
Domenica delle Palme
5 aprile 2020
Gv 11,55-12,11
Riferimenti : Is 52, 13 – 53, 12 - Sal 87 - Eb 12,1b-3 |
| Signore, in te mi rifugio. Signore, Dio della
mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte. Giunga fino a
te la mia preghiera, tendi l’orecchio alla mia supplica. |
|
Is 52, 13 – 53, 12 Così dice il
Signore Dio: / «Ecco, il mio servo avrà
successo, / sarà onorato, esaltato e innalzato
grandemente. / Come molti si stupirono di lui /
– tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo
aspetto / e diversa la sua forma da quella dei
figli dell’uomo –, / così si meraviglieranno di
lui molte nazioni; / i re davanti a lui si
chiuderanno la bocca, / poiché vedranno un fatto
mai a essi raccontato / e comprenderanno ciò che
mai avevano udito. / Chi avrebbe creduto al
nostro annuncio? / A chi sarebbe stato
manifestato il braccio del Signore? / È
cresciuto come un virgulto davanti a lui / e
come una radice in terra arida. / Non ha
apparenza né bellezza / per attirare i nostri
sguardi, / non splendore per poterci piacere. /
Disprezzato e reietto dagli uomini, / uomo dei
dolori che ben conosce il patire, / come uno
davanti al quale ci si copre la faccia; / era
disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. /
Eppure egli si è caricato delle nostre
sofferenze, / si è addossato i nostri dolori; /
e noi lo giudicavamo castigato, / percosso da
Dio e umiliato. / Egli è stato trafitto per le
nostre colpe, / schiacciato per le nostre
iniquità. / Il castigo che ci dà salvezza si è
abbattuto su di lui; / per le sue piaghe noi
siamo stati guariti. / Noi tutti eravamo
sperduti come un gregge, / ognuno di noi seguiva
la sua strada; / il Signore fece ricadere su di
lui / l’iniquità di noi tutti. / Maltrattato, si
lasciò umiliare / e non aprì la sua bocca; / era
come agnello condotto al macello, / come pecora
muta di fronte ai suoi tosatori, / e non aprì la
sua bocca. / Con oppressione e ingiusta sentenza
fu tolto di mezzo; / chi si affligge per la sua
posterità? / Sì, fu eliminato dalla terra dei
viventi, / per la colpa del mio popolo fu
percosso a morte. / Gli si diede sepoltura con
gli empi, / con il ricco fu il suo tumulo, /
sebbene non avesse commesso violenza / né vi
fosse inganno nella sua bocca. / Ma al Signore è
piaciuto prostrarlo con dolori. / Quando offrirà
se stesso in sacrificio di riparazione, / vedrà
una discendenza, vivrà a lungo, / si compirà per
mezzo suo la volontà del Signore. / Dopo il suo
intimo tormento vedrà la luce / e si sazierà
della sua conoscenza; / il giusto mio servo
giustificherà molti, / egli si addosserà le loro
iniquità. / Perciò io gli darò in premio le
moltitudini, / dei potenti egli farà bottino, /
perché ha spogliato se stesso fino alla morte /
ed è stato annoverato fra gli empi, / mentre
egli portava il peccato di molti / e intercedeva
per i colpevoli».
Ebrei. 12, 1b-3 La "Lettera agli ebrei" vuole
aiutare ad approfondire la fede in Gesù
sviluppando, in modo particolarmente ricco, la
teologia precedente del Primo Testamento per far
intravedere la pienezza di Gesù e il significato
drammatico della sua morte. La prima parte,
dottrinale (1,5-10,18), precede quella
esortativa (10,19-13,21) da cui è stato tratto
questo breve testo. I credenti, a cui l'autore
si rivolge, hanno nostalgia del tempo dei
Patriarchi e timore ad affrontare la fede in
Gesù che risulta drammatica, disorientante e
persino pericolosa poiché suscita diffidenze
attorno e persecuzioni. L'immagine cara
all'autore di questa lettera, e facile da
comprendere, è quella sportiva della corsa negli
stadi. Già presente in altri contesti (1Corinzi
9:24-26; Filippesi 3:12-14) di Paolo, si adatta
a significare lo sforzo e la concentrazione nel
dover affrontare la fede che è una conquista, ma
anche una rivoluzione della propria esistenza.
