 VIII domenica dopo pentecoste
26 luglio 2020
Matteo. 4, 18-22
Riferimento : 1 Samuele. 3,1-20 -
Sal62 - Efesini. 3,1-12 |
| Dal grembo di mia madre sei tu il mio sostegno.
O Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te
l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata,
senz’acqua |
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1 Samuele. 3,1-20 In quei giorni.
Il giovane Samuele serviva il Signore alla
presenza di Eli. La parola del Signore era rara
in quei giorni, le visioni non erano frequenti.
E quel giorno avvenne che Eli stava dormendo al
suo posto, i suoi occhi cominciavano a
indebolirsi e non riusciva più a vedere. La
lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele
dormiva nel tempio del Signore, dove si trovava
l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò:
«Samuele!» ed egli rispose: «Eccomi», poi corse
da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!».
Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a
dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il
Signore chiamò di nuovo: «Samuele!»; Samuele si
alzò e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato,
eccomi!». Ma quello rispose di nuovo: «Non ti ho
chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In
realtà Samuele fino ad allora non aveva ancora
conosciuto il Signore, né gli era stata ancora
rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò
a chiamare: «Samuele!» per la terza volta;
questi si alzò nuovamente e corse da Eli
dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli
comprese che il Signore chiamava il giovane. Eli
disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti
chiamerà, dirai: “Parla, Signore, perché il tuo
servo ti ascolta”». Samuele andò a dormire al
suo posto. Venne il Signore, stette accanto a
lui e lo chiamò come le altre volte: «Samuele,
Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla,
perché il tuo servo ti ascolta». Allora il
Signore disse a Samuele: «Ecco, io sto per fare
in Israele una cosa che risuonerà negli orecchi
di chiunque l’udrà. In quel giorno compirò
contro Eli quanto ho pronunciato riguardo alla
sua casa, da cima a fondo. Gli ho annunciato che
io faccio giustizia della casa di lui per
sempre, perché sapeva che i suoi figli
disonoravano Dio e non li ha ammoniti. Per
questo io giuro contro la casa di Eli: non sarà
mai espiata la colpa della casa di Eli, né con i
sacrifici né con le offerte!». Samuele dormì
fino al mattino, poi aprì i battenti della casa
del Signore. Samuele però temeva di manifestare
la visione a Eli. Eli chiamò Samuele e gli
disse: «Samuele, figlio mio». Rispose: «Eccomi».
Disse: «Che discorso ti ha fatto? Non tenermi
nascosto nulla. Così Dio faccia a te e anche
peggio, se mi nasconderai una sola parola di
quanto ti ha detto». Allora Samuele gli svelò
tutto e non tenne nascosto nulla. E disse: «è il
Signore! Faccia ciò che a lui pare bene».
Samuele crebbe e il Signore fu con lui, né
lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole.
Perciò tutto Israele, da Dan fino a Bersabea,
seppe che Samuele era stato costituito profeta
del Signore. 1 Samuele. 3,1-20
La storia d'Israele segnala continue guerre
poiché le tribù cercano spazi di vita, ma gli
abitanti già stanziati non permettono loro di
insediarsi agevolmente. Da più di un secolo
un popolo di navigatori, i fenici, sono sbarcati
sulle coste della pianura della terra di Canaan,
occupano le terre fertili e scacciano gli
israeliti in montagna, su terreni sassosi e poco
produttivi. Questi vicini bellicosi e forti
portano scompiglio e guerra, mentre le tribù
d'Israele sono divise e ognuna fa quello che
può, riportando spesso sconfitte. Il tempo dei
Giudici prima e il tempo dei re poi, in
particolare, Saul e Davide, si caratterizzano
per continui scontri. In questo orizzonte vive
Samuele di cui lungamente si parla poiché
riuscirà a trasformare in popolo questo cumulo
di gelose autonomie tribali quando diventerà re
Davide. Siamo ad un racconto di vocazione
profetica: la storia degli uomini e del mondo è
nelle mani di Dio che indirizza verso progetti
che solo Lui conosce, con la forza della sua
Parola, ma ha bisogno di uomini fedeli e e
capaci essere portavoce della sua volontà.
