 IV Domenica dopo Pentecoste
28 giugno 2020
Lc 17,
26-30. 33
Riferimenti :
Gen 6, 1-22 - Sal 13 - Gal 5, 16-25 |
L’alleanza di Dio è con la stirpe del giusto. Lo
stolto pensa: «Dio non c’è». Sono corrotti, fanno cose
abominevoli: non c’è chi agisca bene. Il Signore dal cielo
si china sui figli dell’uomo per vedere se c’è un uomo
saggio, uno che cerchi Dio.
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Gen 6, 1-22 In quei giorni. [Quando gli
uomini cominciarono a moltiplicarsi sulla terra
e nacquero loro delle figlie, i figli di Dio
videro che le figlie degli uomini erano belle e
ne presero per mogli a loro scelta. Allora il
Signore disse: «Il mio spirito non resterà
sempre nell’uomo, perché egli è carne e la sua
vita sarà di centoventi anni». C’erano sulla
terra i giganti a quei tempi – e anche dopo –,
quando i figli di Dio si univano alle figlie
degli uomini e queste partorivano loro dei
figli: sono questi gli eroi dell’antichità,
uomini famosi. ] Il Signore vide che la
malvagità degli uomini era grande sulla terra e
che ogni intimo intento del loro cuore non era
altro che male, sempre. E il Signore si pentì di
aver fatto l’uomo sulla terra e se ne addolorò
in cuor suo. Il Signore disse: «Cancellerò dalla
faccia della terra l’uomo che ho creato e, con
l’uomo, anche il bestiame e i rettili e gli
uccelli del cielo, perché sono pentito di averli
fatti». Ma Noè trovò grazia agli occhi del
Signore. Questa è la discendenza di Noè. Noè era
uomo giusto e integro tra i suoi contemporanei e
camminava con Dio. Noè generò tre figli: Sem,
Cam e Iafet. Ma la terra era corrotta davanti
a Dio e piena di violenza. Dio guardò la terra
ed ecco, essa era corrotta, perché ogni uomo
aveva pervertito la sua condotta sulla terra.
Allora Dio disse a Noè: «È venuta per me la fine
di ogni uomo, perché la terra, per causa loro, è
piena di violenza; ecco, io li distruggerò
insieme con la terra. Fatti un’arca di legno di
cipresso; dividerai l’arca in scompartimenti e
la spalmerai di bitume dentro e fuori. Ecco come
devi farla: l’arca avrà trecento cubiti di
lunghezza, cinquanta di larghezza e trenta di
altezza. Farai nell’arca un tetto e, a un cubito
più sopra, la terminerai; da un lato metterai la
porta dell’arca. La farai a piani: inferiore,
medio e superiore. Ecco, io sto per mandare il
diluvio, cioè le acque, sulla terra, per
distruggere sotto il cielo ogni carne in cui c’è
soffio di vita; quanto è sulla terra perirà. Ma
con te io stabilisco la mia alleanza. Entrerai
nell’arca tu e con te i tuoi figli, tua moglie e
le mogli dei tuoi figli. Di quanto vive, di ogni
carne, introdurrai nell’arca due di ogni specie,
per conservarli in vita con te: siano maschio e
femmina. Degli uccelli, secondo la loro specie,
del bestiame, secondo la propria specie, e di
tutti i rettili del suolo, secondo la loro
specie, due di ognuna verranno con te, per
essere conservati in vita. Quanto a te, prenditi
ogni sorta di cibo da mangiare e fanne
provvista: sarà di nutrimento per te e per
loro». Noè eseguì ogni cosa come Dio gli aveva
comandato: così fece. Genesi 6, 1-22 Il
racconto del diluvio fa riferimento ad una
tradizione comune nel mondo Babilonese. Tuttavia
l'autore biblico modifica e ritraduce i miti
perché vuol dare un motivo plausibile alla
diffusa certezza che siano vissuti
nell'antichità famosi giganti. Si favoleggia di
persone di corporatura straordinaria, nel mondo
Medio orientale, nati dall'unione di donne con
esseri sovrumani. Ovviamente il mondo
Babilonese, parlando di "figli di Dio", fa
riferimento ai discendenti degli Dei che si sono
uniti con le figlie degli uomini. Sempre nel
mondo Babilonese queste unioni risultano
