
I DOMENICA DOPO IL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI IL PRECURSORE
3 settembre 2017 Luca 9, 7-11
Riferimenti : Isaia 65, 13-19 - Salmo 32 - Isaia 65, 13-19 |
Esultate, o giusti, nel Signore; per gli uomini
retti è bella la lode. Lodate il Signore con la cetra, con
l’arpa a dieci corde a lui cantate. Beata la nazione che ha il
Signore come Dio, il popolo che egli ha scelto come sua eredità.
Il Signore guarda dal cielo: egli vede tutti gli uomini.
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Isaia 65, 13-19 Così dice il
Signore Dio: / «Ecco, i miei servi mangeranno /
e voi avrete fame; / ecco, i miei servi berranno
/ e voi avrete sete; / ecco, i miei servi
gioiranno / e voi resterete delusi; / ecco, i
miei servi giubileranno / per la gioia del
cuore, / voi griderete per il dolore del cuore,
/ urlerete per lo spirito affranto. / Lascerete
il vostro nome / come imprecazione fra i miei
eletti: / “Così ti faccia morire il Signore
Dio”. / Ma i miei servi saranno chiamati con un
altro nome. / Chi vorrà essere benedetto nella
terra, / vorrà esserlo per il Dio fedele; / chi
vorrà giurare nella terra, / giurerà per il Dio
fedele, / perché saranno dimenticate le
tribolazioni antiche, / saranno occultate ai
miei occhi. / Ecco, infatti, io creo nuovi cieli
e nuova terra; / non si ricorderà più il
passato, / non verrà più in mente, / poiché si
godrà e si gioirà sempre / di quello che sto per
creare, / poiché creo Gerusalemme per la gioia,
/ e il suo popolo per il gaudio. / Io esulterò
di Gerusalemme, / godrò del mio popolo. / Non si
udranno più in essa / voci di pianto, grida di
angoscia». Siamo nel periodo
del post- esilio, il tempo del ritorno dopo la
deportazione a Babilonia (sec VI-V a.C). Il
popolo, solo una parte degli esiliati, ha
accettato di ritornare, ricco di sogni di
grandezza. Ma tutti scoprono la povertà e la
fatica, popolo povero nei confronti degli altri
popoli vicini, ricchi e pericolosi, sempre
tentati di prevaricare per annientare chi si è
intromesso. Il capitolo precedente (64) richiama
una bella lamentazione che sale a Dio come
supplica, ricca di fede e carica di immagini che
manifestano la coscienza della propria impurità,
desolazione, umiliazione. Ma chi prega, a nome
del popolo, ha una grande fiducia nel Signore e
si fida delle sue promesse. Vede povertà e
deserto attorno, eppure sa di poter contare
sulla promessa del Signore. E il Signore
garantisce, nel testo che leggiamo oggi, che
metterà mano con la sua misericordia e la sua
amicizia per aiutare i giusti. E se si parla
inizialmente del destino dei ribelli, si
stabilisce un confronto con i servi di Dio (vv
1-12); quindi si apre l'orizzonte sulla sorte di
chi è fedele per concludere nella descrizione
del destino dei giusti. Ci sono quattro
contrapposizioni (versetti 13-14) sulla sorte
dei fedeli e dei ribelli a cui segue la sentenza
definitiva dei rispettivi destini (versetti
15-16 a). Le quattro contrapposizioni, "sulla
fame, sulla sete, sulla gioia del successo e
sulla contentezza del cuore", iniziano tutte
con: "Ecco i miei servi". Nel versetto 15 c'è il
richiamo al destino definitivo che suonerà come
imprecazione di morte: nessuno ricorderà i
malvagi se non per lanciare maledizioni. Ai
servi del Signore, invece, è promesso un nome
diverso nel quale si esprimerà l'inizio della
nuova era, caratterizzata dalla salvezza di Dio
poiché sarà scelto da Lui. Il nome di Dio
garantirà la benedizione, l'accordo è pieno, la
fedeltà della parola sarà senza ambiguità, il
ricordo di una vita che ha superato la paura e
l'angoscia del male sarà dimenticato, diventando
solo memoria di benedizione. "Si invocherà la
benedizione del Signore e si giurerà nel nome
del Dio fedele". La promessa della salvezza
futura si compirà (vv 18-19). Il mondo,
trasformato e rinnovato dalla forza del Signore,
acquista lineamenti cosmici di splendore
impensabili (" nuovi cieli e nuova terra").
Questo linguaggio è presente in Geremia
(31,31-34), prosegue con Ezechiele (36,24-28).
Ma lo si ritrova ancora in Isaia 51,6 e 66,22
E' la visione di un tempo di rinnovamento e
di novità totale che si annuncia al futuro per
concludere questo mondo di sofferenza e di male.
