
III Domenica dopo il Martirio di san Giovanni il Precursore
13 settembre 2020
Lc 9, 18-22
Riferimenti : Is 11, 10-16 - Sal 131 - 1Tm 1, 12-17 |
| Grandi cose ha fatto il Signore per noi. Il
Signore ha giurato a Davide, promessa da cui non torna indietro:
«Il frutto delle tue viscere io metterò sul tuo trono!».
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Is 11, 10-16 In quel tempo.
Isaia parlò, dicendo: «In quel giorno avverrà
che la radice di Iesse sarà un vessillo per i
popoli. Le nazioni la cercheranno con ansia. La
sua dimora sarà gloriosa. In quel giorno avverrà
che il Signore stenderà di nuovo la sua mano per
riscattare il resto del suo popolo, superstite
dall’Assiria e dall’Egitto, da Patros,
dall’Etiopia e dall’Elam, da Sinar e da Camat e
dalle isole del mare. Egli alzerà un vessillo
tra le nazioni e raccoglierà gli espulsi
d’Israele; radunerà i dispersi di Giuda dai
quattro angoli della terra. Cesserà la gelosia
di Èfraim e gli avversari di Giuda saranno
sterminati; Èfraim non invidierà più Giuda e
Giuda non sarà più ostile a Èfraim. Voleranno
verso occidente contro i Filistei, insieme
deprederanno i figli dell’oriente, stenderanno
le mani su Edom e su Moab e i figli di Ammon
saranno loro sudditi. Il Signore prosciugherà il
golfo del mare d’Egitto e stenderà la mano
contro il Fiume. Con la potenza del suo soffio
lo dividerà in sette bracci, così che si possa
attraversare con i sandali. Si formerà una
strada per il resto del suo popolo che sarà
superstite dall’Assiria, come ce ne fu una per
Israele quando uscì dalla terra d’Egitto».
Isaia 11, 10-16 Il capitolo 11,
uno dei più celebri testi di Isaia, comprende
due parti: - nella prima parte si celebra la
figura ideale del sovrano, con riferimenti
storici per cui il nuovo re sarà un discendente
di Davide, figlio di Iesse (re dell'Israele
riunificato, vissuto attorno all'anno 1000 a.C);
- nella seconda parte (è il testo che leggiamo
oggi) il centro non è più esclusivamente il
Re-messia ma la comunità di Gerusalemme che
diventa un polo di attrazione e di unità. Il
Re-messia è come "un germoglio cresciuto dal
tronco inaridito di Iesse" per il male e la
infedeltà della dinastia di Davide stesso. Il
germoglio è segno della gratuità e della vita
che Dio è capace di dare al suo popolo nel
momento della desolazione e dell'aridità.. Nasce
così una splendida rappresentazione del Messia
futuro, carico dello Spirito del Signore che si
posa con i suoi doni preziosi (ne sono elencati
sei a cui si aggiungerà un settimo e si
chiameranno, nella tradizione cristiana, i "doni
dello Spirito Santo"): sono i doni della
regalità, della sapienza, della introspezione,
della giustizia, della pazienza e del coraggio,
i doni per chi vince. Il grande re sarà un uomo
giusto e coraggioso. Egli porterà la pace, che
viene splendidamente esemplificata con le
immagini dell'agnello che pascola con il lupo,
della pantera con il capretto, del vitello con
il leone, del bambino che gioca sulla tana del
serpente e che conduce tutti insieme. La
pienezza del Re-messia si distende nella storia,
e il movimento di pace e di liberazione si
allarga. La vitalità di un cammino di popoli si
indirizza verso la comunità di Gerusalemme che,
dopo l'esilio, non potrà più contare su un re
che prosegua nella discendenza da Davide, poiché
non potrà più contare su una corte e su una
propria autonomia.
