DOMENICA PRIMA DI QUARESIMA
5.03.2017

Matteo 4,1-11
Riferimenti : Isaia 58, 4b-12b . SALMO 102 - Seconda Corinzi 5, 18 - 6, 2
Misericordioso e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Non è in lite per sempre, non rimane adirato in eterno. Non ci tratta secondo i nostri peccati e non ci ripaga secondo le nostre colpe. Quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono; quanto dista l’oriente dall’occidente, così egli allontana da noi le nostre colpe. Come è tenero un padre verso i figli, così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

Isaia 58, 4b-12b
Così dice il Signore: / «Non digiunate più come fate oggi, / così da fare udire in alto il vostro chiasso. / È forse come questo il digiuno che bramo, / il giorno in cui l’uomo si mortifica? / Piegare come un giunco il proprio capo, / usare sacco e cenere per letto, / forse questo vorresti chiamare digiuno / e giorno gradito al Signore? / Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: / sciogliere le catene inique, / togliere i legami del giogo, / rimandare liberi gli oppressi / e spezzare ogni giogo? / Non consiste forse nel dividere il pane con l’affamato, / nell’introdurre in casa i miseri, senza tetto, / nel vestire uno che vedi nudo, / senza trascurare i tuoi parenti? / Allora la tua luce sorgerà come l’aurora, / la tua ferita si rimarginerà presto. / Davanti a te camminerà la tua giustizia, / la gloria del Signore ti seguirà. / Allora invocherai e il Signore ti risponderà, / implorerai aiuto ed egli dirà: “Eccomi!”. / Se toglierai di mezzo a te l’oppressione, / il puntare il dito e il parlare empio, / se aprirai il tuo cuore all’affamato, / se sazierai l’afflitto di cuore, / allora brillerà fra le tenebre la tua luce, / la tua tenebra sarà come il meriggio. / Ti guiderà sempre il Signore, / ti sazierà in terreni aridi, / rinvigorirà le tue ossa; / sarai come un giardino irrigato / e come una sorgente / le cui acque non inaridiscono. / La tua gente riedificherà le rovine antiche, / ricostruirai le fondamenta di trascorse generazioni».
II testo del profeta Isaia richiama il tempo del ritorno dall'esilio di Babilonia. Il popolo sta costruendo il tempio ma c'è povertà e c'è sfiducia, e tuttavia sta cercando la via del Signore Javhé per avvicinarsi a Lui. Dio stesso discute e propone il vero digiuno e il vero sabato, imparentati insieme come gesti di fedeltà a Dio: il testo completo, il cap. 58, tocca questi due argomenti, desiderando qualificare la vera religiosità con il suo popolo. Il "digiuno-digiunare " viene ripetuto 7 volte in tutto il capitolo (vv.1-14). Infatti, ha un grande valore ma solo se viene vissuto seriamente e unito alla giustizia sociale. Il digiuno è considerato efficace perché, rendendoci graditi a Dio, lo dovrebbe obbligare a rispondere. Ma se Dio non dà risultati, ci si lamenta con Lui senza preoccuparsi di verificare il proprio digiuno. Dio allora denuncia il comportamento religioso che nasconde l'ingiustizia e lo sfruttamento mentre dovrebbe essere segno di una volontà di misericordia e di generosità. Solo se sanno convertire il loro cuore a questo stile nuovo, il Signore ascolterà la preghiera. - Al cielo non salgono voci sincere di preghiere ma voci di chiasso, rumori di guerre e di risse, discussioni e violenze. Il collegamento con il libro dell'Esodo è evidente: "Ho udito il grido angosciato del mio popolo a causa dei suoi sorveglianti" (Es.3,7). - Il vero digiuno è soprattutto opera di generosità e carità; ma tra tutti prevale la liberazione degli schiavi e dei prigionieri. Il dono della libertà si sente particolarmente dopo l'esilio a Babilonia. - Invece di affliggere se stessi, bisogna sentire l'afflizione del prossimo. Mortificarsi insieme a crudeltà e inclemenza significa operare una sistematica distruzione dell'uomo che diventa disumano. - Accogliere chi è povero significa nobilitare sé e il proprio popolo. L'azione diventa luminosa e divina. Si costituisce come un corteo che si apre con la giustizia e si chiude con la gloria di Dio. Nella nostra società, se c'è solidarietà verso gli ultimi, ci sarà solidarietà per tutti.

Seconda Corinzi 5, 18 - 6, 2
Fratelli, tutto questo viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione. Era Dio infatti che riconciliava a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione. In nome di Cristo, dunque, siamo ambasciatori: per mezzo nostro è Dio stesso che esorta. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio. Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui noi potessimo diventare giustizia di Dio. Poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio. Egli dice infatti: / «Al momento favorevole ti ho esaudito / e nel giorno della salvezza ti ho soccorso». / Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!