Non a caso, nell'Apocalisse di Giovanni (Ap
21,1), ci si richiama allo splendido profilo di
Gerusalemme "come la sposa adorna per il suo
sposo nel cielo nuovo e terra nuova". Ma il
testo è anche fatto proprio da Pietro (2 Pt
3,13), e da Paolo (Rom 8,19-23). I "cieli nuovi
e terra nuova" sono la svolta radicale nella
storia. Il futuro si apre nella speranza: il
Signore non farà mancare le sue promesse e
manterrà il benessere. È molto interessante
anche l'esemplificazione che segue al testo di
oggi: cesserà la mortalità infantile (Non ci
sarà più un bimbo che viva solo pochi giorni" (v
20)) e gli anziani raggiungeranno e supereranno
i 100 anni di vita, ottenendo così la pienezza
dell'esistenza. Leggiamo questi testi ed abbiamo
davanti agli occhi il dramma degli israeliani e
dei palestinesi, i messaggi di odio e di morte,
l'incapacità a fermarsi per ritrovare una pace
che sia rispettosa del diritto alla vita e alla
serenità di ciascuno. |
Efesini 5, 6-14 Fratelli, nessuno
vi inganni con parole vuote: per queste cose infatti l’ira di
Dio viene sopra coloro che gli disobbediscono. Non abbiate
quindi niente in comune con loro. Un tempo infatti eravate
tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come
figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni
bontà, giustizia e verità. Cercate di capire ciò che è gradito
al Signore. Non partecipate alle opere delle tenebre, che non
danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente. Di quanto
viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare,
mentre tutte le cose apertamente condannate sono rivelate dalla
luce: tutto quello che si manifesta è luce. Per questo è detto:
/ «Svégliati, tu che dormi, / risorgi dai morti / e Cristo ti
illuminerà».
Per i semiti che hanno
assimilato molti elementi delle concezioni persiane, l'oriente
da cui sorge il sole è il simbolo di Dio, poi, per i cristiani è
il simbolo di Cristo Messia mentre l'occidente richiama il
maligno, il luogo della fitta oscurità. Per questo le
chiese-edificio sono orientate verso il sorgere del sole, ad
oriente. Il mondo ebraico, sensibile alle contrapposizioni,
ripensa spesso alle albe nell'orizzonte di Gerusalemme. Il sole,
che sorge ad oriente, fa fuggire le tenebre verso occidente. Ed
i cristiani, che sono figli della luce, sfuggono ogni ambiguità,
il male, la malignità che vengono svelati mentre si sviluppano
"bontà, giustizia e verità" (v 9). "Eravate tenebre, ora siete
luce del Signore". Siete luce, dice, e non solo "siete nella
luce". Perciò, come logica conseguenza, "camminate come figli
della luce". Perciò dai cristiani ci si deve attendere opere di
luce e di bellezza, opere degne di figli di Dio che rendono il
mondo più bello e più vivibile. Generati dalla luce,
immagine di Dio luce, figli di Dio e figli della luce, noi
viviamo il tempo dell'incontro, della familiarità intima di Dio.
Con la luce cresce il frutto (v.9) e con le tenebre sorgono le
opere infruttuose (v.11). Il fatto di essere luce e nella luce
non ci si pone, però, automaticamente nel buono, giusto e vero.
La luce richiama la trasparenza e la visibilità, le tenebre
richiamano vergogna e fatti innominabili, avvenuti nel segreto,
probabilmente conosciuti dai destinatari di questa pagina di
cui, però, si vuole mantenere il riserbo. Ma il battesimo deve
aiutarci ad interpretare la realtà: "Cercate di capire ciò che è
gradito al Signore" (v.10) dove la luce di Cristo è filtrata nel
nostro tessuto quotidiano. Non è semplice ma dobbiamo sviluppare
un criterio di valutazione e comportamenti secondo lo stile del
Signore Gesù, nel confronto con Lui, il cui legame è grazia,
garanzia e speranza: tutti doni che ci sono stati offerti nel
Battesimo. E se ciascuno è incoraggiato a riflettere ed a
scoprire valori e significati e scelte particolari, si richiede
anche una confronto nella fraternità, incoraggiati da altre
esperienze e competenze più pensate e più mature. I cristiani
vengono incoraggiati, nella lettura della luce, ad esprimere con
chiarezza il valore morale di ciò che è bene e ciò che è male.
Non si deve aver paura di dichiarare il proprio giudizio sulle
cose (certo, non sulle persone). Il nostro tempo ha un grande
bisogno di confronti poiché non sopporta regole mentre
continuamente ne costruisce all'infinito, giocando spesso, non
sempre, per fortuna, su interessi privati, sensibilità
individuali, gusti particolari e capricci. Essere luce significa
anche capire il senso delle cose, maturarle e saper esprimere
con intelligenza e rispetto i significati ed i perché dei fatti
e delle scelte. Bisogna sempre essere memori del richiamo di
Pietro: "Adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti
sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza
che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto,
con una retta coscienza" (1Pietro 3,15-16). E insieme bisogna
ricordare il richiamo di Paolo: "Non partecipate alle opere
delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele
apertamente". (Ef 5,11-13).

