 Domenica
che precede il martirio di san Giovanni il Precursore
23 agosto 2020
Mc 12, 13-17
riferimenti - 1Mac 1, 10. 41-42; 2, 29-38 - Sal 118 -
Ef 6, 10-18 |
| Dammi vita, Signore, e osserverò la tua parola.
Mi ha invaso il furore contro i malvagi che abbandonano la tua
legge. I lacci dei malvagi mi hanno avvolto: non ho dimenticato
la tua legge. |
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1Mac 1, 10. 41-42; 2, 29-38 In
quei giorni. Uscì dagli ufficiali di Alessandro
una radice perversa, Antìoco Epìfane, figlio del
re Antìoco, che era stato ostaggio a Roma, e
cominciò a regnare nell’anno centotrentasette
del regno dei Greci. Il re prescrisse in tutto
il suo regno che tutti formassero un solo popolo
e ciascuno abbandonasse le proprie usanze. Tutti
i popoli si adeguarono agli ordini del re.
Allora molti che ricercavano la giustizia e il
diritto scesero nel deserto, per stabilirvisi
con i loro figli, le loro mogli e il bestiame,
perché si erano inaspriti i mali sopra di loro.
Fu riferito agli uomini del re e alle milizie,
che stavano a Gerusalemme, nella Città di
Davide, che laggiù, in luoghi nascosti del
deserto, si erano raccolti uomini che avevano
infranto l’editto del re. Molti corsero a
inseguirli, li raggiunsero, si accamparono di
fronte a loro e si prepararono a dare battaglia
in giorno di sabato. Dicevano loro: «Ora basta!
Uscite, obbedite ai comandi del re e avrete
salva la vita». Ma quelli risposero: «Non
usciremo, né seguiremo gli ordini del re,
profanando il giorno del sabato». Quelli si
precipitarono all’assalto contro di loro. Ma
essi non risposero loro, né lanciarono pietre,
né ostruirono i nascondigli, dichiarando:
«Moriamo tutti nella nostra innocenza. Ci sono
testimoni il cielo e la terra che ci fate morire
ingiustamente». Così quelli si lanciarono contro
di loro in battaglia di sabato, ed essi morirono
con le mogli e i figli e il loro bestiame, in
numero di circa mille persone.
1 Maccabei. 1, 10. 41-42; 2, 29-38 Con la
resistenza ebraica, avvenuta nel II secolo a.C.,
il popolo ebraico si solleva contro la tirannia
straniera che vuole sradicare la tradizione
religiosa del popolo e, rimescolandolo con
popolazioni pagane, lo vuole obbligare a
rifiutare la propria fedeltà al Dio
dell'Alleanza. Questa sollevazione di popolo ha
una sua origine squisitamente religiosa e prende
un titolo: "la rivolta dei Maccabei". Il nome
che qualifica i due libri trae origine dal
soprannome di Giuda, detto il Maccabeo (uomo
simile ad un "martello"), figlio di Mattatia che
ha avuto con Giuda altri quattro figli, tutti
coinvolti nella sollevazione in massa del
piccolo popolo d'Israele. I fatti si svolgono
negli anni che vanno dal 170 al 130 a. C.,
mentre la Palestina è dominata dai Seleucidi che
risalgono, con il loro potere, alla spartizione
dell'impero, conquistato da Alessandro Magno e
suddiviso tra i suoi generali alla sua morte,
avvenuta nel 323 a. C. L'ellenizzazione
(tentativo di introdurre la cultura greca) trova
il suo riferimento particolare nella costruzione
di un "Ginnasio" che, in ogni città greca, è il
centro della vita sportiva, intellettuale e
religiosa della gioventù. Può sembrare curioso,
ma gli esercizi sportivi che si svolgono con
atleti nudi, per via della circoncisione,
rendono ridicoli i giudei che sono sbeffeggiati
dai non giudei. Questo fa vergognare i giovani
che tendono a mascherare mentre le nuove
famiglie rinunciano per i propri figli alla
circoncisione. Si arriva così al ripudio della
"Alleanza con il Signore". Nel 174 a.C. il
governo viene assunto da Antioco IV Epifane
("incarnazione di Giove") che governa la Siria e
che vuole ellenizzare il popolo d'Israele. Nel
169 a.C Antioco entra con il suo esercito in
Gerusalemme e la saccheggia insieme con il
tempio, spogliandolo delle sue bellezze e
depredando tutto quello che potevano rubare. (1
Mac1,20 ss). Il popolo d'Israele, come in una
guerriglia partigiana, lotta contro quelle
truppe che la Siria invia per sottomettere e
vincere i rivoltosi.
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Ef 6, 10-18 Fratelli,
rafforzatevi nel Signore e nel vigore della sua potenza.
