 VI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
16 luglio 2017
Luca 6, 20-31
Esodo
33, 18 – 34, 10SALMO76Prima lettera ai Corinzi 3, 5-11 |
La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia
voce verso Dio, perché mi ascolti. Nel giorno della mia angoscia
io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si
stancano; l’anima mia rifiuta di calmarsi |
Esodo 33,
18 – 34, 10 In quei giorni. Mosè disse al
Signore: «Mostrami la tua gloria!». Rispose:
«Farò passare davanti a te tutta la mia bontà e
proclamerò il mio nome, Signore, davanti a te. A
chi vorrò far grazia farò grazia e di chi vorrò
aver misericordia avrò misericordia». Soggiunse:
«Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché
nessun uomo può vedermi e restare vivo».
Aggiunse il Signore: «Ecco un luogo vicino a me.
Tu starai sopra la rupe: quando passerà la mia
gloria, io ti porrò nella cavità della rupe e ti
coprirò con la mano, finché non sarò passato.
Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma
il mio volto non si può vedere». Il Signore
disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come
le prime. Io scriverò su queste tavole le parole
che erano sulle tavole di prima, che hai
spezzato. Tieniti pronto per domani mattina:
domani mattina salirai sul monte Sinai e
rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno
salga con te e non si veda nessuno su tutto il
monte; neppure greggi o armenti vengano a
pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò
due tavole di pietra come le prime; si alzò di
buon mattino e salì sul monte Sinai, come il
Signore gli aveva comandato, con le due tavole
di pietra in mano. Allora il Signore scese nella
nube, si fermò là presso di lui e proclamò il
nome del Signore. Il Signore passò davanti a
lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio
misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco
di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore
per mille generazioni, che perdona la colpa, la
trasgressione e il peccato, ma non lascia senza
punizione, che castiga la colpa dei padri nei
figli e nei figli dei figli fino alla terza e
alla quarta generazione». Mosè si curvò in
fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho
trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il
Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo
di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e
il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità».
Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco
un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo
io farò meraviglie, quali non furono mai
compiute in nessuna terra e in nessuna nazione:
tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà
l’opera del Signore, perché terribile è quanto
io sto per fare con te».
Abbiamo letto il racconto di un secondo ritorno
di Mosè sul Sinai. Disceso dal monte, la prima
volta, con le tavole incise che dovevano essere
il trionfo della fedeltà e la conferma della
preferenza di Dio per questo popolo, nel campo
degli Israeliti è avvenuto l'inimmaginabile:
orge, costruzioni di idoli con l'oro di famiglia
portato dall'Egitto, rifiuto dell'autorità di
Mosè, guerra interna che si scatena per avere
una vittoria o un predominio.Mosè vince una vera
battaglia, compiendo con i suoi un massacro di
ribelli. Ma, a questo punto, è convinto che la
sconfitta più terribile se l'è procurata davanti
a Dio. E' convinto del rifiuto di Dio, della
lacerazione di un'alleanza prefigurata. E'
convinto di non avere futuro e di doversi
preparare ad un destino di abbandono e di morte
nel deserto.E invece Mosè (Es. 34,4-10) è
invitato da Dio a ritornare sul monte. Dio vuole
rifare una copia della prima legge che era
andata distrutta nella disperazione di un tempo
senza futuro.Le prime tavole erano state opera
di Dio, scritte da Dio e donate (32,16). Qui Dio
non recede e accetta di scrivere, ancora una
seconda volta, la legge ma le nuove tavole di
pietra debbono essere preparate da Mosè stesso:
la legge nasce e si propone in collaborazione.Il
Signore mantiene la misericordia con fedeltà e
amore; e questa è la sorpresa per tutti, ma
soprattutto per Mosè, che sta imparando a
conoscere Dio. E infatti Dio gli si ferma
accanto, nascosto e palese ("scese nella nube"
v.5) e si proclama per ciò che Mosè deve capire
sulla identità di Dio stesso. Il Signore,
infatti, è fondamentalmente "misericordioso e
pietoso, lento all'ira e ricco di fedeltà".