avvenimenti eccezionali e gloriosi. Invece, nel
linguaggio dell'autore biblico, queste
tradizioni vengono riviste in una logica di
deformazione morale poiché i figli di Dio
possono essere discendenti di uomini giusti,
provenienti da Adamo attraverso Set, e le figlie
degli uomini possono essere considerate le
discendenti dalla stirpe di Caino. Il testo dà
atto che la nuova umanità si è rovinata poiché i
giusti si sono lasciati sedurre dalla lussuria,
e si sono dati non solo alla poligamia ma anche
ad una specie di promiscuità sessuale e ad un
libertinaggio sfrenato. "Allora il Signore
disse: «Il mio spirito non resterà sempre
nell'uomo, perché egli è carne e la sua vita
sarà di 120 anni». (v 3). Dio si addolora che
l'uomo non sappia mantenere una sua coerenza
morale perché sa che questa corruzione porta
all'infelicità. I 120 anni corrispondono ad una
limitazione della vita dell'uomo, rispetto ai
tempi della vita dei patriarchi, ed è il tempo
di attesa della distruzione del mondo con il
diluvio. L'autore biblico, che registra le
tradizioni antiche purificandole da tutti gli
elementi di altri Dei, ci mostra, tuttavia, un
Dio misericordioso che mantiene il suo progetto
di un mondo bello e grande e la promessa per una
umanità fedele e coerente. Perciò salva un
"resto": così viene denominato, nella storia di
Israele, il piccolo gruppo di giusti,
risparmiati da Dio perché continuino il dialogo
con il Signore e la discendenza dell'umanità.
Questo riscatto non è che l'inizio del
salvataggio di un "resto" salvato. Si salverà
nella storia poiché Noè "cammina con Dio" ed
accetta le scelte di umanità e di rispetto che
il Signore ha offerto e non si confonde con la
mentalità corrente, con la violenza e con la
corruzione. Se, finora, gli anni della vita sono
stati enormemente allargati, ora si riducono
fino ai 120 anni (drastica riduzione rispetto
agli antenati).
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Gal 5, 16-25 Fratelli, vi dico: camminate
secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il
desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari
allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne;
queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello
che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete
sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne:
fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, stregonerie,
inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni,
invidie, ubriachezze, orge e cose del genere. Riguardo a queste
cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non
erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito invece è
amore, gioia, pace, magnanimità, benevolenza, bontà, fedeltà,
mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli
che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue
passioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito,
camminiamo anche secondo lo Spirito. Galati 5, 16-25
Quando prendiamo in mano la lettera ai Galati, sentiamo di poter
respirare l'atmosfera di grande fiducia che Paolo nutre verso i
propri lettori che gli hanno manifestato grande stima e affetto
nel periodo in cui è rimasto tra loro. La lettera,
probabilmente, parte da Corinto, nell'inverno del 56/57, forse a
poca distanza dalla stesura della "Lettera ai romani".
L'occasione dello scritto viene dalla necessità che s'impone a
Paolo di difendersi da accuse pesanti, e minacciato da alcuni
giudeo-cristiani che ribadiscono la necessità della legge
mosaica e della circoncisione anche per i cristiani che vengono
dal paganesimo. Siamo alle esortazioni pratiche nella lettera.