Nella seconda lettera ai Corinzi, S. Paolo invita i nuovi cristiani alla riconciliazione che è costata la morte infamante di Gesù: "Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo trattò da peccato in nostro favore perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio". I Corinzi avevano un ricordo storico particolare poiché Cesare, nel 44 a.C., aveva ricostruito la città e aveva proclamato la "riconciliazione" che accoglieva, dalla Grecia e da tutte le terre conquistate dai Romani, gente dal passato compromesso, permettendo loro di beneficiare l'amnistia. Qui Paolo applica l'immagine a Cristo. Dio, attraverso Gesù, proclama la pace ed ha affidato ai discepoli il compito di proclamarla attraverso la parola: così la Chiesa è "ministro e ambasciatore". Perciò vi supplichiamo, dice Paolo ai Corinzi: "Lasciatevi riconciliare con Dio". Perciò
1. Lasciarsi riconciliare riporta alla coscienza di sé, ai propri limiti ed alla propria povertà, alla consapevolezza di aver bisogno di un ritorno, alla scoperta di aver bisogno di perdono.
2. La vita intera viene messa sotto controllo. E ci accorgiamo di riallacciare dei rapporti seri con gli altri, a partire dai giovani.
3. Riconciliare è ritrovare le tracce delle revisioni.
4. Quanto sono capace di lottare o sono disposto solo a chiudere la partita con qualche euro di mancia?
5. Quanto si sono stabilite regole, motivandole, di fronte alle quali si accetta di essere tutti responsabili e tutti rispettosi?
6. Quanto siamo costruttori di parole nuove che portino fiducia nei luoghi educativi, senza rivendicare per sé o per i propri amici privilegi?
7. Riconciliarsi suppone il rispetto della legge e l'impegno di un tempo di giustizia.







Monte della quarantena (tentazioni)

 

Matteo 4,1-11
Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame. Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, dì che questi sassi diventino pane". Ma egli rispose: "Sta scritto: Non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio". Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede". Gesù gli rispose: "Sta scritto anche: Non tentare il Signore Dio tuo". Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: "Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai". Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto". Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.
Nel racconto delle tentazioni Matteo riassume simbolicamente tutti i problemi con i quali Gesù si confronterà nel corso della sua intera missione. Al contrario della coppia originaria, quella dei primi uomini, che aveva cercato ad ogni costo di diventare "come Dio"; diversamente dagli ebrei dell'esodo, che nel deserto sui ribellarono a Dio chiedendo pane, Gesù non si lascia vincere dalla tentazione. Affronterà la sua missione in obbedienza al Padre, agendo in tutto e per tutto come un semplice uomo. Il suo potere di Figlio di Dio, che appare con chiarezza nei miracoli, non sarà mai usato per costringere gli altri, né per difendere se stesso. I miracoli saranno gesti di amore, mai di potere o di comodo. Gesù si affida alla parola del Padre, sia quella scritta nella Bibbia, che quella che lo Spirito gli ispira nel cuore conducendolo passo per passo. In questo ci offre un modello, uno stile a cui ogni cristiano è chiamato a conformarsi. Tutte e tre le tentazioni mettono evidenza la sovranità unica ed assoluta di Dio nella vita del credente. Dio nella vita del cristiano non può non avere il primo posto. Ma per vincere la tentazione e dare a Dio nella nostra vita il posto che gli spetta è necessario un cammino in salita, un impegno umano, che la tradizione chiama proprio salita: Ascesi. Oggi l'ideale della vita è presentato come il facile raggiungimento di ogni desiderio, la vita dovrebbe essere un cammino in discesa, ma quante delusioni ed amari risvegli dietro questa, che non è altro che una tentazione! Le cose preziose costano sacrificio, ed anche la fede non cresce senza: impegno, silenzio, ascolto della parola di Dio, preghiera. Ma nonostante tutto ciò anche noi, come Gesù, veniamo tentati dal demonio. Satana si insinua nella nostra vita, nei nostri pensieri, e fa di tutto per allontanarci da Dio e dalla via della salvezza. La vita spirituale è dunque lotta, scontro impegnativo dal quale non possiamo sottrarci e nel quale dobbiamo entrare ben consigliati e fiduciosi nella vittoria. Questo è il motivo per cui la tradizione cristiana ha lungamente scrutato il racconto delle tentazioni, offrendo il commento quasi ad ogni sua parola. Vale la pena di riassumere alcune bellissime intuizioni patristiche dedicate a questo brano.