Il vivere la fede, come Gesù ci ha proposto,
cambia lo stile e rigenera una comunità
credente. "Deporre ogni peso, correre con
perseveranza, tenere gli occhi fissi alla meta
senza distrarsi": sono atteggiamenti propri di
chi corre per ottenere una corona ed un
riconoscimento di gloria, sapendo che tutta la
corsa è orientata verso Cristo, origine di
quella fede che in Lui viene condotta a
compimento. L'autore ricorda che, per
affrontare questo nuovo cammino, bisogna
utilizzare e sviluppare una intelligenza
tattica, la stessa che usa lo sportivo: si
libera di ogni peso, addirittura di vestiti che
intralciano poiché decide un risultato e questo
diventa orientamento, consapevolezza e criterio
di tutte le proprie scelte. Gesù stesso ci ha
dato l'esempio poiché l'obiettivo di pienezza,
che voleva raggiungere nella volontà del Padre,
e quindi nella conclusione della gioia e gloria,
gli ha fatto scegliere la croce e il suo
disonore, di conseguenza. Noi siamo abituati
alla croce e non capiamo più il significato di
distruzione e di infamia che ha nel I° secolo
questo supplizio, quando Gesù è giudicato ed
ucciso con il più assurdo dei supplizi romani.
Egli è abbandonato ai margini del disonore e
della abiezione, assolutamente indegno di
qualunque considerazione e dignità. |
Eb 12,1b-3
Fratelli, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato
che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta
davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine
alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia
che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando
il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate
attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così
grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate
perdendovi d’animo. Ebrei. 12, 1b-3
La "Lettera agli ebrei" vuole aiutare ad approfondire la fede in
Gesù sviluppando, in modo particolarmente ricco, la teologia
precedente del Primo Testamento per far intravedere la pienezza
di Gesù e il significato drammatico della sua morte. La prima
parte, dottrinale (1,5-10,18), precede quella esortativa
(10,19-13,21) da cui è stato tratto questo breve testo. I
credenti, a cui l'autore si rivolge, hanno nostalgia del tempo
dei Patriarchi e timore ad affrontare la fede in Gesù che
risulta drammatica, disorientante e persino pericolosa poiché
suscita diffidenze attorno e persecuzioni. L'immagine cara
all'autore di questa lettera, e facile da comprendere, è quella
sportiva della corsa negli stadi. Già presente in altri
contesti (1Corinzi 9:24-26; Filippesi 3:12-14) di Paolo, si
adatta a significare lo sforzo e la concentrazione nel dover
affrontare la fede che è una conquista, ma anche una rivoluzione
della propria esistenza. Il vivere la fede, come Gesù ci ha
proposto, cambia lo stile e rigenera una comunità credente.
"Deporre ogni peso, correre con perseveranza, tenere gli
occhi fissi alla meta senza distrarsi": sono atteggiamenti
propri di chi corre per ottenere una corona ed un riconoscimento
di gloria, sapendo che tutta la corsa è orientata verso Cristo,
origine di quella fede che in Lui viene condotta a compimento.
L'autore ricorda che, per affrontare questo nuovo cammino,
bisogna utilizzare e sviluppare una intelligenza tattica, la
stessa che usa lo sportivo: si libera di ogni peso, addirittura
di vestiti che intralciano poiché decide un risultato e questo
diventa orientamento, consapevolezza e criterio di tutte le
proprie scelte. Gesù stesso ci ha dato l'esempio poiché
l'obiettivo di pienezza, che voleva raggiungere nella volontà
del Padre, e quindi nella conclusione della gioia e gloria, gli
ha fatto scegliere la croce e il suo disonore, di conseguenza.
Noi siamo abituati alla croce e non capiamo più il significato
di distruzione e di infamia che ha nel I° secolo questo
supplizio, quando Gesù è giudicato ed ucciso con il più assurdo
dei supplizi romani. Egli è abbandonato ai margini del disonore
e della abiezione, assolutamente indegno di qualunque
considerazione e dignità.
