 II Domenica dopo Pentecoste
8 giugno 2020
Mt 5, 2. 43-48
Riferimenti : Sir 17, 1-4. 6-11b. 12-14 - Sal 103 - Rm 1, 22-25.
28-32 |
| Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Sei
rivestito di maestà e di splendore, avvolto di luce come di un
manto, tu che distendi i cieli come una tenda, costruisci sulle
acque le tue alte dimore. |
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Sir 17, 1-4. 6-11b. 12-14
Il Signore creò l’uomo dalla terra e ad essa di nuovo
lo fece tornare. Egli assegnò loro giorni
contati e un tempo definito, dando loro potere
su quanto essa contiene. Li rivestì di una forza
pari alla sua e a sua immagine li formò. In ogni
vivente infuse il timore dell’uomo, perché
dominasse sulle bestie e sugli uccelli.
Discernimento, lingua, occhi, orecchi e cuore
diede loro per pensare. Li riempì di scienza e
d’intelligenza e mostrò loro sia il bene che il
male. Pose il timore di sé nei loro cuori, per
mostrare loro la grandezza delle sue opere, e
permise loro di gloriarsi nei secoli delle sue
meraviglie. Loderanno il suo santo nome per
narrare la grandezza delle sue opere. Pose
davanti a loro la scienza e diede loro in
eredità la legge della vita. Stabilì con loro
un’alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi
decreti. I loro occhi videro la grandezza della
sua gloria, i loro orecchi sentirono la sua voce
maestosa. Disse loro: «Guardatevi da ogni
ingiustizia!» e a ciascuno ordinò di prendersi
cura del prossimo.
Siracide. 17,1-4. 6-11b. 12-14 Il mondo si
presenta nella sua bellezza, capolavoro del Dio
creatore. Attrezzato perché potesse diventare la
casa dell'uomo, si presenta come dono, complesso
e articolato, per rendere possibile la vita di
ciascuno. L'autore biblico si rende conto di un
suo compito fondamentale: deve comunicare la
conoscenza di questo universo all'umanità e
perciò ricorda "Ascoltami, figlio, e impara la
scienza, e nel tuo cuore tieni conto delle mie
parole"( v 6,24). I due piani tradizionali del
cielo e della terra si riflettono in due gruppi
di creature: quelle celesti e quella terrestri.
L'uomo, al centro, partecipa delle une con il
suo dominio e partecipa alle altre con la sua
natura mortale. Poiché è fatto di terra, ritorna
alla terra nella sua mortalità. Ha il tempo
contato, eppure è fatto a immagine di Dio e
partecipa allo stesso dominio del Signore sul
mondo. E, dotato di sensi e di ragione che lo
rendono superiore agli animali, nel suo cuore ha
ricevuto doni dal Signore che permettono di
sviluppare il suo proprio rapporto religioso con
il mondo e il suo creatore. Mentre riconosce le
opere di Dio, apprezza i comandamenti della
legge che il Signore ha posto nel mondo. In
questo testo si fa riferimento al timore tanto
nel rapporto degli animali con l'umanità: "In
ogni vivente infuse il timore dell'uomo, perché
dominasse sulle bestie e sugli uccelli" (17,4)
quanto nel rapporto dell'umanità con Dio: "Pose
il timore di sé nei loro cuori, per mostrare
loro la grandezza delle sue opere, e permise
loro di gloriarsi nei secoli delle sue
meraviglie. Se il timore dell'uomo negli
animali permette rispetto del valore dell'uomo,
immagine di Dio, coordinatore e signore del
mondo, il timore nell'uomo verso Dio riporta
collaborazione nella realtà e il rispetto di
gerarchie e di valori. Il timore, in questo
caso, non è paura né angoscia, ma consapevolezza
di dover mantenere rispetto a realtà più grandi.
Nell'umanità il timore acquista un significato
particolarmente interiore: non è tanto un
sentimento emotivo che allontana, ma la capacità
di sapersi fermare ad analizzare, a riflettere,
ad aprire la propria intelligenza sulle
grandezze delle opere di Dio e sulle sue
meraviglie. Questo timore arricchisce di
consapevolezza e di dignità perché ci si può
gloriare nei secoli delle meraviglie" di Dio che
abbiamo saputo conoscere e rispettare.
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Rm 1, 22-25. 28-32 Fratelli,
mentre si dichiaravano sapienti, gli uomini sono diventati
stolti e hanno scambiato la gloria del Dio incorruttibile con
un’immagine e una figura di uomo corruttibile, di uccelli, di
quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati
all’impurità secondo i desideri del loro cuore, tanto da
disonorare fra loro i propri corpi, perché hanno scambiato la
verità di Dio con la menzogna e hanno adorato e servito le
creature anziché il Creatore, che è benedetto nei secoli. Amen.
