
IV DOMENICA DI AVVENTO
L’Ingresso del Messia
4.12.2016
Matteo 21, 1-9
Riferimento : Isaia 40, 1-11 - SALMO 71 - Lettera agli Ebrei 10,
5-9a |
SALMO 71 O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia; egli giudichi il tuo popolo
secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. Nei suoi
giorni fiorisca il giusto e abbondi la pace, finché non si
spenga la luna. E dòmini da mare a mare, dal fiume sino ai
confini della terra. |
Isaia 40, 1-11 «Consolate,
consolate il mio popolo / – dice il vostro Dio
–. / Parlate al cuore di Gerusalemme / e
gridatele che la sua tribolazione è compiuta, /
la sua colpa è scontata, / perché ha ricevuto
dalla mano del Signore / il doppio per tutti i
suoi peccati». Una voce grida: / «Nel deserto
preparate la via al Signore, / spianate nella
steppa la strada per il nostro Dio. / Ogni valle
sia innalzata, / ogni monte e ogni colle siano
abbassati; / il terreno accidentato si trasformi
in piano / e quello scosceso in vallata. /
Allora si rivelerà la gloria del Signore / e
tutti gli uomini insieme la vedranno, / perché
la bocca del Signore ha parlato». Una voce dice:
«Grida», / e io rispondo: «Che cosa dovrò
gridare?». / Ogni uomo è come l’erba / e tutta
la sua grazia è come un fiore del campo. / Secca
l’erba, il fiore appassisce / quando soffia su
di essi il vento del Signore. Veramente il
popolo è come l’erba. / Secca l’erba, appassisce
il fiore, / ma la parola del nostro Dio dura per
sempre. / Sali su un alto monte, / tu che
annunci liete notizie a Sion! / Alza la tua voce
con forza, / tu che annunci liete notizie a
Gerusalemme. / Alza la voce, non temere; /
annuncia alle città di Giuda: «Ecco il vostro
Dio! Ecco, il Signore Dio viene con potenza, /
il suo braccio esercita il dominio. / Ecco, egli
ha con sé il premio / e la sua ricompensa lo
precede. / Come un pastore egli fa pascolare il
gregge / e con il suo braccio lo raduna; / porta
gli agnellini sul petto / e conduce dolcemente
le pecore madri».
Con questo testo il profeta anonimo del VI
secolo, che vive con il popolo, deportato a
Babilonia, e che continua il libro delle
profezie del grande e primo Isaia, vuole
garantire il suo popolo di una speranza grande e
nuova: c'è, in prospettiva, il ritorno a
Gerusalemme, Ma Dio sta prospettando, attraverso
gli avvenimenti della storia, la conclusione
della "tribolazione". In pratica viene
annunciata la sconfitta di Babilonia da parte
della potenza crescente di Ciro, re dei Medi e
dei Persiani. Ma la profezia non è molto
esplicita per timore di una reazione violenta da
parte dell'autorità babilonese. Così il futuro
viene raccontato riferendosi all'uscita
dall'Egitto e alla liberazione ottenuta al tempo
dell'esodo con Mosè."Consolate" significa
aiutate a cogliere la novità ed i segni, ed è
necessario parlare al cuore perché sorgano
pensieri e attese di speranza. Consolare rivela
il rigenerare le prospettive di vita che è
fragile, "come l'erba; secca l'erba, appassisce
il fiore"(v 7). Le immagini e i significati si
ripetono per rinvigorire la speranza. E
soprattutto viene presentata la presenza del Dio
consolatore. E se la divisione del testo si
sviluppa in diversi segni e parti, il volto di
Dio si manifesta nel suo splendore. Troviamo
così 4 parti: " la consolazione e la sua causa
(1-2), il nuovo esodo (3-5), la parola di Dio è
efficace (6-8), il Signore è re e pastore
(9-11)"; esse manifestano la premura che ci sia
una Parola nuova e incoraggiante: "Consolate.
Parlate al cuore". E il Signore desidera che ci
siano fiducia, speranza, novità ed entusiasmo
verso questa nuova prospettiva. E' il nuovo che
si affaccia e bisogna dare sicurezza: "Gridate".
"La Gloria di Dio è garantita ma viene sulle
strade che avrete preparato voi". (v 3). Il
cammino da Babilonia a Gerusalemme non è stato
mai diritto, dovendo superare il deserto.
