V Domenica dopo l'Epifania
9 febbraio 2010
Gv 4, 46-54
Riferimenti : Is 66, 18b-22 -  Sal 32 -  Rm 4, 13-17
Esultate, o giusti, nel Signore.Tema il Signore tutta la terra, tremino davanti a lui gli abitanti del mondo, perché egli parlò e tutto fu creato, comandò e tutto fu compiuto. R Il Signore annulla i disegni delle nazioni, rende vani i progetti dei popoli.

  Is 66, 18b-22
Così dice il Signore Dio: «Io verrò a radunare tutte le genti e tutte le lingue; essi verranno e vedranno la mia gloria. Io porrò in essi un segno e manderò i loro superstiti alle popolazioni di Tarsis, Put, Lud, Mesec, Ros, Tubal e Iavan, alle isole lontane che non hanno udito parlare di me e non hanno visto la mia gloria; essi annunceranno la mia gloria alle genti. Ricondurranno tutti i vostri fratelli da tutte le genti come offer ta al Signore, su cavalli, su carri, su portantine, su muli, su dromedari, al mio santo monte di Gerusalemme – dice il Signore –, come i figli d’Israele portano l’offerta in vasi puri nel tempio del Signore. Anche tra loro mi prenderò sacerdoti leviti, dice il Signore. Sì, come i nuovi cieli e la nuova terra, che io farò, dureranno per sempre davanti a me – oracolo del Signore –, così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome».

Isaia. 66, 18b-22
Il profeta, che conclude il libro di Isaia, apre orizzonti splendidi e sconcertanti al popolo d'Israele. L'esperienza a Babilonia, con la deportazione dal proprio paese, ha sconvolto le abitudini ed ha obbligato ad un rapporto nuovo con il Signore. Il popolo, che si è trovato senza il tempio, che non può più frequentare, s'è costituito in gruppi di coesione interna e di studio, impostando l'esperienza futura delle sinagoghe. Ha ripensato ad un culto nuovo, fondamentalmente legato alla lettura della Parola di Dio e all'ubbidienza alla legge. E, in tal modo, ha maggiormente interiorizzato la propria religiosità. E, nel frattempo, l'esperienza di Babilonia ha avuto anche dei capovolgimenti nei rapporti con i pagani, facendo rivedere la mentalità radicata da secoli e i molti pregiudizi di cui si è alimentato questo popolo. Ha sempre pensato con disprezzo e giudicato i pagani come: "disonesti, violenti, incapaci di accoglienza, nemici di Dio", ma poi ha scoperto, nella convivenza, che in questo paese straniero come il mondo babilonese, ci sono persone generose, accoglienti, responsabili e, a volte, molto migliori degli stessi ebrei, cultori del vero Dio. Al ritorno, in Israele, se si sono riprese le preoccupazioni e le distinzioni rispetto ai pagani, si sta tuttavia formando una nuova conoscenza su tutto il mondo. Dio vorrà un segno fra le nazioni e il segno sarà proprio il popolo disperso d'Israele che, trapiantato nei vari paesi del mondo, con la propria fede e la propria conoscenza, farà attecchire il seme nuovo per la conoscenza di Dio. Avverrà il miracolo. Questi popoli pagani, cambiati, compiranno il loro pellegrinaggio verso Gerusalemme, la città santa, e accompagneranno i fratelli ebrei, portando offerte al Signore insieme a loro. Anzi, cosa inaudita, tra loro ci saranno anche sacerdoti e leviti tratti dal popolo pagano, che riconosce il Signore e si apre al suo splendore.

