
Domenica V dopo l'Epifania
5.02.2017 Giovanni 4, 46-54
Riferimenti : Isaia 66, 18b-22 - Salmo 32 - Romani 4, 13-17 |
Salmo 32 Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo, perché egli parlò
e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto. Il Signore
annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei
popoli. Ma il disegno del Signore sussiste per sempre, i
progetti del suo cuore per tutte le generazioni. ® Il Signore
guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini; |
Isaia 66, 18b-22 Così dice il
Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti
e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la
mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò
i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis,
Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole
lontane che non hanno udito parlare di me e non
hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la
mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i
vostri fratelli da tutte le genti come offerta
al Signore, su cavalli, su carri, su portantine,
su muli, su dromedari, al mio santo monte di
Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli
d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel
tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò
sacerdoti leviti, dice il Signore. Sì, come i
nuovi cieli / e la nuova terra, che io farò, /
dureranno per sempre davanti a me / – oracolo
del Signore –, / così dureranno la vostra
discendenza e il vostro nome».
Siamo alla conclusione del libro di Isaia che
delinea il futuro della storia con un linguaggio
proprio, detto apocalittico: è la prospettiva di
un progetto a cui Dio mette mano nei tempi nuovi
che verranno. Nel racconto mitologico della
torre di Babele (Gen 11), agli inizi della
civiltà, si scopre un avvenimento drammatico,
inimmaginabile e voluto da Dio come la divisione
dei popoli, conseguenza dell'arroganza
dell'umanità che si voleva innalzare al livello
di Dio stesso. E per tale motivo Dio ha confuso
la potenza dell'unità di linguaggio, pericolosa
perché fondamento di potenza, e ha reso
indecifrabile il dialogo, svelando l'incapacità
di comprensione diventata presto caos,
lacerazione e guerra. Sembrava un'atroce
reazione di Dio che non accettava il peccato di
insubordinazione e quindi sembrò castigo, e lo
fu; ma fu anche il tentativo di salvare
l'umanità dalla china dell'ubriacatura e dal
delirio che avrebbe portato tutti alla morte. Se
l'uomo si fa Dio, si autodistrugge e tutte le
dittature lo dimostrano. Quando il popolo
d'Israele sperimenta la sua stessa dispersione,
scopre anche la parola di Dio che interviene
alla fine del doloroso cammino. Sarà Dio che si
affaccerà alla soglia della dispersione dicendo:
" Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le
lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria"
(v 18). Nella sua umiliazione l'umanità potrà
finalmente costruire una sua unità e ritornare a
capirsi. Viene così formulato l'annuncio del
pellegrinaggio dei popoli a Gerusalemme. Con
loro torna anche il popolo di Dio, disperso
dalle guerre e dalle deportazioni. Esso sarà
offerto al Signore come un dono purificato,
portato sul monte di Gerusalemme "in vasi puri".
I superstiti delle nazioni (v.19) sono i
convertiti che saranno inviati a predicare la
fede fino ai confini del mondo, ed è curioso
scoprire che qui si parli di pagani convertiti
che diventano i primi missionari. Addirittura il
Signore chiama al sacerdozio non solo gli ebrei
dispersi senza passare dalla discendenza di
Levi, la tribù sacerdotale per eccellenza, ma
addirittura chiama stranieri convertiti perché
anch'essi possano offrire un culto al Signore.
Tutto il testo è un annuncio delle nazioni (da
notare il numero sette) che si convertiranno. Il
Vangelo riprenderà la prospettiva di tutte le
genti, chiamate per vocazione alla mensa nel
regno di Dio così come lo ha indicato Gesù:
"Verranno da oriente e da occidente... e
siederanno a mensa nel regno di Dio" (Luca
13,29). |
Romani 4, 13-17 Fratelli, non in
virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la
promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della
giustizia che viene dalla fede. Se dunque diventassero eredi
coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e
inefficace la promessa. La Legge infatti provoca l’ira; al
contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno
trasgressione.Eredi dunque si diventa in virtù della fede,
perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia
sicura per tutta la discendenza: non soltanto per quella che
deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di
Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho
costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale
credette, che dà vita ai morti e chiama all’esistenza le cose
che non esistono. Paolo sta sviluppando una sua
convinzione assai chiara, confermata dalla Scrittura: la fede è
la sola condizione richiesta da Dio per giustificare l'uomo. E
Abramo ne è il vero esempio che garantisce il dono di Dio.
