 Domenica dopo l'Ascensione
VII Domenica dopo Pasqua
24 maggio 2020
Lc 24, 13-35
Riferimenti : At 1, 9a. 12-14 - Sal 132 - 2Cor 4, 1-6 |
| Dove la carità è vera, abita il Signore.-
Ecco, com’è bello e com’è dolce che i fratelli vivano insieme È
come olio prezioso versato sul capo, che scende sulla barba, la
barba di Aronne, che scende sull’orlo della sua veste. |
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At 1, 9a. 12-14 In quei giorni.
Mentre gli apostoli lo guardavano, il Signore
Gesù fu elevato in alto. Allora ritornarono a
Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è
vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso
in giorno di sabato. Entrati in città, salirono
nella stanza al piano superiore, dove erano
soliti riunirsi: vi erano Pietro e Giovanni,
Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo
e Matteo, Giacomo figlio di Alfeo, Simone lo
Zelota e Giuda figlio di Giacomo. Tutti questi
erano perseveranti e concordi nella preghiera,
insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di
Gesù, e ai fratelli di lui.
Atti 1, 9a. 12-14 Il testo che leggiamo segna
una parentesi tra l'Ascensione e la Pentecoste.
E' il tempo d'attesa che la piccola comunità di
Gesù deve vivere con molta fiducia e chiarezza.
Tutti si sentono carichi di ricordi, dello
stupore della risurrezione e, quindi, sorpresi e
rassicurati dell'Ascensione di Gesù. Ora che lo
hanno visto salire, possono affermare davvero
che è sceso dal cielo. Nessuno ne è stato
testimone, mentre tutti pretendevano questa
discesa come il vero e unico segno messianico.
Persino il tentatore lo suggerì (Lc 4,9 ss). Il
salire nella gloria di Dio, alla destra del
Padre, conclude l'esperienza di Gesù, visibile,
nella piccola comunità, ed inizia l'esperienza
della Chiesa, ugualmente visibile nelle persone
credenti. L'Ascensione è collocata sul Monte
degli ulivi: da qui è iniziata la passione, da
qui inizia il trionfo di Gesù, vincitore del
peccato e della morte. La preoccupazione di Luca
di indicare il cammino di un sabato (secondo il
calcolo giudaico è di circa 800 m. dalle mura di
Gerusalemme) vuole probabilmente ricordare che i
fatti fondamentali della liberazione e della
rivelazione di Gesù, dalla morte alla
ascensione, avvengono nella città Santa. Il
gruppo si raduna nella sala superiore. Vengono
ricordati, molto sinteticamente, i componenti di
coloro che attendono il dono dello Spirito. E'
la prima comunità cristiana su cui Gesù fa
affidamento perché portino nel mondo la sua
speranza. Ci sono gli apostoli, in numero di
11 perché manca Giuda Iscariota e l'elenco è
quello dei Vangeli. Al primo posto c'è sempre
Pietro, seguito da Giovanni, che sarà compagno
nelle prime testimonianze a Gerusalemme. C'è poi
il gruppo delle donne con Maria, la madre di
Gesù, colei che ha generato nel mondo Gesù. Una
prima volta è disceso su di lei lo Spirito (Lc
1,35: "lo Spirito Santo scenderà su di te e su
te stenderà la sua ombra la potenza
dell'Altissimo"). Ora è presente nell'attesa
della rigenerazione della prima comunità
cristiana nello Spirito. E come in lei ha
compiuto fatti nuovi, così lo Spirito scenderà
su tutte le persone in attesa e opererà fatti
nuovi (At2,1ss). Il terzo gruppo è costituito
dai "fratelli", cioè dai parenti di Gesù che, in
un primo tempo, non furono molto entusiasti del
progetto messianico e che poi, alla luce degli
ultimi fatti, si sono convertiti alla presenza
di Gesù Messia.

Rovine
della vecchia basilica di Emmaus |
2Cor 4, 1-6 Fratelli, avendo
questo ministero, secondo la misericordia che ci è stata
accordata, non ci perdiamo d’animo. Al contrario, abbiamo
rifiutato le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con
astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunciando
apertamente la verità e presentandoci davanti a ogni coscienza
umana, al cospetto di Dio. E se il nostro vangelo rimane velato,
lo è in coloro che si perdono: in loro, increduli, il dio di
questo mondo ha accecato la mente, perché non vedano lo
splendore del glorioso vangelo di Cristo, che è immagine di Dio.
Noi infatti non annunciamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore:
quanto a noi, siamo i vostri servitori a causa di Gesù. E Dio,
che disse: «Rifulga la luce dalle tenebre», rifulse nei nostri
cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul
volto di Cristo. 2Corinzi. 4, 1-6 L'apostolo
Paolo sente la fatica dell'annuncio che egli porta sia ai
fratelli nella fede ebraica e sia alla realtà del mondo pagano.
