
II Domenica di quaresima
Domenica della Samaritana
Giovanni. 4, 5-42
Riferimenti : Es 20, 2-24 - Sal 18 (19) - Ef 1, 15-23 |
| Signore, tu solo hai parole di vita eterna. La
legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima; il comando del
Signore è limpido, illumina gli occhi. |
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Es 20, 2-24 In quei giorni. Il
Signore parlò a Mosè e disse: «Io sono il
Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla
terra d’Egitto, dalla condizione servile: Non
avrai altri dèi di fronte a me. Non ti farai
idolo né immagine alcuna di quanto è lassù nel
cielo, né di quanto è quaggiù sulla terra, né di
quanto è nelle acque sotto la terra. Non ti
prostrerai davanti a loro e non li servirai.
Perché io, il Signore, tuo Dio, sono un Dio
geloso, che punisce la colpa dei padri nei figli
fino alla terza e alla quarta generazione, per
coloro che mi odiano, ma che dimostra la sua
bontà fino a mille generazioni, per quelli che
mi amano e osservano i miei comandamenti. Non
pronuncerai invano il nome del Signore, tuo Dio,
perché il Signore non lascia impunito chi
pronuncia il suo nome invano. Ricòrdati del
giorno del sabato per santificarlo. Sei giorni
lavorerai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo
giorno è il sabato in onore del Signore, tuo
Dio: non farai alcun lavoro, né tu né tuo figlio
né tua figlia, né il tuo schiavo né la tua
schiava, né il tuo bestiame, né il forestiero
che dimora presso di te. Perché in sei giorni il
Signore ha fatto il cielo e la terra e il mare e
quanto è in essi, ma si è riposato il settimo
giorno. Perciò il Signore ha benedetto il giorno
del sabato e lo ha consacrato. Onora tuo padre e
tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni
nel paese che il Signore, tuo Dio, ti dà. Non
ucciderai. Non commetterai adulterio. Non
ruberai. Non pronuncerai falsa testimonianza
contro il tuo prossimo. Non desidererai la casa
del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del
tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua
schiava, né il suo bue né il suo asino, né
alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo».
Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il
suono del corno e il monte fumante. Il popolo
vide, fu preso da tremore e si tenne lontano.
Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi
ascolteremo; ma non ci parli Dio, altrimenti
moriremo!». Mosè disse al popolo: «Non abbiate
timore: Dio è venuto per mettervi alla prova e
perché il suo timore sia sempre su di voi e non
pecchiate». Il popolo si tenne dunque lontano,
mentre Mosè avanzò verso la nube oscura dove era
Dio. Il Signore disse a Mosè: «Così dirai agli
Israeliti: “Voi stessi avete visto che vi ho
parlato dal cielo! Non farete dèi d’argento e
dèi d’oro accanto a me: non ne farete per voi!
Farai per me un altare di terra e sopra di esso
offrirai i tuoi olocausti e i tuoi sacrifici di
comunione, le tue pecore e i tuoi buoi; in ogni
luogo dove io vorrò far ricordare il mio nome,
verrò a te e ti benedirò”».
Esodo. 20, 2-24 Dopo aver affrontato il
potere del Faraone e i suoi dinieghi,
soprattutto dopo avere assistito ai drammi delle
10 piaghe verso cui è andato incontro il popolo
egiziano che ha reso schiavo il popolo di Dio,
il Signore mantiene la promessa della
liberazione e fa ottenere il permesso di uscire
per camminare verso il monte del deserto e
sacrificare al proprio Dio. Ma poi Faraone ha un
ripensamento e insegue il popolo su quel cammino
strano che Mosè ha imboccato, scendendo a sud
fino ad arrivare ad avere di fronte il mare,
impossibile da attraversare senza barche. Eppure
la mano di Dio protegge coloro che ha liberato e
proprio quel passaggio nel Mar rosso rompe
definitivamente il rapporto con i propri
persecutori. Il popolo è libero e nella libertà
può iniziare a costruire la propria storia.