E poiché non ritennero di dover conoscere Dio adeguatamente, Dio
li ha abbandonati alla loro intelligenza depravata ed essi hanno
commesso azioni indegne: sono colmi di ogni ingiustizia, di
malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di
omicidio, di lite, di frode, di malignità; diffamatori,
maldicenti, nemici di Dio, arroganti, superbi, presuntuosi,
ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali,
senza cuore, senza misericordia. E, pur conoscendo il giudizio
di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non
solo le commettono, ma anche approvano chi le fa.
Romani. 1, 22-25. 28-32 Paolo vuole mostrare che solo la
giustizia di Dio giustifica i credenti e la giustizia di Dio si
ritrova mediante la fede in Gesù. Fuori del Vangelo non c'è
salvezza; e di questa salvezza ne hanno bisogno sia i pagani che
gli ebrei (1,18-3,20); e a quel punto Paolo, nella sua lettera,
presenterà la rivelazione della giustizia di Dio (3, 21-31).
Paolo è sicuro che i pagani stessi possono avere un riferimento
per la conoscenza di Dio, solo che avessero contemplato con
intelligenza le opere da lui compiute: "come la sua eterna
potenza e divinità". Ma, pur potendo conoscere Dio, "non gli
hanno dato gloria né hanno reso grazie come a DIO, ma hanno
vaneggiato nei loro ragionamenti" (1, 21-22). Coloro che si
ritenevano sapienti hanno deformato il volto di Dio,
vanificandolo in una maschera di idolatria. Così Dio li ha
abbandonati. In tal modo hanno stravolto ogni linea morale,
cominciando a deturpare i loro corpi nella impurità e
disonorandoli; ed hanno screditato anche le loro menti,
scambiando la verità con la menzogna, capovolgendo ogni
gerarchia di valori. Mentre Paolo continua la lettura critica
della moralità del suo tempo, sente in sottofondo, come per un
ritornello: "Dio li ha abbandonati". Dio non castiga, ma il
castigo si risolve nell'essere abbandonati. Viene qui riportato
uno dei tanti cataloghi di vizi presenti nelle lettere di Paolo
poiché l'apostolo desidera proporre davanti agli occhi le
deformazioni che spesso vengono accettate per assuefazione,
tanto che si perde la sensibilità e non ci si rende più conto
del male. Tali deformazioni modificano il volto della fede e
della coerenza. E' un campanello d'allarme di una mentalità che
può serpeggiare anche tra noi, nei comportamenti dei credenti.
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Mt 5, 2. 43-48 In quel tempo. Il
Signore Gesù si mise a parlare e insegnava alle folle dicendo: «Avete inteso
che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi
dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano,
affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo
sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.
Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno
così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che
cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate
perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» Matteo. 5,
43-48 Gesù ha un grande rispetto della Legge (Torah): egli dice che non
può essere né smentita né contraddetta, perché è Parola di Dio (Mt 5,17 ss).
E tuttavia Gesù la interpreta in modo particolarmente originale. Stiamo
leggendo un testo del Vangelo di Matteo e Gesù viene presentato come Messia
grande in Parole e in opere. Perciò questa prima parte del Vangelo di Matteo
è una lettura morale, la Parola sulla vita quotidiana e il primo discorso sui
cinque, riportati in tutto il Vangelo. Viene detto "il discorso della
montagna" e occupa tre capitoli. Segue il racconto di nove miracoli (tre
gruppi di tre, per indicare perfezione e completezza) e riporterà i fatti di
liberazione per una umanità bisognosa di fiducia. Gesù, perciò, inizia il
"Discorso della Montagna" con l'elenco delle "beatitudini", dice Matteo, che
sono una lunga e paradossale riflessione sulla felicità (è considerato il
discorso fondativo della linea morale della Nuova Alleanza). La proposta di
Gesù, in questo discorso, continua inerpicandosi nella Legge (la Toràh
ebraica), sviluppandola attraverso sei approfondimenti. Sono solo sei per
garantire che l'elenco e l'approfondimento non sono completi e spetterà ai
suo discepoli riflettere e completare nella storia lo sviluppa della legge
morale. La formulazione si presenta su un comune schema: "Avete inteso che
fu detto dagli antichi...Ma io vi dico..."(5,21-48). Ma nonostante
l'espressione, non si tratta di contrapposizioni, ma reinterpretazione della
legge. Oggi leggiamo l'ultimo esempio dei sei approfondimenti. Gesù
offre alla sua comunità lo stile nuovo e non ha una migliore fonte dell'amore
del Padre. In pratica il testo di oggi deve essere letto a cominciare
dalla conclusione per poter essere inteso in quel profilo di insegnamento:
che Gesù ci offre per misurare le proprie scelte di ogni giorno: "Voi,
dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste" (6,48).
Sconcertati da questa proposta che non ha smussature e protezioni, leggiamo
il testo di oggi, l'ultimo dei sei: "Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo
prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e
pregate per quelli che vi perseguitano". Gesù trasforma radicalmente una
mentalità di rifiuto del nemico che risulta ovvia e suggerisce la misura su
cui ognuno deve giudicare: Comportati come Dio si comporta.
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