 III Domenica di Avvento
1 dicembre 2019 Mt 11, 2-15
Riferimenti : Is 35, 1-10 . Salmo 84 - Rm 11, 25-36 |
| Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci
la tua salvezza. Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli
annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi
ritorna a lui con fiducia. |
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Is 35, 1-10 Così dice il
Signore Dio: «Si rallegrino il deserto e la
terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come
fiore di narciso fiorisca; sì, canti con gioia e
con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo
splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno
la gloria del Signore, la magnificenza del
nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete
salde le ginocchia vacillanti. Dite agli
smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco
il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa
divina. Egli viene a salvarvi”. Allora si
apriranno gli occhi dei ciechi e si schiuderanno
gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà
come un cervo, griderà di gioia la lingua del
muto, perché scaturiranno acque nel deserto,
scorreranno torrenti nella steppa. La terra
bruciata diventerà una palude, il suolo riarso
sorgenti d’acqua. I luoghi dove si sdraiavano
gli sciacalli diventeranno canneti e giuncaie.
Ci sarà un sentiero e una strada e la
chiameranno via santa; nessun impuro la
percorrerà. Sarà una via che il suo popolo potrà
percorrere e gli ignoranti non si smarriranno.
Non ci sarà più il leone, nessuna bestia feroce
la percorrerà o vi sosterà. Vi cammineranno i
redenti. Su di essa ritorneranno i riscattati
dal Signore e verranno in Sion con giubilo;
felicità perenne splenderà sul loro capo; gioia
e felicità li seguiranno e fuggiranno tristezza
e pianto». Is 35,1-10 Il
profeta ha davanti agli occhi la desolazione
dell'esilio e ancor più la desolazione di
Gerusalemme e del monte Sion che è stato
diroccato e distrutto. Ma agli occhi del profeta
sorge un nuovo mondo, pieno di luce e di
speranza. Finalmente si capovolgono le realtà di
ingiustizia e di violenza. Finalmente Dio mette
mano alla storia e riprende a dare speranza al
suo popolo deportato. Il capitolo precedente
(34) racconta l'intervento di Dio come un
combattente vincitore contro Edom, il paese che
nella distruzione di Gerusalemme si è affiancato
come alleato ai Babilonesi. Il linguaggio
drammatico della distruzione e la desolazione li
si possono paragonare alle sofferenze della
sconfitta di Israele. In questo capitolo si
intravede la salvezza che Dio porta: le immagini
sono splendide, cariche di poesia e di sogno, ma
anche di progetti, di sviluppo, di fecondità, di
gioia e di benessere. Nella prima parte il mondo
viene rigenerato come un giardino, quasi un
paradiso terrestre e i luoghi nominati: Libano,
Carmelo e Saron sono luoghi splendidi e i più
rigogliosi nel Medio Oriente. Dio mostra la sua
potenza sul mondo che viene rigenerato. Ma la
preoccupazione prima è per chi abiterà questa
magnifica casa rinnovata. Scompaiono le
infermità fisiche e spirituali: "Guariranno i
ciechi e i sordi, lo zoppo e il muto
festeggeranno nuovamente in pienezza il tempo"
(il numero 4 ricorda l'universalità della
terra).
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Rm 11, 25-36 Non voglio che
ignoriate, fratelli, questo mistero, perché non siate
presuntuosi: l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto fino
a quando non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto
Israele sarà salvato, come sta scritto: «Da Sion uscirà il
liberatore, egli toglierà l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la
mia alleanza con loro quando distruggerò i loro peccati». Quanto
al vangelo, essi sono nemici, per vostro vantaggio; ma quanto
alla scelta di Dio, essi sono amati, a causa dei padri, infatti
i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo
siete stati disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto
misericordia a motivo della loro disobbedienza, così anch’essi
ora sono diventati disobbedienti a motivo della misericordia da
voi ricevuta, perché anch’essi ottengano misericordia. Dio
infatti ha rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere
misericordioso verso tutti! O profondità della ricchezza, della
sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto insondabili sono i
suoi giudizi e inaccessibili le sue vie! Infatti, «chi mai ha
conosciuto il pensiero del Signore? O chi mai è stato suo
consigliere? O chi gli ha dato qualcosa per primo tanto da
riceverne il contraccambio?». Poiché da lui, per mezzo di lui e
per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli. Amen.
Rm 11,25-36 Paolo sente fortemente il
dramma del suo popolo, smarrito di fronte alla presenza e alla
Parola di Gesù. Non riesce a trovare un senso, soprattutto dopo
le innumerevoli garanzie che il Signore ha dato al suo popolo, e
ricorda i due testi di Isaia: " Da Sion uscirà il liberatore,
egli toglierà l'empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza
con loro, quando distruggerò i loro peccati." (59,20-21; 27,9).
