
DOMENICA II DOPO PENTECOSTE
18 giugno 2017
Matteo 5, 2. 43-48
Riferimenti : Siracide 17, 1-4. 6-11b. 12-14 - SALMO 103 -
Romani 1, 22-25. 28-32
|
Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei
rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un
manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle
acque le tue alte dimore. Egli fondò la terra sulle sue basi:non
potrà mai vacillare. |
Siracide 17, 1-4. 6-11b. 12-14
Il Signore creò l’uomo dalla terra / e ad essa
di nuovo lo fece tornare. / Egli assegnò loro
giorni contati e un tempo definito, / dando loro
potere su quanto essa contiene. / Li rivestì di
una forza pari alla sua / e a sua immagine li
formò. / In ogni vivente infuse il timore
dell’uomo, / perché dominasse sulle bestie e
sugli uccelli. / Discernimento, lingua, occhi, /
orecchi e cuore diede loro per pensare. / Li
riempì di scienza e d’intelligenza / e mostrò
loro sia il bene che il male. / Pose il timore
di sé nei loro cuori, / per mostrare loro la
grandezza delle sue opere, / e permise loro di
gloriarsi nei secoli delle sue meraviglie. /
Loderanno il suo santo nome / per narrare la
grandezza delle sue opere. / Pose davanti a loro
la scienza / e diede loro in eredità la legge
della vita. / Stabilì con loro un’alleanza
eterna / e fece loro conoscere i suoi decreti. /
I loro occhi videro la grandezza della sua
gloria, / i loro orecchi sentirono la sua voce
maestosa. / Disse loro: «Guardatevi da ogni
ingiustizia!» / e a ciascuno ordinò di prendersi
cura del prossimo.
Dopo un richiamo all'ascolto della sapienza e
all'attenzione del cuore ("Ascoltami, figlio, e
impara la scienza, e nel tuo cuore tieni conto
delle mie parole". " v 6,24), viene manifestata
l'opera di Dio creatore. Con sguardo stupito,
l'autore contempla le perfette leggi del creato
(16,24-30): l'opera di Dio nel cosmo e sulla
terra. Nel cap. 7, che leggiamo oggi, continua
il richiamo della creazione sulla falsa riga del
cap.1 della Genesi, esaltando la grandezza
dell'umanità e, nello stesso tempo, richiamando
la mortalità dell'uomo, frutto del rifiuto della
legge di Dio e frutto del peccato (Gen capp
2-3). Eppure l'umanità, poiché modellata a
immagine di Dio, continua ad avere potere sugli
esseri viventi, creati da Dio stesso (v4). Così,
tra i due piani tradizionalmente ricordati del
cielo e della terra, con le creature celesti e
terrestri, l'umanità partecipa dell'azione di
Dio e dello stesso dominio sulle cose di Dio
(v3); e tuttavia, come realtà mortale (v1),
partecipa alla stessa fragilità degli esseri
viventi. E poiché continua la propria vocazione
al dominio sulla creazione, è attrezzato con
sapienza poiché dotato dei sensi e della ragione
che lo rendono superiore agli animali (vv 1-6);
è ricco di facoltà morali e intellettuali che lo
rendono capace di discernimento (v 6 e v 15) ed
è provvisto delle capacità sensoriali del
parlare, del vedere e del sentire. L'uomo è
grande nella sua pienezza e veramente è la
gloria di Dio (Sal 8). Si risente, in questo
testo, particolarmente, anche l'attenzione alla
cultura greca e tuttavia gli elementi culturali
ebraici e greci sono apporti molto bene
amalgamati nella consapevolezza ebraica che
viene dalla Parola di Dio. Interessante la
rilettura del timore: il timore dell'uomo negli
animali, il timore di Dio nell'uomo: due
intuizioni che riportano un equilibrio nella
realtà e il rispetto di gerarchie e di valori.
Il timore, in questo caso, non è paura né
angoscia, ma rispetto, equilibrio e
consapevolezza di dover mantenere le distanze
rispetto a realtà più grandi. Nel cuore
dell'uomo il timore di Dio, con il senso
religioso (vv 7-14), permette di riconoscere le
opere divine e di apprezzare i comandamenti di
cui Dio gli ha fatto dono affinché ognuno impari
la giustizia e la generosità. Come un padre
saggio e discreto, Dio guida e istruisce i suoi
figli e, in particolare, Israele, il suo
primogenito a cui si è mostrato nella sua gloria
ed ha parlato sul Sinai. Egli osserva la
condotta umana e non gli sfugge alcuna azione
buona o cattiva che, a suo tempo, sarà
remunerata. |
Romani 1, 22-25. 28-32 Fratelli,
mentre si dichiaravano sapienti, gli uomini sono diventati
stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con
un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di
quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati
all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da
disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la
verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le
creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio
li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno
commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di
malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di
omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori,
maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi,
ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali,
senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio
di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non
solo le commettono, ma anche approvano chi le fa.
Paolo chiarisce il significato fondamentale della
missione per cui si risente inviato e ne fa argomento centrale
della sua "Lettera ai romani": la salvezza è una grazia elargita
da Dio a tutti coloro, Giudei e pagani (1,16) che credono al
Vangelo. Perciò Paolo traccia le linee fondamentali della
condizione morale dei pagani (1,18-32: testo che viene letto
oggi) e, successivamente, richiama il mondo giudaico (2,1-3,8):
tutti e due questi mondi sono fuori della salvezza che Gesù
porta. La riflessione di questi capitoli è fondamentalmente
teologica. Paolo vuole parlare della salvezza indispensabile di
Gesù più che sviluppare un'analisi del problema morale per
giudicare e condannare. Paolo non parla di castighi di Dio per
l'uomo quanto piuttosto "dell'ira di Dio" (1,18: immagine
colorita per ricordare il rifiuto del male da parte di Dio).