Sarebbe la strada più corta ma impossibile;
quella possibile è di aggirare il deserto da
Nord e quindi ridiscendere: circa 1000 Km, lo
stesso tragitto che aveva percorso Abramo più di
un millennio prima. Ma il Signore garantisce:
"Una strada diritta vi sarà possibile: agevole,
veloce". Ci si renderà conto di essere fragili e
inconsistenti, poveri di risorse e di progetti?
"Non spaventatevi". E se il Signore è "vento di
dissecca", è anche gloria che accompagna verso
la liberazione, "è braccio che esercita il
dominio" (10), "è pastore" (11). Per il popolo
d'Israele il Dio Pastore fa balzare
immediatamente il richiamo all'autorità
politica, ai cattivi pastori di cui si lamentano
lo stesso Isaia (56,11), Geremia
(2,8;10,12;12,10; 23,1; 50,6), Ezechiele ( 34
2-10). Il Signore si offre come Pastore,
garantisce l'unità del suo popolo ("con il suo
braccio lo raduna") e si prende cura amorevole
del suo gregge. In particolare, è attento alla
vita fragile degli agnellini incapaci ancora di
camminare e alle pecore che faticano a stare al
passo delle altre pecore perché hanno da poco
partorito.
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Lettera agli Ebrei 10, 5-9a
Fratelli, entrando nel mondo, Cristo dice: «Tu non hai voluto né
sacrificio né offerta, / un corpo invece mi hai preparato. / Non
hai gradito / né olocausti né sacrifici per il peccato. / Allora
ho detto: “Ecco, io vengo / – poiché di me sta scritto nel
rotolo del libro – / per fare, o Dio, la tua volontà”». Dopo
aver detto: «Tu non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né
offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato», cose che
vengono offerte secondo la Legge, soggiunge: «Ecco, io vengo a
fare la tua volontà».
Questo testo vuole
valorizzare il sacrificio di Gesù rispetto alle offerte del
Primo Testamento. E lo fa con la preghiera del salmista (Sal
40,7) che ha maturato nel suo cuore la consapevolezza che il
vero modo di onorare Dio è accogliere la sua volontà.
"Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto,
non hai chiesto olocausto né sacrificio per il peccato" .Tutto
il mondo antico ritiene che l'offerta al tempio di animali: di
tori e capri, con il loro sangue elimini il peccato ( Eb 10,4).
Ma questo è impossibile. La legge infatti rappresenta solo
l'ombra, una prefigurazione della salvezza ma non ha una propria
efficacia di liberazione di fronte a Dio. Questi sacrifici non
tolgono il peccato e non permettono l'accesso a Dio.Né
perfezionano colui che li offre. Così l'autore della lettera
richiama il valore unico del sacrificio di Gesù: il fatto che
sia unico ha un grande valore poiché elimina il significato del
sacrificio di espiazione (Lev 16) che, in Israele, almeno
annualmente, si offre per tutti i peccati d'Israele. Questo fa
solo ricordare di avere peccato, ma non è rimesso il peccato né
può purificare la coscienza. L'autore biblico applica a Gesù,
nella sua realtà preesistente presso Dio, il suo "Eccomi",
prendendo dal salmo 40: " Allora ho detto: «Ecco, io vengo. Nel
rotolo del libro su di me è scritto di fare la tua volontà: mio
Dio, questo io desidero; la tua legge è nel mio intimo». Si fa
riferimento ad un rotolo che, secondo il credo ebraico, esiste
presso Dio e su cui sono scritte tutte le azioni prima che siano
compiute. Ma, mentre nel salmo si parla di "le orecchie mi hai
aperto" (40,7), la stessa citazione, ripresa dal greco, nella
lettera agli Ebrei sostituisce con "un corpo mi hai preparato"
(10,5). In tal modo si chiarisce la prospettiva teologica della
Incarnazione di Gesù.Questo brano della lettera agli Ebrei ci
ripropone una profonda rivoluzione religiosa che tocca tutte le
fedi del mondo, compresa la fede cattolica. Siamo richiamati ad
aprire gli occhi sulla strada che il Signore ci indica, siamo
incoraggiati alla ricerca della presenza del Signore nella
storia di ciascuno di noi, ogni giorno; siamo aiutati a
intravedere il tempo che il Signore sa darci, aprendo con
lucidità, sulla nostra vita, gli occhi della fede. E, insieme
con la rilettura della Parola di Gesù, la storia che viviamo ci
apre quotidianamente ad intuizioni e suggerimenti. Sarebbe un
grande segno di testimonianza se ci aiutassimo a riflettere, a
scoprire e a raccontare i segni che intravediamo della presenza
del Signore nella storia. Magari riprendendo i "segni dei
tempi", riproposti da Giovanni XXIII nella Pacem in terris (PT:
1963) e nella Gaudium et spes del Concilio Vaticano II (GS:
1965).

