
Domenica in albis depositis
19 aprile 2020
Gv 20, 19-31
Riferimenti : At 4, 8-24a - Sal 117 - Col 2, 8-15 |
| Rendete grazie al Signore perché è buono, perché
il suo amore è per sempre. Dica Israele: «Il suo amore è per
sempre». Dica la casa di Aronne: «Il suo amore è per sempre» |
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At 4, 8-24a
In quei giorni. Pietro, colmato di
Spirito Santo, disse loro: «Capi del popolo e
anziani, visto che oggi veniamo interrogati sul
beneficio recato a un uomo infermo, e cioè per
mezzo di chi egli sia stato salvato, sia noto a
tutti voi e a tutto il popolo d’Israele: nel
nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete
crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti,
costui vi sta innanzi risanato. Questo Gesù è la
pietra, che è stata scartata da voi,
costruttori, e che è diventata la pietra
d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è
infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli
uomini, nel quale è stabilito che noi siamo
salvati». Vedendo la franchezza di Pietro e di
Giovanni e rendendosi conto che erano persone
semplici e senza istruzione, rimanevano stupiti
e li riconoscevano come quelli che erano stati
con Gesù. Vedendo poi in piedi, vicino a loro,
l’uomo che era stato guarito, non sapevano che
cosa replicare. Li fecero uscire dal sinedrio e
si misero a consultarsi fra loro dicendo: «Che
cosa dobbiamo fare a questi uomini? Un segno
evidente è avvenuto per opera loro; esso è
diventato talmente noto a tutti gli abitanti di
Gerusalemme che non possiamo negarlo. Ma perché
non si divulghi maggiormente tra il popolo,
proibiamo loro con minacce di parlare ancora ad
alcuno in quel nome». Li richiamarono e
ordinarono loro di non parlare in alcun modo né
di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e
Giovanni replicarono: «Se sia giusto dinanzi a
Dio obbedire a voi invece che a Dio, giudicatelo
voi. Noi non possiamo tacere quello che abbiamo
visto e ascoltato». Quelli allora, dopo averli
ulteriormente minacciati, non trovando in che
modo poterli punire, li lasciarono andare a
causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio
per l’accaduto. L’uomo infatti nel quale era
avvenuto questo miracolo della guarigione aveva
più di quarant’anni. Rimessi in libertà, Pietro
e Giovanni andarono dai loro fratelli e
riferirono quanto avevano detto loro i capi dei
sacerdoti e gli anziani. Quando udirono questo,
tutti insieme innalzarono la loro voce a Dio.
Atti 4, 8-24 Siamo nei primi tempi della
comunità cristiana a Gerusalemme. La vita si
svolge normalmente e con una certa tranquillità.
Tuttavia la comunità cristiana, sconvolta dalla
morte e stupita e ricca di entusiasmo per la
risurrezione di Gesù, mentre si organizza,
ripensa ai messaggi ricevuti. Ovviamente Gesù è
il centro della vita, ma la comunità cristiana è
costituita da ebrei che mantengono le loro
abitudini. Perciò, in un giorno feriale, Pietro
e Giovanni salgono al tempio per pregare alle
tre del pomeriggio (3,1). Mentre attraversano la
porta, detta "bella", del tempio, uno storpio,
povero, chiede, come al solito, l'elemosina e
tutti lo conoscono perché è una presenza
stabile. Pietro gli dice: "Non possiedo né oro
né argento ma quello che ho te lo do. Nel nome
di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina"
(3,6). Lo storpio risanato non si comporta certo
in modo discreto ma nel tempio, suscitando
stupore tra la gente che via via si è raccolta,
canta, urla, danza. Pietro e Giovanni sentono il
bisogno di chiarire ciò che è avvenuto: "Noi non
abbiamo questi poteri. Abbiamo agito nel nome di
Gesù il Nazareno che voi avete rinnegato di
fronte a Ponzio Pilato e che il Dio dei padri ha
esaltato. Voi avete ucciso l'autore della
vita, ma Dio lo ha risuscitato dai morti e noi
ne siamo testimoni. Per la fede riposta in lui,
Gesù ha dato vigore a questo corpo" (3,13-16).
