NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL’UNIVERSO
Ultima Domenica dell’Anno Liturgico
5 novembre 2017
Giovanni 18, 33c-37
secondo Samuele 7, 1-6. 8-9. 12-14a. 16-17 - Salmo 44 - Colossesi 1, 9b-14
Liete parole mi sgorgano dal cuore: io proclamo al re il mio poema la mia lingua è come stilo di scriba veloce. Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo, sulle tue labbra è diffusa la grazia, perciò Dio ti ha benedetto per sempre. Ami la giustizia e la malvagità detesti: Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio di letizia, a preferenza dei tuoi compagni.

secondo Samuele 7, 1-6. 8-9. 12-14a. 16-17
In quei giorni. Il re, quando si fu stabilito nella sua casa, e il Signore gli ebbe dato riposo da tutti i suoi nemici all’intorno, disse al profeta Natan: «Vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda». Natan rispose al re: «Va’, fa’ quanto hai in cuor tuo, perché il Signore è con te». Ma quella stessa notte fu rivolta a Natan questa parola del Signore: «Va’ e di’ al mio servo Davide: Così dice il Signore: “Forse tu mi costruirai una casa, perché io vi abiti? Io infatti non ho abitato in una casa da quando ho fatto salire Israele dall’Egitto fino ad oggi; sono andato vagando sotto una tenda, in un padiglione”. Ora dunque dirai al mio servo Davide: Così dice il Signore degli eserciti: “Io ti ho preso dal pascolo, mentre seguivi il gregge, perché tu fossi capo del mio popolo Israele. Sono stato con te dovunque sei andato, ho distrutto tutti i tuoi nemici davanti a te e renderò il tuo nome grande come quello dei grandi che sono sulla terra. Quando i tuoi giorni saranno compiuti e tu dormirai con i tuoi padri, io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno. Egli edificherà una casa al mio nome e io renderò stabile il trono del suo regno per sempre. Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a te, il tuo trono sarà reso stabile per sempre”». Natan parlò a Davide secondo tutte queste parole e secondo tutta questa visione.
Nel secondo libro di Samuele il racconto sulla monarchia si fa ampio e grandioso. Ormai Davide, re di Giuda dopo la morte di Saul, presto diventa re d'Israele. Si stabilizza "la sua casa (la famiglia)" e la sua gloria si espande mentre si allargano i confini. Così il re fedele capisce che è sotto la protezione del Signore e tutto ciò che ha avuto viene dalle mani di Dio. Cerca, allora, di provvedere in qualche modo a sdebitarsi; cosi può mostrare gratitudine di fronte alla protezione profonda e ineguagliabile di Dio. Egli ragiona da uomo del suo tempo: "Io ho una casa. Ora, anche Dio avrà una casa, cioè un tempio degno della divina magnificenza (ma ovviamente mostrerà anche la magnificenza del re)". A questo punto tutti sono d'accordo, anche il profeta che ritiene ovvio, nel suo buon senso, che si onori Dio con un tempio splendido. E' ciò che esiste in ogni regno: un tempio splendido al Dio protettore. Ma Dio stesso interviene e cosi il profeta diventa il portavoce di una parola nuova: "Sarò Io, Javhè, a costruirti una casa". Sarà una discendenza di persone vive, una famiglia nei secoli, una presenza nella storia del mondo. "Te l'ho forse chiesto io di farmi una casa? lo sono andato vagando in una tenda. Io abito il tempo poiché ho abitato con il popolo nel deserto con Mosè, ti ho preso dal pascolo perché tu fossi principe sul mio popolo; e quando i tuoi giorni saranno compiuti, io farò sorgere dopo di te il tuo discendente che uscirà da te". Il Signore rifiuta che ci si possa sdebitare con Lui poiché egli non ne ha bisogno. Tutto ciò che ciascuno fa è un aiuto per il proprio crescere, per la propria vita. E' un capire meglio se stessi e scoprire il dono del Signore. Pretendere di sdebitarsi con Dio ci fa pensare ad un rapporto "commerciale", di pretesa giustizia e di autonomia che uccide l'amore e la riconoscenza. Gesù si ribellerà proprio a questa mentalità di un certo mondo di "giusti" del suo tempo, spesso identificati con alcune figure di farisei. Non a