Abramo e Sara, anziani, ricevono da Dio più promesse: la
promessa del figlio, la promessa della terra, la promessa di una
discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia
della spiaggia del mare, la promessa di una benedizione per
tutti i popoli della terra, sua discendenza. Nella fede di
Abramo sono figli il popolo d'Israele, quindi i cristiani, a sua
volta, inviati a tutte le gente e infine tutti i popoli della
terra: Sara, incredula si sente ricordare da Dio attraverso
Abramo: "Non c'è nulla di impossibile per il Signore" (Gn
18,14). Così Abramo, che si fida di Dio, realizzerà la vita
anche dove c'è il deserto e diventerà, da pastore errante,
proprietario di una terra e capo di popoli, anche se poi, lui
stesso, prima di morire, resterà proprietario solo di un pezzo
di terra che aveva comperato per seppellirvi Sara .Le promesse
di Dio valicano millenni. Abramo lo scoperse e continuò a
fidarsi del Signore. Abramo non ha compiuto nulla per meritarsi
la benedizione di Dio, ma il suo merito è stata la fede
incondizionata. Così Paolo ricorda che non è il legame di sangue
con la stirpe di Abramo che dà diritto alle benedizioni di Dio,
ma è la fede simile a quella del patriarca. A conclusione, in
questo brano, Paolo ricorda alla comunità dei cristiani di Roma
che la potenza di Dio non solo è capace di ribaltare la morte
offrendo la vita (Paolo è annunciatore della risurrezione di
Gesù), ma addirittura è capace di riportare all'esistenza ciò
che non esiste.
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Giovanni 4, 46-54 In quel tempo. Il Signore Gesù andò di
nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un
funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che
Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di
scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se
non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli
disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose:
«Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva
detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i
suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora
avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno,
la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù
gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia.
Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in
Galilea. Gesù ritorna in Galilea dalla Giudea, passando
dalla Samaria dove ha incontrato la Samaritana. Ora è giunto a Cana, luogo
dove si era manifestata la Gloria, e al banchetto degli sposi si era
profilata la gioia di una nuova Alleanza nel segno della presenza
sorprendente del Messia. E Cana è il luogo della vita che rifiorisce sulla
Parola del Signore che è stata creduta. Un uomo di potere cerca Gesù, avendo
percorso circa 20 Km da Cafarnao a Cana: lo ha spiato prima e pedinato poi,
sicuro della presenza di Gesù, nel villaggio dove lo avevano individuato. C'è
una richiesta precisa e drammatica: "Devi venire e compiere un prodigio
perché il «bambino» viva". E' un uomo di potere. Non parla del "figlio" ma
del "bambino". Ha raggiunto Gesù, consapevole della propria impotenza, ma
lucido di quello che deve poter fare questo uomo di Dio. Pensa: "Deve
dimostrare la sua forza, deve venire con me e guarire il bambino, deve
manifestare il suo potere e la sua forza. Se viene da Dio, deve provocare
prodigi e deve stupire". Gesù si rifiuta di accettare questa logica e rimette
in discussione la richiesta. "Signore, scendi per il mio bambino". La
richiesta però esprime fragilità ed debolezza. Con tutti i limiti di una
ideologia religiosa distorta è un uomo sofferente e impotente che cerca
aiuto. Gesù accetta di ascoltarlo e lo rimanda con la garanzia di averlo
capito e di averlo aiutato, ma tutto è legato solo alla propria parola. "Va.
Tuo figlio vive". Viene ristabilita la parentela, viene rifiutata la
manifestazione di potere come l'altro immaginava, viene offerta una strada di
fiducia. E l'altro accetta. Ritorna a casa, senz'altro aver ricevuto se non
una assicurazione. A questo punto la strada ha richiesto tempo: almeno il
cammino di un giorno. Ma i servi gli si sono fatti incontro, e finalmente
rassicurano il padre sulla vita del figlio. La comunicazione non è sulla
salute. Non dicono: "È guarito" ma giocano sull'alternativa di impotenza di
fronte alla morte. "Tuo figlio vive". Tutti noi siamo stati nell'angoscia,
tra morte e vita. Nella verifica ci si accorge che è Gesù, veramente e solo
Gesù, accettato e ubbidito sulla sua Parola, che ha salvato il figlio. Così
la presenza di Gesù è aperta ad una misericordia nuova ma anche discreta,
diversa dalle attese, fatta di fiducia e di parole, fatta di attenzione e di
rischio. Il funzionario del re si è mostrato disponibile a rivedere le
proprie attese e le proprie ideologie. Una famiglia intera crede. Non si dice
in che cosa o come. In questo caso "credere" significa accettare, mettersi a
disposizione, accogliere l'accaduto come fatto di Dio in Gesù. E' il credere
dell'Evangelista Giovanni che, di fronte al sepolcro vuoto di Gesù e le bende
piegate in un angolo, "Vide e credette" (Gv 20,8). E' il mondo di Dio che è
penetrato, che opererà via via nel tempo, facendo accogliere, di volta in
volta, parole e proposte nuove, anche se sconcertanti. Sono le nuove logiche
di Dio.
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