Domenica nell'ottava del Natale del Signore
29 dicembre 2019
Gv 1, 1-14
Riferimenti : Pr 8, 22-31 - Sal 2 - Col 1, 13b. 15-20 |
| Oggi la luce risplende su di noi.Voglio
annunciare il decreto del Signore. Egli mi ha detto: «Tu sei mio
figlio, io oggi ti ho generato. Chiedimi e ti darò in eredità le
genti e in tuo dominio le terre più lontane». |
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Pr 8, 22-31 La Sapienza grida:
«Il Signore mi ha creato come inizio della sua
attività, prima di ogni sua opera, all’origine.
Dall’eternità sono stata formata, fin dal
principio, dagli inizi della terra. Quando non
esistevano gli abissi, io fui generata, quando
ancora non vi erano le sorgenti cariche d’acqua;
prima che fossero fissate le basi dei monti,
prima delle colline, io fui generata, quando
ancora non aveva fatto la terra e i campi né le
prime zolle del mondo. Quando egli fissava i
cieli, io ero là; quando tracciava un cerchio
sull’abisso, quando condensava le nubi in alto,
quando fissava le sorgenti dell’abisso, quando
stabiliva al mare i suoi limiti, così che le
acque non ne oltrepassassero i confini, quando
disponeva le fondamenta della terra, io ero con
lui come artefice ed ero la sua delizia ogni
giorno: giocavo davanti a lui in ogni istante,
giocavo sul globo terrestre, ponendo le mie
delizie tra i figli dell’uomo». Proverbi 8,
22-31 Il libro dei Proverbi,
nonostante sia stato attribuito a Salomone
(1,1), va considerato come opera di diversi
autori, confluiti nei secoli a fissare il testo
attuale. La parte più antica risale all'epoca
della monarchia in Israele (X-VII sec.); voleva
sintetizzare comportamenti e saggezze che
servissero da modello per la corte, la famiglia,
la scuola, la formazione degli scribi e degli
impiegati nell'amministrazione del regno. I
primi nove capitoli, da cui è stato tratto il
testo di oggi, riflettono la concezione della
Sapienza che si è affermata dopo l'esilio
babilonese (V sec.): la Sapienza diventa
anzitutto una prerogativa divina, e non è più
soltanto un mezzo per ottenere successo e
benevolenza. Nei libri sapienziali dell'Antico
Testamento spesso la Sapienza stessa è
personificata. Quasi una tecnica teatrale
permette alla Sapienza di presentarsi agli
uomini desiderabile più d'ogni altra cosa, di
castamente sedurli e farli innamorare di sé,
così che abbiano la vita piena e vera. Il libro
dei Proverbi pone, all'inizio di tutto, la
creazione-generazione della Sapienza. E'
anteriore a tutto, ma è pure principio di tutto,
principio nel tempo e principio di ogni realtà,
perché l'intelligenza umana scopre, con
meraviglia inesausta, le tracce
dell'intelligenza divina nelle cose del mondo:
rapporti, meccanismi, sistemi complessi che
suggeriscono una progettualità, sommamente
sapiente, che ha prodotto la realtà e la conduce
nel tempo. D'altra parte il libro dei Proverbi
rivela qualcosa di Dio stesso: questa Sapienza è
anche altra da lui, si pone come suo partner
nell'opera della creazione, come "consigliere al
suo fianco" e, molto di più, come sua "delizia",
giorno dopo giorno, bimba o donna dagli occhi
sempre ridenti. Ciò che fa ridenti gli occhi di
Sapienza è il globo terrestre, la terra che Dio
ha creato, e delizia della Sapienza sono i figli
dell'uomo. L'Antico Testamento è giunto fino ad
affermare che Dio non è solo nel creare il
mondo.
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Col 1, 13b. 15-20 Fratelli,
il Figlio del suo amore è immagine del Dio invisibile,
primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create
tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle
invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le
cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli
è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche
il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito
di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il
primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in
lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui
siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il
sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia
quelle che stanno nei cieli. Colossesi 1, 13b.