caso ci sono i riferimenti al passato lontano (il tempo dei Giudici) e al passato vicino (la scelta di Davide divenuto re). Il proprio passato dovrebbe garantire una lucidità sufficiente per credere che Dio continuerà, nella sua generosità, a mantenere la sua promessa. Il primo discendente sarà Salomone e poi via via un seguito di re. Questa promessa è chiamata da Davide "un'Alleanza eterna, determinata in tutto e ben custodita, stipulata con la sua casa"(23,5). Le interruzioni, le sconfitte, le deportazioni successive, nei secoli, - diranno i profeti - saranno frutto di infedeltà all'Alleanza, ma non faranno cancellare la promessa. Ci sarà un erede universale, il Messia, nella discendenza di Davide. Sarà presentato come figlio, germoglio di Davide (Is. 9,6-7; 11,1; Lc.1,32).

Colossesi 1, 9b-14
Fratelli, non cessiamo di pregare per voi e di chiedere che abbiate piena conoscenza della sua volontà, con ogni sapienza e intelligenza spirituale, perché possiate comportarvi in maniera degna del Signore, per piacergli in tutto, portando frutto in ogni opera buona e crescendo nella conoscenza di Dio. Resi forti di ogni fortezza secondo la potenza della sua gloria, per essere perseveranti e magnanimi in tutto, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre / e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, / per mezzo del quale abbiamo la redenzione, / il perdono dei peccati.
La comunità di Colosse, a 200 km da Efeso, è stata fondata da Epafra, discepolo di Paolo, nominato all'inizio della lettera (v7) "nostro caro compagno del ministero". Questa lettera è stata inviata, probabilmente, durante il periodo in cui Paolo evangelizza ad Efeso (54-57 d.C.) ed è ora, temporaneamente, in carcere.
Si stanno diffondendo delle strane teorie sugli spiriti celesti, immaginati come potenze cosmiche e astrali, intermediari tra l'uomo e Dio. Gesù si riduce ad uno di questi intermediari. Epafra ricorre a Paolo perché intervenga a chiarire la fede cristiana. Il testo, che leggiamo oggi e che precede immediatamente il famoso inno Cristologico (1,15-20), esprime e prepara, nello stesso tempo, il contenuto della fede di questa piccola comunità e suggerisce uno stile di vita semplice e coerente con le parole di Gesù. Così, nella introduzione, mentre esprime i suoi sentimenti di amicizia e di ringraziamento, Paolo traccia il profilo di una comunità cristiana che regge la propria vocazione tra i pagani della città in cui vivono.
-E' necessaria - dice Paolo- "una piena conoscenza della volontà di Dio con ogni sapienza e intelligenza spirituale". E' l'intenzione che l'apostolo garantisce essere al vertice della preghiera per la comunità di Colosse. -Dalla conoscenza viene un comportamento "degno del Signore". -Questa consapevolezza e questo comportamento debbono avere, come finalità, un unico obiettivo: piacere in tutto al Signore. -Tutto ciò porta " frutto in ogni opera buona" e fa crescere sempre più nella conoscenza di Dio. Si può dire che Paolo ha delineato l'impianto di una coerenza cristiana: la conoscenza fedele, un comportamento etico conseguente, lo sviluppo di frutti buoni tra le opere buone e quindi il ritorno ad una più profonda crescita della conoscenza di Dio. Paolo riconosce che, nella comunità di Colosse, questo sviluppo si è incominciato. Perciò chiude il cerchio di maturazione che prosegue nel tempo e incoraggia al ringraziamento perché il Padre "vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce". È Lui che ci ha liberati e ci ha trasferiti "nel regno del Figlio del suo amore": splendida sintesi di ciò che è Gesù. E qui Paolo, ricordando il perdono dei peccati che Gesù ha portato e quindi la redenzione, ci ricorda che quest'itinerario nuovo è possibile perché siamo stati liberati dal peccato e del male. A questo punto l'inno sul mistero di Gesù si sviluppa e apre gli orizzonti della pienezza della fede. Gesù infatti "é l'immagine del Dio invisibile, uomo-Dio, redentore, colui che svela il Padre, primogenito delle creature".

