
V Domenica dopo Pentecoste
5 luglio 2020 Lc 9, 57-62
Rifgerimenti : Gen 11, 31. 32b –12, 5b - Sal 104 - Eb 11, 1-2.
8-16b |
| Cercate sempre il volto del Signore. Ricordate
le meraviglie che ha compiuto, i suoi prodigi e i giudizi della
sua bocca, voi, stirpe di Abramo, suo servo, figli di Giacobbe,
suo eletto. |
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Gen 11, 31. 32b – 12, 5b In quei
giorni. Terach prese Abram, suo figlio, e Lot,
figlio di Aran, figlio cioè di suo figlio, e
Sarài sua nuora, moglie di Abram suo figlio, e
uscì con loro da Ur dei Caldei per andare nella
terra di Canaan. Arrivarono fino a Carran e vi
si stabilirono. Terach morì a Carran. Il Signore
disse ad Abram: «Vattene dalla tua terra, dalla
tua parentela e dalla casa di tuo padre, verso
la terra che io ti indicherò. Farò di te una
grande nazione e ti benedirò, renderò grande il
tuo nome e possa tu essere una benedizione.
Benedirò coloro che ti benediranno e coloro che
ti malediranno maledirò, e in te si diranno
benedette tutte le famiglie della terra». Allora
Abram partì, come gli aveva ordinato il Signore,
e con lui partì Lot. Abram aveva settantacinque
anni quando lasciò Carran. Abram prese la moglie
Sarài e Lot, figlio di suo fratello, e tutti i
beni che avevano acquistati in Carran e tutte le
persone che lì si erano procurate e si
incamminarono verso la terra di Canaan.
Genesi. 11, 31. 32b - 12, 5b I primi 11
capitoli della Genesi ci hanno consegnato il
profilo della creazione del mondo e
dell'umanità. Questa umanità è splendida e
padrona del mondo. E però, a sua volta, stenta
ad accogliere i progetti del Signore. Anzi,
mentre cresce e "si moltiplica", stravolge
completamente il proprio crescere e il proprio
operare. Così questa umanità, amata
profondamente da Dio, si avvia verso
l'autodistruzione del diluvio, poiché non
accetta che debbano esserci linee e regole di
valore. Si salva solo la famiglia di Noè: 8
persone in tutto. E da questi salvati ricomincia
un nuovo cammino nel mondo sotto il segno
dell'arcobaleno di pace con la garanzia che non
ci sarebbe stata più una totale distruzione.
L'umanità ricomincia, ma ritorna nei propri
limiti e chiusure. A questo punto il progetto di
Dio si fa più preciso. Dio sceglie un uomo e un
popolo che nascerà da lui. Quest'uomo è Abramo
che sarà il nuovo Adamo nel mondo futuro. Egli
accoglie la vocazione del Signore per sé e per
il mondo. Parte dalla terra del peccato, Ur dei
caldei per arrivare dopo molti anni alla terra
promessa dove si stabilisce, riceve in dono il
figlio Isacco a tarda età, e il figlio sarà la
prova vivente della benedizione di Dio. Uscendo
da Ur di Caldea, una zona molto ricca perché 2
fiumi, il Tigri e l'Eufrate, offrono abbondanza
di acqua e quindi terreno fertile, Terach, padre
di Abramo, decide di mettersi in viaggio con la
sua famiglia. Lascia la terra del sud con il
figlio Abramo, la nuora Sarai e Lot, il nipote,
figlio di un fratello e si incamminano verso
Carran, a circa 1000 km a nord. Probabilmente,
il clan di Abramo, e quindi degli ebrei, è
costituito da nomadi che vivono ai margini delle
grandi città. Questi nomadi hanno un diverso
destino poiché alcuni gruppi sono riusciti a
impadronirsi delle città, altri sono rimasti
nomadi e quindi disponibili a spostarsi. Per
questo motivo queste persone sono considerate
estranee, i "senza patria". Dopo un certo tempo
muore il padre Terach, e si inserisce qui
l'invito che il Signore offre ad Abramo. E
Abramo, improvvisamente, per un avvenimento
radicale (ma non si sa quale), a sua volta, è
costretto ad abbandonare la sua terra. La Bibbia
ci dà una lettura teologica dei fatti. Abramo
vede negli avvenimenti la volontà di Dio,
comprendendo, in tal modo, che il Signore lo
chiama ad una grande missione ed ha accettato,
lasciandosi condurre da Lui. Senza segni
premonitori, il Signore entra nella vita di
Abramo con un comando preciso: "Vattene dal tuo
paese verso il paese che io ti indicherò". Nella
rassegnazione di una vita tutta uguale
interviene un richiamo nuovo. Può capitare anche
a ciascuno di noi, attraverso situazioni
particolari: un incontro, il consiglio di un
amico vero, una comunicazione interiore. Ad
Abramo non viene rivelato fin dal principio dove
sarà condotto e, come per ogni persona, deve
misurare la sua strada ogni volta.