Macheronte sulla riva orientale del Mar Morto, ove Giovanni
Battista fu incarcerato ed ucciso per ordine di Erode Antipa |
Luca
9, 7-11 In quel tempo. Il tetrarca Erode sentì parlare di tutti questi
avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: «Giovanni
è risorto dai morti», altri: «È apparso Elia», e altri ancora: «È risorto uno
degli antichi profeti». Ma Erode diceva: «Giovanni, l’ho fatto decapitare io;
chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose?». E cercava di
vederlo. Al loro ritorno, gli apostoli raccontarono a Gesù tutto quello che
avevano fatto. Allora li prese con sé e si ritirò in disparte, verso una
città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero a saperlo e lo seguirono. Egli
le accolse e prese a parlare loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano
bisogno di cure. Gesù sta sviluppando, nel capitolo 8, il
suo progetto di novità e di speranza nonostante i segni e i richiami di morte
che attorno a lui si sviluppano. L'emorroissa che, disperata, non ha più
fiducia dei medici e perdendo sangue perde la vita, è risanata poiché vuole a
tutti i costi toccare il mantello di Gesù e, superando timori e folla, lo
raggiunge. E la figlia di Giairo, capo della sinagoga, molto malata e che di
fatto muore mentre Gesù si è incamminato verso la sua casa, viene restituita
ai genitori viva e gioiosa. Due donne, due persone segnate dalla morte e per
tutte c'è il numero 12 che le rende simbolo (12 anni di malattia per
l'emorroissa e 12 anni l'età della ragazza che muore). Ci richiamano che Gesù
è colui che porta la vita al popolo d'Israele, alla Sposa di Dio identificata
dal numero 12, il numero del popolo, le tribù d'Israele. Gesù è la vita piena
(Lc 8, 40-56). Gesù sente che il suo popolo ha bisogno della vita in pienezza
e perciò "Convocò i Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di
guarire le malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli
infermi" (Lc 9,1-2). Tutta questa è una tempesta di notizie affascinanti e
drammatiche per Erode: "Sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non
sapeva che cosa pensare" (v 7). Erode non sta cercando di capire la novità di
Gesù, ma è determinato ad evitare ogni cambiamento. Ha ucciso un profeta, non
se ne pente, non accetta le ipotesi stravaganti di persone superstiziose, ma
cerca di vedere Gesù poiché lo sente nella linea del profeta pericoloso. Luca
sta preparando un altro incontro, quello definitivo, nel tempo della passione
(Lc 23,6-12) e anticipa, nel frattempo, una notizia di trame, sempre da parte
di Erode, che lo vuole uccidere (Lc13,31). Tutto questo prepara la
domanda: "Erode vuole vedere Gesù. Ma perché?" Gesù bisogna cercarlo,
stando tra la folla che ha bisogno di trovare significati e speranza, lo si
incontra mettendo al primo posto la sua ricerca, come farà la gente che lo
segue per luoghi scomodi, senza garanzia, chiedendo la sua parola. Gesù non
si svela a chi domanda gesti miracolosi, da circo equestre come chiederà
Erode per divertimento: "Sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui" (Lc
23,8). Erode trova un terribile silenzio. Invece la folla, che ha seguito
Gesù, è accolta, aiutata a scoprire lo splendore del Regno e curata dai mali
che la tengono prigioniera nella sofferenza. A coloro che sono poveri e
aspettano speranza Gesù svela lo splendore della sua presenza. Erode non sa
far altro che insultarlo: "Farsi beffe di lui e mettergli addosso una
splendida veste" (Lc 23,11), il segno della ricchezza stolta che vuol coprire
il male nel fasto. Quando la gente ha cercato Gesù e si è fermata a
capire, senza altre preoccupazioni, neppure di fame, Gesù fa quel miracolo
che avrebbe ingolosito anche Erode: con 5 pani e due pesci sfama 5000
persone, ma con un gesto assurdo. Non moltiplica i pani ma continua a
spezzarli. Erode avrebbe preteso un rapporto di moltiplicazione, sacchi e
tonnellate di pane, un miracolo di economia, come, in fondo, pensiamo noi,
parlando di moltiplicazione dei pani. Tuttavia, nel testo del Vangelo, non si
parla di moltiplicazione dei pani, ma solo nei titoli che non sono Vangelo ma
solo annotazioni del tipografo. Gesù invece sceglie la solidarietà, il
coinvolgimento nello spezzare il pane e nell'offrire. Cose che Erode non
avrebbe saputo né capire né accettare. (Luca 9,12- 17). Eppure "tutti
mangiarono a sazietà e furono portati via i pezzi loro avanzati: 12 ceste".
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