 S. Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe
26 gennaio 2020
Luca 2, 41-52
Riferimenti : Sir 7, 27-30. 32-36 - Sal 127 - Col 3, 12-21 |
| Vita e benedizione sulla casa che teme il
Signore. Beato chi teme il Signore e cammina nelle sue vie.
Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai
ogni bene. R La tua sposa come vite feconda nell’intimità della
tua casa; |
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Sir 7, 27-30. 32-36 Onora tuo
padre con tutto il cuore e non dimenticare le
doglie di tua madre. Ricorda che essi ti hanno
generato: che cosa darai loro in cambio di
quanto ti hanno dato? Con tutta l’anima temi il
Signore e abbi riverenza per i suoi sacerdoti.
Ama con tutta la forza chi ti ha creato e non
trascurare i suoi ministri. Anche al povero
tendi la tua mano, perché sia perfetta la tua
benedizione. La tua generosità si estenda a ogni
vivente, ma anche al morto non negare la tua
pietà. Non evitare coloro che piangono e con gli
afflitti móstrati afflitto. Non esitare a
visitare un malato, perché per questo sarai
amato. In tutte le tue opere ricòrdati della tua
fine e non cadrai mai nel peccato.
Siracide 7, 27-30. 32-36. Dopo aver
richiamato al giovane figlio, a cui è rivolto
l'insegnamento, l'impegno di ricerca della
istruzione: " Figlio, fin da giovane ricerca
l'istruzione e fino a vecchio troverai sapienza"
(6,18), i brani che leggiamo oggi, nel cap.7,
fanno arte di raccomandazioni di diverso
argomento di natura morale, sociale e religiosa.
Per lo più sono precetti in forma negativa in
tutto il capitolo, ma qui vengono ripensate
anche proposte aperte alla maturazione ed al
progresso della sapienza. Il libro del Siracide,
detto anche "Sapienza di Sirach", detto anche
Ecclesiastico, fu inizialmente scritto in
ebraico da Ben Sira, (il nome greco è Siracide)
verso il 180 a. C. e fu tradotto dal nipote in
greco attorno al 130 a.C., lasciandone
testimonianza nel prologo nel libro stesso.
Composto da 51 capitoli con vari detti di genere
sapienziale, sintesi della religione ebraica
tradizionale e della sapienza comune, vuole
contrastare la penetrazione culturale greca
nella cultura ebraica, ponendo una diga morale
per i suoi, e incoraggiando a riprendere la
Sapienza delle proprie tradizioni. Coraggioso e
infervorato dalla Sapienza e del culto ebraico,
insiste che non ci si debba vergognare della
propria ricchezza morale e della legge. Il mondo
ebraico, quando stabilì il Canone (elenco
ufficiale dei libri della Scrittura attorno il
90 d.C,) non considerò ispirato questo testo,
probabilmente perché la sua diffusione era
avvenuta, prevalentemente, con il testo greco.
E' rimasto invece come testo sacro ispirato nei
testi ufficiali del Canone cattolico. Perciò non
è elencato nella Bibbia ebraica (22 libri), né
nel Canone del mondo protestante ( che segue,
per l'A.T., il criterio ebraico). Nelle bibbie è
ricordato come Deuterocanonico. Sono nominate le
realtà più sacre della vita quotidiana ebraica:
i familiari, compresi i genitori (vv18-28), il
rispetto del Signore e dei suoi sacerdoti
(29-31), i poveri (v 32), le offerte per i morti
secondo criteri propri degli ebrei che pure non
avevano ancora con chiarezza il richiamo della
vita oltre la morte e la risurrezione dei morti,
come la consapevolezza sviluppò più tardi (v
33). Si richiamano, con accenti di tenerezza,
l'attenzione alla misericordia verso chi piange
e verso i malati (vv 34-35). Il v 33 ricorda che
le opere di misericordia non debbono escludere
nessuno: "La tua generosità si estenda a ogni
vivente, ma anche al morto". E' commovente
questa attenzione alla vita e persino al ricordo
della vita.
