
DOMENICA DOPO L’ASCENSIONE VII di Pasqua
28 maggio 2017
Luca 24, 13-35
Riferimenti:Atti degli Apostoli 1, 9a. 12-14-Salmo 132-Seconda
lettera ai Corinzi 4, 1-6 |
Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli
vivano insieme! È come olio prezioso versato sul capo, che
scende sulla barba, la barba di Aronne, che scende sull’orlo
della sua veste. È come rugiada dell’Ermon, che scende sui monti
di Sion. Perché là il Signore manda la benedizione, la vita per
sempre. |
Atti degli Apostoli 1, 9a. 12-14
In quei giorni. Mentre gli apostoli lo
guardavano, il Signore Gesù fu elevato in alto.
Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto
degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto
il cammino permesso in giorno di sabato. Entrati
in città, salirono nella stanza al piano
superiore, dove erano soliti riunirsi: vi erano
Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e
Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo figlio di
Alfeo, Simone lo Zelota e Giuda figlio di
Giacomo. Tutti questi erano perseveranti e
concordi nella preghiera, insieme ad alcune
donne e a Maria, la madre di Gesù, e ai fratelli
di lui. Il luogo
dell'Ascensione è collocato sul monte degli
ulivi: da qui è iniziata la passione, qui, con
l'ascesa al cielo, è iniziato il trionfo totale
di Gesù, vincitore del peccato e della morte.
L'indicazione del cammino di un sabato ci
ricorda che l'Ascensione avviene, secondo il
calcolo giudaico, all'interno del confine
cittadino di Gerusalemme ovvero a circa
ottocento metri dalle mura: così Luca riconduce
nella città anche l'ultimo evento terreno della
vita di Gesù. Poi il gruppo si ritroverà a
Gerusalemme per l'avvenimento fondamentale della
nuova Chiesa: la discesa dello Spirito Santo (At
2). L'indicazione del piano superiore della casa
indica che nella tradizione giudaica vi si
svolgono le riunioni di studio e di preghiera.
La presenza di Maria, accostata all'annuncio del
battesimo in Spirito ("Avrete forza dello
Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete
testimoni.1,8") ricorda il momento
dell'annunciazione di Maria (Lc 1,35: "lo
Spirito Santo scenderà su di te e su te stenderà
la sua ombra la potenza dell'Altissimo"). I
discepoli obbediscono al comando di aspettare a
Gerusalemme e si radunano insieme: sono
ricordati qui tre gruppi di persone: gli
apostoli, il gruppo di donne di cui dovevano far
parte, con Maria, le mogli degli apostoli ed
alcune discepole che hanno seguito Gesù e che
Luca ricorda; infine sono ricordati i fratelli
di lui: la parentela rimasta abbastanza estranea
al gruppo di Gesù e che invece le apparizioni
del risorto hanno riunito in un unico gruppo. I
familiari arrivano, anzi, ad assumere ben presto
anche la direzione della comunità dei discepoli
quando Giacomo subentra a Pietro. Luca continua
ad insistere molto sull'unanimità della
preghiera che significa attesa del compimento, e
quindi per loro, gioia per i fatti avvenuti e
preparazione per ciò che questa comunità dovrà
compiere, come progetto che il Signore aprirà
loro. La preghiera rinsalda le fragilità di cui
i discepoli sono consapevoli e permette loro di
ripensare profondamente al messaggio che il
Signore Gesù ha loro, passo passo, insegnato. |
Seconda lettera ai
Corinzi 4, 1-6 Fratelli, avendo questo ministero, secondo la
misericordia che ci è stata accordata, non ci perdiamo d’animo.
