 V di Quaresima
DOMENICA DI LAZZARO 2.04.2017 Giovanni
11, 1-53
Riferimenti : Esodo Es 14, 15-31 -SALMO 105 -
Efesini 2, 4-10 |
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre. Chi può narrare le prodezze
del Signore, far risuonare tutta la sua lode? Ricòrdati di me,
Signore, per amore del tuo popolo, visitami con la tua salvezza.
Minacciò il mar Rosso e fu prosciugato, li fece camminare negli
abissi come nel deserto. Li salvò dalla mano di chi li odiava,li
riscattò dalla mano del nemico. |
Esodo Es 14, 15-31 In quei
giorni. Il Signore disse a Mosè: «Perché gridi
verso di me? Ordina agli Israeliti di riprendere
il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi
la mano sul mare e dividilo, perché gli
Israeliti entrino nel mare all’asciutto. Ecco,
io rendo ostinato il cuore degli Egiziani, così
che entrino dietro di loro e io dimostri la mia
gloria sul faraone e tutto il suo esercito, sui
suoi carri e sui suoi cavalieri. Gli Egiziani
sapranno che io sono il Signore, quando
dimostrerò la mia gloria contro il faraone, i
suoi carri e i suoi cavalieri».L’angelo di Dio,
che precedeva l’accampamento d’Israele, cambiò
posto e passò indietro. Anche la colonna di nube
si mosse e dal davanti passò dietro. Andò a
porsi tra l’accampamento degli Egiziani e quello
d’Israele. La nube era tenebrosa per gli uni,
mentre per gli altri illuminava la notte; così
gli uni non poterono avvicinarsi agli altri
durante tutta la notte. Allora Mosè stese la
mano sul mare. E il Signore durante tutta la
notte risospinse il mare con un forte vento
d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si
divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare
sull’asciutto, mentre le acque erano per loro un
muro a destra e a sinistra. Gli Egiziani li
inseguirono, e tutti i cavalli del faraone, i
suoi carri e i suoi cavalieri entrarono dietro
di loro in mezzo al mare. Ma alla veglia del
mattino il Signore, dalla colonna di fuoco e di
nube, gettò uno sguardo sul campo degli Egiziani
e lo mise in rotta. Frenò le ruote dei loro
carri, così che a stento riuscivano a spingerle.
Allora gli Egiziani dissero: «Fuggiamo di fronte
a Israele, perché il Signore combatte per loro
contro gli Egiziani!». Il Signore disse a Mosè:
«Stendi la mano sul mare: le acque si riversino
sugli Egiziani, sui loro carri e i loro
cavalieri». Mosè stese la mano sul mare e il
mare, sul far del mattino, tornò al suo livello
consueto, mentre gli Egiziani, fuggendo, gli si
dirigevano contro. Il Signore li travolse così
in mezzo al mare. Le acque ritornarono e
sommersero i carri e i cavalieri di tutto
l’esercito del faraone, che erano entrati nel
mare dietro a Israele: non ne scampò neppure
uno. Invece gli Israeliti avevano camminato
sull’asciutto in mezzo al mare, mentre le acque
erano per loro un muro a destra e a sinistra.mIn
quel giorno il Signore salvò Israele dalla mano
degli Egiziani, e Israele vide gli Egiziani
morti sulla riva del mare; Israele vide la mano
potente con la quale il Signore aveva agito
contro l’Egitto, e il popolo temette il Signore
e credette in lui e in Mosè suo servo.
La notte incomincia per gli ebrei in fuga con
uno spavento insopportabile poiché:
"Gl'israeliti alzarono gli occhi: ecco gli
egiziani muovono nel campo dietro di loro.
Allora gli israeliti ebbero grande paura e
gridavano al Signore" (14,10). Questo è
l'antefatto. Il popolo d'Israele alza a Dio le
proprie urla dicendo: "Perché ci hai portati a
morire nel deserto?" (v 11). Dio celebra la
vittoria sul male e dà la vita al popolo. Mose è
l'interprete della volontà di Dio ed è il
mediatore ubbidiente, che opera con
responsabilità, poiché Dio è fedele e di Lui ci
si deve fidare. Il racconto vuole garantire il
popolo dell'intervento straordinario di Dio
poiché, da ora in poi, questa liberazione sarà
la soglia del tempo nuovo rispetto alla
schiavitù. E tutti potranno ritornarvi con la
memoria per scoprire la generosità e la forza di
Dio per la gente che ha scelto e che lo segue.
