 PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
16.04.2017
Giovanni 20, 11-18
Riferimenti : Atti degli Apostoli 1, 1-8a - SALMO
117- Prima lettera ai Corinzi 15, 3-10a |
SALMO 117 Questo è il
giorno che ha fatto il Signore; rallegriamoci e in esso
esultiamo. Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il
suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per
sempre». |
Atti degli Apostoli 1, 1-8a Nel
primo racconto, o Teòfilo, ho trattato di tutto
quello che Gesù fece e insegnò dagli inizi fino
al giorno in cui fu assunto in cielo, dopo aver
dato disposizioni agli apostoli che si era
scelti per mezzo dello Spirito Santo. Egli si
mostrò a essi vivo, dopo la sua passione, con
molte prove, durante quaranta giorni, apparendo
loro e parlando delle cose riguardanti il regno
di Dio. Mentre si trovava a tavola con essi,
ordinò loro di non allontanarsi da Gerusalemme,
ma di attendere l’adempimento della promessa del
Padre, «quella – disse – che voi avete udito da
me: Giovanni battezzò con acqua, voi invece, tra
non molti giorni, sarete battezzati in Spirito
Santo». Quelli dunque che erano con lui gli
domandavano: «Signore, è questo il tempo nel
quale ricostituirai il regno per Israele?». Ma
egli rispose: «Non spetta a voi conoscere tempi
o momenti che il Padre ha riservato al suo
potere, ma riceverete la forza dallo Spirito
Santo che scenderà su di voi».
Luca è l'evangelista della generazione
successiva rispetto a Gesù e ha scritto un
Vangelo per parlare di Lui alla Comunità
cristiana che lui conosce. Ormai la Parola di
Gesù si è allargata oltre i confini della
Palestina e molti chiedono con insistenza di
essere aiutati a conoscere Gesù, la sua parola e
i suoi gesti di liberazione. I nuovi credenti
pensano che, dopo la sua liberazione dalla morte
e quindi dopo la sua risurrezione, nulla può
fermare Gesù. E quindi è ovviamente pronto a
ritornare per purificare il mondo e rinnovarlo
come era stato predetto nel Primo Testamento.
Luca ci prepara a scoprire il senso di questo
tempo dell'attesa. I primi cristiani aspettano
presto la conclusione, lo si sente persino nelle
prime lettere di S. Paolo alle comunità
cristiane. Alcuni, basandosi su presunte
rivelazioni, arrivano ad indicarne la data e, in
molte comunità, si ripete l'invocazione: "Marana
tha. Signore nostro, vieni". Questa formula, non
tradotta, si trova in 1Cor16,22 e tradotta,
probabilmente, in Ap.22,20. Luca dà la
risposta attraverso il dialogo di Gesù con i
suoi discepoli e perciò il suo racconto non è
tanto una cronaca quanto una riflessione
teologica. Gli Atti cominciano da un banchetto
in una casa: un incontro di famiglia, una
liturgia quotidiana per richiamare la pienezza
della vita che non si esaurisce nel tempio, ma
si sviluppa nella normale giornata di lavoro, di
incontro, di operosità. Gesù, dice Luca, si
mostra per 40 giorni e questi sono i giorni
della preparazione del discepolo, come gli anni
prima della terra promessa, per il popolo di
Mosè e come Gesù nel deserto. Quindi Gesù dice:
"Tra non molti giorni, sarete battezzati in
Spirito Santo»." (1,5). E alla domanda:
«Signore, è questo il tempo nel quale
ricostituirai il regno per Israele?», Gesù
risponde: "«Non spetta a voi conoscere tempi o
momenti che il Padre ha riservato al suo potere,
ma riceverete la forza dallo Spirito Santo che
scenderà su di voi, e di me sarete testimoni a
Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e
fino ai confini della terra» (At1,7-8). Luca
vuole aiutare a capire che la novità del mondo,
apertasi con la risurrezione, è appena
cominciata. "Io sono con voi tutti i giorni fino
alla fine del mondo" (Mt 28,20). Ma la presenza
visibile della speranza siete voi e il vostro
compito è questo: aiutare il mondo e tutti gli
uomini a ricevere e a credere a questa novità
che apre il cuore e supera il male. |
Prima lettera ai Corinzi 15,
3-10a Fratelli, a voi ho trasmesso, anzitutto, quello che
anch’io ho ricevuto, cioè / che Cristo morì per i nostri peccati
secondo le Scritture / e che fu sepolto / e che è risorto il
terzo giorno secondo le Scritture / e che apparve a Cefa e
quindi ai Dodici. In seguito apparve a più di cinquecento
fratelli in una sola volta: la maggior parte di essi vive
ancora, mentre alcuni sono morti. Inoltre apparve a Giacomo, e
quindi a tutti gli apostoli. Ultimo fra tutti apparve anche a me
come a un aborto. Io infatti sono il più piccolo tra gli
apostoli e non sono degno di essere chiamato apostolo perché ho
perseguitato la Chiesa di Dio. Per grazia di Dio, però, sono
quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana.
