
UNDICESIMA DOMENICA DOPO PENTECOSTE 20 agosto 2017
MATTEO 10,16-20 Riferimenti : 1 RE 119,
8B-16,18A-B - Salmo 172 - CORINZI 12,2-10B |
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio
liberatore, mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;n mio scudo,
mia potente salvezza e mio baluardo. Il Dio che mi ha cinto di
vigore e ha reso integro il mio cammino, mi ha dato agilità come
di cerve e sulle alture mi ha fatto stare saldo. Hai spianato
la via ai miei passi, i miei piedi non hanno vacillato.
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1 RE 119, 8B-16,18A-B
In quei giorni. Elia camminò per
quaranta giorni e quaranta notti fino al monte
di Dio, l’Oreb.Là entrò in una caverna per
passarvi la notte, quand’ecco gli fu rivolta la
parola del Signore in questi termini: «Che cosa
fai qui, Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di
zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché
gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza,
hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di
spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi
cercano di togliermi la vita». Gli disse: «Esci
e férmati sul monte alla presenza del Signore».
Ed ecco che il Signore passò. Ci fu un vento
impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e
spezzare le rocce davanti al Signore, ma il
Signore non era nel vento. Dopo il vento, un
terremoto, ma il Signore non era nel terremoto.
Dopo il terremoto, un fuoco, ma il Signore non
era nel fuoco. Dopo il fuoco, il sussurro di una
brezza leggera. Come l’udì, Elia si coprì il
volto con il mantello, uscì e si fermò
all’ingresso della caverna. Ed ecco, venne a lui
una voce che gli diceva: «Che cosa fai qui,
Elia?». Egli rispose: «Sono pieno di zelo per il
Signore, Dio degli eserciti, poiché gli
Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza,
hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di
spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi
cercano di togliermi la vita». Il Signore gli
disse: «Su, ritorna sui tuoi passi verso il
deserto di Damasco; giunto là, ungerai Cazaèl
come re su Aram. Poi ungerai Ieu, figlio di
Nimsì, come re su Israele e ungerai Eliseo,
figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al
tuo posto. Io poi, riserverò per me in
Israele settemila persone, tutti i ginocchi che
non si sono piegati a Baal». Parola di Dio.
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2 CORINZI 12,2-10B Fratelli, so
che un uomo, in Cristo, quattordici anni fa – se con il corpo o
fuori del corpo non lo so, lo sa Dio – fu rapito fino al terzo
cielo. E so che quest’uomo – se con il corpo o senza corpo non
lo so, lo sa Dio – fu rapito in paradiso e udì parole indicibili
che non è lecito ad alcuno pronunciare. Di lui io mi vanterò! Di
me stesso invece non mi vanterò, fuorché delle mie debolezze.
Certo, se volessi vantarmi, non sarei insensato: direi solo la
verità. Ma evito di farlo, perché nessuno mi giudichi più di
quello che vede o sente da me e per la straordinaria grandezza
delle rivelazioni. Per questo, affinché io non monti in
superbia, è stata data alla mia carne una spina, un inviato di
Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa
di questo per tre volte ho pregato il Signore che l’allontanasse
da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza
infatti si manifesta pienamente nella debolezza». Mi vanterò
quindi ben volentieri delle mie debolezze, perché dimori in me
la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze,
negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle
angosce sofferte per Cristo. Parola di Dio.
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MATTEO
10,16-20 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Ecco: io
vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e
semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai
tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti
a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.
Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte,
perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi
a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi».
Gesù era consapevole dei disagi
nei quali si sarebbero trovati i Suoi: “Ecco: io vi mando come pecore in
mezzo ai lupi”. I Suoi discepoli si sarebbero imbattuti in tutta una serie di
problemi, di rischi e di pericoli proprio in ragione del Vangelo che
avrebbero annunciato al mondo. E quello che poteva valere ai tempi di Gesù,
vale anche ai nostri giorni. Anzi, al tema della persecuzione a causa del
Vangelo Matteo dedica l'ultima delle sue beatitudini, descrivendola in modo
disteso: “Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il
regno dei cieli. Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e,
mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia...” (Mt
5,10-11). Di fatto oggi il cristianesimo è tra le religioni più perseguitate
nel mondo. Migliaia di cristiani subiscono minacce e violenze, anche fisiche,
a causa del Vangelo. Mentre in Occidente siamo affaticati da un laicismo che
giustifica qualsiasi opinione e la Chiesa viene tacciata di chiusura perché
annuncia una visione della vita poco gradita a chi governa l'opinione
pubblica. Da noi non succede ancora di rischiare la vita per testimoniare la
nostra fede in Gesù. Ma l'indicazione di Gesù è quella di essere consapevoli
che siamo “come pecore in mezzo ai lupi”. Questo dovrebbe cominciare a
scuoterci di dosso un cristianesimo di poltrona e pantofole. Rimanendo sempre
più in sintonia con chi, ancora oggi, si professa cristiano in qualche parte
del mondo rischiando la pelle! Nessuno aveva mai pronunciato parole così
realistiche e dure: “guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro
tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe”. Parole poco incoraggianti
per chi sta per intraprendere una missione. Nessuna predizione di facili
trionfi. Gesù non vuole che alcuna illusione fasci la testa dei Suoi
discepoli. Piuttosto vuole mostrare la bellezza di un atteggiamento faticoso
che l'annunciatore della Sua parola dovrebbe assumere come stile
indipendentemente dal fatto che il Suo messaggio sia accolto o rifiutato.
Consapevole del fatto che mentre ci esorta ad entrare nel mondo come agnelli
in mezzo ai lupi, è Lui l'Agnello che sarà immolato senza alcuna resistenza,
senza un grido di vendetta. Lasciandoci come testamento parole di perdono e
il comandamento dell'amore. Ricordo la commozione provata leggendo il
testamento spirituale di Shahbaz Bhatti, ministro pakistano per le minoranze
religiose, ucciso nel 2011: “Non voglio popolarità, non voglio posizioni di
potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio
carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù
Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato
qualora (...) Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita. Voglio
vivere per Cristo e per Lui voglio morire”. Il martire cristiano non fa una
scelta di morte, ma di vita. Non muore scegliendo contro, ma decidendosi per,
nei confronti di Qualcuno: “il martire non sceglie la morte, ma un modo di
vivere, quello di Gesù” (Bruno Maggioni).
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