Viene qui ricordata la colonna di fuoco e la
nube che si interpone tra il suo popolo e il
campo degli egiziani. È la notte della paura,
dell'oscurità perché nessuno più vede l'altro e
l'acqua e il vento si affrontano come in un
duello: il vento è mandato da Dio e l'acqua è il
caos che ostacola il cammino. Il Signore
ricostruisce l'ordine e l'armonia dove c'è paura
e angoscia. Egli abbandona al caos colui che ha
provocato oppressione e morte. Il racconto svela
alcune sottolineature del Dio creatore che salva
e porta la vita del mondo. L'episodio, che
diventerà l'avvenimento fondamentale del credo
ebraico, e che alimenterà la speranza per ogni
ebreo, lungo la storia, farà dire: "Come ci ha
liberati una volta, con mano potente, dai
nemici, così ci libererà ancora", non pone
certamente le basi di un fatalismo in cui basta
pregare e tutto si risolve. L'intervento di Dio
deve unirsi alla mediazione di ciascuno, del
popolo. In questo caso si unisce all'operosità
di Mosé perché ogni miracolo è sempre
collaborazione e dialogo: la fede, da una parte,
e alcuni gesti che rendono possibile il
passaggio da una situazione all'altra. Mosé
sostiene, organizza, interviene con il suo
bastone sull'acqua che si apre e si chiude per
la forza di Dio per lasciar passare i disarmati
e cancellare i violenti. |
Efesini 2, 4-10 Fratelli, Dio,
ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha
amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere
con Cristo: per grazia siete salvati. Con lui ci ha anche
risuscitato e ci ha fatto sedere nei cieli, in Cristo Gesù, per
mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua
grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù. Per
grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene
da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno
possa vantarsene. Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù
per le opere buone, che Dio ha preparato perché in esse
camminassimo. PdD
Scrivendo agli Efesini,
S. Paolo rilegge la condizione di ribellione e di morte in cui
tutti, "noi stessi compresi" abbiamo vissuto: "Anche voi eravate
morti per le vostre colpe e i vostri peccati, nei quali un tempo
viveste, alla maniera di questo mondo... Anche tutti noi, come
loro, un tempo siamo vissuti nelle nostre passioni carnali
seguendo le voglie della carne e dei pensieri cattivi: eravamo
per natura meritevoli d'ira, come gli altri" (vv 2,1-3). Eravamo
impossibilitati a riprendere l'esistenza perché totalmente vinti
dal male. Ma il Signore, ricco di misericordia, ci ha amati e ci
ha fatti rivivere in Cristo. Con la vita ci ha dato la gloria
della risurrezione, a somiglianza di Gesù, e ci ha fatti eredi
di una potenza e di un potere così grandiosi che solo Dio può
avere. E siamo stati scelti a sedere sul trono dei cieli in
Cristo Gesù, per essere giudici del tempo e degli uomini. Egli
ci ha costituiti modello ed esempio della sua bontà, segno della
gratuità di cui Dio è generoso donatore. In conclusione, abbiamo
ricevuto, nel creato, una vocazione particolare "creati per le
opere buone" (v 10) che Dio ha preparato e preordinato perché
noi le praticassimo. Perciò siamo inviati ad essere modello di
speranza attraverso il nostro comportamento che viene dalla
forza del Signore. Potremmo dire che attraverso noi il Signore
offre speranza di cambiamento e stili nuovi: ci ha creati per
essergli di aiuto nel mondo, aiuti visibili. Ritorna qui il
valore della collaborazione per la costruzione di un mondo che
Dio ha fatto da solo, ma che per salvare ci chiama ad una
collaborazione paziente e generosa con le persone fragili che
tuttavia egli lega a sé con un amore profondo e unico. Da qui
allora il significato della libertà come ricerca di senso,
dell'amore come responsabilità che ci apre a Dio, della fortezza
e giustizia come virtù che facciano intravvedere ciò che davvero
conta e ciò che può fare grande ogni persona. Non potremo, però,
avanzare pretese davanti a Dio. Saremo solo i segni della
magnificenza, della lode, della liberazione, dell'amore
disinteressato e appassionato di Dio che fa nuove le cose.