Samuele ("Dio ascolta") è figlio di Anna, una
donna sterile ma ricca di fede. Pregando ottiene
un figlio. Ella ha formulato un voto al Signore:
"Se avrò un figlio, lo restituirò al Signore,
come primogenito, facendolo servire presso il
santuario di Silo, dov'è l'arca del Signore"
(1Sam 1-2). Samuele è cresciuto, perciò, nel
tempio come poteva esserlo allora, accanto ad
Eli, sommo sacerdote. Ora è diventato
adolescente, si comporta con responsabilità e
segue Eli, essendo a suo servizio. Eli è un uomo
retto, ma debole e non ha saputo educare i figli
che sono diventati delinquenti e violenti. La
sua casa sarà distrutta poiché questo è il
destino di chi si comporta male. Eli lo sa, ma
continua, almeno personalmente, a servire Dio ed
è una guida sapiente per Samuele. Sa che la sua
vocazione è quella di garantire la continuità
della Parola di Dio al suo popolo, visto che "la
Parola del Signore era rara in quei giorni, le
visioni non erano frequenti" (3,1). E Samuele,
ogni volta che viene chiamato, è disponibile
all'obbedienza verso il vecchio sacerdote. Si
vedrà compensato in un dialogo diretto con Dio.
Se si dice che "Samuele non conosceva ancora il
Signore" (v7), si vuol chiarire che Samuele non
aveva ancora avuta una esperienza intima di Dio,
pur avendo vissuto nello spazio del tempio.
Conoscere, in ebraico, racchiude una esperienza
totale e profonda. "Dio parla". E' una
espressione biblica che non va intesa in senso
materiale. La chiamata di Dio è nell'intimo, nel
cuore ed ha vari modi di farsi intendere. Il
Signore consegna a Samuele la vocazione di
aiutare il suo popolo diviso a ritrovare le
strade dell'unità, dell'ubbidienza e della
solidarietà.
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Efesini. 3,1-12
Fratelli, io,
Paolo, il prigioniero di Cristo per voi pagani... penso che
abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me
affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto
conoscere il mistero, di cui vi ho già scritto brevemente.
Leggendo ciò che ho scritto, potete rendervi conto della
comprensione che io ho del mistero di Cristo. Esso non è stato
manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è
stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello
Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a
condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad
essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo,
del quale io sono divenuto ministro secondo il dono della grazia
di Dio, che mi è stata concessa secondo l’efficacia della sua
potenza. A me, che sono l’ultimo fra tutti i santi, è stata
concessa questa grazia: annunciare alle genti le impenetrabili
ricchezze di Cristo e illuminare tutti sulla attuazione del
mistero nascosto da secoli in Dio, creatore dell’universo,
affinché, per mezzo della Chiesa, sia ora manifestata ai
Principati e alle Potenze dei cieli la multiforme sapienza di
Dio, secondo il progetto eterno che egli ha attuato in Cristo
Gesù nostro Signore, nel quale abbiamo la libertà di accedere a
Dio in piena fiducia mediante la fede in lui.
Efesini. 3,1-12 Paolo ha ricevuto il compito di annunciare il
"mistero". E il "mistero" è il progetto di associare insieme i
pagani al popolo eletto nell'unica vita del corpo di Gesù. E' il
popolo di Dio, costituito da tutti i battezzati, uniti nella
fede in Gesù e quindi corpo di Gesù "mistico" per distinguerlo
dal corpo di carne di Gesù stesso. Paolo ricorda che un tale
progetto non è stato annunciato in passato poiché,
probabilmente, non l'avrebbero capito né accolto. Ora invece si
manifesta attraverso la predicazione degli apostoli e dei
profeti. I Qui i profeti non sono quelli che, nel Primo
Testamento, hanno tenuta desta l'attesa del Messia e che fanno
parte delle generazioni passate, anche se hanno avuto alcune
intuizioni e preannunci di tale "mistero". Ma tali intuizioni,
negli antichi profeti, erano così lontane e così astratte che
furono colte solo come sogni, visioni, e si sarebbero attuate
solo nel momento della piena conclusione della storia. Paolo
ricorda ai suoi lettori che egli è divenuto ministro
dell'Evangelo (cioè servo, strumento della Parola del Signore)
per la grazia di Dio. I richiami che vengono proposti sono
sempre più richiami di gratuità, di dono, di generosità
insondabile di Dio. Paolo si è reso conto che, per compiere
questa vocazione (e Paolo si sente investito), non è stato
scelto per giustizia o per merito ma scopre con stupore che lui,
l'ultimo, viene chiamato a collaborare con il Signore. Il piano
è magnifico, enorme, addirittura impensabile. E' il Piano di Dio
a cui tutti sono chiamati e i battezzati nello Spirito debbono
sentirsi a loro agio, a casa loro, contenti di questa pienezza e
carichi di volontà di diffondere la conoscenza che il Signore
offre per un raduno di unità tra tutti i popoli. Ci viene, in
ricordo, una parola di Gesù dove lui stesso richiama il mistero:
"A voi è dato di conoscere i misteri del Regno dei cieli" (Mc
4,11; Mt 13,11). E da Paolo scopriamo che questo mistero svelato
era nascosto anche agli angeli "delle regioni celesti" e anche a
loro, attraverso la predicazione della Chiesa, viene annunciato
questo miracolo di comunione che unisce cielo e terra. (v 10).
