
DOMENICA VIII DOPO PENTECOSTE
30 luglio 2017
Matteo 4, 18-22
Riferimenti : primo libro di Samuele 3, 1-20 - SALMO62 - Efesini
3, 1-12
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O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti
cerco,ha sete di te l’anima mia,desidera te la mia carne in
terra arida, assetata, senz’acqua. Così nel santuario ti ho
contemplato, guardando la tua potenza e la tua gloria. Poiché il
tuo amore vale più della vita,le mie labbra canteranno la tua
lode. |
primo libro di Samuele 3, 1-20 In
quei giorni. Il giovane Samuele serviva il
Signore alla presenza di Eli. La parola del
Signore era rara in quei giorni, le visioni non
erano frequenti. E quel giorno avvenne che Eli
stava dormendo al suo posto, i suoi occhi
cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a
vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta
e Samuele dormiva nel tempio del Signore, dove
si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore
chiamò: «Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi»,
poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato,
eccomi! ». Egli rispose: «Non ti ho chiamato,
torna a dormire! ». Tornò e si mise a dormire.
Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele! »;
Samuele si alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai
chiamato, eccomi! ». Ma quello rispose di nuovo:
«Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a
dormire!». In realtà Samuele fino ad allora non
aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era
stata ancora rivelata la parola del Signore. Il
Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la
terza volta; questi si alzò nuovamente e corse
da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!».
Allora Eli comprese che il Signore chiamava il
giovane. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire
e, se ti chiamerà, dirai: “Parla, Signore,
perché il tuo servo ti ascolta”». Samuele andò a
dormire al suo posto. Venne il Signore, stette
accanto a lui e lo chiamò come le altre volte:
«Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito:
«Parla, perché il tuo servo ti ascolta». Allora
il Signore disse a Samuele: «Ecco, io sto per
fare in Israele una cosa che risuonerà negli
orecchi di chiunque l’udrà. In quel giorno
compirò contro Eli quanto ho pronunciato
riguardo alla sua casa, da cima a fondo. Gli ho
annunciato che io faccio giustizia della casa di
lui per sempre, perché sapeva che i suoi figli
disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per
questo io giuro contro la casa di Eli: non sarà
mai espiata la colpa della casa di Eli, né con i
sacrifici né con le offerte!». Samuele dormì
fino al mattino, poi aprì i battenti della casa
del Signore. Samuele però temeva di manifestare
la visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli
disse: «Samuele, figlio mio». Rispose: «Eccomi».
Disse: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi
nascosto nulla. Così Dio faccia a te e anche
peggio, se mi nasconderai una sola parola di
quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svelò
tutto e non tenne nascosto nulla. E disse: «È il
Signore! Faccia ciò che a lui pare bene».
Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né
lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea,
seppe che Samuele era stato costituito profeta
del Signore. La storia
d'Israele segnala continue guerre poiché le
tribù cercano spazi di vita, ma gli abitanti già
stanziati non permettono loro di insediarsi
agevolmente. Da più di un secolo un popolo di
navigatori, i fenici, sono sbarcati sulle coste
della pianura della terra di Canaan, occupano le
terre fertili e scacciano gli israeliti in
montagna, su terreni sassosi e poco produttivi.
Questi vicini bellicosi e forti portano
scompiglio e guerra, mentre le tribù d'Israele
sono divise e ognuna fa quello che può,
riportando spesso sconfitte. Il tempo dei
Giudici prima e il tempo dei re poi, in
particolare, Saul e Davide, si caratterizzano
per continui scontri. In questo orizzonte vive
Samuele di cui lungamente si parla poiché
riuscirà a trasformare in popolo questo cumulo
di gelose autonomie tribali quando diventerà re
Davide. Siamo ad un racconto di vocazione
profetica: la storia degli uomini e del mondo è
nelle mani di Dio che indirizza verso progetti
che solo Lui conosce, con la forza della sua
Parola, ma ha bisogno di uomini fedeli e e
capaci essere portavoce della sua volontà.