- L'idea iniziale è quella della libertà: essa non è pretesto
per sentirsi liberi anche dalla condotta morale, ma la garanzia
perché attraverso la carità ci si metta del servizio gli uni
degli altri (v 13). - Il nuovo sviluppo dell'esortazione
morale è il testo che leggiamo oggi. Non si pone più nella
riflessione del concetto di libertà cristiana e quindi
nell'antitesi tra libertà e legge ma nell'antitesi tra Spirito e
carne. Anche qui, come nella prima lettura, viene utilizzata
la parola "camminare" che significa: "comportarsi bene con chi
ci cammina a fianco, avere una condotta coerente". Il credente,
infatti, esiste perché non ha alcuna intenzione di seguire "i
desideri della carne". Questo è possibile perché non siamo
ancora divinizzati dallo Spirito ma solo guidati. Vengono
distinte nell'elenco 4 categorie di colpe contro: 1) la purezza
del corpo, 2) la religione, 3) la carità, 4) la temperanza. Per
spiegare, la fornicazione comprende anche il concubinato,
l'impurità comprende anche i peccati contro natura, la
dissolutezza è la lussuria sfrenata, la gelosia si differenzia
dall' invidia in quanto la prima non vuole altri a condividere i
propri beni, mentre l'altra vuole vedere il prossimo, privato
dei beni che possiede. I frutti dello Spirito sono la
manifestazione della vita rinnovata, impegno quotidiano di ogni
credente, ma anche effetto gratuito della presenza dello
Spirito. L'amore è la carità fraterna, la pace è fondata sul
dono portato nella comunità da Gesù, la magnanimità è pazienza e
prontezza al perdono.
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Lc 17, 26-30. 33 In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai
discepoli: «Come avvenne nei giorni di Noè, così sarà nei giorni del Figlio
dell’uomo: mangiavano, bevevano, prendevano moglie, prendevano marito, fino
al giorno in cui Noè entrò nell’arca e venne il diluvio e li fece morire
tutti. Come avvenne anche nei giorni di Lot: mangiavano, bevevano,
compravano, vendevano, piantavano, costruivano; ma, nel giorno in cui Lot
uscì da Sòdoma, piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece morire tutti. Così
accadrà nel giorno in cui il Figlio dell’uomo si manifesterà. Chi cercherà di
salvare la propria vita, la perderà; ma chi la perderà, la manterrà viva».
Luca. 17, 26-30. 33 Qualche versetto precedente (17,20) ci troviamo di
fronte ad una domanda che i farisei pongono a Gesù: "Quando verrà il Regno di
Dio?" A questa domanda Gesù risponde: "Il Regno di Dio non viene in modo che
si possa osservare" (17,20-21). Si comincia così quella che si chiama la
"Piccola Apocalisse (o piccola rivelazione) di Luca" (17,20-18,8), distinta
dalla grande Apocalisse, sempre di Luca, riportata nel suo Vangelo più avanti
(21,5-36). Probabilmente Luca sta toccando un problema drammatico delle
comunità cristiane che lui conosce poiché, da una parte, subiscono grandi
difficoltà proprio a causa della fede e, dall'altra, hanno l'impressione che
la loro attesa sia vana. Perciò la richiesta è drammatica: "Quando il Signore
Gesù, che è nella gloria, concluderà questa nostra sofferenza?" E se alla
domanda dei farisei Gesù risponde: "Prima il Figlio dell'uomo deve partire
molto ed essere rifiutato dagli uomini di questo tempo" (v 25), le comunità
cristiane hanno sperimentato, insieme, drammaticamente la sofferenza di Gesù,
ma anche stanno vivendo con certezza la sua risurrezione. Allora la domanda
si sposta nel tempo ed è una domanda squisitamente cristiana. Non si tratta
più di chiedersi se avverrà il Regno, ma ci si chiede "Quando avverrà?".
Gesù porta due esempi, tratti dalla Scrittura, quella di Noè e quella di Lot.
Egli non risponde al "quando", ma sottolinea l'imprevedibilità e l'incapacità
delle persone di vivere, con chiarezza, il tempo. La comunità cristiana, in
particolare, non riesce a sopportare l'insignificanza del messaggio che deve
portare agli altri. Mentre crede nella pienezza di grazia e di forza che si è
sprigionata da Gesù risorto, non la verifica risolutiva. Perciò, pensano i
cristiani e suggeriscono: "Dio deve essere drastico, con un luminoso giudizio
sul bene, con una condanna del male. Questo è urgente- continuano a pensare-
per poter concludere la fatica e la sofferenza della persecuzione, ma anche
per raggiungere il vero trionfo e il significato della venuta di Gesù". |