Ma un popolo schiavo non ha una legge propria
poiché finora la legge è stata dettata dai
propri oppressori. Ora deve inventarsene una per
vivere liberi, per essere in pace, per superare
le violenze che hanno subito dai più forti, e
debbono organizzarsi con regole e norme perché
ogni persona sia rispettata. Il Signore ha
fissato un appuntamento sul monte: vuole
concludere il patto di alleanza e suggerire
scelte di comportamento che permettano di
mantenere la libertà conquistata. L'appuntamento
è al Sinai, nel deserto che già hanno imparato a
conoscere e in cui sono vissuti, da tre mesi,
vegliati dalla previdenza del Signore che ha
fornito pane, acqua e carne. Il Signore, sul
monte, detta le 10 Parole, non norme giuridiche
o ordini di un monarca assoluto. Sono le
raccomandazioni di stile e di comportamento per
sopravvivere a se stessi e al male del mondo.
Saranno conservate nell'Arca dell'Alleanza come
tesori in uno scrigno, e andranno difesi poiché
costituiscono la vita nel tempo. E non sono
proclamate come legge universale ma come
confidenze di un Dio benigno che si confida con
amorevolezza e sapienza con il suo popolo. Così
non si possono cogliere appieno le 10 Parole
(c'è una seconda versione in
Deuteronomio(5,6-21), se non si riprende il
significato profondo della introduzione in cui
il Signore si presenta come liberatore: "Io sono
il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal
paese d'Egitto, dalla condizione di schiavitù".
Sono 10 Parole, che fondano i criteri morali
della vita di un popolo come 10 sono le Parole
della creazione attraverso cui Dio crea il mondo
per poterne fare poi, un giorno, un dono
all'umanità che ne sarà padrona, ospite,
responsabile. Così la creazione di Dio e la
condotta morale del suo popolo hanno il compito
di ricostruire ogni giorno un mondo di pace e
coerente alla sapienza di Dio. Il Signore, con
le 10 Parole, si fa conoscere nella bellezza
della creazione e nella sapienza della legge
morale: fuori, nel creato e dentro, nella
coscienza di ciascuno e del suo popolo, Dio crea
l'umanità a sua immagine, in pienezza,
collaboratrice nel creato, con la prospettiva di
un progetto di armonia e di sviluppo gioioso e
sereno. Vengono aggiunte altre raccomandazioni:
il primo è il superamento della paura: il
rapporto con Dio è corretto quando si pone come
rispetto e consapevolezza dei propri limiti (il
timore di Dio diventa antidoto al male). Il
secondo vieta la costruzione di idoli. Infine il
Signore suggerisce i riti essenziali di culto
con offerte di animali sacrificati su un altare
di terra.
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Ef 1, 15-23 Fratelli, avendo
avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore
che avete verso tutti i santi, continuamente rendo grazie per
voi ricordandovi nelle mie preghiere, affinché il Dio del
Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno
spirito di sapienza e di rivelazione per una profonda conoscenza
di lui; illumini gli occhi del vostro cuore per farvi
comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di
gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la
straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi, che
crediamo, secondo l’efficacia della sua forza e del suo vigore.