Samuele ("Dio ascolta") è figlio di Anna, una
donna sterile ma ricca di fede. Pregando ottiene
un figlio. Ella ha formulato un voto al Signore:
"Se avrò un figlio, lo restituirò al Signore,
come primogenito, facendolo servire presso il
santuario di Silo, dov'è l'arca del Signore"
(1Sam 1-2). Samuele è cresciuto, perciò, nel
tempio come poteva esserlo allora, accanto ad
Eli, sommo sacerdote. Ora è diventato
adolescente, si comporta con responsabilità e
segue Eli, essendo a suo servizio. Eli è un uomo
retto, ma debole e non ha saputo educare i figli
che sono diventati delinquenti e violenti. La
sua casa sarà distrutta poiché questo è il
destino di chi si comporta male. Eli lo sa, ma
continua, almeno personalmente, a servire Dio ed
è una guida sapiente per Samuele. Sa che la sua
vocazione è quella di garantire la continuità
della Parola di Dio al suo popolo, visto che "la
Parola del Signore era rara in quei giorni, le
visioni non erano frequenti" (3,1). E Samuele,
ogni volta che viene chiamato, è disponibile
all'obbedienza verso il vecchio sacerdote. Si
vedrà compensato in un dialogo diretto con Dio.
Se si dice che "Samuele non conosceva ancora il
Signore" (v7), si vuol chiarire che Samuele non
aveva ancora avuta una esperienza intima di Dio,
pur avendo vissuto nello spazio del tempio.
Conoscere, in ebraico, racchiude una esperienza
totale e profonda. "Dio parla". E' una
espressione biblica che non va intesa in senso
materiale. La chiamata di Dio è nell'intimo, nel
cuore ed ha vari modi di farsi intendere. Il
Signore consegna a Samuele la vocazione di
aiutare il suo popolo diviso a ritrovare le
strade dell'unità, dell'ubbidienza e della
solidarietà.
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Efesini 3, 1-12 Fratelli, io,
Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani… penso che
abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me
affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto
conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente.
Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della
comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato
manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è
stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello
Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a
condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad
essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo,
del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia
di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua
potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata
concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili
ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del
mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo,
affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai
Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di
Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo
Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a
Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
Paolo ha ricevuto il compito di annunciare il "mistero". E il
"mistero" è il progetto di associare insieme i pagani al popolo
eletto nell'unica vita del corpo di Gesù. E' il popolo di Dio,
costituito da tutti i battezzati, uniti nella fede in Gesù e
quindi corpo di Gesù "mistico" per distinguerlo dal corpo di
carne di Gesù stesso. Paolo ricorda che un tale progetto non
è stato annunciato in passato poiché, probabilmente, non
l'avrebbero capito né accolto. Ora invece si manifesta
attraverso la predicazione degli apostoli e dei profeti. I Qui i
profeti non sono quelli che, nel Primo Testamento, hanno tenuta
desta l'attesa del Messia e che fanno parte delle generazioni
passate, anche se hanno avuto alcune intuizioni e preannunci di
tale "mistero". Ma tali intuizioni, negli antichi profeti, erano
così lontane e così astratte che furono colte solo come sogni,
visioni, e si sarebbero attuate solo nel momento della piena
conclusione della storia. Paolo ricorda ai suoi lettori che egli
è divenuto ministro dell'Evangelo (cioè servo, strumento della
Parola del Signore) per la grazia di Dio. I richiami che vengono
proposti sono sempre più richiami di gratuità, di dono, di
generosità insondabile di Dio. Paolo si è reso conto che, per
compiere questa vocazione (e Paolo si sente investito), non è
stato scelto per giustizia o per merito ma scopre con stupore
che lui, l'ultimo, viene chiamato a collaborare con il Signore.
Il piano è magnifico, enorme, addirittura impensabile. E' il
Piano di Dio a cui tutti sono chiamati e i battezzati nello
Spirito debbono sentirsi a loro agio, a casa loro, contenti di
questa pienezza e carichi di volontà di diffondere la conoscenza
che il Signore offre per un raduno di unità tra tutti i popoli.
Ci viene, in ricordo, una parola di Gesù dove lui stesso
richiama il mistero: "A voi è dato di conoscere i misteri del
Regno dei cieli" (Mc 4,11; Mt 13,11). E da Paolo scopriamo che
questo mistero svelato era nascosto anche agli angeli "delle
regioni celesti" e anche a loro, attraverso la predicazione
della Chiesa, viene annunciato questo miracolo di comunione che
unisce cielo e terra. (v 10). Perciò ci accostiamo a Dio Padre
con fiducia, sapendo di essere accompagnati da Gesù poiché
abbiamo fede in lui.
