
DOMENICA DELLA SAMARITANA
II di Quaresima
12.03.2017
Giovanni 4, 5-42
Riferimenti : Esodo 20,2-24 - SALMO 18 - Efesini 1, 15-23 |
La legge del Signore è perfetta, rinfranca
l’anima; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi.
Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del
Signore sono fedeli, sono tutti giusti. Ti siano gradite le
parole della mia bocca; davanti a te i pensieri del mio cuore,
Signore, mia roccia e mio redentore. |
Esodo 20,2-24
In quei giorni. / Il Signore parlò a
Mosè e disse: / «Io sono il Signore, tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto,
dalla condizione servile: / Non avrai altri dèi
di fronte a me. Non ti farai idolo né immagine
alcuna di quanto è lassù nel cielo, né di quanto
è quaggiù sulla terra, né di quanto è nelle
acque sotto la terra. Non ti prostrerai davanti
a loro e non li servirai. Perché io, il Signore,
tuo Dio, sono un Dio geloso, che punisce la
colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla
quarta generazione, per coloro che mi odiano, ma
che dimostra la sua bontà fino a mille
generazioni, per quelli che mi amano e osservano
i miei comandamenti. Non pronuncerai invano il
nome del Signore, tuo Dio, perché il Signore non
lascia impunito chi pronuncia il suo nome
invano. Ricòrdati del giorno del sabato per
santificarlo. Sei giorni lavorerai e farai ogni
tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in
onore del Signore, tuo Dio: non farai alcun
lavoro, né tu né tuo figlio né tua figlia, né il
tuo schiavo né la tua schiava, né il tuo
bestiame, né il forestiero che dimora presso di
te. Perché in sei giorni il Signore ha fatto il
cielo e la terra e il mare e quanto è in essi,
ma si è riposato il settimo giorno. Perciò il
Signore ha benedetto il giorno del sabato e lo
ha consacrato. Onora tuo padre e tua madre,
perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese
che il Signore, tuo Dio, ti dà. / Non ucciderai.
/ Non commetterai adulterio. / Non ruberai. /
Non pronuncerai falsa testimonianza contro il
tuo prossimo. Non desidererai la casa del tuo
prossimo. Non desidererai la moglie del tuo
prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava,
né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa
che appartenga al tuo prossimo». Tutto il popolo
percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno
e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da
tremore e si tenne lontano. Allora dissero a
Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo; ma non
ci parli Dio, altrimenti moriremo!». Mosè disse
al popolo: «Non abbiate timore: Dio è venuto per
mettervi alla prova e perché il suo timore sia
sempre su di voi e non pecchiate». Il popolo si
tenne dunque lontano, mentre Mosè avanzò verso
la nube oscura dove era Dio. Il Signore disse a
Mosè: «Così dirai agli Israeliti: “Voi stessi
avete visto che vi ho parlato dal cielo! Non
farete dèi d’argento e dèi d’oro accanto a me:
non ne farete per voi! Farai per me un altare di
terra e sopra di esso offrirai i tuoi olocausti
e i tuoi sacrifici di comunione, le tue pecore e
i tuoi buoi; in ogni luogo dove io vorrò far
ricordare il mio nome, verrò a te e ti
benedirò”».
Il Signore ha mantenuto la sua parola e perciò
ha liberato il suo popolo. L'appuntamento nel
deserto segue le grandi tragedie dello scontro
con la potenza del Faraone e le 10 piaghe in
Egitto, la paura di essere travolti
dall'esercito inseguitore, la scoperta che Dio
ha fatto vincere il suo popolo disarmato e l'ha
condotto in salvo. Nell'appuntamento si doveva
concludere il patto d'amicizia e le scelte di
vita. In tal modo il Signore sul monte detta le
10 parole. Esse non sono norme giuridiche o
ordini che vengono da un monarca assoluto. Sono
le raccomandazioni di stile e di vita che
permetteranno a questo popolo di sopravvivere a
se stesso e al male del mondo e a mantenere
quella libertà che il Signore ha procurato loro.