Perciò ci accostiamo a Dio Padre con fiducia, sapendo di essere
accompagnati da Gesù poiché abbiamo fede in lui.

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Matteo. 4, 18-22
In quel tempo. Mentre camminava lungo
il mare di Galilea, il Signore Gesù vide due fratelli, Simone, chiamato
Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti
pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini».
Ed essi subito lasciarono le reti e lo seguirono. Andando oltre, vide altri
due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella
barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed
essi subito lasciarono la barca e il loro padre e lo seguirono.
Matteo. 4, 18-22 Matteo inizia il racconto della predicazione e della vita
pubblica di Gesù dopo la notizia che giunge drammatica e inaspettata:
"Giovanni Battista è stato arrestato". Così la Parola di Dio si è ammutolita.
Gesù, allora, comprende che è arrivato il suo turno, e quindi si ritira nelle
terre della Galilea che, nel linguaggio delle tribù del nord, sono il
territorio di Zabulon e di Neftali (la Galilea). Nel contesto ortodosso di
Gerusalemme, la Galilea viene considerata un luogo di mescolanza con pagani,
un luogo di ignoranti e di pericolosi terroristi. Eppure Gesù incomincia dai
lontani la sua vocazione. "nella terra di Zàbulon e terra di Nèftali, sulla
via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti! Il popolo che abitava
nelle tenebre vide una grande luce, per quelli che abitavano in regione e
ombra di morte una luce è sorta". Questa è la profezia di Isaia (8,23b-9,3)
che fa riferimento alla invasioni Assire dell'VIII secolo a.C. quando,
conquistata Samaria, importarono popolazioni pagane nel territorio della
Galilea e della Samaria. Per questo si parla di "Galilea delle genti".
(4,15-16). Gesù predica la conversione. Essa non consiste nel diventare
migliori, fare qualche opera buona o pregare di più, ma impegna a cambiare
radicalmente modo di pensare e di agire. Questo annuncio, iniziato dal
Maestro, deve moltiplicarsi nel mondo, mantenendo sempre la propria radice in
Lui. Perciò il progetto di Gesù si organizza in un nucleo di popolo e Matteo
incomincia a raccontare come Gesù abbia iniziato a raccogliere i 12 che sono
l'inizio del popolo nuovo come Israele è costituita da 12 tribù. Il vangelo è
annuncio di gioia e di pace e, quindi, non si chiude in un cassetto o non lo
si nasconde. L'annuncio suppone movimento, e Gesù cammina lungo il mare,
percorre tutta la Galilea (vv.18.21.13), e si aspetta una risposta generosa,
anche un po' sconcertante: si parla di "subito", ma suppone più uno stile che
la fotografia del tempo (v 20. 22). Il distacco dal padre non va frainteso,
come se Gesù voglia suggerire di disinteressarsi dei propri genitori. Nel
popolo ebraico il padre significa rapporto con i propri antenati,
l'attaccamento alla tradizione. E se la tradizione di un popolo va
rispettata, bisogna tuttavia verificare il suo rapporto con il Vangelo poiché
non tutte le tradizioni sono in linea con la novità del Signore e la sua
Parola. L'evangelista conosce i molti conflitti familiari, le difficoltà e
spesso le espulsioni di cristiani da parte delle famiglie di origine non
credenti e spesso spaventate. Volendo essere coerenti, nelle prime comunità,
si accolgono questi cristiani abbandonati e spesso si ospitano in famiglie di
credenti che accettano di condividere tali esclusioni I primi apostoli sono
pescatori, lavoratori robusti. Essi non pescano con l'amo, ma con la rete,
tirando a riva ciò che la loro bravura era riuscita a raccogliere. Pescano
normalmente di notte, e, al ritorno, sistemano le reti, rimettendole in
ordine, ripulendole ed eventualmente rammentando gli strappi. E sappiamo che
il mare, nel mondo ebraico, è considerato la dimora del demonio. Gli ebrei
sono uomini di terra, agricoltori o pastori, spesso camminatori del deserto.
Il mare si frappone alla vita, alla luce, è profondo, infido, pericoloso e
misterioso. Perciò pescare gli uomini significa strapparli dal male e dalla
morte. Gesù si raccomanda che ogni fratello o sorella in difficoltà vada
strappato dal male, dalla droga, dalle passioni sfrenate, dal carattere
irascibile e aggressivo, dalla disperazione, dal senso di inutilità. |