Da buon ebreo sa che tutti attendono e sperano di poter essere
liberati e si sentono addirittura già nell'orizzonte di questa
alba nuova. Eppure l'esperienza di Paolo nella sua missione gli
fa trovare molta più attenzione ed entusiasmo tra i pagani. Si
stupisce di tutto questo, ma una intuizione sul comportamento
degli ebrei fa capire che una conversione in massa dei suoi
connazionali avrebbe bloccato qualunque apertura sul mondo dei
lontani e dei pagani. Paolo è veramente convinto di questa
speranza universale, ma ha fatto esperienza dei contrasti sorti
anche tra ebrei cristiani. In particolare, ricorda le tensioni
che ha dovuto affrontare, compreso il dibattito e il confronto
nel Concilio di Gerusalemme degli anni 50, quando ha discusso
con tutta la Comunità cristiana di Gerusalemme, riunita con gli
apostoli, sull'apertura della fede di Gesù al mondo dei pagani.
Si è aperta, certamente, la grande prospettiva di un messaggio a
tutti gli uomini e le donne. Ma il popolo d'Israele si è
irrigidito sempre di più. Il progetto di Dio è sviluppare una
coscienza responsabile, è far scoprire un itinerario di ricerca,
di umiltà e di misericordia con cui Dio stesso, rispettando le
persone, sa accogliere. L'invito ai cristiani, che provengono
dal paganesimo, incoraggia a mantenere grande comprensione e
rispetto per un popolo fedele, nonostante le fatiche e le
sofferenze, la soggezione e la ricerca di una libertà
conculcata. Il Signore sa aiutare e sa ospitare.
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Mt 11, 2-15 In quel tempo. Giovanni, che era in
carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi
discepoli mandò a dirgli: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare
un altro?». Gesù rispose loro: «Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e
vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono
purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il
vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!». Mentre
quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che
cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora,
che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco,
quelli che vestono abiti di lusso stanno nei palazzi dei re! Ebbene, che cosa
siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.
Egli è colui del quale sta scritto: “Ecco, dinanzi a te io mando il mio
messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via”. In verità io vi dico:
fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma
il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui. Dai giorni di
Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli subisce violenza e i
violenti se ne impadroniscono. Tutti i profeti e la Legge infatti hanno
profetato fino a Giovanni. E, se volete comprendere, è lui quell’Elia che
deve venire. Chi ha orecchi, ascolti!». Mt 11,2-15
Matteo sta verificando l'adesione a Gesù, dopo aver inviato gli apostoli per
la loro prima missione (cap 10). Così i due successivi capitoli svelano le
reazioni del mondo attorno a Gesù. L'evangelista inizia raccontando: - il
nuovo rapporto con Giovanni Battista in carcere e la sua crisi di fronte
all'operato di Gesù (11,1-19), - il rifiuto delle città delle sponde del lago
(11,20-24) e l'accoglienza dei piccoli (11,25-30), - le controversie con i
farisei (12,1-45). In conclusione esiste una nuova famiglia e i veri parenti
di Gesù sono i discepoli (12,46-50). Giovanni Battista è in carcere a
Macheronte, una fortezza di Erode; trattato però con rispetto. Riceve i suoi
discepoli e parla con loro. Perciò può essere informato di quello che si sta
sviluppando attorno a Gesù. Egli è particolarmente attento a tutto ciò che il
Messia fa e dice. Tuttavia la prigione, la solitudine, il silenzio sul tempo
nuovo pesano su Giovanni, il veggente e grande profeta, che ha preannunciato
eventi drammatici e ha garantito giudizi e chiarezze che restano lettera
morta. Non sa nulla e non avviene nulla della giustizia che deve esplodere,
del giudizio che finalmente chiarisca il bene e il male nei fatti e nei
meriti, della liberazione che lui stesso attende poiché è stato fedele alla
sua vocazione. Il Dio, di cui ora sente parlare, accoglie tutti, anzi, in
particolare, i peccatori. Perciò tramonta il rendiconto, anzi addirittura non
esiste. Nasce il dubbio sull'aver sbagliato persona più che sull'aver
sbagliato il messaggio. Giovanni è sicuro della propria analisi e sicuro
della giustizia di Dio. Non si sente più sicuro su questo Messia, in cui pure
ha creduto. Perché questo Messia non opera per un mondo giusto? |