Questa proclamazione è rivelazione di Dio,
gioiosa intuizione per Mosè che ormai si sente
legato al suo popolo e quindi solidale, nel bene
e nel male; e tuttavia pienamente unito a Dio e
all'esigenza di fedeltà. La misericordia del
Signore fa intuire una profondità di legame e di
coinvolgimento impensabile. Così Mosè, che teme
di restare solo e angosciato in questa scelta di
solidarietà, scopre che è possibile riprendere
una speranza grande e un progetto
interrotto.Questo Dio fa prevalere il perdono
anche se continua, nella giustizia, la
punizione. Ma il favore e il perdono stanno come
1000 e 4.Mosè accoglie e "si curva in fretta
fino a terra" (v.8) e riprende la sua preghiera
di intercessione. Chiede che "il Signore cammini
in mezzo a noi, che perdoni la nostra colpa e ci
faccia sua eredità ". Si ritrovano continuamente
uniti il richiamo del cammino vittorioso, la
protezione della presenza divina, la gloria di
essere custodi ed eredi nella scelta di Dio
(Deut. 4,20; 9,26.29). Mosè comunque, fino in
fondo, si sente mediatore e fa le scelte
preziose di solidarietà con il popolo, a
somiglianza di Gesù. Mosè prende su di sé il
peccato del popolo (nostra colpa) anche se, nel
tempo del peccato della sua gente, è rimasto
lontano, per 40 giorni, al cospetto di Dio sul
monte. |
Prima lettera ai Corinzi 3, 5-11
Fratelli, che cosa è mai Apollo? Che cosa è Paolo? Servitori,
attraverso i quali siete venuti alla fede, e ciascuno come il
Signore gli ha concesso. Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma
era Dio che faceva crescere. Sicché, né chi pianta né chi irriga
vale qualcosa, ma solo Dio, che fa crescere. Chi pianta e chi
irriga sono una medesima cosa: ciascuno riceverà la propria
ricompensa secondo il proprio lavoro. Siamo infatti
collaboratori di Dio, e voi siete campo di Dio, edificio di Dio.
Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio
architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce
sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti
nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si
trova, che è Gesù Cristo. Paolo, nel capitolo
precedente, ha sviluppato il tema della sapienza: "una sapienza
non di questo mondo, né dei principi di questo mondo che vengono
ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio che è
nel mistero... ma a noi Dio ha rivelato questa sapienza mediante
lo Spirito" (2,6-10). Continuando la sua riflessione per i
fratelli della comunità di Corinto, confessa: "Non ho potuto
parlare a voi come a esseri spirituali ma carnali" (3,1).Paolo,
infatti, ricorda che, all'inizio, esisteva, ovviamente, una
grande impreparazione per la diversa provenienza religiosa; ma
riscontra, comunque, in questa comunità, delle fratture tra i
credenti, per cui rileva divisioni e gruppi di cristiani
contrapposti che fanno riferimento a Paolo, ad Apollo, a Cefa
(Pietro) (3,22) mentre, poco prima, Paolo ricorda anche il
"partito di Cristo" (1,12).L'apostolo dice che, se all'inizio li
ha trattati come esseri carnali e come bambini "(3,1), anche
adesso continua a non poterli trattare come uomini spirituali a
causa delle loro posizioni "di invidia e di discordia" (3,3).
Paolo tiene allora a chiarire la natura del ministero
apostolico, suo e di tutti coloro che hanno delle funzioni
particolari ed educative nella comunità cristiana. Coloro che
esercitano un ministero, dice Paolo, sono semplicemente dei
servitori e ricorda, a modo di parabola, due tipi di lavori
comuni conosciuti: l'agricoltura e l'edilizia. In questi due
orizzonti ricostruisce esempi di ruoli e di
responsabilità."Siamo collaboratori di Dio e voi siete il campo
di Dio, l'edificio di Dio" (3,8). Il Signore fa crescere,
utilizzando ovviamente il lavoro di chi pianta e di chi irriga.
Ma, nel campo, determinante è Dio che fa crescere ciò che è
stato seminato, e non gli annunciatori o i catechisti (Paolo,
Apollo, Cefa).Per l'esistenza e la stabilità dell'edificio sono
necessarie le fondamenta: ed è Gesù che le costituisce. Tutti
coloro che portano messaggi diversi o pretendono di costruire su
fondamenta che non siano quelle di Gesù, distruggono il tempio
di Dio e l'opera di Dio in ciascuno.