Tutto questo suscita rivolgimenti e ripensamenti
in molti, e la Comunità cristiana si ingrandisce
fino a 5000 persone (4,4) Nel contempo queste
uscite clamorose producono preoccupazione nelle
autorità del tempio che arrestano e mettono in
prigione Pietro e Giovanni fino al giorno dopo.
Quindi si riunisce in Gerusalemme il gran
Sinedrio, supremo tribunale d'Israele. Vengono
interrogati i due discepoli sulle motivazioni e
la spiegazione di ciò che è avvenuto il giorno
precedente. La testimonianza, data pubblicamente
il giorno prima alla gente, viene ripetuta qui:
"Noi abbiamo fatto questo nel nome di Gesù
Cristo, il Nazareno, che voi avete crocifisso e
Dio ha risuscitato dai morti". E secondo il
metodo dei rabbini si richiamano alla Scrittura
per dare significato di chi è Gesù: "Questo Gesù
è la pietra, che è stata scartata da voi,
costruttori, e che è diventata la pietra
d'angolo" (4,11). La libera citazione è tratta
dal salmo 118,22 che già Gesù ha utilizzato in
una discussione con gli scribi (Luca 20,12). I
dotti ebrei, studiosi della legge che
interrogano, non condannano mentre colgono,
stupiti, la franchezza e il fatto che fossero
analfabeti e senza cultura. |
Col 2, 8-15
Fratelli, fate attenzione che nessuno faccia di voi sua preda
con la filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione
umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo. È in
lui che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,
e voi partecipate della pienezza di lui, che è il capo di ogni
Principato e di ogni Potenza. In lui voi siete stati anche
circoncisi non mediante una circoncisione fatta da mano d’uomo
con la spogliazione del corpo di carne, ma con la circoncisione
di Cristo: con lui sepolti nel battesimo, con lui siete anche
risorti mediante la fede nella potenza di Dio, che lo ha
risuscitato dai morti. Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che
eravate morti a causa delle colpe e della non circoncisione
della vostra carne, perdonandoci tutte le colpe e annullando il
documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era
contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce. Avendo
privato della loro forza i Principati e le Potenze, ne ha fatto
pubblico spettacolo, trionfando su di loro in Cristo.
Colossesi 2,8-15 Paolo, già all'inizio del cap. 2, comunica
ai Colossesi che il compito che si è assunto è quello di
sostenere una lunga lotta per le Comunità cristiane di Colossi,
di Laodicea e per tutti quelli che sono stati raggiunti dalla
fede perché siano aiutati nella verità e quindi vengano
consolati (2,1). Egli vuole "arricchire le sue comunità di
una piena intelligenza per conoscere il mistero di Dio, che è
Cristo". L'apostolo vuole chiarire ai credenti che la fede ci
viene trasmessa dai fatti e dalle parole di Gesù mentre ci si
ritrova in contesti in cui circolano insegnamenti e norme
imposte da falsi profeti (è filosofia di cui parla). Non si
deve, perciò, diventare "preda", cioè «ridursi in schiavitù».
Siamo stati liberati dal potere delle tenebre e affrancati da
Cristo (1,13s). Se lo si rinnega, si ritorna agli errori
antichi: ricadremmo in schiavitù (cf.Gal 4,8s;5,1). Noi siamo
stati chiamati a seguire Gesù. E Paolo unisce la parola
«pienezza» (1,19) all'avverbio «corporalmente»: ci si richiama a
Cristo risorto che ricapitola tutto il mondo divino (il suo
essere preesistente e glorificato: la pienezza), e tutto il
mondo creato, che ha assunto direttamente, facendosi uomo e
quindi coinvolgendo anche il creato. Con la sua incarnazione e
la sua risurrezione tutta la realtà, e quindi anche il corpo,
entra nella pienezza di Dio. Il cristiano partecipa alla
pienezza di Cristo, in quanto membro del suo corpo, del suo
«pleroma» (cf.1,19). Associato così a colui che è capo delle
potenze celesti, è ormai superiore ad esse. I vv seguenti
sviluppano queste due idee: partecipazione del cristiano al
trionfo di Cristo (vv 11-13); sottomissione delle potenze
celesti a questo trionfo (vv 14-15). Il mondo antico è
particolarmente sensibile alle gerarchie degli spiriti
superiori, superiori agli uomini e immediatamente solo inferiori
a Dio. La presenza di Gesù che si pone alla destra di Dio
sconcerta tutto l'equilibrio delle gerarchie celesti. Da qui
discussioni e lacerazioni su questi temi, a noi molto lontani.
