 I Domenica dopo il martirio di san Giovanni il Precursore
30 agosto 2020
Lc 9, 7-11
Riferimenti : Is 65, 13-19 - SALMO32 - Ef 5, 6-14 |
| Nel Signore gioisce il nostro cuore. Esultate, o
giusti, nel Signore; per gli uomini retti è bella la lode.
Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui
cantate. |
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Is 65, 13-19 Così dice il Signore
Dio: «Ecco, i miei servi mangeranno e voi avrete
fame; ecco, i miei servi berranno e voi avrete
sete; ecco, i miei servi gioiranno e voi
resterete delusi; ecco, i miei servi
giubileranno per la gioia del cuore, voi
griderete per il dolore del cuore, urlerete per
lo spirito affranto. Lascerete il vostro nome
come imprecazione fra i miei eletti: “Così ti
faccia morire il Signore Dio”. Ma i miei servi
saranno chiamati con un altro nome. Chi vorrà
essere benedetto nella terra, vorrà esserlo per
il Dio fedele; chi vorrà giurare nella terra,
giurerà per il Dio fedele, perché saranno
dimenticate le tribolazioni antiche, saranno
occultate ai miei occhi. Ecco, infatti, io creo
nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più
il passato, non verrà più in mente, poiché si
godrà e si gioirà sempre di quello che sto per
creare, poiché creo Gerusalemme per la gioia, e
il suo popolo per il gaudio. Io esulterò di
Gerusalemme, godrò del mio popolo. Non si
udranno più in essa voci di pianto, grida di
angoscia». Isaia 65, 13-19
Siamo nel periodo del post- esilio, il tempo del
ritorno dopo la deportazione a Babilonia (sec
VI-V a.C). Il popolo, solo una parte degli
esiliati, ha accettato di ritornare, ricco di
sogni di grandezza. Ma tutti scoprono la povertà
e la fatica, popolo povero nei confronti degli
altri popoli vicini, ricchi e pericolosi, sempre
tentati di prevaricare per annientare chi si è
intromesso. Il capitolo precedente (64) richiama
una bella lamentazione che sale a Dio come
supplica, ricca di fede e carica di immagini che
manifestano la coscienza della propria impurità,
desolazione, umiliazione. Ma chi prega, a nome
del popolo, ha una grande fiducia nel Signore e
si fida delle sue promesse. Vede povertà e
deserto attorno, eppure sa di poter contare
sulla promessa del Signore. E il Signore
garantisce, nel testo che leggiamo oggi, che
metterà mano con la sua misericordia e la sua
amicizia per aiutare i giusti. E se si parla
inizialmente del destino dei ribelli, si
stabilisce un confronto con i servi di Dio (vv
1-12); quindi si apre l'orizzonte sulla sorte di
chi è fedele per concludere nella descrizione
del destino dei giusti. Ci sono quattro
contrapposizioni (versetti 13-14) sulla sorte
dei fedeli e dei ribelli a cui segue la sentenza
definitiva dei rispettivi destini (versetti
15-16 a). Le quattro contrapposizioni, "sulla
fame, sulla sete, sulla gioia del successo e
sulla contentezza del cuore", iniziano tutte
con: "Ecco i miei servi". Nel versetto 15 c'è il
richiamo al destino definitivo che suonerà come
imprecazione di morte: nessuno ricorderà i
malvagi se non per lanciare maledizioni. Ai
servi del Signore, invece, è promesso un nome
diverso nel quale si esprimerà l'inizio della
nuova era, caratterizzata dalla salvezza di Dio
poiché sarà scelto da Lui. Il nome di Dio
garantirà la benedizione, l'accordo è pieno, la
fedeltà della parola sarà senza ambiguità, il
ricordo di una vita che ha superato la paura e
l'angoscia del male sarà dimenticato, diventando
solo memoria di benedizione. "Si invocherà la
benedizione del Signore e si giurerà nel nome
del Dio fedele". La promessa della salvezza
futura si compirà (vv 18-19).
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Ef 5, 6-14 Lettera di san Paolo
apostolo agli Efesini Fratelli, nessuno vi inganni con parole
vuote: per queste cose infatti l’ira di Dio viene sopra coloro
che gli disobbediscono. Non abbiate quindi niente in comune con
loro. Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel
Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il
frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.
Cercate di capire ciò che è gradito al Signore. Non partecipate
alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto
condannatele apertamente. Di quanto viene fatto da costoro in
segreto è vergognoso perfino parlare, mentre tutte le cose
apertamente condannate sono rivelate dalla luce: tutto quello
che si manifesta è luce. Per questo è detto: «Svégliati, tu che
dormi, risorgi dai morti e Cristo ti illuminerà».
Efesini 5, 6-14 Per i semiti che hanno assimilato molti
elementi delle concezioni persiane, l'oriente da cui sorge il
sole è il simbolo di Dio, poi, per i cristiani è il simbolo di
Cristo Messia mentre l'occidente richiama il maligno, il luogo
della fitta oscurità. Per questo le chiese-edificio sono
orientate verso il sorgere del sole, ad oriente. Il mondo
ebraico, sensibile alle contrapposizioni, ripensa spesso alle
albe nell'orizzonte di Gerusalemme. Il sole, che sorge ad
oriente, fa fuggire le tenebre verso occidente. Ed i cristiani,
che sono figli della luce, sfuggono ogni ambiguità, il male, la
malignità che vengono svelati mentre si sviluppano "bontà,
giustizia e verità" (v 9). "Eravate tenebre, ora siete luce del
Signore". Siete luce, dice, e non solo "siete nella luce".