Santuario sul monte delle Beatitudini - a nord ovest di
Cafarnao |
Luca 6, 20-31 In quel tempo. Il Signore Gesù, alzàti gli occhi verso i
suoi discepoli, diceva: / «Beati voi, poveri, / perché vostro è il regno di
Dio. / Beati voi, che ora avete fame, / perché sarete saziati. / Beati voi,
che ora piangete, / perché riderete. / Beati voi, quando gli uomini vi
odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno
il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in
quel giorno ed esultate perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel
cielo. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti. Ma guai a
voi, ricchi, / perché avete già ricevuto la vostra consolazione. / Guai a
voi, che ora siete sazi, / perché avrete fame. / Guai a voi, che ora ridete,
/ perché sarete nel dolore e piangerete. / Guai, quando tutti gli uomini
diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i
falsi profeti. Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate
del bene a quelli che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate
per coloro che vi trattano male. A chi ti percuote sulla guancia, offri anche
l’altra; a chi ti strappa il mantello, non rifiutare neanche la tunica. Da’ a
chiunque ti chiede, e a chi prende le cose tue, non chiederle indietro. / E
come volete che gli uomini facciano a voi, così anche voi fate a loro».
Luca segue la trama del Vangelo di Marco fino al versetto 6,2, se si
escludono i primi due capitoli dell'infanzia di Gesù (cc 1-2). A questo punto
si stacca per inserire altro materiale (chiamato "piccolo inserto: 6,2-8,3)
che contiene il "discorso della. pianura" in parallelo al "discorso della
montagna" di Matteo (cc 5-7).Mentre Matteo deve aver elaborato tutto il
materiale con altri testi ripresi dalla predicazione di Gesù, Luca propone le
Beatitudini in uno stile alquanto diverso. Infatti Matteo elenca otto
Beatitudini sul mondo dei sofferenti (più una rivolta agli discepoli); Luca
invece ne riporta quattro, facendole seguire da quattro maledizioni
antitetiche, rivolte direttamente agli uditori nella seconda persona plurale:
"Beati voi",.."guai a voi...". Il linguaggio di Luca è immediato ed efficace.
mentre Matteo, rivolgendosi in terza persona, dà al testo un sapore più
astratto (salvo l'ultima): "Beati i poveri, beati quelli che piangono, ecc",
e aggiunge qualche parola, dando al testo un significato più spirituale:
"Beati i poveri in spirito, beati quelli che hanno fame e sete della
giustizia...".Così Matteo, inserendo le beatitudini in una catechesi
ecclesiale, ha prospettive morali-esistenziali. Luca, invece, non vuole tanto
svelare precetti nuovi, ma proclamare un bene, un nuovo modo di essere, la
novità assoluta che piace a Dio e che per noi è inedita.Sia in Matteo che in
Luca tutta la proposta di Gesù è rivolta ai discepoli e non alla gente, per
cui la beatitudine è proclamata a chi crede in Gesù e ha fatto scelte di
valore come Gesù ha insegnato."Poveri e ricchi": i poveri sono beati se
diventano il segno della scelta definitiva di Dio: e il mondo si salva
attraverso scelte umili e povere. I ricchi invece non fanno intravvedere Dio,
Padre di Gesù ma un mondo di idoli attraverso le loro scelte di vita e la
loro mentalità."Affamati e sazi": coloro che mancano perfino del cibo vivono
la povertà estrema e sono lo specchio limpido di Dio che soccorre attraverso
Gesù e la sua provvidenza. I sazi invece abusano e sprecano e offuscano
l'immagine di Dio. Si godono la vita, non aiutano negando ad altri di
partecipare alla propria abbondanza (vedi la parabola di Lazzaro e del ricco
epulone:Lc16,19-31). Così vanno incontro a una fame insaziabile di verità, di
giustizia e di amore che sarà loro negata."Dolenti e gaudenti": ci sono nella
vita persone che soffrono con dolore lacerante e assomigliano a Gesù, servo
sofferente. Essi troveranno in Dio la sua pienezza e la sua gioia già qui,
poiché sta per venire a visitarli. Quelli, invece, che godono e non accettano
lo stile di Gesù, sì troveranno con stupore nella tragedia."Perseguitati e
raccomandati": perseguitati sono coloro che, a causa della loro fede,
diventano oggetto di odio, rancore, rifiuto. La contrapposizione non è con i
persecutori ma con coloro che sono osannati e giustificati (dalla gente).