Egli la manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo
fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni
Principato e Potenza, al di sopra di ogni Forza e Dominazione e
di ogni nome che viene nominato non solo nel tempo presente ma
anche in quello futuro. Tutto infatti egli ha messo sotto i suoi
piedi e lo ha dato alla Chiesa come capo su tutte le cose: essa
è il corpo di lui, la pienezza di colui che è il perfetto
compimento di tutte le cose. Efesini. 1, 15-23
La lettera agli Efesini è uno di quei testi che fanno parte
degli "scritti della prigionia", e si colloca negli anni tra il
58 e il 60 d. C. Dopo il saluto (1,1-2) e la preghiera (1,3-14)
si sviluppa il testo vero e proprio della lettera in cui Paolo
comincia a rendere grazie a Dio (1,15-16) perché questa sua
comunità si distingue per la fede in Gesù e per la carità verso
i fratelli. Infatti " la fede si attua nella carità" (Galati
5,6). Paolo continua dicendo che, nella sua fatica, li sostiene
pregando perché maturino dentro di loro uno Spirito di sapienza
e di rivelazione. Il riferimento è fatto al Dio del Signore
nostro Gesù Cristo. Paolo chiede, facendosi eco di Gesù che
prega il Padre nel Getsemani, uno spirito di sapienza per vivere
da veri credenti in Dio nella storia quotidiana e chiede la
rivelazione di una conoscenza sempre più profonda nel Signore
che ci rende suoi amici. Chiede che i loro occhi siano
illuminati dal cuore (v 1, che questo sguardo affettivo sulla
creazione apra gli orizzonti della speranza e faccia intravedere
un futuro bello e nuovo quale ha una mamma che guarda il suo
bambino. E se vede una realtà fragile nel presente, intravede la
persona adulta e la grandezza di un suo comportamento che
daranno onore a lui e a tutta la famiglia. Questi occhi, per la
fede in Gesù, fanno scoprire "i tesori di gloria e la
straordinaria grandezza della potenza di Dio verso di noi" (vv
18-19).. La garanzia che il Padre ci offre è la vicenda di
Gesù che ci schiude orizzonti di gloria anche dopo la morte
poiché "Gesù è stato risuscitato e siede alla sua destra nei
cieli" (v 20). Concludendo con l'immagine di Cristo risorto,
capo di quel corpo che è la Chiesa, tutto il mondo è nello
stesso tempo "dominio di Dio Signore", vincitore della morte e
del male e pienezza, liberazione e "perfetto compimento di tutte
le cose". (vv 22-23).

Zona di Sicar e pozzo di Giacobbe |
Giovanni.
4, 5-42 In quel tempo. Il Signore Gesù giunse a una città della Samaria
chiamata Sicar, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo
figlio: qui c’era un pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, affaticato per il
viaggio, sedeva presso il pozzo. Era circa mezzogiorno. Giunge una donna
samaritana ad attingere acqua. Le dice Gesù: «Dammi da bere». I suoi
discepoli erano andati in città a fare provvista di cibi. Allora la donna
samaritana gli dice: «Come mai tu, che sei giudeo, chiedi da bere a me, che
sono una donna samaritana?». I Giudei infatti non hanno rapporti con i
Samaritani. Gesù le risponde: «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui
che ti dice: “Dammi da bere!”, tu avresti chiesto a lui ed egli ti avrebbe
dato acqua viva». Gli dice la donna: «Signore, non hai un secchio e il pozzo
è profondo; da dove prendi dunque quest’acqua viva? Sei tu forse più grande
del nostro padre Giacobbe, che ci diede il pozzo e ne bevve lui con i suoi
figli e il suo bestiame?». Gesù le risponde: «Chiunque beve di quest’acqua
avrà di nuovo sete; ma chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più
sete in eterno. Anzi, l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente
d’acqua che zampilla per la vita eterna». «Signore – gli dice la donna –,
dammi quest’acqua, perché io non abbia più sete e non continui a venire qui
ad attingere acqua». Le dice: «Va’ a chiamare tuo marito e ritorna qui». Gli
risponde la donna: «Io non ho marito». Le dice Gesù: «Hai detto bene: “Io non
ho marito”. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo
marito; in questo hai detto il vero». Gli replica la donna: «Signore, vedo
che tu sei un profeta! I nostri padri hanno adorato su questo monte; voi
invece dite che è a Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare». Gesù le
dice: «Credimi, donna, viene l’ora in cui né su questo monte né a Gerusalemme
adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi adoriamo ciò che
conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene l’ora – ed è questa
– in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità: così
infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano. Dio è spirito, e
quelli che lo adorano devono adorare in spirito e verità». Gli rispose la
donna: «So che deve venire il Messia, chiamato Cristo: quando egli verrà, ci
annuncerà ogni cosa». Le dice Gesù: «Sono io, che parlo con te». In quel
momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliavano che parlasse con una
donna. Nessuno tuttavia disse: «Che cosa cerchi?», o: «Di che cosa parli con
lei?». La donna intanto lasciò la sua anfora, andò in città e disse alla
gente: «Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto.