Le 10 parole sono anche riportate in un'altra
versione, nel libro del Deuteronomio (5,6-21):
esse costituiscono così la legge fondamentale
dell'Alleanza. E per intenderne il significato
profondo è importante rifarsi alla introduzione
e alla presentazione che Dio fa di sé all'inizio
di questa proclamazione solenne: "Io sono il
Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal
paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù".
Le 10 parole, che sono i criteri morali della
vita personale e di convivenza tra popoli,
corrispondono alle 10 parole della creazione
attraverso cui Dio crea il mondo per poterne
fare poi, un giorno, un dono all'umanità che ne
sarà signora, padrona, ospite, responsabile. Ad
essa spetterà il compito di continuare e
sviluppare questo dono che ha ricevuto. In un
mondo bello, segno dello splendore
dell'intelligenza di Dio (Gn1,1-2,4) l'umanità è
chiamata a lavorare e quindi a incrementare le
risorse infinite poste nella realtà. I 10
comandamenti corrispondono alla stessa sapienza
creatrice del creatore sul versante delle regole
morali, nel rispetto e nello sviluppo della
vita, della socialità e quindi dell'armonia e
della pace. Mentre la legge (che per gli ebrei
arrivava a 613 precetti) si poteva prestare a
formalismi e a comportamenti ambigui, il valore
dell'amore, in fondo sempre sotteso anche
nell'Antico Testamento nel rispetto della legge,
viene da Gesù particolarmente enfatizzato per
aprire orizzonti che non si possono mai
sufficientemente chiudere né restringere, se si
mette a radice del comportamento morale l'amore.
Non a caso Gesù, proprio su questo, impostò il
significato della sua vita e il cammino verso la
croce. |
Efesini 1, 15-23 Fratelli, avendo
avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore
che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per
voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del
Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno
spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza
di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di
gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che
crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo, / quando lo risuscitò dai morti / e
lo fece sedere alla sua destra nei cieli, / al di sopra di ogni
Principato e Potenza, / al di sopra di ogni Forza e Dominazione
/ e di ogni nome che viene nominato / non solo nel tempo
presente ma anche in quello futuro. / Tutto infatti egli ha
messo sotto i suoi piedi / e lo ha dato alla Chiesa come capo su
tutte le cose: / essa è il corpo di lui, / la pienezza di colui
che è il perfetto compimento di tutte le cose.
S. Paolo, nella lettera agli Efesini (1,15-23), svela
il significato del suo ringraziamento a Dio, presentato come
Padre di Gesù ( Messia glorificato) e Padre della gloria.
Infatti, la gloria appartiene a Dio, anzi da lui emana e ne è la
fonte. Gloria (in ebraico "pesantezza, gravità, pienezza")
significa stabilità e ricchezza e quindi caratteristica
fondamentale di Dio che sa ascoltare ed accogliere senza tradire
mai. "L'illuminazione degli occhi" è espressione battesimale:
gli Israeliti pregano Jahvé perché dia loro occhi illuminati
(Salmo 13,3; 19,8) e sappia aprire la mente allo Spirito della
sapienza per conoscere la speranza racchiusa nella divina
chiamata, la ricchezza dell'eredità celeste promessa, la
straordinaria grandezza della potenza di Dio. Viene qui ripreso
il mistero di Gesù nei suoi diversi aspetti: risurrezione,
ascensione, regalità universale, misteriosa e operante presenza
nella Chiesa. La potenza di Dio sottomette a Gesù gli esseri
celesti, le potenze, le autorità presenti e future (Col 1,16).
Con Cristo sta la Chiesa, la comunità dei chiamati. Essa si
sviluppa e vive sulla terra, destinata ad essere ricolma della
presenza dell'amore di Dio. Nella dimora di Dio che ospita Gesù
risorto e lo vede seduto alla destra dell'Onnipotente si
impostano rapporti nuovi in tutta la creazione. Come re
orientale, vince e mette tutto sotto i suoi piedi: niente
nell'universo gli si sottrae ma tutto è alle sue dipendenze. La
Chiesa. che è corpo di Gesù, spazio della pienezza di Dio e di
Cristo che tutto include, ha un grande compito che si sviluppa
nel tempo attraverso i credenti. Rassicurati di fronte al male e
alle potenze, sono invitati a vivere con amore e senza paura
questa novità che Gesù porta nel mondo e che desidera sia
conosciuta e amata, diventando speranza per tutti.