Come Gesù, anche i cristiani. Come è stato colpito il capo, colpiranno anche
le membra, ma c'è la certezza di camminare sulla strada giusta, verso il
Padre.Il secondo e il terzo richiamo ("coloro che sono sazi e coloro che
ridono") hanno come riferimento il banchetto messianico a cui non potranno
prendere parte poiché non si sono sintonizzati con la venuta del Regno di
Dio.Il "discorso della pianura" di Luca vuole offrire alla comunità cristiana
prospettive e stimoli di collaborazione con il Padre che, attraverso Gesù,
libera il suo popolo e lo salva. Potrebbe essere significativo anche il
confronto con il "Magnificat" (sempre di Luca 1,46-56) dove viene annunciato
il capovolgimento delle situazioni. Sembra comunque che questo testo sia più
antico che non quello di Matteo.La seconda parte, che qui ci viene
parzialmente prospettata (6,27-35), propone concretamente alcuni
atteggiamenti di credenti all'interno della vita quotidiana. Si tratta di far
maturare un amore (greco:"agape") che assomigli all'amore di comunione di Dio
con il suo popolo.Il rapporto amico-nemico viene sviluppato in uno stile di
novità in quattro punti: "amare i nemici, fare del bene a chi vi odia,
benedite chi vi maledice e pregate per chi vi maltratta".Altri quattro
richiami sulla vita quotidiana fanno riferimento "alla violenza, alla pretesa
degli altri nella loro ingordigia (chiedere in mantello e chiedere danaro),
alla gratuità (non richiedere)". Questo testo conclude in quella che viene
chiamata "la regola d'oro" e che si trova, in modo frequente, in altre
religioni, riletta, per lo più nei termini del "non fare:: "Non fare agli
altri quello che non vuoi che gli altri facciano a te".Qui Gesù parla in
prospettive positive:" E come volete che gli uomini facciano a voi, così
anche voi fate a loro". E questo comporta, prima di tutto, un'analisi delle
proprie attese e del proprio desiderio per poter sapere trattare gli altri
allo stesso modo con cui vorremmo che gli altri trattassero noi ". Ma per i
cristiani la regola d'oro procede per parametri ancora più profondi: "Vi do
un comandamento nuovo: e vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi
così amatevi anche voi gli uni gli altri. Per questo tutti sapranno che siete
miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,33- 34).Le
Beatitudini sono un orizzonte che si prospetta sul cammino futuro, ogni
giorno. Se uno vuole camminare non può ignorarlo. Ma nello stesso tempo ci
obbliga a misurarci, sia sulla strada che stiamo compiendo passo passo, sia
sull'orientamento che stiamo prendendo.Le Beatitudini non sono un sogno, ma
si prospettano come la nuova logica della vita, disposta a ricreare il mondo
nella misericordia e nella pace. Questi tre testi ci obbligano a rivedere i
nostri criteri di giustizia di attesa nel mondo di Dio (Mosé).Ci invitano a
ricordare che il vero criterio ci viene dato da Gesù che pone il fondamento
della vita.Ci viene declinato uno stile di atteggiamenti davanti a cui non
saremo mai sufficientemente all'altezza, e tuttavia restano sempre
riferimenti fondamentali per ricostruire tempi nuovi.Non va mai dimenticato,
tuttavia, che le Beatitudini sono state proposte ai discepoli e non alla
folla. È normale che la folla non le capisca, ma è anche una scoperta
splendida e sconcertante, nello stesso tempo, accorgersi che qualcuno, che ci
sembra lontano dal Signore, viva gli stessi criteri e gli stessi progetti. È
il segno del lavoro della grazia di Dio nella vita delle persone.
|