Entrata alla tomba di Lazzaro |
Giovanni 11, 1-53 In quel tempo. Un certo Lazzaro di
Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era malato. Maria era
quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a
dirgli: «Signore, ecco, colui che tu ami è malato». All’udire questo, Gesù
disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di Dio,
affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava
Marta e sua sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due
giorni nel luogo dove si trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo
in Giudea!». I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di
lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore
del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di
questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, si è
addormentato; ma io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli:
«Signore, se si è addormentato, si salverà». Gesù aveva parlato della morte
di lui; essi invece pensarono che parlasse del riposo del sonno. Allora Gesù
disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non
essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora Tommaso,
chiamato Dìdimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con
lui!». Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel
sepolcro. Betània distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti
Giudei erano venuti da Marta e Maria a consolarle per il fratello. Marta
dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava
seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu chiederai a
Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli
rispose Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù
le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se
muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi
questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il
Figlio di Dio, colui che viene nel mondo». Dette queste parole, andò a
chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il Maestro è qui e ti
chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era
entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata
incontro. Allora i Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo
Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono, pensando che andasse a
piangere al sepolcro. Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo
vide si gettò ai suoi piedi dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio
fratello non sarebbe morto!». Gesù allora, quando la vide piangere, e
piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente
e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore,
vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda
come lo amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al
cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?». Allora Gesù, ancora
una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una grotta e
contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli
rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì
da quattro giorni». Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai
la gloria di Dio?». Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e
disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai
sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano
che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni
fuori!». Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto
da un sudario. Gesù disse loro: «Liberàtelo e lasciàtelo andare». Molti dei
Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto,
credettero in lui. Ma alcuni di loro andarono dai farisei e riferirono loro
quello che Gesù aveva fatto. Allora i capi dei sacerdoti e i farisei
riunirono il sinedrio e dissero: «Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti
segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i
Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione». Ma uno di
loro, Caifa, che era sommo sacerdote quell’anno, disse loro: «Voi non capite
nulla! Non vi rendete conto che è conveniente per voi che un solo uomo muoia
per il popolo, e non vada in rovina la nazione intera!». Questo però non lo
disse da se stesso, ma, essendo sommo sacerdote quell’anno, profetizzò che
Gesù doveva morire per la nazione; e non soltanto per la nazione, ma anche
per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi. Da quel giorno dunque
decisero di ucciderlo. II Vangelo di Giovanni racconta la
risurrezione di Lazzaro. Egli è il segno concreto della gloria di Dio e
l'avvenimento in cui si manifesta in modo profondo la partecipazione alla
sofferenza umana di Cristo di fronte alla morte, ma anche l'unico personaggio
che finalmente lotta contro la morte nel mondo. Egli ha una scelta sola:
quella della vita. E di fronte alla morte Gesù pronuncia la parola della
risurrezione. Il dialogo iniziale di Gesù con i discepoli, fermo anche se
sconcertante, mostra irremovibilità per un amico malato e richiama solo la
gloria di Dio. Ma non si affretta. Egli permette che la morte faccia il suo
corso, perché, alla fine, si capisca che sono la forza di Dio e la sua
figliolanza con il Padre, di cui ha immensa fiducia, che compiranno il
prodigio. Finalmente Gesù torna a Betania e Marta gli va incontro: ella porta
nel cuore la morte, anche se gli amici la consolano. In fondo, rimprovera il
silenzio, la lontananza di Gesù e la sua insensibilità. Marta tuttavia sa che
Dio concede tutto ciò che Gesù chiede e sa che suo fratello risorgerà alla
fine del mondo. Gesù invece riporta la vita piena nel presente. E' Lui la
vita e la risurrezione e ripete così "lo sono" che Giovanni riprende
continuamente come richiamo alla divinità di Gesù, nella piena comunione con
Dio Padre (Jahvè: IO SONO). Se Marta risponde con una professione di fede
propria della comunità in attesa, Maria, che arriva subito dopo, rappresenta
il dolore senza speranza e senza prospettive. Al contrario, Gesù vive questo
momento in modo sereno anche se accorato. Gesù freme dentro di sé e condivide
con il pianto la tragedia della sofferenza umana e della morte stessa; e
tuttavia egli mostra di essere venuto a vincerla, offrendo la pienezza della
vita. Se ne accorgono del pianto di Gesù e lo interpretano come amore, ma
Gesù è ugualmente sotto accusa! "Perché non ha usato prima la sua forza?" E
tuttavia Gesù, in mezzo a diffidenze e perplessità, si avvia a manifestare la
gloria di Dio e chiede di fidarsi di lui. "Togliete la pietra". Gesù affronta
la lotta più grande per un amico e anticipa così, attraverso una risurrezione
temporanea (Lazzaro sarebbe ancora morto, un giorno, come tutti noi), il dono
della vita eterna che acquisterà per sé e che offrirà poi, come garanzia, ai
suoi amici. La preghiera al Padre, finalmente, esprime il mondo di gioia, di
ringraziamento e di novità nel cuore di Cristo. Poi viene la liberazione di
Lazzaro dalla morte e dalla paura della morte. Cosi ogni uomo, finalmente,
può offrire tutto il suo cuore senza timore, libero per una dedizione
generosa e totale. II miracolo è avvenuto per la mediazione della fede di
Maria e di Marta, sorelle di Lazzaro. Queste hanno mostrato fiducia in Gesù.
Pur lontanissime dall'idea di una restituzione, nel dialogo si sentono
fiduciose in Gesù e riconoscono la sua autorità e la sua amicizia. Il credo
delle sorelle è ancora fragile poiché non è filtrato attraverso la morte e la
risurrezione di Gesù, ma è l'inizio di un cammino di speranza. "Io credo che
tu sei il Cristo, il figlio di Dio che deve venire nel mondo" (v 27). In
fondo anche la nostra fede mantiene lo stesso spessore: sappiamo di Gesù
risorto ma non sperimentiamo la sua potenza. Forse riusciamo di più a capire
le sue lacrime e meno il coraggio di urlare; "Togliete la pietra". La nostra
fede ha bisogno di camminare con fiducia e di crescere, poiché continuiamo a
sentire le stesse domande di Marta e Maria e degli amici che nascondiamo nel
cuore: "Dov'eri? Perché non sei intervenuto?"
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