V Domenica di Pasqua
10 maggio 2020
Gv 14, 21-24
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 10, 1-5. 24. 34-36. 44-Sal 65Fil 2, 12-16
Grandi sono le opere del Signore. Acclamate Dio, voi tutti della terra, cantate la gloria del suo nome, dategli gloria con la lode. Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!

Atti degli Apostoli. 10, 1-5. 24. 34-36. 44
In quei giorni. Vi era a Cesarèa un uomo di nome Cornelio, centurione della coorte detta Italica. Era religioso e timorato di Dio con tutta la sua famiglia; faceva molte elemosine al popolo e pregava sempre Dio. Un giorno, verso le tre del pomeriggio, vide chiaramente in visione un angelo di Dio venirgli incontro e chiamarlo: «Cornelio!». Egli lo guardò e preso da timore disse: «Che c’è, Signore?». Gli rispose: «Le tue preghiere e le tue elemosine sono salite dinanzi a Dio ed egli si è ricordato di te. Ora manda degli uomini a Giaffa e fa’ venire un certo Simone, detto Pietro». Il giorno dopo Pietro con alcuni fratelli arrivò a Cesarèa. Cornelio stava ad aspettarli con i parenti e gli amici intimi che aveva invitato. Pietro prese la parola e disse: «In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenza di persone, ma accoglie chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque nazione appartenga. Questa è la Parola che egli ha inviato ai figli d’Israele, annunciando la pace per mezzo di Gesù Cristo: questi è il Signore di tutti». Pietro stava ancora dicendo queste cose, quando lo Spirito Santo discese sopra tutti coloro che ascoltavano la Parola. E i fedeli circoncisi, che erano venuti con Pietro, si stupirono che anche sui pagani si fosse effuso il dono dello Spirito Santo; li sentivano infatti parlare in altre lingue e glorificare Dio. Allora Pietro disse: «Chi può impedire che siano battezzati nell’acqua questi che hanno ricevuto, come noi, lo Spirito Santo?». E ordinò che fossero battezzati nel nome di Gesù Cristo.

Atti degli Apostoli. 10, 1-5. 24. 34-36. 44-
La conversione di Cornelio, un centurione che coltiva un profondo rispetto per la religione d'Israele, come l'altro centurione di Cafarnao, ricordato da Luca (Lc7,1-10), è un avvenimento fondamentale dopo la risurrezione per la Comunità cristiana. Essa sta orientandosi sulle scelte di Gesù che vengono via via proposte attraverso segni, visioni, avvenimenti e, addirittura, nelle diverse discese dello Spirito. La Comunità di Gerusalemme è rimasta molto legata all'ebraismo per cui i pagani, comunque, sono considerati lontani dall'accoglienza di Dio poiché non fanno parte del suo popolo. Per farne parte, ricordano che non sia sufficiente essere giusti, dare elemosine e pregare. E' necessaria la circoncisione che li costituisce popolo come un popolo santo. Così pensano tutti e così Pietro si comporta. D'altra parte, anche Gesù non ha mai inserito, tra i suoi discepoli, dei pagani, né ha predicato loro. Perciò questo episodio, di incontro di Pietro con Cornelio, ha una grande rilevanza negli Atti degli Apostoli come racconto di una svolta fondamentale, operata nel nome di Gesù. E viene riportato in due capitoli successivi: nel cap.10 si rammentano, con molti particolari, la vicenda così come è avvenuta, e nel cap. 11 è Pietro stesso che riferisce alla comunità di Gerusalemme i fatti, palesemente, per garantire e motivare questa sua esperienza missionaria. Tutto si svolge in modo imprevedibile. Pietro è invitato, in modo sorprendente, da uno sconosciuto che gli chiede di andare in un paese lontano molti chilometri presso un centurione. Quando arriva, trova molte persone che lo aspettano, tutte estranee al mondo ebraico. Mentre entra in casa, Cornelio, il centurione, gli si getta ai piedi per rendergli omaggio (v 25) e Pietro lo rialza dicendogli: "Alzati poiché anch'io sono un uomo" (v 26). Pietro, dai segni ricevuti e dell'accoglienza, si rende conto che qui vanno riconosciute uguale umanità e parità; e lo esprime subito con le parole: "Mi sto rendendo conto che Dio non fa preferenza di persone". Pietro manifesta la sorpresa e l'inizio di una consapevolezza: nella Chiesa si dovrà continuamente essere richiamati a infinite novità: Dio parlerà non solo attraverso ciò che ha detto Gesù, ma si svelerà anche attraverso segni, situazioni, contesti e culture diverse, cioè attraverso la storia del mondo, filtrati sempre dallo stile e dall'amore di Gesù. Il Concilio ce lo ha ripetuto più volte. Dopo il parlare di Pietro che, ovviamente, svela il volto di Gesù e quindi suggerisce la fede in Lui, avviene un fatto straordinario: l'effusione del dono dello Spirito Santo. Ed è particolare questa presenza dello Spirito in persone che sono ancora pagane e che tuttavia si aprono a Gesù nella fede.