Indossate l’armatura di Dio per poter resistere alle insidie del
diavolo. La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il
sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori
di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che
abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di
Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare
saldi dopo aver superato tutte le prove. State saldi, dunque:
attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della
giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo
della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale
potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete
anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la
parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di
preghiere e di suppliche nello Spirito, e a questo scopo
vegEfesini. 6, 10-18 Ef 6, 10-18 La lettera
agli Efesini si conclude con il capitolo 6 che stiamo leggendo
in parte. Inizia con alcuni riferimenti morali indirizzati ai
figli, ai genitori, agli schiavi ed ai padroni (6,1-9),
prospettando un rapporto di reciproca attenzione e comprensione
che diventa fraternità nella comunità cristiana che ha al centro
Gesù. Ma Paolo si rende conto che non è sufficiente il
rapporto parentale o istituzionale della società in cui si vive,
dove il richiamo morale ha un significato di responsabilità e di
libertà e che matura nel rispetto reciproco (e Paolo sintetizza
tutto questo come "lotta contro la carne e il sangue", a 11).
Esiste anche una lotta drammatica per "poter resistere alle
insidie del diavolo" (v 10). La lotta e la ricerca della fedeltà
al Signore portano ad infinite altre situazioni e occasioni che
vanno vissute con responsabilità, affrontando, nella fede, il
bene e il male, le potenze e la suggestione, la fatica e la
solitudine, lo sconforto e la sconfitta. Paolo sintetizza la
vita cristiana come fedeltà e testimonianza, sapendo che solo il
Signore sa offrirne la forza. La vita quotidiana è un
combattimento di fronte a cui bisogna attrezzarsi e per cui
bisogna pregare. E per armarsi, bisogna indossare l'armatura di
Dio ( Nel Primo Testamento si ricorda che Dio stesso si arma
contro i suoi nemici (cf.Is 11,4-5;59,16-18; "giustizia come
corazza ed elmo come salvezza";Sap 5,17-23). Paolo attribuisce
queste armi divine anche al cristiano. "Noi invece, che
apparteniamo al giorno, siamo sobri, vestiti con la corazza
della fede e della carità, e avendo come elmo la speranza della
salvezza". (cf.1Ts 5,8). Ci sono anche "i Principati e le
Potenze, contro cui bisogna combattere. Sono i dominatori di
questo mondo tenebroso, sono gli spiriti del male che abitano
nelle regioni celesti" (v 12).
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Mc 12, 13-17 In quel tempo. I sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani
mandarono dal Signore Gesù alcuni farisei ed erodiani, per coglierlo in fallo
nel discorso. Vennero e gli dissero: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e
non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno, ma
insegni la via di Dio secondo verità. È lecito o no pagare il tributo a
Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia,
disse loro: «Perché volete mettermi alla prova? Portatemi un denaro: voglio
vederlo». Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: «Questa immagine e
l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare». Gesù disse loro:
«Quello che è di Cesare rendetelo a Cesare, e quello che è di Dio, a Dio». E
rimasero ammirati di lui. Marco. 12, 13-17 Nell'ultima
settimana della sua vita, Gesù si ferma per molto tempo nel tempio di
Gerusalemme e utilizza tutte le ore del giorno a disposizione per aiutare i
pellegrini a maturare più profondamente il loro rapporto con Il Signore. Non
c'è infatti un luogo più adatto di questo per imparare e scoprire il volto di
Dio. E Gesù si presta alle diverse e spesso insidiose domande che gli vengono
fatte da persone di alta levatura intellettuale, ma anche diffidenti e
manifestamente nemici del suo messaggio religioso. Esso è troppo
scopertamente nuovo per la misericordia di Dio che viene proclamata e che
mette in crisi tutta l'impostazione di prestigio, di eccellenza e di dignità
ebraica che non può abbassarsi ai livelli di perdono e di accoglienza che
Gesù mostra e predica. Tanto più che, in quel modo, lede profondamente il
significato di giustizia e di privilegio che Dio ha sempre garantito ai
giusti. E tutti coloro che fanno domande sono nella categoria delle persone
fedeli al rispetto della legge, rigide e coerenti anche nel mondo quotidiano.
A Gesù viene proposto un quesito morale da parte di un gruppo di farisei ed
erodiani, pur mortalmente nemici tra loro. I primi ritengono una empietà
appoggiare l'occupazione romana e riscuotono la simpatia di tutto il popolo.
Gli erodiani sono sostenitori di Erode Antipa, un fantoccio mantenuto nella
sua regalità dall'imperatore Tiberio e, perciò, costituisce una fazione
collaborazionista dei romani. Si presentano, comunque a Gesù, insieme, per
l'occasione, sapendo che qualunque risposta sapesse offrire, avrebbe
scontentato o il popolo o l'autorità civile imperante. Questa prospettiva di
vittoria li rende alleati. Gesù scopre subito il tranello, soprattutto perché
ammantato di elogi e di rispetto per la sua persona, riconosciuto proprio da
loro come onesto, veritiero, grande maestro coraggioso e libero. "È lecito o
no pagare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare, o no?». (v 14), L'accordo
tra parti nemiche ha un'unica e propria motivazione: far scadere la
credibilità del profeta, il quale, chiamato "maestro", deve rispondere.
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