colossesi 3, 12-21 Fratelli,
scelti da Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti
di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di
magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli
altri, se qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un
altro. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma
sopra tutte queste cose rivestitevi della carità, che le unisce
in modo perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori,
perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete
grazie! La parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza.
Con ogni sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi,
inni e canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei
vostri cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere,
tutto avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per
mezzo di lui a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai
mariti, come conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre
mogli e non trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai
genitori in tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non
esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.
Il testo che leggiamo è particolarmente ricco per
una scelta cristiana di valori e di sentimenti che debbono
maturare in una famiglia cristiana (vv12-13). C'è una prima
immagine: il vestito, il vestito nuovo, bianco, ricevuto e
indossato il giorno del battesimo, il segno di quel "rivestitevi
dunque di sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di
mansuetudine, di magnanimità, sopportandovi a vicenda e
perdonandovi gli uni gli altri". Spogliato dell'uomo vecchio e
risorto a vita nuova, la dignità espressa nel vestito è quella
di essere cristiani, con una legge nuova costituita, meno di
precetti e più di sentimenti degni di Gesù: l'elenco è di 7 e
costituisce la pienezza dello stile credente. Nella famiglia
deve essere fondamentale il perdono, a somiglianza del perdono
che riceviamo dal Signore. Infatti il perdono ricostruisce il
tessuto della speranza e della fiducia, rammenda gli strappi,
ristruttura i rapporti, rinsalda i cammini comuni. Nella
riflessione delle relazione ritorna la dignità dell'accogliersi
("rivestitevi di carità") e costituisce la pienezza dell'armonia
("la pace portata da Cristo"). Vengono quindi indicati i mezzi
per vivere e sorreggere l'armonia familiare: prima di tutto la
Parola di Dio che alimenta la sapienza della vita e aiuta nel
dialogo reciproco per capire e per correggere; poi la preghiera
che crea affiatamento e fa intravedere prospettive e valori. E
se nella famiglia ci si preoccupa a produrre segni di affetto e
di attenzione (si fanno feste, ci si offre regali, si
organizzano le vacanze, si richiamano ricorrenze), ancor più si
cresce in maturità e letizia con il canto e la lode a Dio:
"Cantate a Dio e ringraziatelo mediante Gesù" (v 16).Infine,
nella vita familiare risuonano parole che, alla nostra
sensibilità, urtano poiché sono segnate da sospetto come: " Voi
mogli siate soggette ai mariti". Questo è nella cultura del
tempo, sia ebraico che pagano. Paolo però aggiunge: "come
conviene nel Signore", ricostituisce un diverso modo di
relazione ed esprime l'atteggiamento di servizio e di
accoglienza di Gesù. "Chi vuole diventare grande tra voi, si
farà vostro servo, e chi vuole essere primo tra voi sarà vostro
schiavo. Come il Figlio dell'uomo che non è venuto per farsi
servire, ma per servire" (Mt 20,27-28). " Voi mariti amate le
vostre mogli". E in altri testi si approfondisce
l'incoraggiamento. I mariti sono chiamati ad amare le mogli come
Dio ama l'umanità e come Gesù ama la Chiesa, sua sposa, per cui
ha offerto la propria vita (Ef. 5,25). Nel rapporto familiare
c'è sempre il riferimento al Signore. Infine il rapporto con i
figli è di autorevolezza e di testimonianza, ma anche di
accoglienza. I genitori debbono essere capaci di non esasperarli
ma i figli crescano, consapevoli di vita e di fiducia nelle
proprie risorse, mentre questi debbono sforzarsi di ubbidire;
dalla sapienza dei genitori sorge la capacità di comprendere il
valore della vita. |
Luca
2, 22-33 In quel tempo. Quando furono compiuti i giorni della loro
purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a
Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del
Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in
sacrificio «una coppia di tortore o due giovani colombi», come prescrive la
legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo
giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era
su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la
morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si
recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò
che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia
e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo /
vada in pace, secondo la tua parola, / perché i miei occhi hanno visto la tua
salvezza, / preparata da te davanti a tutti i popoli: / luce per rivelarti
alle genti / e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù
si stupivano delle cose che si dicevano di lui. La grazia
che il Signore concede a Simeone è unica. Tutti i giusti dell'Antico
Testamento avrebbero voluto gustare questa gioia. Il desiderio di vedere Dio
accompagna ogni persona giusta e santa. Gesù attesta questo desiderio
parlando di Abramo. Molti Salmi ed Isaia e altri profeti parlano di Gesù come
se lo vedessero. Quanto avviene in Simeone merita di essere analizzato,
studiato, pensato. Quest'uomo giusto e retto vede il Redentore di Israele e
proclama la sua vita conclusa. Nulla le si può aggiungere. Nessuna cosa ha
più valore per lui. Ha visto il suo Dio che è per lui il suo tutto. Chi
possiede tutto, può avere bisogno di una qualsiasi altra cosa? Il tutto non è
forse comprensivo di ogni altra cosa? Se questo è vero per Simeone, che toccò
semplicemente Gesù Signore, cosa dovremmo dire noi che di Gesù ci nutriamo,
lo facciamo interamente nostro nel sacramento dell'Eucaristia? Eppure per
molti cristiani l'Eucaristia non è neanche un pane ordinario, se si considera
il modo in cui lo si prende. Se poi pensiamo che moltissimi se ne sono
distaccati, allora comprenderemo quanto grande è il disprezzo per questo
sacramento di vita eterna. Simeone condanna tutti noi. Lui pronto a lasciare
questo mondo subito, all'istante. Anzi chiede di andarsene. I suoi occhi non
devono vedere più nulla. Possono anche chiudersi per sempre. Questo stesso
desiderio lo troviamo in Paolo. Anche lui è pronto a lasciare questo mondo
per rifugiarsi nelle braccia di Cristo per l'eternità. Solo l'amore per la
salvezza di molti suoi fratelli lo trattiene ancora su questa terra.
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