Betfage, piccolo villaggio tra Betania e Gerusalemme, sul monte
degli ulivi, ove Gesù mando a prendere lì'asino ed il puledro. |
Matteo
21, 1-9 In quel tempo. Quando furono vicini a Gerusalemme e giunsero
presso Bètfage, verso il monte degli Ulivi, il Signore Gesù mandò due
discepoli, dicendo loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito
troverete un’asina, legata, e con essa un puledro. Slegateli e conduceteli da
me. E se qualcuno vi dirà qualcosa, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma
li rimanderà indietro subito”». Ora questo avvenne perché si compisse ciò che
era stato detto per mezzo del profeta: «Dite alla figlia di Sion: / Ecco, a
te viene il tuo re, / mite, seduto su un’asina / e su un puledro, figlio di
una bestia da soma». I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato
loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed
egli vi si pose a sedere. La folla, numerosissima, stese i propri mantelli
sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla
strada. La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna
al figlio di Davide! / Benedetto colui che viene nel nome del Signore! /
Osanna nel più alto dei cieli!». Per Matteo il centro
dell'attività di Gesù è la Galilea. Gerusalemme è la città del rifiuto, il
popolo che gli prepara la croce. L'ingresso in Gerusalemme va letto sotto
questo aspetto. Il centro del brano è Gesù; i discepoli e le folle sono
soltanto comparse. Il monte degli Ulivi domina la città da oriente (Ez 11,23)
e dista da Gerusalemme il cammino di un sabato (At 1,12), cinque stadi (= 952
metri). Al tempo di Gesù era considerato il luogo dal quale il Messia, con
ogni probabilità, si sarebbe mostrato. Il dettaglio dell'asina legata è
comprensibile se ci si rifà a Gen 49,11 che descrive la benedizione di
Giacobbe al figlio Giuda: "Egli lega il suo asino alla sua vite, a scelto
vitigno il puledro della sua asina". Questo passo ha carattere messianico e
il Messia è atteso dalla tribù di Giuda. Il versetto precedente, Gen 49,10
dice: "Non si allontana lo scettro da Giuda, né il bastone del comando dai
suoi piedi, finché venga il suo dominatore, e a lui obbediscono i popoli".
Con Gesù arriva il dominatore dei popoli preannunciato dal patriarca
Giacobbe. Il proprietario degli animali non può far altro che obbedire al
Signore che ne ha bisogno. Una citazione dell'Antico Testamento chiarisce che
tutto ciò accadde secondo le Scritture, cioè che è stato predisposto da Dio.
Gesù agisce secondo la volontà di Dio. Sia Is 62,11 sia Zc 9,9 annunciano per
Gerusalemme il salvatore che viene e porta la pace, ed esortano Gerusalemme a
salutarlo con gioia. L'appellativo "figlia di Sion" è rivolto alla
popolazione della città. Ma Gerusalemme non reagisce con esultanza (v. 10).
Gesù viene nelle vesti del re mansueto, non come re che punisce e giudica.
Egli offre a Gerusalemme la salvezza, e Gerusalemme è invitata ad
accoglierla. I due discepoli agiscono secondo la direttiva di Gesù senza
trovare ostacoli. Essi pongono sulle due bestie dei mantelli come sella o
come ornamento e Gesù siede sull'asina e sul suo puledro. Non si può
eliminare la difficoltà dell'espressione intendendo che Gesù sia seduto sui
mantelli. In oriente gli asini si cavalcano in modo tale da tenere entrambe
le gambe dalla stessa parte. Gesù, seduto sull'asina, ha usato il puledro,
più basso dell'asina, per appoggiarvi i piedi. L'immagine dell'asina e del
suo puledro era il segno dal quale Gerusalemme avrebbe dovuto riconoscere il
suo re. La folla enorme che accompagna Gesù è quella dei pellegrini, che
arrivavano a Gerusalemme per la festa di Pasqua, non quella degli abitanti di
Gerusalemme. In vista della città questi pellegrini stendono sulla strada i
loro mantelli e rami recisi dagli alberi. Il primo gesto è parte costitutiva
del rituale di intronizzazione (2Re 9,13); il secondo può essere considerato
un atto di omaggio. Il grido di saluto rivolto a Gesù "osanna!" significa
letteralmente "soccorrici, dunque!". Qui è inteso nel senso di un grido di
evviva. Esso è rivolto al Messia, il Figlio di Davide, che visita la sua
città.
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