 PENTECOSTE
4 GIUGNO 2017
Gv 14,15-20
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 2, 1-11 - Salmo 103 -
1Cor 12,1-11 |
Benedici il Signore,
anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio!
Quante sono le tue opere, Signore! La terra è piena delle
tue creature. |
Atti degli Apostoli. 2, 1-11
Mentre stava compiendosi il giorno
della Pentecoste, i discepoli si trovavano tutti
insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso
dal cielo un fragore, quasi un vento che si
abbatte impetuoso, e riempì tutta la casa dove
stavano. Apparvero loro lingue come di fuoco,
che si dividevano, e si posarono su ciascuno di
loro, e tutti furono colmati di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue, nel modo
in cui lo Spirito dava loro il potere di
esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme
Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto
il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e
rimase turbata, perché ciascuno li udiva parlare
nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di
sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro
che parlano non sono forse Galilei? E come mai
ciascuno di noi sente parlare nella propria
lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti,
abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della
Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frìgia
e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti
della Libia vicino a Cirene, Romani qui
residenti, Giudei e prosèliti, Cretesi e Arabi,
e li udiamo parlare nelle nostre lingue delle
grandi opere di Dio».
La Pentecoste ci fa celebrare l'inizio di una
esperienza particolare, vissuta dalla prima
Comunità cristiana, che ha aperto gli occhi sul
dono dello Spirito, dato dal Padre attraverso
Gesù. In questo dono, noi che siamo stati
battezzati, leggiamo ed accogliamo la Parola di
Dio, celebriamo I sacramenti e, in particolare,
l'Eucaristia ogni domenica. Dallo Spirito ci
sentiamo incoraggiati e aiutati nel ripensare ad
uno stile di vita secondo il desiderio di Gesù.
I discepoli, tutti insieme, sono ancora
rinchiusi nel cenacolo; ma sanno che davanti a
loro c'è un progetto inimmaginabile che è
l'annuncio a tutti popoli della presenza del
dono di Gesù morto e risorto. Dopo l'ascensione,
in quegli ultimi 10 giorni che li divide dalla
Pentecoste, si sono anche organizzati, tanto da
scegliere un sostituto di Giuda, ricostituendo
il numero dei dodici con l'elezione di Mattia.
Sono con Maria che li incoraggia ad attendere e
pregano insieme per capire e per sentirsi capaci
della propria vocazione. Finalmente, mentre
celebrano, nel 50° giorno dalla Pasqua, con gli
ebrei, il dono della Legge offerta da Dio a Mosè
sul Sinai, in una cornice di vento impetuoso,
terremoto e fuoco avviene un fatto eccezionale
che sconvolge la loro vita. Luca inizia il
racconto della Pentecoste con un riferimento
temporale "Mentre si sta compiendo il giorno
della Pentecoste": Ma questa frase, nel
linguaggio dell'evangelista, è il segnale che
sta iniziando un momento nuovo. Infatti proprio
Luca, autore degli Atti, utilizza la stessa
formula, nel suo Vangelo, quando deve raccontare
l'inizio del viaggio di Gesù verso Gerusalemme
(9,51: Mentre stavano compiendosi i giorni in
cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la
ferma decisione di mettersi in cammino verso
Gerusalemme). Là il racconto incomincia il lungo
cammino di Gesù verso la città santa dove
concluderà la sua vita con la sua morte e
resurrezione, qui Luca racconta l'inizio della
nuova Chiesa e quindi del nuovo popolo. E lo fa
in un contesto carico di segni che esprime un
mondo completamente nuovo: "fragore quasi di un
vento impetuoso" e "lingue come di fuoco che si
dividevano e si sposarono su ciascuno di loro".