 Rm 4, 13-17
Fratelli, non in virtù della Legge fu data ad Abramo, o alla sua discendenza, la promessa di diventare erede del mondo, ma in virtù della giustizia che viene dalla fede. Se dunque diventassero eredi coloro che provengono dalla Legge, sarebbe resa vana la fede e inefficace la promessa. La Legge infatti provoca l’ira; al contrario, dove non c’è Legge, non c’è nemmeno trasgressione. Eredi dunque si diventa in virtù della fede, perché sia secondo la grazia, e in tal modo la promessa sia sicura per tutta la discendenza: non soltanto er quella che deriva dalla Legge, ma anche per quella che deriva dalla fede di Abramo, il quale è padre di tutti noi – come sta scritto: «Ti ho costituito padre di molti popoli» – davanti al Dio nel quale credette, che dà vita a
i morti e chiama all’esistenza le cose che non esistono.
Romani. 4, 13-17
Esiste, nel mondo ebraico, la credenza che l'elezione di Dio e quindi la sua benedizione siano frutto dell'osservanza della legge mosaica. Paolo è convinto, e tutta la Scrittura assicura che solo la fede garantisce la giustizia e quindi permette che il Signore offra la sua promessa a chi gli è fedele. C'è la promessa del figlio, la promessa della terra, e la promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo quindi la promessa di una benedizione per tutti i popoli della terra. Ora anche i cristiani sono figli della fede, dice Paolo e dice ancora che Abramo è padre di tutti i pagani, essi che sono suoi figli mediante la fede davanti a Dio. La promessa si fonda solo sull'unica condizione della fede del patriarca. Se infatti, come condizione, ci fosse un patto bilaterale tra Dio e l'uomo, Dio non sarebbe più legato solo alla sua parola, ma sarebbe legato all'azione umana. Una promessa che ha bisogno dell'osservanza della legge per essere offerta non è più gratuita, non è più un favore offerto. Paolo sta sviluppando una sua convinzione assai chiara, confermata dalla Scrittura: la fede è la sola condizione richiesta da Dio per giustificare l'uomo.E Abramo ne è il vero esempio che garantisce il dono di Dio. Abramo e Sara, anziani, ricevono da Dio più promesse: la promessa del figlio, la promessa della terra, la promessa di una discendenza numerosa come le stelle del cielo e come la sabbia della spiaggia del mare, la promessa di una benedizione per tutti i popoli della terra, sua discendenza. Nella fede di Abramo sono figli il popolo d'Israele, quindi i cristiani che, a sua volta, sono inviati a tutte le gente e raccolgono tutti i popoli della terra.


 Gv 4, 46-54
In quel tempo. Il Signore Gesù andò di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.

Giovanni. 4, 46-54
Gesù sta risalendo verso la Galilea, dopo un viaggio a Gerusalemme. Si è fermato in Samaria e si è preparato al grande incontro, prima con la Samaritana e poi con i cittadini della città. Hanno voluto che si fermasse con loro, lo hanno ascoltato e lo hanno accolto come nuovo Messia e come nuova Parola. Dopo due giorni ritorna a Cana, il luogo del primo segno, primo posto della sua manifestazione e dell'ora anticipata. Sotto un certo aspetto si sente l'esigenza di ritrovare i segni messianici della nuova Alleanza che egli ha posto nel banchetto degli sposi. Gli viene incontro un funzionario del Re che gli parla del figlio malato. Ed è una malattia drammatica perché il padre ha l'impressione che sia legata ad una prossima morte. Il racconto ha dei paralleli interessanti, collegati al primo segno: là c'è la richiesta di sua madre, Maria che ricorda la mancanza del vino, e quindi della gioia e della festa, qui c'è la richiesta di un padre per la vita del figlio. Verso tutti e due c'è una reazione contraria: sia verso la madre: " Che cosa ci posso fare?", sia verso il padre:" Voi cercate segni; se non vedete segni e prodigi, voi non credete". Ma se ci si impegna nella fiducia e nella certezza della forza di Gesù, Gesù interviene e cambia il corso delle cose. Se si obbedisce sulla parola: se i servi riempiono d'acqua le idrie, se il dignitario accetta di tornare a casa sulla parola di Gesù, allora il cambiamento avviene. Situazioni diverse, reazioni insospettate che tuttavia si concludono con due atteggiamenti di comprensione e di misericordia. A dire il vero, il funzionario ha un suo schema mentale anche riguardo alla guarigione. Egli pensa che Gesù debba abbandonare il posto e debba seguirlo, debba incontrare questo ragazzo, debba toccarlo e guarirlo. Ma Gesù, di fronte alla prospettiva di dover organizzare una ritualità religiosa, si rifiuta.