Dedicazione del Duomo di Milano
18 ottobre 2020
 Matteo 21, 10-17
Riferimenti : Bar 3,24-38 - Sal 86 - 2Tm 2, 19-22
Di te si dicono cose gloriose, città di Dio! Sui monti santi egli l’ha fondata; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe.

Bar 3,24-38
O Israele, quanto è grande la casa di Dio, quanto è esteso il luogo del suo dominio! È grande e non ha fine, è alto e non ha misura! Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi, alti di statura, esperti nella guerra; ma Dio non scelse costoro e non diede loro la via della sapienza: perirono perché non ebbero saggezza, perirono per la loro indolenza. Chi è salito al cielo e l’ha presa e l’ha fatta scendere dalle nubi? Chi ha attraversato il mare e l’ha trovata e l’ha comprata a prezzo d’oro puro? Nessuno conosce la sua via, nessuno prende a cuore il suo sentiero. Ma colui che sa tutto, la conosce e l’ha scrutata con la sua intelligenza, colui che ha formato la terra per sempre e l’ha riempita di quadrupedi, colui che manda la luce ed essa corre, l’ha chiamata, ed essa gli ha obbedito con tremore. Le stelle hanno brillato nei loro posti di guardia e hanno gioito; egli le ha chiamate ed hanno risposto: «Eccoci!», e hanno brillato di gioia per colui che le ha create. Egli è il nostro Dio, e nessun altro può essere confrontato con lui. Egli ha scoperto ogni via della sapienza e l’ha data a Giacobbe, suo servo, a Israele, suo amato. Per questo è apparsa sulla terra e ha vissuto fra gli uomini.

Bar. 3, 24-38
Il libro del profeta Baruc, da cui è stato tratto il testo della liturgia di oggi, ha subito molte peripezie poiché inizialmente è stato scritto in greco, e così ci è giunto, anche se nel frattempo ci sono state traduzioni ebraiche. Ma proprio per tale motivo, non è stato compreso nell'elenco dei libri ispirati, elenco redatto dalle scuole ebraiche di Jamnia nel 90 d.C.. E anche il mondo protestante, seguendo la tradizione ebraica, non lo ritiene ispirato e quindi non degno di entrare a far parte dell'elenco canonico dei libri della Scrittura dell'Antico Testamento. Il mondo cattolico invece lo ha conservato perché al tempo di Gesù questo testo veniva considerato, alla stregua degli altri testi, un libro ispirato e non un apocrifo.
Il libro di Baruc si presenta come una antologia di 3 scritti diversi tra loro. Ciò che leggiamo, oggi, è una lunga e appassionata proposta sul seguire le "vie della sapienza", rivelata pienamente da Dio al popolo d'Israele. La sapienza insegna i sentieri di Dio, è la fonte e la garanzia della vita. La sapienza si trova nell'osservanza dei comandamenti di Dio e solo Dio può regalare tale sapienza (3,37).
Il tema guida, continuamente ripetuto,: "La via della sapienza", ci ricorda che bisogna percorrere le strade fino a Dio poiché essa si trova solo presso di Lui, e bisogna regolarsi di conseguenza, cercando la prudenza, l'intelligenza ( 3,14), la sapienza o il sapere (3, 27).
L'accesso alla Sapienza non viene né dal potere politico, né dalla ricchezza, né da attività commerciali, né dal lavoro dell'artigiano. (3,15-21).
Non hanno sapienza i popoli che tradizionalmente sono ritenuti campioni di sapienza come Canaan, Teman, gli Ismaeliti e i Nabatei. Ciascuno di questi è maestro, competente, rinomato per vari motivi: costruttori, artigiani, mercanti e carovanieri, quindi esperti e conoscitori di molti mondi e di molte scienze. Ma Israele è invitata a contemplare la grandezza della casa di Dio, cioè l'universo che non ha confini. In questo universo vi furono, nell'antichità, addirittura gli abitanti di mondi favolosi, perfino i giganti famosi per statura ed esperienza di guerra (3,26). Della loro presenza si narrava con ammirazione Sono ricordati anche nel libro della Genesi (6,1-4). Erano forti, bellicosi, potenti, eppure non ebbero il dono della sapienza.

 2Tm 2, 19-22
Carissimo, le solide fondamenta gettate da Dio resistono e portano questo sigillo: «Il Signore conosce quelli che sono suoi», e ancora: «Si allontani dall’iniquità chiunque invoca il nome del Signore». In una casa grande però non vi sono soltanto vasi d’oro e d’argento, ma anche di legno e di argilla; alcuni per usi nobili, altri per usi spregevoli. Chi si manterrà puro da queste cose, sarà come un vaso nobile, santificato, utile al padrone di casa, pronto per ogni opera buona. Sta’ lontano dalle passioni della gioventù; cerca la giustizia, la fede, la carità, la pace, insieme a quelli che invocano il Signore con cuore puro.