Il risultato è una novità nel cuore di ciascuno:
"Tutti furono colmati di Spirito Santo". Ma il
significato di questo cambiamento si riversa in
un atteggiamento completamente nuovo e
impensabile. Anche la gente cosmopolita,, e sono
ebrei che provengono da tutto il mondo allora
conosciuto, ha avvertito il rumore, ed si chiede
il significato. Nel frattempo ascolta questi
nuovi predicatori che portano un messaggio,
totalmente nuovo ed impensabile e tuttavia vivo,
concreto, fatto di parole conosciute perché
"ciascuno li udiva parlare nella propria lingua
nativa.". Si sta compiendo, prolungandosi nei
secoli il senso di questo messaggio: siamo alla
presenza di fatti totalmente nuovi che
coinvolgono personalmente le persone presenti e
possono cambiare il cammino della storia. E
tuttavia viene percepito anche che tutto questo
avviene nel rispetto delle proprie radici, che
costituiscono la vita di un popolo e di ogni
persona. Non ci sono richiami alla paura e alla
violenza, ma parole che richiamano fatti, e non
solo saggezza,. Si sente il segnale di un modo
diverso dal solito di pensare, e siamo alla
presenza di più testimoni concordi, buoni
lavoratori che si stanno giocando la propria
reputazione, e che tuttavia danno gratuitamente
per far scoprire una speranza nuova nel tempo
della propria esistenza. Il messaggio non ci
viene ancora proposto perché sarà il contenuto
del discorso improvvisato che Pietro farà tra la
gente, senza pulpito e senza paramenti
particolari. Ma il messaggio lo si intravede già
qui. La Pentecoste, perciò, è una sorpresa, ma
anche la scoperta di messaggi nuovi da maturare
nel cuore e da proporre, nella chiarezza,
sentendosi responsabili della libertà di
ciascuno. Lo Spirito è amore e se non c'è
libertà non c'è amore e quindi non c'è scoperta
di Dio e dei suoi doni. E il primo dono che ci è
offerto è Gesù e lo Spirito di Gesù in noi. |
1Cor 12,1-11
Riguardo ai doni dello
Spirito, fratelli, non voglio lasciarvi nell’ignoranza. Voi
sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate
trascinare senza alcun controllo verso gli idoli muti. Perciò io
vi dichiaro: nessuno che parli sotto l’azione dello Spirito di
Dio può dire: «Gesù è anàtema!»; e nessuno può dire: «Gesù è
Signore!», se non sotto l’azione dello Spirito Santo. Vi
sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi
ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività,
ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data
una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune:
a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio
di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il
linguaggio di conoscenza; a uno, nello stesso Spirito, la fede;
a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; a uno
il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un
altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà
delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. Ma
tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito,
distribuendole a ciascuno come vuole.
I cristiani di Corinto avevano scritto all'apostolo
chiedendo istruzioni sui doni spirituali ("carismi) cioè sulle
manifestazioni esterne e straordinarie dello Spirito. Paolo
conosce episodi di esaltazione religiosa che avvenivano tra i
pagani, con fenomeni di delirio e di convulsioni. Probabilmente
i fedeli di Corinto, da pagani, avevano fatto queste esperienze
di origine diabolica o patologica e bisognava verificare se
anche queste manifestazioni dello Spirito andassero lette allo
stesso modo. Paolo consegna loro un criterio interessante a
seconda di come uno si comporti nel riconoscimento di Gesù. Se
lo si bestemmia chiamandolo "maledetto" o se lo si benedice
affermando che "Gesù è il Signore", si dimostra il valore della
testimonianza. Il richiamo a Gesù come Signore manifesta una
altissima professione di fede e così scopriamo di essere nella
linea della correttezza e della verità. Chiarita la consistenza
dei doni, Paolo deve intervenire con severità tra questi
cristiani di Corinto, poiché si stanno sviluppando confronti e
gelosie a secondo delle manifestazioni di ciascuno: sia che
esistano pregi e valori propri e sia che si esercitino ruoli che
si collegano al dono dello Spirito nella Comunità. Si creano
paragoni e si fanno valutazioni pretendendo precedenze. Colui o
colei che hanno particolari doti, soprattutto quelle
appariscenti, provocano e pretendono privilegi, riconoscimenti,
onori, maggiore rispetto. Così le doti di ciascuno diventano
pretesto per ostentazioni, per affermazioni di sé, prestigio e
potere. Quello che avviene in ogni società avviene anche nella
giovane Comunità di Corinto, suscitando gruppi contrapposti e
divisioni, oltre che risentimenti e disgregazioni. Paolo scrive
mettendo in guardia da queste deformazioni che inaridiscono i
doni di Dio e la Comunità cristiana. Quello che è stato offerto
dal Signore è dono dello stesso Spirito che ha distribuito come
ha voluto, Non ci sono maggiori e minori valori tra i "carismi"
o, per lo meno, non vanno valutati così i doni ricevuti. Quello
che serve è la verifica di come ciascuno sta offrendo un proprio
contributo, gratuito, nella Comunità cristiana perché essa
stessa si riconosca come luogo di Dio. Infatti "a ciascuno è
data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene
comune" (v 7) e tutti hanno qualche cosa di nuovo e di bello da
portare. Sono elencati qui nove carismi distribuiti in tre
gruppi secondo che riguardano l'insegnamento, l'azione o altre
finalità. All'insegnamento appartengono il dono delle "parole di
sapienza", (per cui illuminati dallo Spirito si è in grado di
esporre le verità più alte della fede) e il dono delle " parole
di scienza" (essere in grado di esporre le verità elementari
della fede per maturare i mezzi della salvezza). Appartengono
all'azione i doni della fede, le guarnigioni e i miracoli e si
parla della fede non tanto come virtù quanto come un'eccezionale
fiducia in Dio e nel suo intervento miracoloso che è capace di
provocare cose nuove. Infine nel terzo gruppo si ricordano la
"profezia" (il dono di parlare con particolare efficacia per
esaltare, verificare, consolare), il "discernimento degli
spiriti" (che aiuta ad operare un giudizio critico per aiutare
le persone a scegliere), la "glossolalia" (il parlare in lingue
incomprensibili,lanciando preghiere, invocazioni, gridi
inarticolati e oscuri sia per i protagonisti che per i
circostanti; S. Paolo non stima molto questo dono: 14,6-11);
infine "l'interpretazione delle lingue" che dovrà ricomprendere
e tradurre il linguaggio degli estatici in modo che la Comunità
ne tragga un insegnamento coerente. Il testo continua garantendo
che ognuno deve contribuire a creare un organismo vivo e
ordinato a somiglianza del corpo umano, armonioso, organico,
composto da varie membra che concorrono, tutte, alla vita
dell'organismo completo. Ma esiste un carisma più alto che
arricchisce ogni realtà in armonia e a cui bisogna ambire con
fiducia: esso è la carità (12,31).
