I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO A)
La venuta del Signore
13.11.2016
Matteo 24, 1-31
Riferimenti : Isaia51, 4-8 - SALMO 49 - Seconda lettera ai Tessalonicesi 2, 1-14
Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion, bellezza perfetta, Dio risplende. Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall’alto e la terra per giudicare il suo popolo

Isaia51, 4-8
Così dice il Signore Dio: / «Ascoltatemi attenti, o mio popolo; / o mia nazione, porgetemi l’orecchio. / Poiché da me uscirà la legge, / porrò il mio diritto come luce dei popoli. La mia giustizia è vicina, / si manifesterà la mia salvezza; / le mie braccia governeranno i popoli. / In me spereranno le isole, / avranno fiducia nel mio braccio. Alzate al cielo i vostri occhi / e guardate la terra di sotto, / poiché i cieli si dissolveranno come fumo, / la terra si logorerà come un vestito / e i suoi abitanti moriranno come larve. Ma la mia salvezza durerà per sempre, / la mia giustizia non verrà distrutta. / Ascoltatemi, esperti della giustizia, / popolo che porti nel cuore la mia legge. / Non temete l’insulto degli uomini, / non vi spaventate per i loro scherni; / poiché le tarme li roderanno come una veste / e la tignola li roderà come lana, / ma la mia giustizia durerà per sempre, / la mia salvezza di generazione in generazione».
Il Signore vuole finalmente riconsegnare la speranza al suo popolo, deportato in Babilonia, e un profeta anonimo scrive splendidi testi (dal cap 40 al cap 55) per incoraggiare ad una speranza nuova e ad una rivoluzione nel mondo delle sudditanze. Questa opera che è stata compresa sotto il titolo del profeta Isaia, che è vissuto nel sec. VIII e scritta da uno sconosciuto che normalmente viene chiamato "secondo Isaia" (che riferisce ai deportati speranze di liberazione nel sec.VI). Questa parte di Isaia è chiamato "il libro della consolazione". In vari testi annuncia la liberazione e la salvezza d'Israele, come il Signore ha garantito nella sua Alleanza. Addirittura, novità per il popolo ebraico, lo sguardo si allarga a tutti i popoli: essi faranno parte dell'opera di salvezza mentre diventeranno popoli che riconosceranno un Dio solo. Le parole ricorrenti (vv4-5) sono: legge, diritto, giustizia, le realtà più desiderate da popoli sottomessi, a lungo sognate. C'è l'invito a guardare al mondo reale che circonda ciascuno: cielo e terra sembrano realtà perenni, eppure l'esperienza ha rivelato più volte la fragilità delle cose in cui viviamo: le cose si lacerano, si consumano, si polverizzano: è l'esperienza che il tempo e le catastrofi fanno fare a chi sa osservare. Perfino i popoli vincitori "periranno come mosche". Il popolo viene incoraggiato a continuare a credere alla fede ed alla legge "che porta nel cuore", anche se è schernito dagli uomini. Da qui l'invito a non spaventarsi degli insulti, degli scherni, delle sottomissioni che i propri vincitori pretendono. Nessuna potenza resisterà, poiché il tempo riserva il lavorio delle tignole e delle tarme alla forza, agli eserciti, al potere. Questa riflessione porta alla forza di non scoraggiarsi di fronte al potere che è comunque temporaneo mentre la giustizia di Dio durerà per sempre. Viene così suggerita la ferma decisione di mantenere una propria fedeltà alla Parola del Signore ed ai valori che egli esprime nel tempo. E' una presenza che resiste come resisteranno le scelte di responsabilità che il popolo avrà fatto. Il nostro tempo deve riprendere questa fiducia nelle scelte di attenzione verso un mondo che lotta e ha bisogno di ristrutturarsi: visibilmente vanno rinsaldate le realtà di coesione e di coerenza su cui giocarsi il proprio tempo e le proprie forze.