 

Giovanni 18, 33c-37
In quel tempo. Pilato disse al Signore Gesù: «Sei tu il re dei Giudei?». Gesù rispose: «Dici questo da te, oppure altri ti hanno parlato di me?». Pilato disse: «Sono forse io Giudeo? La tua gente e i capi dei sacerdoti ti hanno consegnato a me. Che cosa hai fatto?». Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù». Allora Pilato gli disse: «Dunque tu sei re?». Rispose Gesù: «Tu lo dici: io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Il Vangelo di Giovanni ci propone il dialogo tra Gesù e Pilato, al centro della passione. E tutto avviene con il più grande spregio per un ebreo: essere consegnato nelle mani del potere pagano dai responsabili religiosi d'Israele.
Il racconto si sviluppa a due livelli : - sul piano storico Gesù è giudicato e Pilato è il giudice - sul piano della fede è invece Gesù che conduce il dialogo, chiarisce e amplia, mostra e supera la logica del potere con una regalità nuova.
"Sei il re dei Giudei?" Gesù, prima di rispondere, chiede qual è il contenuto di questa domanda. - Per Pilato è di natura politica: re di questo mondo. - Per i Giudei è di natura messianica: regalità religiosa, promessa e attesa da Dio per secoli per un progetto di popolo che via via si è andato delineando, ma che è fondamentalmente aperto ad una prospettiva politica di dominio. Riferita a Gesù è un assurdo. - Per i piccoli e i poveri che si sono alimentati sulla parola dei profeti, la regalità è in linea universale e spirituale piuttosto che militare e nazionalista. Ma sono pochi ad accettarla. Pilato risponde che la sua interpretazione è solo politica e non ha altre letture. Chi glielo ha consegnato, probabilmente, vede altro ma a lui non interessa. "Sono forse Giudeo? " La responsabilità della "consegna" ricade sulle autorità religiose che lo hanno accusato. Gesù chiarisce la sua regalità: - È di origine divina ("Sono venuto nel mondo"). - Ha finalità di cambiamento della mentalità del mondo: la regalità di Gesù è testimonianza e ricerca di ciò che conta davvero:"per rendere testimonianza alla verità". Gesù porta la verità perché il cuore dell'uomo è desideroso di cogliere il senso delle cose, i rapporti schietti delle relazioni, le alleanze coerenti per ciò che vale. Tutto questo stringe alleanze e costituisce un popolo che può permettersi di avere un re che viene dal cielo e che solo può regnare. La verità c'è, è stata offerta, ma non si intravede, si manipola e si equivoca con essa. Solo quest'uomo, imprigionato e disarmato, è capace di cercare la verità e manifestarla "testimoniandola". Per scelta è un re senza armi e senza eserciti. Solo la non-violenza rende credibile la verità. Egli regna con la Parola, la rivelazione e l'amore, non con la paura.
Il Regno e la sua regalità sono sempre da fare: si costituiscono per accettazione, per scelta di libertà, per accoglienza di una parola pronunciata e ascoltata.
Infatti non ci sono eserciti a difendere dal male, a riscattare dalla ingiustizia, a sottrarre dal potere violento che inganna. Gesù è libero e solo e sa che quella che sta percorrendo, complici inconsapevoli coloro che lo stanno tradendo, è una manifestazione drammatica di amore e di libertà, di trasformazione e di giustizia nuova.