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Gv 14,15-20
In quel tempo. Il Signore Gesù disse
ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io
pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi
per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non
lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e
sarà in voi. Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo
non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In
quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi».
Si legge, in questo testo, parte del lungo testamento di Gesù che
Giovanni ci riporta nei quattro capitoli dell'ultima cena e si percepiscono,
con il disagio di una prossima partenza di Gesù, la paura, lo stupore,
l'impazienza, la fragilità di non potere fare nulla per fermare gli
avvenimenti incombenti. In questo brano Gesù suggerisce alcune
raccomandazioni di comportamento ed offre alcune garanzie. Dato per scontato
che lo amano ("Se mi amate") Gesù concretizza la loro affezione non
abbandonandola nel limbo dei confini dell'emozione, ma obbliga a scendere
nella concretezza: "Osservate i miei comandamenti, se mi amate" (v15). Le
garanzie che Gesù porta sono fondamentalmente le garanzie di presenza e di
sostegno. Prima però Gesù parla del Paràclito, una figura interessante,
presente nei tribunali. Era possibile che una persona, considerata seria,
apprezzata da tutti, potesse "essere chiamata vicino" a chi è sotto processo
per suggerire, incoraggiare chiarire chi è accusato perché possa agevolmente
difendersi. Qui Gesù affida allo Spirito il compito di motivare le scelte e
di fare chiarezza, sostenendo chi non è in grado di distinguere a sufficienza
e conoscere quello che viene dallo Spirito. Infatti il nostro nemico che ci
accusa è il mondo. Ma cos'è il mondo? Non sono i pagani, né i lontani o chi
non appartiene al gruppo dei discepoli ma il mondo è quella parte del cuore
dell'uomo, di ogni uomo che accetta il male, il peccato, la morte della
speranza, l'egoismo. Mondo è la contrapposizione a Cristo, scelta di rifiuto
dell'amore di Dio e dell'amore di ogni persona, rifiuto di costruire insieme
un mondo nuovo. Perciò il Consolatore è anche lo Spirito dalla verità perché
deve educarci, passo passo, fino alla fine del mondo, a scoprire le parole di
Gesù, a fidarci di lui, a pregare, perché possiamo lottare e vincere le forze
del male (Giovanni 16,7-11). La verità è Gesù e quindi è una persona, non un
catalogo. Essa è vita e, insieme, itinerario per rintracciare il suo
messaggio. "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).Così verità è
sentirsi presi per mano nella pienezza della comprensione di Gesù che viene
con discrezione nella storia, attraverso la sua Parola e gli avvenimenti che
ci obbligano a riflettere e a maturare. Per questo motivo, come credenti, è
importante avere dentro di noi il senso della misericordia di Dio che noi
abbiamo sperimentato in Gesù come testimone visibile. E se la Parola di Gesù
si dice e si vive, diventa anche negli altri speranza e progetto di vita. La
comunità cristiana, perciò, deve saper contare in queste presenze: la
presenza dello Spirito e la presenza di Gesù. Per chi non è credente Gesù è
solo un personaggio storico, lontano, sorpassato, cancellato dal tempo. Per
noi che siamo credenti Gesù è invece una presenza viva e continua,
rigeneratrice dentro ciascuno della speranza del suo ospite. Lo Spirito non
ci consegna l'infallibilità nelle nostre relazioni di un cammino ancora
esistente, non ci dà soluzioni, ma ci aiuta a penetrare più profondamente nel
tempo il valore delle persone e delle cose, non ci fa padroni né vincitori ma
ci rende umili servi della presenza nuova che vuole rigenerare ognuno di noi
e il mondo entro cui viviamo. "Se uno mi ama, osserverà la mia Parola e il
Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di lui" (Gv
14,23). La Pentecoste è allora la presenza continua, inimmaginabile, che
racconta una nuova ospitalità di Dio tra noi, che garantisce nuove radici al
bene, che ci dà speranza.
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