Seconda lettera ai Tessalonicesi 2, 1-14
Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo! Prima infatti verrà l’apostasia e si rivelerà l’uomo dell’iniquità, il figlio della perdizione, l’avversario, colui che s’innalza sopra ogni essere chiamato e adorato come Dio, fino a insediarsi nel tempio di Dio, pretendendo di essere Dio. Non ricordate che, quando ancora ero tra voi, io vi dicevo queste cose? E ora voi sapete che cosa lo trattiene perché non si manifesti se non nel suo tempo. Il mistero dell’iniquità è già in atto, ma è necessario che sia tolto di mezzo colui che finora lo trattiene. Allora l’empio sarà rivelato e il Signore Gesù lo distruggerà con il soffio della sua bocca e lo annienterà con lo splendore della sua venuta. La venuta dell’empio avverrà nella potenza di Satana, con ogni specie di miracoli e segni e prodigi menzogneri e con tutte le seduzioni dell’iniquità, a danno di quelli che vanno in rovina perché non accolsero l’amore della verità per essere salvati. Dio perciò manda loro una forza di seduzione, perché essi credano alla menzogna e siano condannati tutti quelli che, invece di credere alla verità, si sono compiaciuti nell’iniquità. Noi però dobbiamo sempre rendere grazie a Dio per voi, fratelli amati dal Signore, perché Dio vi ha scelti come primizia per la salvezza, per mezzo dello Spirito santificatore e della fede nella verità. A questo egli vi ha chiamati mediante il nostro Vangelo, per entrare in possesso della gloria del Signore nostro Gesù Cristo.
Paolo è frastornato dalle chiacchiere che sono sorte nella sua antica comunità di Tessalonica per i timori sulla fine del mondo. Si parla di avvenimenti, personaggi e prospettive che spaventano e questi problemi sono calcati e colorati a forti tinte, quasi anticipando i film horror, per suggestionare la sensibilità ma anche la fragilità delle persone. E' comunque vero che in ogni età voci allarmate sorgono e si scontrano sul futuro del mondo. Ai tempi di Paolo addirittura giurano che Paolo stesso si sia compromesso in alcune rivelazioni. Quando l'apostolo lo viene a sapere, si preoccupa e si arrabbia nello stesso tempo e decide questa seconda lettera. Spiega e insieme garantisce che le proprie lettere saranno autenticate personalmente, di volta in volta, rifiutando le chiacchiere religiose che possono diventare pericolose. Ma, detto questo, Paolo parla di un "mistero di iniquità". Prima della fine, dice Paolo, si verificherà il rinnegamento della fede da parte di molti (apostasia); e comparirà "l'uomo dell'iniquità", che si contrappone a Dio, ma che qualcuno "lo trattiene". Tolto quest'ostacolo, esploderà l'odio contro Cristo e i credenti in Gesù. Si fanno riferimenti che, con tutta probabilità, sono noti ai cristiani a cui scrive Paolo, anche perché ne deve aver parlato nell'insegnamento che ha dato loro e a tale insegnamento si riferisce. L'apostasia è l'allontanamento da Cristo e dalla fede. E' una immagine ricorrente, uno dei segni della fine. In più vi si unisce l'immagine del "figlio della perdizione" che si innalza fino a sedersi sul trono di Dio che è il tempio di Gerusalemme. Come spesso avviene, il riferimento si ritrova nel Primo Testamento, quando si richiamano le gesta e la lotta antireligiosa di Antioco Epifane che profana il tempio (Dn11,36) nel II secolo a.C., a cui si contrappone la lotta partigiana degli ebrei, legata alla famiglia dei Maccabei e che risulta, dopo anni di persecuzione e lotta, vincente. Ma a noi risulta comunque oscuro questo linguaggio, che sorge dalla volontà di voler conoscere della gente e dalla rarefazione del linguaggio di Gesù che non ha voluto assolutamente bloccare la sua comunità su problemi di preveggenza sul futuro. Gesù aveva voluto rimarcare che il tempo, la potenza e la stabilità non sono eterni, ma destinati ad accartocciarsi come i cieli. Ci sarà certamente il tempo di Satana e coloro che non sono rimasti fedeli a Gesù saranno sedotti dalla predicazione E tuttavia, se pur avranno il loro