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Col 3, 12-21 Fratelli, scelti da
Dio, santi e amati, rivestitevi dunque di sentimenti di
tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di magnanimità,
sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni gli altri, se
qualcuno avesse di che lamentarsi nei riguardi di un altro. Come
il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Ma sopra tutte
queste cose rivestitevi della carità, che le unisce in modo
perfetto. E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad
essa siete stati chiamati in un solo corpo. E rendete grazie! La
parola di Cristo abiti tra voi nella sua ricchezza. Con ogni
sapienza istruitevi e ammonitevi a vicenda con salmi, inni e
canti ispirati, con gratitudine, cantando a Dio nei vostri
cuori. E qualunque cosa facciate, in parole e in opere, tutto
avvenga nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie per mezzo di
lui a Dio Padre. Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come
conviene nel Signore. Voi, mariti, amate le vostre mogli e non
trattatele con durezza. Voi, figli, obbedite ai genitori in
tutto; ciò è gradito al Signore. Voi, padri, non esasperate i
vostri figli, perché non si scoraggino. Col 3,12-21
Il testo che leggiamo è particolarmente ricco per una scelta
cristiana di valori e di sentimenti che debbono maturare in una
famiglia cristiana (vv12-13). C'è una prima immagine: il
vestito, il vestito nuovo, bianco, ricevuto e indossato il
giorno del battesimo, il segno di quel "rivestitevi dunque di
sentimenti di tenerezza, di bontà, di umiltà, di mansuetudine,
di magnanimità, sopportandovi a vicenda e perdonandovi gli uni
gli altri". Spogliato dell'uomo vecchio e risorto a vita nuova,
la dignità espressa nel vestito è quella di essere cristiani,
con una legge nuova costituita, meno di precetti e più di
sentimenti degni di Gesù: l'elenco è di 7 e costituisce la
pienezza dello stile credente. Nella famiglia deve essere
fondamentale il perdono, a somiglianza del perdono che riceviamo
dal Signore. Infatti il perdono ricostruisce il tessuto della
speranza e della fiducia, rammenda gli strappi, ristruttura i
rapporti, rinsalda i cammini comuni. Nella riflessione delle
relazione ritorna la dignità dell'accogliersi ("rivestitevi di
carità") e costituisce la pienezza dell'armonia ("la pace
portata da Cristo"). Vengono quindi indicati i mezzi per vivere
e sorreggere l'armonia familiare: prima di tutto la Parola di
Dio che alimenta la sapienza della vita e aiuta nel dialogo
reciproco per capire e per correggere; poi la preghiera che crea
affiatamento e fa intravedere prospettive e valori. E se nella
famiglia ci si preoccupa a produrre segni di affetto e di
attenzione (si fanno feste, ci si offre regali, si organizzano
le vacanze, si richiamano ricorrenze), ancor più si cresce in
maturità e letizia con il canto e la lode a Dio: "Cantate a Dio
e ringraziatelo mediante Gesù" (v 16). Infine, nella vita
familiare risuonano parole che, alla nostra sensibilità, urtano
poiché sono segnate da sospetto come: " Voi mogli siate soggette
ai mariti". Questo è nella cultura del tempo, sia ebraico che
pagano.

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Lc 2, 41-52 In quel tempo. I genitori del
Signore Gesù si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della
festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il
fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi
si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato,
tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel
tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E
tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e
le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse:
«Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti
cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io
devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che
aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro
sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù
cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.
Luca 2, 41-52 Il Vangelo di Luca, a conclusione dei capitoli
dell'infanzia, riporta il difficile testo di Gesù che si ferma nel tempio, a
12 anni, senza avvisare nessuno della sua famiglia, risultando perciò
disperso. Per intendere il testo, vanno riletti gli elementi proposti,
sapendo che sono stati scritti a distanza di circa settant'anni, e dopo una
enorme maturazione e riflessione sulla figura di Gesù. Non è perciò un fatto
di cronaca che viene raccontato, ma un richiamo, all'inizio della vita adulta
di Gesù, che sintetizza tutta la vicenda della sua vita e della sua morte. È
infatti, come spesso avviene nei Vangeli, un testo carico di richiami
simbolici e teologici. Gesù, infatti, è condotto a Gerusalemme secondo
l'usanza del tempo che, per sé, prevedeva tre incontri nell'anno per ogni
ebreo maschio. Per coloro, però, che erano lontani, per i più devoti, era uso
andare a Gerusalemme almeno una volta all'anno, normalmente nel periodo della
Pasqua. Luca ricorda che, in questa occasione, Gesù ha 12 anni, e, a 12 anni,
un ragazzo era ormai prossimo a quella festa in cui il ragazzo ebreo compie
la cerimonia del "Bar miswah" (lett. "figlio del precetto") che identifica
l'ingresso nella maggior età religiosa. Così, a 13 anni, ogni ebreo diventa
religiosamente adulto ed è obbligato all‘osservanza integrale dei precetti.
Diventa così "figlio del comandamento", direttamente, senza aver più bisogno
della mediazione dei genitori. Il testo è diviso in tre parti: - Io
smarrimento e il ritrovamento di Gesù (2,41-47) durante il pellegrinaggio. Il
12 tuttavia richiama anche il numero del popolo. - il dialogo tra Maria e
Gesù nel tempio (2,48-50) apre allo stupore di un ritrovamento, ma anche alla
scoperta di una saggezza imprevista. Nelle parole di Maria c'è però anche un
logico rimprovero: si riferisce alla violazione di una norma che prescriveva,
a chi non era ancora maggiorenne, di vivere nella casa paterna. Gesù invece
rivela che, stando nel tempio, non viola la legge, ma la osserva nel suo più
profondo significato: il tempio, ritenuto la casa di Dio, è la vera casa
paterna di Gesù, figlio di Dio. Giuseppe e Maria non capiscono ma accettano
in silenzio questo mistero che si svelerà via via. - la conclusione
dell'episodio e dell'infanzia di Gesù (2,51-52). Il tema di fondo,
tuttavia, è dato dalla frase dì Gesù "Non sapete che debbo essere presso il
Padre mio?" (traduzione che sembra più aderente al testo). Gesù dimostra
la sua dipendenza fondamentale dal Padre e quindi la sua consapevolezza e
chiarezza nella vocazione e nell'ubbidienza ("devo").
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