 Fil 2, 12-16
Miei cari, voi che siete stati sempre obbedienti, non solo quando ero presente ma molto più ora che sono lontano, dedicatevi alla vostra salvezza con rispetto e timore. È Dio infatti che suscita in voi il volere e l’operare secondo il suo disegno d’amore. Fate tutto senza mormorare e senza esitare, per essere irreprensibili e puri, figli di Dio innocenti in mezzo a una generazione malvagia e perversa. In mezzo a loro voi risplendete come astri nel mondo, tenendo salda la parola di vita. Così nel giorno di Cristo io potrò vantarmi di non aver corso invano, né invano aver faticato.

Filippesi. 2, 12-16
La lettera ai Filippesi è tradizionalmente legata alle lettere della prigionia di Paolo: lo si pensi prigioniero a Roma (e siamo negli anni 61-63 d.C.) oppure a Cesarea in Israele (e siamo negli anni 58-60 d.C.). I Filippesi gli sono molto affezionati e, a più riprese, hanno mandato a Paolo aiuti e soccorsi. Nella lettera si sentono una profonda reciproca fiducia e simpatia per la piccola comunità. Il capitolo 2 è particolarmente importante nella teologia poiché nei versetti 2,6-2,11 si trova, in sintesi, il testo fondamentale sulla Incarnazione e la salvezza di Gesù nel mondo:. "Pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Eppure questo brano che, per alcuni secoli (dal III al VI secolo d.C, in particolare), è il centro delle discussioni su Gesù e rimane ancora oggi un testo classico di teologia, è tuttavia da Paolo utilizzato solo come uno splendido esempio di sottomissione e di povertà di Gesù che va imitato. L'esempio del Salvatore deve essere parametro e stile di una comunità cristiana: come Gesù non cerca né la gloria, né la potenza, né la grandezza ma: "pur essendo Dio, svuotò se stesso prendendo la natura di schiavo". Infatti i cinque versetti (vv6-11) continuano ed esemplificano il significato dei sentimenti di Gesù che si possono sintetizzare nell'umiltà, nella povertà e nell'ubbidienza: Gesù si è impoverito per amare e salvare il mondo. È un testo splendido, probabilmente un inno della Comunità cristiana, in cui viene riassunta, teologicamente, tutta la vicenda di Gesù "prima, durante la sua vita, dopo la risurrezione". Con il testo di oggi, che è il seguito, Paolo riprende le raccomandazioni ai cristiani di Filippi: il loro compito è quello di dedicarsi alla "Salvezza con rispetto e timore". La salvezza viene da Dio e quindi va cercata con attenzione e responsabilità perché, facilmente, può essere perduta se non ci si accorda continuamente con il Signore. Con questa attenzione va tradotta in un clima di consapevolezza e in criteri di accoglienza, evitando "mormorazioni ed esitazioni" che fanno memoria del popolo d'Israele che, nel deserto, rifiuta di seguire con fiducia il Signore. Paolo esprime anche una preoccupazione coraggiosa: non si tratta tanto o solo di salvarsi l'anima ma di costituire delle comunità coerenti, vive, di persone irreprensibili, anche in un mondo malvagio e perverso. Paolo non incoraggia ad un atteggiamento di fuga, ma a restare.


 Gv 14, 21-24
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai discepoli: «Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui». Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato».

Giovanni. 14, 21-24
Continua Gesù a preoccuparsi che i suoi discepoli abbiano capito che cosa vuol dire averLo come Vivente in mezzo a loro e come debbano continuare a renderlo conosciuto e presente a tutti. E' questa la rivoluzione pasquale. E ancora oggi ci sentiamo parlare di ‘novità', di quei ‘comandamenti' di cui ha fatto cenno diverse volte e che anche noi abbiamo ascoltato infinite volte, senza che cambiasse qualcosa di effettivo in noi. "Se mi amate", "chi mi ama", "se uno mi ama"; ma certo, Signore che ti amiamo, almeno vorremmo amarti davvero; ma tu ci dici le solite cose: osservare la tua parola, ricondurla al Padre, faremo dimora in lui....... E' vero, Signore, quante volte abbiamo sentito e sentiamo queste parole, ma le lasciamo scivolare nel nostro cuore come se fossero scontate, come se ormai sapessimo già che cosa vogliono dire. E' invece proprio sull'esperienza dell'amore che noi continuiamo a balbettare, a sorvolare, perché l'amore vero spaventa: è totale. Qui Gesù ci sta chiedendo di rimetterci completamente a Lui, di uscire da noi stessi, o meglio di rientrarvi, ma così a fondo, da renderci conto di essere "una cosa sola" con Lui. Ma davvero siamo convinti di essere "una cosa sola" con il Signore? Che non c'è paradossalmente più bisogno di ascoltare la sua parola, perché siamo un tutt'uno? Gesù continua a chiederci di amarlo e che questo vuol dire rintracciare la sua presenza e la sua parola in tutti coloro che incontriamo e incrociamo. Senza tante domande e tergiversazioni, ma come ha fatto Lui: prendendosi effettivamente a cuore le persone. Proviamo a domandarci nel sottovoce della nostra coscienza: chi si prende a cuore dei Siriani, dei profughi, delle donne violentate, dei crocifissi delle guerre di religione, delle stragi? Oppure: li sentiamo presenti nelle nostre asettiche, ma ambrosianissime, celebrazioni? Prendersi a cuore vuol dire che, anche se non posso intervenire che con qualche breve offerta, queste persone fanno parte della mia vita, e, in qualche modo, dovrò risponderne anch'io.