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Matteo
4, 18-22 In quel tempo. Mentre camminava lungo il mare di Galilea, il
Signore Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo
fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse
loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini». Ed essi subito
lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri due fratelli,
Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme
a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito
lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono. Matteo
inizia il racconto della predicazione e della vita pubblica di Gesù dopo la
notizia che giunge drammatica e inaspettata: "Giovanni Battista è stato
arrestato". Così la Parola di Dio si è ammutolita. Gesù, allora, comprende
che è arrivato il suo turno, e quindi si ritira nelle terre della Galilea
che, nel linguaggio delle tribù del nord, sono il territorio di Zabulon e di
Neftali (la Galilea). Nel contesto ortodosso di Gerusalemme, la Galilea viene
considerata un luogo di mescolanza con pagani, un luogo di ignoranti e di
pericolosi terroristi. Eppure Gesù incomincia dai lontani la sua vocazione.
"nella terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla via del mare, oltre il
Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava nelle tenebre vide una
grande luce, per quelli che abitavano in regione e ombra di morte una luce è
sorta". Questa è la profezia di Isaia (8,23b-9,3) che fa riferimento alla
invasioni Assire dell'VIII secolo a.C. quando, conquistata Samaria,
importarono popolazioni pagane nel territorio della Galilea e della Samaria.
Per questo si parla di "Galilea delle genti". (4,15-16). Gesù predica la
conversione. Essa non consiste nel diventare migliori, fare qualche opera
buona o pregare di più, ma impegna a cambiare radicalmente modo di pensare e
di agire. Questo annuncio, iniziato dal Maestro, deve moltiplicarsi nel
mondo, mantenendo sempre la propria radice in Lui. Perciò il progetto di Gesù
si organizza in un nucleo di popolo e Matteo incomincia a raccontare come
Gesù abbia iniziato a raccogliere i 12 che sono l'inizio del popolo nuovo
come Israele è costituita da 12 tribù. Il vangelo è annuncio di gioia e di
pace e, quindi, non si chiude in un cassetto o non lo si nasconde. L'annuncio
suppone movimento, e Gesù cammina lungo il mare, percorre tutta la Galilea
(vv.18.21.13), e si aspetta una risposta generosa, anche un po' sconcertante:
si parla di "subito", ma suppone più uno stile che la fotografia del tempo (v
20. 22). Il distacco dal padre non va frainteso, come se Gesù voglia
suggerire di disinteressarsi dei propri genitori. Nel popolo ebraico il padre
significa rapporto con i propri antenati, l'attaccamento alla tradizione. E
se la tradizione di un popolo va rispettata, bisogna tuttavia verificare il
suo rapporto con il Vangelo poiché non tutte le tradizioni sono in linea con
la novità del Signore e la sua Parola. L'evangelista conosce i molti
conflitti familiari, le difficoltà e spesso le espulsioni di cristiani da
parte delle famiglie di origine non credenti e spesso spaventate. Volendo
essere coerenti, nelle prime comunità, si accolgono questi cristiani
abbandonati e spesso si ospitano in famiglie di credenti che accettano di
condividere tali esclusioni. I primi apostoli sono pescatori, lavoratori
robusti. Essi non pescano con l'amo, ma con la rete, tirando a riva ciò che
la loro bravura era riuscita a raccogliere. Pescano normalmente di notte, e,
al ritorno, sistemano le reti, rimettendole in ordine, ripulendole ed
eventualmente rammentando gli strappi. E sappiamo che il mare, nel mondo
ebraico, è considerato la dimora del demonio. Gli ebrei sono uomini di terra,
agricoltori o pastori, spesso camminatori del deserto. Il mare si frappone
alla vita, alla luce, è profondo, infido, pericoloso e misterioso. Perciò
pescare gli uomini significa strapparli dal male e dalla morte. Gesù si
raccomanda che ogni fratello o sorella in difficoltà vada strappato dal male,
dalla droga, dalle passioni sfrenate, dal carattere irascibile e aggressivo,
dalla disperazione, dal senso di inutilità.
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