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Gv
11,55-12,11 In quel tempo. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla
regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi
cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non
verrà alla festa?». Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato
ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero
arrestarlo. Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si
trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui
una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese
trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi
di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì
dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli,
che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per
trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli
importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa,
prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare,
perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti
li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla
di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù,
ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei
sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se
ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù. Giovanni. 11,
55 - 12, 11 Il Nel Vangelo di Giovanni l'atmosfera dell'ultima Pasqua di
Gesù è già cupa e tragica all'inizio della settimana precedente. Siamo a sei
giorni, prima della Pasqua, e la data è particolarmente importante poiché
esiste l'obbligo di celebrare puri la Pasqua. E poiché la purità può essere
persa se ci sono stati contatti con pagani o si è toccato un morto o la
carogna di un animale, bisogna purificarsi per almeno sette giorni. Così si
anticipa la venuta a Gerusalemme e ci si può preparare a celebrare in
tranquillità la Pasqua (altrimenti la legge obbliga di aspettare il mese
dopo). La molta gente, in giro, commenta fatti e fa previsioni. Si occupa
anche di Gesù e scommette che non oserà avvicinarsi a Gerusalemme per la
festa poiché il cerchio delle autorità religiose si stringe sempre di più ed
si sente feroce la determinazione di distruggerlo. Il racconto sui temi della
morte e della vita, cominciato nel cap. 11 nel Vangelo di Giovanni con la
risurrezione di Lazzaro, continua qui con l'unzione da parte di Maria,
sorella di Lazzaro. "Sei giorni prima di Pasqua" fa identificare per
Giovanni un calendario in cui Gesù, ucciso il giorno prima di Pasqua,
risuscita il giorno dopo (l'ottavo giorno). Giovanni ripropone qui "il
richiamo alla settimana della nuova creazione" come all'inizio del suo
Vangelo. Là si accennava ad una settimana culminante, nel settimo giorno, con
le nozze di Cana: il canto della gloria e della manifestazione di Dio tra i
suoi. Qui una settimana di sofferenza si conclude nell'ottavo giorno, oltre
il tempo, con la vittoria definitiva sul peccato e sulla morte. Ormai la
presenza di Gesù è troppo ingombrante poiché si è fatto sempre più preciso e
sempre più esigente. Egli chiede una religiosità non fatta di formalismi
ma di misericordia, di responsabilità, di attenzione ai piccoli ed ai poveri.
Gesù vuole una comunità di persone secondo il desiderio di Dio. Il contesto
ebraico in cui Gesù entra in occasione delle feste, in particolare, è,
invece, sempre più formale, sempre più lontano dalla Parola del Signore
Gesù, giunto a Betania, è invitato ad una cena di ringraziamento per la vita
restituita a Lazzaro. Maria apre, con un gesto di amore profondo e gratuito,
un vasetto preziosissimo di profumo, stupefacente per il suo prezzo, per il
profumo che spande, per il clima che si ricostruisce surreale. E se
l'unzione della testa è abitudine comune (ma bastano poche gocce), l'unzione
dei piedi è sconosciuta. E invece proprio sui piedi è versato tutto il
contenuto ( e discepoli, uomini di lavoro ed esperti di soldi, valutano il
costo esorbitate, corrispondente alla paga di un anno di un operaio). Tutto
si svolge in silenzio, con gesti precisi; i piedi sono asciugati con i propri
capelli, gesto in pubblico assolutamente disdicevole. Una rispettabile
signora giudea non si sarebbe mai presentata in pubblico con i capelli
sciolti. La scena è sconcertante, seguita dagli occhi di tutti. Giuda esplode
in una critica dura per quello spreco. rivendicando il primato della
elemosina. "I poveri saranno sempre con voi". E' scritto anche nel libro
del Deuteronomio (15,11) per ricordare l'impegno di ogni comunità
all'attenzione e all'impegno verso i poveri. Gesù, con discrezione,
ridimensiona il disagio e la scorretta obiezione di Giuda. Nella nuova
Comunità cristiana il problema non sarà tanto l'attenzione ai poveri con
l'elemosina ma l'accoglienza dei poveri per sviluppare con loro una
fraternità, in cui ciascuno accoglie quelli che può e sa portare. La
domenica delle Palme inizia un progetto di discussioni, gesti, cammini, segni
che via via Gesù sviluppa: egli sa di offrire a ciascuno segnali e progetti
di vita. Gesù, che pure sa di non essere sufficientemente capito,
moltiplica, comunque, come per un testamento, i messaggi che poi la Comunità
cristiana dovrà decifrare con l'aiuto delle Spirito Santo. Noi siamo
invitati a pregare, a riflettere insieme, a sostenerci ed a capire. E' il
compito di una Comunità cristiana che vive nel mondo e deve cogliere attese e
incoraggiare energie senza avvilire e senza deludere. Il centro è sempre la
misericordia di Dio e i nuovi criteri di vita nella Pasqua. Perciò ci
facciamo solidali con il nuovo Papa, e attendiamo che ci faccia da maestro.
Preghiamo che finisca la guerra in molti paesi. Ci impegniamo ad impostare
seriamente valori e criteri di vita. Quando ci vengono proposte scelte
politiche, valutiamo non, prima di tutto, i nostri interessi ma il bene di
tutti.
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