2Timoteo 2,19-22.
Paolo si trova prigioniero a Roma e manda un accorato messaggio a Timoteo, suo giovane discepolo, molto stimato anche tra i cristiani con cui vive. Paolo lo ha costituito collaboratore nella comunità di Efeso che Paolo ha fondato, dopo che con Paolo Timoteo ha condiviso il lavoro di evangelizzazione a Filippi, a Corinto e quindi ad Efeso.
Abbiamo di questo periodo 2 lettere, spedite a Timoteo, che vengono dette, per la particolare qualità d'insegnamento, "pastorali", fondamentali per costituire una sana comunità di credenti. Paolo è particolarmente preoccupato di Timoteo poiché è giovane e le comunità ebraiche sono abitualmente dirette e guidate da anziani (presbiteri). Paolo si preoccupa di educare, sia pure da lontano, affinché Timoteo diventi una guida coraggiosa e coerente. Il testo che leggiamo oggi inizia con la preoccupazione di rendere forte e coerente Timoteo di fronte ai falsi dottori che circolano nelle comunità dei convertiti; perciò: "evita le vane discussioni che non giovano a nulla (2,15)" e "sforzati di presentarti davanti a Dio come un uomo degno di approvazione e un lavoratore che non ha di che vergognarsi, scrupoloso dispensatore della Parola della verità" (2, 16).
Poiché educare una comunità fa immediatamente pensare alla costruzione di un edificio, Paolo utilizza questa immagine come metafora di una costruzione la cui pietra di fondazione porta due sigilli che sono 2 citazioni bibliche. La prima: "il Signore conosce i suoi" (Nm 16,5) può ricordare anche il brano di Giovanni (10,22-30) in cui Gesù garantisce che sta facendo la volontà del Padre e dalla mano di quel Padre "nessuno può rapire ciò che è proprietà del Padre: il suo gregge". " Io e il Padre siamo una cosa sola" e chi abita in questo edificio è proprietà del Padre, affidato alla protezione e all'amore di Gesù.


   Matteo 21, 10-17
In quel tempo. Mentre il Signore Gesù entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?». E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nazaret di Galilea». Gesù entro nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: “Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”?». Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betania, e là trascorse la notte.

Il brano si muove dalla domanda ansiosa della folla, anzi, di tutta la città di Gerusalemme: Chi è costui?
Anche a noi sembra strana una festa di "dedicazione": Dio non può essere costretto in una costruzione di pietre, come ci ricorda il profeta Baruc né essere incasellato in una serie di suppellettili, se pure sacre, se pure dall'alto valore simbolico, come ci dice la lettura dell'Epistola. Né Gesù può tollerare che nell'ambito del Tempio di Gerusalemme, dal profondo valore di richiamo della presenza di Dio, ci si comporti secondo le modalità mondane del profitto e del mercato, se pure sacro, se pure, forse, per certi versi necessario.
Per questo scaccia tutti quelli che vendevano e compravano, rovescia i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe. Che cosa c'entrano con un luogo santo, che deve essere ‘casa' di preghiera?
E si rivolge a guarire, proprio lì, nel Tempio, ciechi e storpi, perché possano essere pienamente uomini, perché, come dirà san Paolo, è l'uomo ad essere il tempio di Dio: è nel cuore dell'uomo che è presente e operante lo Spirito del Signore.
Come sarebbe bello che, come ogni cattedrale, anche il nostro Duomo, che rappresenta la storia della Chiesa di Milano ed è monumento della fede della comunità ambrosiana, le cui pietre rappresentano le pietre vive dei credenti, allontanasse ogni pur fondata ragione economica (turismo, preoccupazione artistica, aperture mondane) per dare spazio a ciechi e storpi che si avvicinano a Gesù per essere guariti e provocare nei ‘fanciullì le lodi per le meraviglie di Dio, che vuole salvaguardare il suo vero tempio che sono le persone non più cieche né storpie, perché si sono sentite toccate dalla misericordia di Dio nell'agire di Gesù.
Per fare spazio a chi non ha rifugio, esattamente come nel bellissimo film di Ermanno Olmi Il villaggio di cartone. Lì non si trattava di Duomo, ma di una semplice chiesa di periferia: però che segno formidabile sarebbe!!!!