Il documento inchiodato. Si usava, nel linguaggio e tra gli
strumenti del commercio, scrivere un documento in cui si
riportavano i debiti. In questo caso si suppone la
certificazione e la denuncia dei peccati dell'uomo, oppure,
secondo altre interpretazioni, la trascrizione della legge
mosaica con tutti i suoi precetti. Il debitore certificava e
sottoscriveva, di proprio pugno, il debito contratto,
impegnandosi ad onorarlo, altrimenti sottoscriveva la propria
condanna. In tal caso il sistema della Legge, proibendo il
peccato, sfociava in una sentenza di morte, pronunciata contro
l'uomo trasgressore (cf.Rm 7,7). È questa sentenza che Dio ha
soppresso, eseguendola sulla persona del suo Figlio: dopo averlo
«fatto peccato» (2Cor 5,21), «sotto la Legge» (Gal 4,4) e
«maledetto» con essa (Gal 3,13), lo ha consegnato alla morte
sulla croce, inchiodandolo al legno e distruggendo nella sua
persona il documento che porta il nostro debito e che ci
condanna.
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Gv
20, 19-31 In quel tempo. La sera di quel giorno,
il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si
trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e
disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i
discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a
voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e
disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati,
saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.
Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse
loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito
nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche
Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».
Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la
tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli
rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai
veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono
stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate
che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita
nel suo nome. Giovanni 20,19-31 E' la sera dello stesso
giorno: i discepoli, e c'è da pensare le discepole (ormai teologhi e teologhe
lo accreditano), sono rinchiusi nel luogo dove si trovavano con le porte
sbarrate per paura dei Giudei. Sono impauriti, smarriti, non sanno più che
pensare degli ultimi fatti accaduti: come credere a delle donne? o ad altri
che affermano di aver fatto un tratto di strada addirittura con Gesù che non
hanno subito riconosciuto? Che cosa si va dicendo? E la tomba vuota? E i
Giudei che vanno raccontando falsità? E loro sono lì che si guardano; e
ciascuno ha un suo rimorso nei confronti di Gesù: in fondo tutti lo hanno
piantato in asso! C'è chi lo ha tradito, chi lo ha rinnegato, chi si è
nascosto: nessuno la ha difeso o gli è stato vicino per confortarlo.
Addirittura in un momento cruciale si sono addormentati. Si salva forse
qualche donna, ma, si sa, le donne sono emotive. E guardandosi
reciprocamente ciascuno scopre la sua viltà, il suo tradimento, la sua
pochezza, la sua angusta e pusillanime amicizia. Ed ecco: GESU' si fermò
in piedi in mezzo a loro e, mostrandosi vivo nella concretezza di mani e
fianco ferito, pronuncia parole di pace: via, via i turbamenti, le
recriminazioni, il piangere su stessi. PACE. E subito il RESPIRO, cioè la sua
vita: d'ora in poi respireranno lo Spirito, respireranno la sua vita. Per
questo è possibile il PERDONO. Che è perdono prima di tutto fra di loro: è un
riaccogliersi senza diffidenze e senza sospetti, è un ritrovare le radici di
un'amicizia nella propria comune fragilità, nell'accettare di non essere
all'altezza degli ideali e di accogliere come dono e come gratitudine la
stima riaccesa, la fiducia ricomposta e rinnovata. Per questo il perdono è
affidato alla comunità cristiana (il testo di Giovanni va molto oltre
l'istituzione di un sacramento!), all'interno della quale va vissuta e
praticata ogni riconciliazione come realtà trasfigurata dalla resurrezione,
cioè dalla vita che vince la morte. E Tommaso, che è l'uomo del coraggio,
più che del dubbio, capisce e non ha più bisogno di verifiche concrete: ha
capito che lasciarsi toccare da Gesù è lasciarsi respirare dentro il suo
Spirito, cioè la sua VITA. |