Pozzo di Giacobbe ove Gesù incontrò la donna samaritana |
Giovanni
4, 5-42 In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria
chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo
figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il
viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi
discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna
samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che
sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i
Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui
che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe
dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo
è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande
del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi
figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua
avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più
sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente
d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –,
dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui
ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli
risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non
ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo
marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo
che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi
invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le
dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme
adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che
conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa
– in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così
infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e
quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la
donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci
annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel
momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una
donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con
lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla
gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto.
Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i
discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da
mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il
mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua
opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”?
Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto
per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città
credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto
tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo
pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più
credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi
discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che
questi è veramente il salvatore del mondo». Giovanni
racconta l'episodio della samaritana, richiamando il viaggio che Gesù compie
dalla Giudea alla Galilea (v 3): vuole sviluppare la conoscenza di Gesù,
ricordando la rivelazione fatta alla Samaritana, ai discepoli e ai Samaritani
tutti. Vi è una introduzione storico-geografica (vv 4-6) e una conclusione
storico-teologica (vv 39-42). Il racconto si svolge in due grandi scene: il
dialogo di Gesù con la Samaritana (vv 7-26) e quello con i discepoli (vv
31-38) in un itinerario in cui ritornano i discepoli mentre la Samaritana va
in città ad annunciare (vv 27-30). Il colloquio con la Samaritana è diviso in
due parti (vv 31-34 e 35-38). In tutto il testo si sviluppa la conoscenza
progressiva dì Gesù: un giudeo (v 9), uno più grande di Giacobbe (v 12), un
Signore, capace di compiere un prodigio (v 15), un profeta (v 19), il Messia
che viene alla fine della storia (vv 25-26,29), l'inviato del Padre che, a
sua volta, invia (vv 34-38) il Salvatore del mondo ( v 42). In un incontro
che va oltre le regole, tra una donna samaritana, eretica ed un maestro
giudeo, Gesù, si assiste ad una sconcertante rivelazione di Gesù stesso,
apparentemente piena di fraintesi e tuttavia mantenuta viva da una donna con
una attenzione coraggiosa e profonda. La samaritana prende coscienza del suo
bisogno e della esigenza di chiarezza interiore e Gesù capisce che, al di là
delle apparenze, la donna è desiderosa di capire e di ricevere. La domanda
predominante: "Chi è colui che ti parla?" (v 10) ha due risposte. Gesù è
Messia (v 26) e Gesù è Salvatore del mondo (v42), proclamato solennemente.
Varie riflessioni sì profilano: Gesù è acqua viva, rivelazione e Spirito,
esigente di una conversione del cuore. Egli propone un culto genuino, invia
nel mondo chi crede in Lui per la salvezza di tutti. La Samaritana, donna
disincantata, lontana da Dio ma coraggiosa, intenta a deviare i tentativi di
Gesù di farla riflettere su se stessa, e tuttavia non fugge davanti a Lui.
Con tutte le sue perplessità, alla fine accetta di fare un cammino di ricerca
e di fedeltà per arrivare alla verità. E' colei che scopre veramente l'acqua
viva. Ma è anche colei che per prima, avendo accolto la novità di Gesù, si fa
missionaria presso i suoi concittadini. Si dimentica addirittura del suo
bisogno di acqua. Abbandona la brocca e corre in città ad invitare i suoi ad
un incontro con il Messia. E d'altra parte, il messaggio che viene proposto è
ancora oggi difficile da intravedere. "Vivere e adorare il Padre in spirito e
verità" è davvero più esigente delle nostre preoccupazioni di culto, pur
importante Sappiamo davvero declinare tale messaggio nella vita quotidiana,
nel lavoro e in famiglia?
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