tempo di gloria e di predominio, poi saranno spazzati via. I vv 11-12 possono disorientare se letti separati dalla riflessione biblica soggiacente. "Dio non costringe al male" ma prende atto delle scelte negative e le ratifica. Dal momento che ha dato all'uomo la possibilità di essere pienamente libero, Dio si è autolimitato. E tuttavia il mondo di Dio è molto più grande e più forte del male e quindi Dio interviene sul male e lo ridimensiona: la decisione ultima spetta a Dio che ama il bene e ama ogni uomo e lo rispetta nelle sue scelte e le ratifica. Dio resta disarmato davanti alla libertà dell'uomo, ma si riserva di castigare il male poiché questo dimostra che il male ha un potere limitato ed è sotto il controllo di Dio. Però noi ringraziamo il Signore che ci ha scelti, ci ha dato il gusto e la volontà di cogliere i valori della fede e di viverla come un tesoro, e ci ha aperto l'orizzonte della sua gloria, dandoci la forza di seguirlo nella sua grandezza.

Matteo 24, 1-31
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù, uscito dal tempio, se ne andava, gli si avvicinarono i suoi discepoli per fargli osservare le costruzioni del tempio. Egli disse loro: «Non vedete tutte queste cose? In verità io vi dico: non sarà lasciata qui pietra su pietra che non sarà distrutta». Al monte degli Ulivi poi, sedutosi, i discepoli gli si avvicinarono e, in disparte, gli dissero: «Di’ a noi quando accadranno queste cose e quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi inganni! Molti infatti verranno nel mio nome, dicendo: “Io sono il Cristo”, e trarranno molti in inganno. E sentirete di guerre e di rumori di guerre. Guardate di non allarmarvi, perché deve avvenire, ma non è ancora la fine. Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno carestie e terremoti in vari luoghi: ma tutto questo è solo l’inizio dei dolori. Allora vi abbandoneranno alla tribolazione e vi uccideranno, e sarete odiati da tutti i popoli a causa del mio nome. Molti ne resteranno scandalizzati, e si tradiranno e odieranno a vicenda. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti; per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Questo vangelo del Regno sarà annunciato in tutto il mondo, perché ne sia data testimonianza a tutti i popoli; e allora verrà la fine. Quando dunque vedrete presente nel luogo santo l’abominio della devastazione, di cui parlò il profeta Daniele – chi legge, comprenda –, allora quelli che sono in Giudea fuggano sui monti, chi si trova sulla terrazza non scenda a prendere le cose di casa sua, e chi si trova nel campo non torni indietro a prendere il suo mantello. In quei giorni guai alle donne incinte e a quelle che allattano! Pregate che la vostra fuga non accada d’inverno o di sabato. Poiché vi sarà allora una tribolazione grande, quale non vi è mai stata dall’inizio del mondo fino ad ora, né mai più vi sarà. E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma, grazie agli eletti, quei giorni saranno abbreviati. Allora, se qualcuno vi dirà: “Ecco, il Cristo è qui”, oppure: “È là”, non credeteci; perché sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi segni e miracoli, così da ingannare, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto. Se dunque vi diranno: “Ecco, è nel deserto”, non andateci; “Ecco, è in casa”, non credeteci. Infatti, come la folgore viene da oriente e brilla fino a occidente, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Dovunque sia il cadavere, lì si raduneranno gli avvoltoi. Subito dopo la tribolazione di quei giorni, “il sole si oscurerà, / la luna non darà più la sua luce, / le stelle cadranno dal cielo / e le potenze dei cieli saranno sconvolte”. Allora comparirà in cielo il segno del Figlio dell’uomo e allora si batteranno il petto tutte le tribù della terra, e vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria. Egli manderà i suoi angeli, con una grande tromba, ed essi raduneranno i suoi eletti dai quattro venti, da un estremo all’altro dei cieli».