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Eb 11, 1-2. 8-16b Fratelli, la
fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si
vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da
Dio. Per fede, Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per un
luogo che doveva ricevere in eredità, e partì senza sapere dove
andava. Per fede, egli soggiornò nella terra promessa come in
una regione straniera, abitando sotto le tende, come anche
Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima promessa. Egli
aspettava infatti la città dalle salde fondamenta, il cui
architetto e costruttore è Dio stesso. Per fede, anche Sara,
sebbene fuori dell’età, ricevette la possibilità di diventare
madre, perché ritenne degno di fede colui che glielo aveva
promesso. Per questo da un uomo solo, e inoltre già segnato
dalla morte, nacque una discendenza numerosa come le stelle del
cielo e come la sabbia che si trova lungo la spiaggia del mare e
non si può contare. Nella fede morirono tutti costoro, senza
aver ottenuto i beni promessi, ma li videro e li salutarono solo
da lontano, dichiarando di essere stranieri e pellegrini sulla
terra. Chi parla così, mostra di essere alla ricerca di una
patria. Se avessero pensato a quella da cui erano usciti,
avrebbero avuto la possibilità di ritornarvi; ora invece essi
aspirano a una patria migliore, cioè a quella celeste. Per
questo Dio non si vergogna di essere chiamato loro Dio.
Ebrei. 11, 1-2. 8-16b La "Lettera agli ebrei" è stata
scritta, con tutta probabilità, alcuni anni dopo la distruzione
di Gerusalemme avvenuta nel 70 d C. E questi ebrei, a cui è
diretta la lettera, che pure hanno accettato di credere in Gesù,
detti giudeo-cristiani, sono rimasti sconcertati dalla
distruzione del popolo ebraico e dalla disperazione dei
sopravvissuti. Gerusalemme non è più la splendida città di Dio,
nella garanzia concreta del Signore, e perciò non è più la città
capace di narrare le promesse della Gloria. Nasce l'esigenza di
ripensare profondamente, non solo ai contenuti della propria
fede, ma allo stesso significato del credere. E il cap.11, che
iniziamo a leggere, comincia con la definizione della fede: essa
è il fondamento della speranza. La fede è orientata al futuro di
Dio per noi, ed è, insieme, garanzia e anticipo della gioia
eterna definitiva. La fede è orientata agli invisibili, si
appoggia alla parola del Signore che ci svela le opere di Dio
sul mondo. Essa stessa è testimonianza di Dio poiché Dio non ha
avuto testimoni della sua operosità: quando creava il mondo e
quando creava l'umanità (11,3). Il capitolo continua proponendo
i campioni di questa fede: Abele, Enoc, Noè (11,4-7). Giunge ad
Abramo. Egli, per fede, parte per una meta che non conosce, e
per fede soggiorna "in una regione straniera, abitando sotto le
tende, come anche Isacco e Giacobbe, coeredi della medesima
promessa. Egli aspetta, infatti, la città dalle salde
fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso". E
perché si attuasse la predizione di una discendenza, Abramo e
Sarai hanno aspettato molte decine di anni. "Morirono senza aver
visto il compimento della promessa" (11,13) Ci sono due piccole
garanzie sul futuro che essi non avrebbero visto: c'è la nascita
di Isacco e c'è l'unica proprietà, che Abramo si permette di
avere nella terra che gli è stata promessa: una grotta che si è
comperata a caro prezzo per seppellire Sara (Gen 23,1-20). Una
nascita da genitori molto anziani e una grotta con una tomba
diventano "pegno e caparra" della promessa. E per noi la fede
che cosa sostiene, impegna, vale? - La fede sostiene in noi
uno stile nuovo di vita di figli di Dio. - Garantisce
solidità e stabilità per seguire le scelte che Gesù ha compiuto
nella sua vita. - Nello stesso tempo la fede garantisce chi
ci sta vicino e prova valori e presenze che possono aiutare a
persuadere.