Perciò, come logica conseguenza, "camminate come figli della
luce". Perciò dai cristiani ci si deve attendere opere di luce e
di bellezza, opere degne di figli di Dio che rendono il mondo
più bello e più vivibile. Generati dalla luce, immagine di
Dio luce, figli di Dio e figli della luce, noi viviamo il tempo
dell'incontro, della familiarità intima di Dio. Con la luce
cresce il frutto (v.9) e con le tenebre sorgono le opere
infruttuose (v.11). Il fatto di essere luce e nella luce non ci
si pone, però, automaticamente nel buono, giusto e vero. La
luce richiama la trasparenza e la visibilità, le tenebre
richiamano vergogna e fatti innominabili, avvenuti nel segreto,
probabilmente conosciuti dai destinatari di questa pagina di
cui, però, si vuole mantenere il riserbo. Ma il battesimo
deve aiutarci ad interpretare la realtà: "Cercate di capire ciò
che è gradito al Signore" (v.10) dove la luce di Cristo è
filtrata nel nostro tessuto quotidiano. Non è semplice ma
dobbiamo sviluppare un criterio di valutazione e comportamenti
secondo lo stile del Signore Gesù, nel confronto con Lui, il cui
legame è grazia, garanzia e speranza: tutti doni che ci sono
stati offerti nel Battesimo.

La fortezza di Macheronte riaffiora dalla sabbie |
Lc 9, 7-11 In quel tempo. Il tetrarca Erode sentì
parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché
alcuni dicevano: «Giovanni è risorto dai morti», altri: «È apparso Elia», e
altri ancora: «È risorto uno degli antichi profeti». Ma Erode diceva:
«Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento
dire queste cose?». E cercava di vederlo. Al loro ritorno, gli apostoli
raccontarono a Gesù tutto quello che avevano fatto. Allora li prese con sé e
si ritirò in disparte, verso una città chiamata Betsàida. Ma le folle vennero
a saperlo e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlare loro del regno di
Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. Luca 9, 7-11
Gesù sta sviluppando, nel capitolo 8, il suo progetto di novità e di speranza
nonostante i segni e i richiami di morte che attorno a lui si sviluppano.
L'emorroissa che, disperata, non ha più fiducia dei medici e perdendo sangue
perde la vita, è risanata poiché vuole a tutti i costi toccare il mantello di
Gesù e, superando timori e folla, lo raggiunge. E la figlia di Giairo, capo
della sinagoga, molto malata e che di fatto muore mentre Gesù si è
incamminato verso la sua casa, viene restituita ai genitori viva e gioiosa.
Due donne, due persone segnate dalla morte e per tutte c'è il numero 12 che
le rende simbolo (12 anni di malattia per l'emorroissa e 12 anni l'età della
ragazza che muore). Ci richiamano che Gesù è colui che porta la vita al
popolo d'Israele, alla Sposa di Dio identificata dal numero 12, il numero del
popolo, le tribù d'Israele. Gesù è la vita piena (Lc 8, 40-56). Gesù sente
che il suo popolo ha bisogno della vita in pienezza e perciò "Convocò i
Dodici e diede loro forza e potere su tutti i demòni e di guarire le
malattie. E li mandò ad annunciare il regno di Dio e a guarire gli infermi"
(Lc 9,1-2). Tutta questa è una tempesta di notizie affascinanti e drammatiche
per Erode: "Sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa
pensare" (v 7). Erode non sta cercando di capire la novità di Gesù, ma è
determinato ad evitare ogni cambiamento. Ha ucciso un profeta, non se ne
pente, non accetta le ipotesi stravaganti di persone superstiziose, ma cerca
di vedere Gesù poiché lo sente nella linea del profeta pericoloso. Luca sta
preparando un altro incontro, quello definitivo, nel tempo della passione (Lc
23,6-12) e anticipa, nel frattempo, una notizia di trame, sempre da parte di
Erode, che lo vuole uccidere (Lc13,31). Tutto questo prepara la
domanda: "Erode vuole vedere Gesù. Ma perché?" Gesù bisogna cercarlo,
stando tra la folla che ha bisogno di trovare significati e speranza, lo si
incontra mettendo al primo posto la sua ricerca, come farà la gente che lo
segue per luoghi scomodi, senza garanzia, chiedendo la sua parola. Gesù non
si svela a chi domanda gesti miracolosi, da circo equestre come chiederà
Erode per divertimento: "Sperava di vedere qualche miracolo fatto da Lui" (Lc
23,8). Erode trova un terribile silenzio. Invece la folla, che ha seguito
Gesù, è accolta, aiutata a scoprire lo splendore del Regno e curata dai mali
che la tengono prigioniera nella sofferenza. A coloro che sono poveri e
aspettano speranza Gesù svela lo splendore della sua presenza. Erode non sa
far altro che insultarlo: "Farsi beffe di lui e mettergli addosso una
splendida veste" (Lc 23,11), il segno della ricchezza stolta che vuol coprire
il male nel fasto.
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