I
I Vangelo di Matteo di questa liturgia inizia il quinto discorso di Gesù (capp 24-25) secondo i criteri di Matteo (le parole di Gesù sono, infatti, raggruppate in questo Vangelo in cinque lunghi insegnamenti, per un richiamo alla "Legge" ebraica che veniva custodita nei primi cinque libri della Bibbia). L'argomento fondamentale, in tale discorso, è la fine del mondo che viene identificata con la venuta (parusia) del Figlio dell'uomo (Gesù risorto). Viene utilizzato un particolare linguaggio detto "apocalittico", usato in quel tempo per indicare fatti nuovi e sconvolgenti. Gesù abbandona definitivamente il Tempio e la città santa per salire al monte degli Ulivi proprio di fronte alla città ed al tempio che risplende sotto il sole come il gioiello più prezioso e più sacro (v. l). E per il tempio i discepoli mostrano l'orgoglio di essere parte di un popolo che ospita Dio ed è capace di offrire una casa bella, degna di Dio. Ma il destino di questi luoghi sacri è segnato: "Non resterà pietra su pietra". Gesù annuncia una conclusione impressionante che sconvolge e crea, insieme, molta curiosità: "Quando la distruzione? Quando la tua venuta? Quando la fine del mondo?" Nel v. 3 si vede bene l'intreccio dei piani: si parla, da una parte, del crollo del tempio, abbattuto dai romani nel 70 d.C. e consacrato con la "dedicazione ebraica" al tempo di Erode il grande nel 18 a.C. Insieme, si riflette sulla soluzione globale di tutta la storia del mondo. A Gesù chiedono il "quando?", ma il maestro vuol fare superare la curiosità sul tempo. Non offre date o appigli, ma vuol riportare la riflessione sul "come" si cammina nella storia. Come affrontare l'attesa, il tempo presente che è l'unica realtà concreta su cui si giocano la libertà di ciascuno e la presenza di Dio? Egli sviluppa i segni della venuta, preannunciando ai discepoli l'inganno di falsi profeti, le guerre, le tragedie della lotta fratricida, le carestie e i terremoti. Tutta questa è la vita quotidiana e, nello stesso tempo, la fatica prevista per la nascita di un mondo nuovo. L'inizio dei dolori è come la sofferenza del parto (Gv 16,21). Alla sofferenza della persecuzione si aggiungerà anche la fatica del conflitto nella Chiesa stessa, a causa del raffreddamento dell'amore. Ma ogni credente è invitato ad essere fedele a Gesù fino alla vittoria conclusiva poiché tale fedeltà permetterà, cosi, di partecipare al trionfo con lui. In tutto questo cataclisma si profilano però la grande gioia e la ricca vitalità del "Vangelo del Regno". Esso sarà annunciato in tutto il mondo da una comunità che non si lascerà sopraffare dalla paura e dal male. Quando il Signore verrà, ci saranno cataclismi nel cielo (ma è un linguaggio da non prendere alla lettera; lo si usa anche per parlare della caduta di Babilonia (Is 13,10) e del popolo di Edom (Is 34,4). Verrà il Figlio dell'uomo con il suo segno. Potrà essere la croce che è stata lo strumento di morte e di rifiuto, orgoglio di potere e segno di amore. E si scoprirà che nel progetto di Dio la croce ha materializzato la fedeltà di Gesù al Padre mostrandola e garantendola anche a noi. Egli ha vinto i criteri di potenza che si sono sviluppati nella storia e ha trionfato sul mondo. Le immagini utilizzate, oltre la croce, sono: il raduno e il suono della tromba (per gli ebrei serviva come richiamo di chi comanda perché ha il potere di raccogliere). Il Signore è potente e grande. Ha lasciato nel cuore dei discepoli il segreto della sua potenza e della salvezza. Perciò bisogna valutare il mondo, vivere attentamente nella linea di Gesù e "vegliando".