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Lc
9, 57-62 In quel tempo. Mentre camminavano per la strada, un tale disse al
Signore Gesù: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi
hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio
dell’uomo non ha dove posare il capo». A un altro disse: «Seguimi». E costui
rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli
replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e
annuncia il regno di Dio». Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però
lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose:
«Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il
regno di Dio». Luca. 9, 57-62 Il testo sulla vocazione
dei discepoli del cap.9 pone le basi della scelta di Gesù e della sua
Comunità nell'impegno del seguirlo. Il testo di oggi ci riporta all'inizio di
una scelta fondamentale che Gesù sta facendo. Secondo Luca: "Mentre stavano
compiendosi il giorno in cui sarebbe stato elevato in alto, egli prese la
decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme" e si concluderà con
l'ingresso nel tempio (9,51-19,46)). I samaritani di un villaggio attraverso
cui Gesù, venendo dalla Galilea doveva passare per andare verso Gerusalemme,
si rifiutano di riceverlo. Giovanni e Giacomo, chiamati, non a caso, "i figli
del tuono" vorrebbero punirli, facendo scendere un fuoco dal cielo. Gesù li
rimprovera per il loro fanatismo, integralismo e la loro incapacità ad essere
accoglienti verso tutti, anche con coloro che li rifiutano. Mentre camminano,
incontrano molti che vorrebbero seguirlo, ma dovrebbero anche sistemare
alcune cose ovvie e ineliminabili: per esempio, dare sepoltura al proprio
padre e andare salutare i propri familiari a casa. Gesù insegna che le
esigenze del Regno superano tutte le altre esigenze. Del resto il Regno di
Dio è vita e Gesù si preoccupa che ci si impegni, si sia attenti alla vita
mentre gli uomini si occupano ancora dei morti. Il testo si inquadra nella
linea del cammino, seguendo il maestro, verso Gerusalemme. Credere consiste
nel percorrere con Gesù la sua stessa strada o la stessa "via". La parola
"via" sarà l'immagine dei cristiani: Paolo perseguita coloro "che sono della
via" (Atti 9,2); a Efeso, "poiché alcuni si ostinavano e si rifiutavano di
credere, dicendo male in pubblico di questa Via, Paolo si allontanò da loro"
(19,9); nella stessa città scoppia un tumulto contro la via (Atti19,23) ecc.
Sulla "via" si giocano le scelte. - Un tale che, con entusiasmo, lo vuole
seguire ovunque (9, 57-58), si sente rispondere dal maestro più con la
perplessità che lo scoraggia che non con l'entusiasmo dell'accoglienza. Chi
vuole seguire Gesù non può sognare una vita comoda, non avrà una dimora fissa
ma dormirà sotto le stelle, si dovrà accontentare dell'ospitalità che gli
viene data quando trova qualcuno che gliela vuol dare. Non avrà una pietra su
cui posare il capo (9,58), finché Gesù posa il suo capo, ma solo sulla croce
(Gv19,30). Luca usa in greco lo stesso verbo ( "posare") che Giovanni
utilizza per Gesù che muore ( chinato il capo). - Un altro, che vuole seguire
Gesù, dice che però, prima, deve andare a seppellire i genitori. Gesù
risponde con una frase che non è solo stupefacente ma anche scandalosa e
provocatoria anzi empia se si tratta di un funerale. In Israele il dovere più
sacro per un figlio è quello di seppellire i propri genitori e per fare
questo è dispensato da qualunque precetto della legge, persino dal precetto
del sabato. Il sommo sacerdote, che non può entrare in un cimitero o anche
solo avvicinarsi ad un cadavere, è tenuto ad accompagnare al sepolcro i
propri genitori. Perciò se questa frase è molto paradossale per la cultura
ebraica, non può essere tuttavia accantonata. Potrebbe trattarsi, però anche,
di genitori anziani per cui si chiede una dilazione, in attesa della loro
morte. Ma si possono intendere "morti" coloro che non hanno trovato le vie
del Regno. Perciò è urgente una predicazione per tutti coloro che non sono
ancora sulla strada verso il progetto di Dio. Significa che neppure i
sentimenti più sacri che legano ai propri genitori devono frapporsi nella
decisione di seguire Gesù. |