15-20 A Colossi la comunità è disorientata da una dottrina
d'origine ebraica e pagana che esalta i ruoli di misteriose
potenze celesti, ben oltre la dignità di Gesù. Paolo in questa
lettera si preoccupa di porre una riflessione approfondita su
Gesù e il suo ruolo, come riferimento fondamentale del creato e
di tutta la Chiesa. Sembra che qui si citi un inno cristiano
primitivo (3,16) composto di due strofe. La prima strofa (vv
15.16) celebra il ruolo di Cristo nella prima creazione e nella
nuova creazione (2Cor 5,17). Spiega il significato di «tutte le
cose» (vv 16bcd.20b) come richiamo ai credenti che tendevano a
riferire un ruolo preminente agli angeli (2,18). La seconda
strofa (Col 1,18-20) proclama la Chiesa: come corpo di Cristo;
di essa Cristo ne è il capo, sia per la sua priorità nel tempo
(nella creazione e primo tra i risuscitati, v18), e sia per la
sua riconciliazione di tutte le cose: egli è perciò «principio»
nell'ordine della salvezza (v 20). Si intravede la pienezza
«della divinità» (come in Col 2,9). In Gesù tutte le cose sono
create e dipendono da lui: il mondo è in pace nella pienezza del
Signore. Ma un altro titolo fa convergere a Gesù tutte le cose.
Infatti, se la caduta dell'umanità nella disobbedienza ha
trascinato tutta la realtà nella esclusione da Dio, solo Gesù è
stato capace di riconciliare la realtà poiché ha "pacificato con
il suo sangue" ed ha riconquistato tutto alla vita mediante la
sua risurrezione
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Gv 1, 1-14 In principio era il Verbo, e il Verbo era
presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era, in principio, presso Dio: tutto è
stato fatto per mezzo di lui e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che
esiste. In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce
splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta. Venne un uomo mandato
da Dio: il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per dare
testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. Non era
lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce. Veniva nel mondo la luce
vera, quella che illumina ogni uomo. Era nel mondo e il mondo è stato fatto
per mezzo di lui; eppure il mondo non lo ha riconosciuto. Venne fra i suoi, e
i suoi non lo hanno accolto. A quanti però lo hanno accolto ha dato potere di
diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali, non da
sangue né da volere di carne né da volere di uomo, ma da Dio sono stati
generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi
abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del
Figlio unigenito che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
Giovanni 1, 1-14 Il Prologo (o Introduzione: si chiamano così i primi 18
versetti del Vangelo di Giovanni) si presenta come un testo libero, un canto
che prende vita e cresce da un versetto all'altro. Esso parla della
manifestazione di Gesù che rivela Dio. Gesù è il narratore che parla del
Padre, dell'amore che lega il Figlio al Padre e di ambedue nei riguardi
dell'uomo. Egli è l'icona visibile del Dio invisibile, perché chi vede il
Figlio vede il Padre. Questa Rivelazione del Prologo, del Figlio nel Padre e
del Padre attraverso il Figlio, trova il suo punto massimo in Gv. 16,28:
"Sono venuto nel mondo, ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre". Così,
a questo i suoi discepoli rispondono: "Ora parli chiaramente e non usi
similitudini, ora conosciamo che sai tutto...per questo crediamo che sei
uscito da Dio" Il prologo e tutto il vangelo si formano dal moto di Gesù che,
uscito dal Padre torna al Padre. La struttura interna, con la discesa nel
mondo e con la salita al Padre, raggiunge nella nostra vita il suo vertice
nel dono della luce, della grazia e della verità che, se accolte, ci rendono
figli di Dio. Il Prologo è l'inizio del vangelo di Giovanni che illustra,
anticipandoli e sintetizzandoli, tutti i temi del Vangelo di Giovanni: Gesù è
il Verbo di Dio che si fa carne e viene ad abitare tra noi. Possiamo
distinguere quattro sezioni in cui si intrecciano i significat - della
identità del Verbo e della sua missione nel mondo, rivelatore del Padre e
salvatore, - della missione di Giovanni Battista, - del rifiuto e della
fede del mondo in Cristo Gesù, - di pienezza di Cristo. |