Che sia lui il Cristo?». Uscirono dalla città e andavano da lui. Intanto i
discepoli lo pregavano: «Rabbì, mangia». Ma egli rispose loro: «Io ho da
mangiare un cibo che voi non conoscete». E i discepoli si domandavano l’un
l’altro: «Qualcuno gli ha forse portato da mangiare?». Gesù disse loro: «Il
mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua
opera. Voi non dite forse: “Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura”?
Ecco, io vi dico: alzate i vostri occhi e guardate i campi che già
biondeggiano per la mietitura. Chi miete riceve il salario e raccoglie frutto
per la vita eterna, perché chi semina gioisca insieme a chi miete. In questo
infatti si dimostra vero il proverbio: uno semina e l’altro miete. Io vi ho
mandati a mietere ciò per cui non avete faticato; altri hanno faticato e voi
siete subentrati nella loro fatica». Molti Samaritani di quella città
credettero in lui per la parola della donna, che testimoniava: «Mi ha detto
tutto quello che ho fatto». E quando i Samaritani giunsero da lui, lo
pregavano di rimanere da loro ed egli rimase là due giorni. Molti di più
credettero per la sua parola e alla donna dicevano: «Non è più per i tuoi
discorsi che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che
questi è veramente il salvatore del mondo».
Giovanni.
4, 5-42 Gesù, racconta l'evangelista Giovanni, dopo il segno dell'acqua
trasformata in vino a Cana (2,1-12), la salita a Gerusalemme e l'intervento
di purificazione del tempio (2,13-22), l'incontro con Nicodemo nella notte (2
23-3,21) e le tensioni tra i discepoli di Giovanni il Battista, viene
chiaramente proclamato nella sua identità da Giovanni Battista come lo sposo
mentre il profeta si proclama amico che si rallegra dello sposo (3,22-36). A
questo punto Gesù abbandona la Giudea e torna a nord, in Galilea, passando
attraverso la Samaria (4,5-42). Il racconto della samaritana sviluppa i
grandi temi della rivelazione di Gesù, della missione nel suo popolo, anche
quello considerato eretico, su cui garantisce il suo Spirito e la pienezza
del culto. Il testo è molto complesso, aperto a molte spiegazioni, e
mentre non si può negare la possibilità di un incontro tra Gesù e la donna al
pozzo, bisogna recuperare tutte quelle dimensioni teologiche che ci fanno
approfondire, secondo Giovanni, la presenza di Gesù nel mondo. Il racconto si
svolge in due grandi scene: il dialogo di Gesù con la Samaritana (vv 7-26) e
quello con i discepoli (vv 31-38) in un itinerario in cui ritornano i
discepoli mentre la Samaritana va in città ad annunciare (vv 27-30). Il
colloquio con i discepoli è diviso in due parti (vv 31-34 e 35-38).