Paolo si trova a contatto con la cultura greca, molto
diversa dal mondo ebraico e quindi deve fare i conti con una
mentalità nuova. Anche se molti pagani accettano il messaggio di
Gesù, tuttavia mantengono una propria mentalità che li porta a
negare la sua risurrezione. In fondo il cristianesimo è una
interessante dottrina morale che permette di vivere in modo
saggio. Così pensano i greci e ancora così pensiamo spesso noi,
rifiutando, più o meno inconsciamente, che sia il Signore venuto
tra noi e che la fede sia un rapporto con una persona, prima e
più che con un pensiero. In fondo ci interessa che sia un
filosofo o un saggio. E invece è da ciò che è, dalla sua persona
scaturisce il senso delle sue parole, dal suo amore sorge lo
spessore del suo rapporto con ciascuno, dalla sua presenza il
senso della fedeltà reciproco. Il pensiero di molti pagani greci
convertiti continua a ritenere che dopo la morte le persone
umane svaniscono o, al massimo, sono come ombre. Paolo insiste
sulla risurrezione di Gesù, giocandosi tutto il significato
della fede e quindi della sua stessa vita, e consegnando loro un
elenco di sei manifestazioni di Gesù risorto: a Pietro, ai
discepoli, a più di cinquecento fratelli, a Giacomo, a tutti gli
apostoli e, per ultimo, a lui stesso. Queste testimonianze non
si sviluppano come in tribunale dove bisogna raccontare i fatti
e portare prove. È un'esperienza che ciascuno ha fatto, che ha
maturato, che ci viene tramandata, costituendo una "catena di
trasmissione". La risurrezione si dimostra quindi nella vita di
ciascuno di questi attraverso i cambiamenti avvenuti nella loro
vita, spesso drammatici, che svelano stili nuovi, sicurezza di
comportamento, superamento della paura fino al punto da arrivare
ad accettare la morte piuttosto che rinunciare a questa
consapevolezza. "Dei 500 fratelli alcuni sono morti" dice Paolo
e però la fede in Gesù risorto non impedisce la morte fisica,
eppure la fiducia nei fratelli e sorelle nella risurrezione
continua intatta, consapevoli di un destino diverso, nel mondo
di Dio. Paolo stesso, per quanto indegno, deve, grazie alla
visione di Gesù che ha superato la morte, svolgere un progetto
di testimonianza nel mondo, felice di poter testimoniare con la
vita la sua certezza in Gesù vincitore della morte. Maria non si
dà pace della morte di Gesù. Già di buon mattino, quando era
ancora buio, corre al sepolcro e trova la pietra rimossa. Allora
corre da Pietro e dal discepolo "che Gesù amava", perché non sa
capacitarsene. E' tutto un correre, un cercare, un vedere. Ma
tutti corrono, cercano e vedono in modo diverso (come è
attestato anche dai verbi greci usati).Nonostante tutto, alla
fine, "i discepoli ritornarono a casa". Come se tutto fosse
naturale. Solo chi ama non si dà pace e rimane; ed è un piangere
infinito. Ed è sul piangere che interviene Gesù, domandandole la
ragione. Come se ci fosse una ragione plausibile di un pianto di
fronte alla morte (anche Gesù ha pianto su Lazzaro morto).