E tuttavia sente che non può scoraggiarsi perché ripensa alla
propria vita come il frutto di una enorme misericordia da parte
di Dio che gli ha aperto gli occhi della fede di Gesù. Paolo ha
scoperto una vocazione più grande, profonda, che propone al
servizio dei fratelli verso cui va incontro ("siamo vostri
servitori a causa di Gesù " v 5). La misericordia di Dio, a cui
è debitore, obbliga, in ogni momento, alla verità, a non
comportarsi con astuzia ingannando, a non far cessare la Parola
di Dio. (v 2). Perciò Paolo sente di dover essere disarmato
di fronte agli altri e perciò si affida al giudizio coscienzioso
di ogni uomo (id). Il suo compito, dice l'apostolo, è quello di
essere presente ogni giorno, in lotta contro il Dio di questo
mondo che cerca la menzogna e che non vuole assolutamente che la
Parola di Gesù possa brillare come luce e quindi come
riferimento nella vita di ogni uomo. Anzi questo Dio che si
contrappone al Dio d'Israele, e quindi a Gesù; vuole cercare
ogni uomo perché non vedano la verità del Signore. Paolo
tuttavia non si scoraggia né di fronte alla potenza di questo
signore del mondo né di fronte al rifiuto delle persone che lo
giudicano, ma testimonia con chiarezza che il suo compito è
quello di predicare Gesù. Egli è la luce che, prima di tutto, ha
voluto risplendere nei nostri cuori, dice Paolo, perché diventi,
a sua volta, luce del mondo. Ora la luce del mondo è il volto di
Gesù crocifisso e risorto, per molti impresentabile, per molti
bestemmia. Eppure Paolo sente di essere chiamato per "far
risplendere la conoscenza della gloria di Dio sul volto di
Cristo" (v 6). Questa testimonianza, che Paolo offre alla sua
comunità di Corinto, è percorsa da tensioni e diffidenze verso
di lui, pur continuando nella coscienza credente, aperta al
mondo. E' la fatica di essere. In fondo, ciascuno di noi vi
si rispecchia dentro. Siamo stati salvati nel Signore e lo
riconosciamo anche se noi stessi siamo incoerenti. E ci
troviamo, insieme, in un mondo che non accetta facilmente la
proposta di Gesù, anzi parte lo rifiuta, parte lo ignora.
Perlopiù, per molti, il comportamento è legato all'emotività più
che alla ricerca, all'interesse più che ai significati, alla
materialità più che allo spirito.
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Lc 24, 13-35 In quello stesso giorno due discepoli del
Signore Gesù erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa
undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che
era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si
avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo.
Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi
lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome
Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che
vi è accaduto in questi giorni?». Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero:
«Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in
parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i capi dei sacerdoti e le
nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno
crocifisso. Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele;
con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute.
Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino
alla tomba e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver
avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni
dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le
donne, ma lui non l’hanno visto». Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a
credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo
patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E, cominciando da
Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si
riferiva a lui. Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli
fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con
noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per
rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la
benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e
lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. Ed essi dissero l’un l’altro:
«Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo
la via, quando ci spiegava le Scritture?». Partirono senza indugio e fecero
ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che
erano con loro, i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso
a Simone!». Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come
l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane. Luca. 24,
13-35 Luca ci propone questo episodio per aiutarci a scoprire il
significato della vita anche nei momenti drammatici della solitudine e del
dubbio. È un testo scritto con intelligenza e suggerisce l'itinerario della
ricerca di Gesù quando ci sentiamo abbandonati e sconfitti. Probabilmente
Luca sta vivendo una situazione di disagio nella sua comunità degli anni 80
d.C. in cui molti si sentono scoraggiati e perseguitati. È quello che è
avvenuto a questi due discepoli che, nel pomeriggio della domenica di Pasqua,
hanno ormai deciso di ritornare a casa e quindi di riprendere la vita
quotidiana di sempre, lasciando in un angolo di soli ricordi l'esperienza
stupefacente che hanno avuto con Gesù. Ma tutto, ai loro occhi, è ormai un
passato senza speranza e, quindi, disastroso e inutile. Continuano,
comunque, a discutere con animazione, a porsi domande, ad accennare a rancori
e a stanchezze. Lo sconosciuto, che si accosta, pone qualche domanda che
ritengono normale per curiosità e soddisfacente per potersi sfogare con tutta
la propria sfiducia. Il racconto, meravigliati che, venuto da Gerusalemme,
non sappia nulla, fa risultare la desolazione di una vita che si era giocata
completamente nella fiducia ed ora può portare solo alla compassione. In
fondo, se le cose sono andate così, e questi decisamente lo credono,
giustamente si sentono traditi. Alla base, comunque, è indiscutibile
l'immagine che pretendevano da Gesù: doveva essere il Messia glorioso, il
discendente di Davide, il liberatore d'Israele. Probabilmente hanno anche
accennato ad un fugace trionfo di una settimana prima per un ingresso
improvvisato a Gerusalemme su un asino. E loro, esperti di Scrittura, si
erano sentiti rinfrancati perché anche il profeta Zaccaria aveva parlato di
questo umile che entra a Gerusalemme per riprendersi la città come ha fatto
Davide. Accennano, ancora, ad avvenimenti strani, a tombe vuote, a donne che
hanno avuto visioni di angeli. Ma tutto questo è poca cosa di fronte alle
loro certezze: Gesù doveva essere il trionfatore e invece è stato ucciso. |