L'incontro con Gesù e la samaritana inizia presso un pozzo. Nel linguaggio
biblico spesso il pozzo richiama luogo di convegno, di incontro e anche del
fidanzamento: così è avvenuto per Mosé (Sippora Es 2,16), per il servo di
Abramo che cerca la sposa per Isacco (Gen 24 Rebecca), per Giacobbe (Rachele
Gen 29).. Il simbolismo è anche trasparente. Gesù cerca il suo popolo, che è
la sposa di Dio, e sposa del messia, per rivelare che Dio mantiene le sue
promesse di sposo a tutto Israele, a Giuda e a Samaria. La donna è la meno
adatta poiché al pozzo non arriva una ragazza nubile, ma una donna con cinque
matrimoni alle spalle e una attuale situazione irregolare. Non si dice che la
donna abbia offerto acqua né si dice che Gesù abbia bevuto. L'incontro è solo
un dialogo. In tutto il testo si sviluppa la conoscenza progressiva dì Gesù:
un giudeo (v 9), uno più grande di Giacobbe (v 12), un Signore, capace di
compiere un prodigio (v 15), un profeta (v 19), il Messia che viene alla fine
della storia (vv 25-26,29), l'inviato del Padre che, a sua volta, risulta
essere (vv 3438), il Salvatore del mondo ( v 42). L'acqua viva è l'acqua
che rigenera, che disseta la sposa assetata (Osea 2,5), è la bocca del giusto
(Pr 10,11) è il timore del Signore (Pr 14,27) ma è anche la sapienza stessa
paragonata ad una fonte (Baruc 3,12). L'acqua viva è l'azione vivificante del
Dio d'Israele nell'alleanza che ha come immagine una relazione eterna. Isaia
ricorda: "O voi tutti assetati venite all'acqua, chi non ha danaro venga
ugualmente" (55,1-3). In un incontro che va oltre le regole, tra una donna
samaritana, eretica e Gesù, un maestro giudeo, si assiste ad una sconcertante
rivelazione di Gesù stesso: si presenta come mendicante che però garantisce
di avere un dono eterno. La donna presta un'attenzione coraggiosa e profonda.
Prende coscienza del suo bisogno e della esigenza di chiarezza interiore e
Gesù capisce che, al di là delle apparenze, la donna è desiderosa di capire e
di ricevere. Ma, per ricevere il dono, bisogna accettare di pronunciare una
verità che mette a disagio: "Vai a chiamare tuo marito." La donna, in fondo,
si nasconde dietro ad una parola: "non ho marito", ma è sincera e Gesù
accetta la risposta e gliela riconosce come una risposta vera, corretta,
coerente: la donna parla di cinque mariti precedenti e Gesù aggiunge: "il
compagno, l'attuale, non è tuo marito". A questo punto la samaritana diventa,
ancora una volta, l'immagine del suo popolo contaminato dagli idoli dai
cinque popoli della Mesopotamia introdotti, secoli prima, dagli eserciti
conquistatori assiri nella Samaria (2 Re 17,2441). Perciò questa popolazione
è stata inquinata dagli idoli. La ricerca della verità conduce, insieme,
al significato della propria fede e all'espressione di fede che è il culto.
Da qui la domanda: "Dove adorare?". Gesù risponde: "Né su questo monte né a
Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate ciò che non conoscete, noi
adoriamo ciò che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene
l'ora - ed è questa - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito
e verità: così infatti il Padre vuole che siano quelli che lo adorano"
(vv21-23). Il culto non ha più una collocazione geografica ma il rapporto
con lo Spirito e la verità, che è poi Gesù e la sua Parola. E quando si vuol
rimandare il problema all'insegnamento chiarificatore di un profeta- Messia
che chiarirà, Gesù risponde che quel profeta- messia è qui. La sete della
donna e la sete di Gesù portano agli incontri che vanno valorizzati come
segni e attesa di rivelazione. Gesù ha iniziato il suo cammino missionario e
la donna, per prima, avendo accolto la novità di Gesù, si fa missionaria
presso i suoi concittadini, abbandonando la brocca.. Con i discepoli
inizia un nuovo dialogo mentre si sentono sconcertati dal fatto che il
maestro parli con una samaritana e dal rifiuto del cibo. Allora la missione
ridiventa ancora elemento rivelatore delle scelte. La volontà di Dio è
l'opera per cui Gesù è venuto. Questa volontà ha in sé il progetto del
raccogliere e il progetto di liberare. I discepoli iniziano a scoprire il
vero progetto della vita di Gesù. Cominciano anche a intuire il cibo vero
della Chiesa. |