L'uomo riceve il suo castigo nell'essere abbandonato a se
stesso, e riceve in tal modo la sua punizione, avendo rifiutato
la verità su Dio. Gli uomini si sono rivelati ingiusti, si sono
dati all'idolatria e hanno soffocato la verità. Infatti,
attraverso la creazione, essi potevano percepire " la potenza e
la divinità" di Dio, cioè la sua onnipotenza creatrice e la Sua
maestà. Proprio questi attributi di Dio avrebbero dovuto creare
un rapporto di amore coerente e pulito. E invece, rifiutando
l'accoglienza di questi segni, da sapienti sono diventati
stolti, soggetti a confusioni terribili per cui "hanno scambiato
la gloria di Dio con l'immagine dell'uomo corruttibile, oppure
con l'immagine di uccelli, di quadrupedi e di rettili"
(1,18-23). Così il mondo dei pagani, abbandonato (viene ripetuto
tre volte vv 24. 26. 28), dalla oscurità della verità è caduto
nell'oscurità della vita morale, colmo di ogni ingiustizia e
bramoso di ogni depravazione. Viene riportato qui uno dei
"cataloghi dei vizi" che Paolo riprende spesso nelle sue
lettere: egli elenca la storture di atteggiamenti morali che
diventano drammatiche e pericolosissime. Costruiscono corrosive
mentalità che influenzano costumi e comportamenti, rischiando di
diventare, nel mondo, esempi suggestivi di stili di vita. E'
probabile che Paolo abbia sotto gli occhi il clima morale della
"Roma dei cesari" che ha sviluppato una depravazione crescente,
derivante dalla violenza e dalla immoralità delle classi
dirigenti.

Chiesa sul monte delle beatitudini |
Matteo
5, 2. 43-48 In quel tempo. Il Signore Gesù si mise a parlare e insegnava
alle folle dicendo: «Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e
odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per
quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei
cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui
giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale
ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto
soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così
anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro
celeste». Dopo il "Discorso della Montagna" in cui Gesù ha
elencato inizialmente le "beatitudini", dice Matteo, (discorso fondativo
della linea morale della nuova alleanza), la proposta di Gesù continua,
sviluppando attraverso sei antitesi, che possono sembrare contrapposizioni ma
che si risolvono in esempi di revisione e di reinterpretazione della legge
("Avete inteso che fu detto dagli antichi...Ma io vi dico": 5,21-48).
Quest'oggi leggiamo l'ultimo esempio. Siamo a confronto con testi che Gesù
offre alla sua comunità perché sappia misurare le proprie mentalità, e quindi
scelte e stili di vita morale su alcuni criteri che Gesù ritiene
indispensabili per le scelte quotidiane dell'esistenza. Qui si parla di amore
senza escludere nessuno. "Avete inteso che fu detto: "Amerai il tuo prossimo
e odierai il tuo nemico". Gesù trasforma radicalmente tale mentalità,
suggerendo la misura su cui ci si deve giudicare. Misura è la perfezione del
Padre nella sua misericordia e nel suo perdono:: "Siate perfetti come è
perfetto il Padre vostro celeste". Per sé nel Primo Testamento non si parla
di odio ai nemici, salvo in alcuni salmi in cui vengono ricordate le "guerre
sante" in un linguaggio molto arcaico: "Non odio forse i tuoi nemici,
Signore? Li detesto con odio implacabile" (Salmo 139,12-22). In alcuni
scritti delle comunità di Qumran (comunità religiose ebraiche al tempo di
Gesù), si ritrovano anche espressioni di amore per i credenti (i "figli della
luce") e odio per i pagani ("i figli delle tenebre"). E tuttavia anche nella
Bibbia alcuni testi incoraggiano a non ricambiare il male: "Non dire: «Come
ha fatto a me così io farò a lui, renderò a ciascuno come si merita». (Prov
24,29) oppure "Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il
carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui a scioglierlo dal
carico" (Es23,5). In questo caso i rabbini incoraggiavano ad un'attenzione
particolare verso i connazionali. Comunque il tutto si racchiudeva in
un'attenzione agli appartenenti al popolo ebraico. "Quali ricompensa per
quali interventi?". La ricompensa corrisponde al salario che un lavoratore
riceve per un lavoro eseguito bene. Il testo può incoraggiarci a capire che
'elemento fondamentale della ricompensa sia la gratuità, base di misura su
cui Dio poggia il suo riconoscimento. Ci si gioca infatti sulla novità, sulla
sorpresa della stile di Dio tra noi, sulla misericordia ed il perdono in un
tempo di normale sospetto, di dominio ingiusto, di eserciti di conquista che
si impongono con la violenza. L'amare solo i propri amici corrisponde a ciò
che fanno anche le persone del più basso livello morale, additate al
disprezzo pubblico, che sono "i pubblicani", dipendenti e servi dell'impero
romano, normalmente colpevoli di estorsioni: appaltatori e raccoglitori di
imposte.
|