Eppure Gesù chiede; anzi specifica la domanda, chiedendole chi
cerca. Come a dare importanza a quanto la donna esprime
coinvolgendo pienamente la sua sensibilità e le sue emozioni. Le
è stata tolta la ragione della sua stessa vita, il senso del suo
amore profondo e totale. Gesù capisce e la chiama per nome:
"Maria!" Ecco: la Pasqua è come un ritrovarsi, è un sentirsi
nuovamente chiamati per nome, indipendentemente dai distacchi,
dal vuoto, dall'abisso dell'inconoscibile, dalla paura. Gesù è
come se dicesse: "sono qui". Quando c'è amore vero, amicizia
profonda, relazione totale è come se la morte non esistesse.
Distacco sì, ma non annientamento, vuoto sì, ma non assenza,
pianto sì, ma non melodramma.

Plastico di tomba ebraica - si noti la pietra di forma circolare,
per farla rotolare. |
Giovanni 20, 11-18 In quel tempo. Maria di Màgdala stava
all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso
il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del
capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le
dissero: «Donna, perché piangi?». Rispose loro: «Hanno portato via il mio
Signore e non so dove l’hanno posto». Detto questo, si voltò indietro e vide
Gesù, in piedi; ma non sapeva che fosse Gesù. Le disse Gesù: «Donna, perché
piangi? Chi cerchi?». Ella, pensando che fosse il custode del giardino, gli
disse: «Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto e io andrò a
prenderlo». Gesù le disse: «Maria!». Ella si voltò e gli disse in ebraico:
«Rabbunì!» – che significa: «Maestro!». Gesù le disse: «Non mi trattenere,
perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro:
“Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”». Maria di Màgdala
andò ad annunciare ai discepoli: «Ho visto il Signore!» e ciò che le aveva
detto. Maria non si dà pace della morte di Gesù. Già di buon
mattino, quando era ancora buio, corre al sepolcro e trova la pietra rimossa.
Allora corre da Pietro e dal discepolo "che Gesù amava", perché non sa
capacitarsene. E' tutto un correre, un cercare, un vedere. Ma tutti corrono,
cercano e vedono in modo diverso (come è attestato anche dai verbi greci
usati).Nonostante tutto, alla fine, "i discepoli ritornarono a casa". Come se
tutto fosse naturale. Solo chi ama non si dà pace e rimane; ed è un piangere
infinito. Ed è sul piangere che interviene Gesù, domandandole la ragione.
Come se ci fosse una ragione plausibile di un pianto di fronte alla morte
(anche Gesù ha pianto su Lazzaro morto). Eppure Gesù chiede; anzi specifica
la domanda, chiedendole chi cerca. Come a dare importanza a quanto la donna
esprime coinvolgendo pienamente la sua sensibilità e le sue emozioni. Le è
stata tolta la ragione della sua stessa vita, il senso del suo amore profondo
e totale. Gesù capisce e la chiama per nome: "Maria!" Ecco: la Pasqua è come
un ritrovarsi, è un sentirsi nuovamente chiamati per nome, indipendentemente
dai distacchi, dal vuoto, dall'abisso dell'inconoscibile, dalla paura. Gesù è
come se dicesse: "sono qui". Quando c'è amore vero, amicizia profonda,
relazione totale è come se la morte non esistesse. Distacco sì, ma non
annientamento, vuoto sì, ma non assenza, pianto sì, ma non melodramma. |