Al contrario, abbiamo rifiutato le dissimulazioni vergognose,
senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio,
ma annunciando apertamente la verità e presentandoci davanti a
ogni coscienza umana, al cospetto di Dio. E se il nostro Vangelo
rimane velato, lo è in coloro che si perdono: in loro,
increduli, il dio di questo mondo ha accecato la mente, perché
non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è
immagine di Dio. Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma
Cristo Gesù Signore: quanto a noi, siamo i vostri servitori a
causa di Gesù. E Dio, che disse: «Rifulga la luce dalle
tenebre», rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la
conoscenza della gloria di Dio sul volto di Cristo.
Paolo sa di dover vivere una testimonianza faticosa e
tuttavia non vuole scoraggiarsi perché questo suo ministero è
frutto della misericordia del Signore verso di lui. Egli sta
rivendicando la sua franchezza nell'annunciare il Vangelo e
riprende perciò una riflessione che aveva troncato alcuni
versetti prima: "Forti di tale speranza, ci comportiamo con
molta franchezza" (3,12). A questo punto Paolo aveva fatto una
digressione sul velo di Mosé il quale, dopo aver parlato con
Dio, mostrava sì un volto luminoso che inizialmente abbagliava i
suoi ascoltatori. Ma poi, dice Paolo, quella luminosità veniva
meno e Mosé continuava a tenere il velo perché non ci si
accorgesse che quella luce era "effimera". Consapevole del suo
compito che Dio gli ha affidato perché obbedisse alla parola di
Gesù e la offrisse alla Comunità cristiana, Paolo rivendica di
essere stato sincero, senza astuzia e senza falsificazioni. La
sua luce non è effimera. E' quella che Gesù sa offrire ad ogni
credente in Lui. Accettando di rispondere ad ogni coscienza e a
Dio stesso che lo aveva inviato, rivendica il suo apostolato. Si
rende conto che alcuni avversari hanno reagito con diffidenza,
negandogli fiducia. Di loro è preoccupato, soprattutto perché la
loro incredulità può essere pensata come conseguenza di un
cattivo comportamento di Paolo stesso. Paolo invece insiste che
è il Dio di questo mondo che li ha accecati e non sanno vedere
"lo splendore del Vangelo glorioso di Cristo che è immagine di
Dio". Il mondo di cui parla Paolo ha le stesse sfumature,
secondo la tradizione del giudaismo che contrapponeva il mondo
presente, animato dal peccato e quindi da Satana, e il mondo
futuro che Dio realizza, dove i giusti trionferanno. Colui che
annuncia (questa è la coscienza di Paolo) non si assume un altro
compito se non quello di far rifulgere il volto di Cristo. Esso
fa riflettere la conoscenza della gloria di Dio. In un certo
senso, ci si riporta all'immagine degli specchi: sul volto di
Gesù si rispecchia la gloria di Dio, e sul volto dell'apostolo
(Paolo si sente servitore della comunità di Corinto per amore di
Gesù 4,5), si rispecchia il profilo di Gesù. E di Gesù offre la
sua confessione di fede: "Cristo Gesù Signore" (1Cor 4,1). La
luce di Gesù ha iniziato a splendere nel cuore degli apostoli e
di Paolo. Il loro compito è quello di far splendere, a loro
volta, la luce di Gesù nel mondo, portata dalla testimonianza
della fede di chi ha vissuto con Gesù e ha condiviso con lui il
cammino. I cristiani sono coloro che portano questa luce nel
mondo perché ciascuno possa intravvederla come speranza della
propria vita e del proprio ambiente.

Gesù con Cleope e Simone |
Luca
24, 13-35 In quello stesso giorno due discepoli del Signore Gesù erano in
cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da
Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre
conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava
con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. Ed egli disse loro:
«Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?».
Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose:
«Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in
questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda
Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio
e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno
consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. Noi speravamo
che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono
passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne,
delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba e, non
avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una
visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono
andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non
l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò
che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste
sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da Mosè e da tutti
i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se
dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si
fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro.
Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò
e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli
sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in
noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci
spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero ritorno a
Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con
loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a
Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come
l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Nel Vangelo di
Luca il testo dei due discepoli di Emmaus è posto come una catechesi e una
liturgia: raccontato con intelligenza e con gusto, propone una linea
teologica alla comunità cristiana che viene cercata da Gesù, rinsaldata,
incoraggiata, spinta alla ricerca sulla Scrittura e spinta nella missione. La
fede, che nasce qui, è viva, senza chiusure e senza fronzoli, pulita,
gioiosa, libera. Essa commenta, in fondo, la nostra stessa liturgia
domenicale poiché ripropone le medesime linee: delusione e disagio nella
vita, ricerca, Parola di Dio, offerta di ospitalità, la Presenza, lo spezzare
del pane, la condivisione, la gioia, la missione nella chiesa e nel mondo.
Due discepoli (non sono apostoli ma hanno seguito Gesù con fiducia) se ne
vanno delusi, perché disorientati da promesse e segni non mantenuti. Il
trionfo di una settimana prima li aveva rincuorati per un futuro diverso;
adesso fuggono, tornando alla miseria e allo sfruttamento di situazioni
povere e precarie e, per di più, vivono tutto come un tradimento. I due non
sanno riconoscere Gesù eppure di lui conoscono tutto. Il problema che si pone
a loro e a noi non è come Gesù sia risorto, ma come riconoscere il Risorto.
Anzi essi, anche puntigliosamente, riferiscono della risurrezione ma tale
conoscenza si rivela inutile e dannosa perché non sanno capire il significato
dei fatti. Gesù si è presentato come un "profeta": il richiamo biblico è il
riferimento al profeta futuro di cui Mosé ha parlato (Deut 18,15) dando
alcune manifestazioni e segni. Gesù li aveva confermati per cui il Messia non
poteva essere che un re trionfante. Ma tutto è crollato. "Stolti e lenti di
cuore a credere a tutto ciò che hanno detto i profeti". E Gesù inizia il suo
compito. Compito di Gesù e quindi compito della Chiesa è quello di ricordare
che: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella
sua gloria?". Ma sono già passati tre giorni. Secondo la cultura ebraica,
dopo tre giorni, è impossibile nutrire qualunque speranza di fronte alla
morte (si pensa, infatti, che per tale tempo l'anima si aggiri intorno al
corpo del defunto); poi ogni possibilità di ritorno svanisce definitivamente
(da ricordare la risposta di Marta a Gesù che davanti alla tomba di Lazzaro
aveva chiesto che si togliesse la pietra. «Signore, manda già cattivo odore:
è lì da quattro giorni». Gv11,39). Al villaggio c'è l'invito a Gesù di
fermarsi. Non è tanto l'offerta di ospitalità per chi ha bisogno, ma il
desiderio di continuare un rapporto nuovo che scoprono ricco di conforto e
capace di aprire loro il cuore. L'invito è fatto verso sera, quando le
tenebre calano e riportano il buio, la desolazione della notte, la
solitudine. Gesù compie il gesto dello spezzare il pane come un capo
famiglia; essi diventano ospiti di Gesù; e riconoscono la gratuità, la vita
tornata, la speranza piena. Però appena riconosciuto, Gesù non si ferma per
una contemplazione gratificante e solitaria ma scompare poiché le scelte
devono essere fatte dai due discepoli e, nel cuore, sorge loro subito,
spontanea e immediata, la responsabilità di comunicare. Il Signore chiede
anche a noi di passare dalla conoscenza astratta e generica al riconoscimento
di colui che si fa compagno di viaggio, amico che offre la vita e quindi che
ospita, parola che rincuora, cibo che fa ritornare ad annunciare. L'incontro
con Gesù risorto non si risolve nello "stare con lui nella casa", ma nel
correre, consapevoli di una vita nuova, per raccontare. E sanno che debbono
raccontare portando nel cuore il gesto fondamentale dello spezzare il pane. A
loro volta anche gli 11 raccontano la novità della notizia lieta (il
Vangelo): "Davvero il Signore risorto ed è apparso a Simone".
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