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1Tm 1, 12-17 Carissimo, rendo
grazie a colui che mi ha reso forte, Cristo Gesù Signore nostro,
perché mi ha giudicato degno di fiducia mettendo al suo servizio
me, che prima ero un bestemmiatore, un persecutore e un
violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo per
ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore
nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in
Cristo Gesù. Questa parola è degna di fede e di essere accolta
da tutti: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i
peccatori, il primo dei quali sono io. Ma appunto per questo ho
ottenuto misericordia, perché Cristo Gesù ha voluto in me, per
primo, dimostrare tutta quanta la sua magnanimità, e io fossi di
esempio a quelli che avrebbero creduto in lui per avere la vita
eterna. Al Re dei secoli, incorruttibile, invisibile e unico
Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Prima lettera di san Paolo apostolo a Timoteo Questa è la
prima di tre lettere dette "lettere pastorali", attribuite a San
Paolo che egli indirizza a Timoteo (due lettere) e a Tito (una
lettera). Timoteo è a capo della Chiesa di Efeso, Tito
nell'isola di Creta. Timoteo si era aggregato all'èquipe
apostolica di Paolo nel suo secondo viaggio missionario (At
16,1-3) ed era rimasto tra i suoi discepoli più fedeli. La
lettera perciò potrebbe essere stata scritta, da Paolo, alla
fine del suo primo periodo di prigionia a Roma (At 28,16) oppure
è stata scritta da qualche discepolo di Paolo, dopo la morte di
questi, sviluppando riflessioni ricevute in eredità dalla scuola
di Paolo e adattandole alla situazione dell'organizzazione delle
chiese che si stanno sviluppando. L'esperienza personale di
Paolo, prima nemico e persecutore della Chiesa e poi fedele
convinto, dimostra l'assoluta gratuità della chiamata di Dio. E'
una verità racchiusa nella frase: "Cristo Gesù è venuto nel
mondo per salvare i peccatori". La conversione, per Paolo, è
stata veramente una esperienza di salvezza poiché rischiava di
perdere totalmente il senso della sua vita. Così il
ringraziamento a Dio è per la fede in Gesù e per il ministero
che lo ha portato a svolgere un "servizio a Cristo" nella
comunità cristiana. Egli, dice, agiva da miscredente perché:
"non sapevo quello che facevo". Non è una scusa, per Paolo,
dotto maestro di Israele e finissimo esegeta della Scrittura, ma
testimonianza che la sua fede può essere solo un dono di Dio che
gli ha capovolto pensieri e cultura.

Cesarea di Filippo
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Lc 9, 18-22 In quel tempo. Il Signore Gesù si trovava in un luogo
solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa
domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il
Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto».
Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il
Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il
Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli
anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il
terzo giorno». Luca 9,18-22 Luca, con questo testo,
vuole aiutare la sua comunità a ripensare seriamente a Gesù, nella
concretezza e nelle scelte. La fede, infatti, non è una formula o un
pacchetto di verità da ricordare, ma è la scelta di Gesù così come si
presenta. Egli è profondamente diverso dalle aspettative, alternativo,
sconcertante e, tuttavia, sempre in comunione con il Padre e mai nella
prospettiva capricciosa di voler fare, dimostrare, conquistare per esibire.
Gesù non gioca con i nostri sentimenti e le nostre fragilità. Egli sa che
sta ponendo anche ai suoi un'alternativa che li avrebbe sconcertati. Ma Gesù
vuole svelare loro il segreto della sua vita. Infatti non li vuole ingannare
né li vuol manipolare, giocando sull'emotività. Sa di avere davanti persone
affezionate, fiduciose e però cariche di quelle stesse speranze che tutta la
storia d'Israele aveva alimentato. Dopo qualche breve parentesi di gloria
.che si è mostrata visibile nel regno di Davide, re vittorioso e di suo
figlio Salomone, re saggio, non si poteva contare su grandi dignità, degne di
quella regalità altissima che veniva da Dio nella millenaria storia del
popolo di Dio. Così l'attesa si preannuncia inimmaginabile, carica delle
promesse di Dio. E, nello stesso tempo, in questo periodo di vita di Gesù, si
sono particolarmente sviluppate delle aspettative sempre più spasmodiche e
sempre più politiche. La stessa predicazione di Giovanni Battista, per quanto
breve, aveva suscitato moltissime attese. Gesù sente che è giunto il momento
per incominciare a svelare il significato della sua missione. Luca
racconta il dialogo, molto scarno sulla identità di Gesù, senza collocarlo,
come fanno gli altri evangelisti, a Cesarea di Filippo. Probabilmente
l'evangelista vuole che il testo diventi un riferimento preciso per ogni
interlocutore credente. Luca, come spesso fa', introduce i momenti
essenziali della vita di Gesù ricordando la sua preghiera: è indicativa che
qui sta avvenendo qualcosa di particolarmente significativo. Giocano,
insieme, l'esigenza di comunione e di sostegno personale richiesti da Gesù e
la sua strategia di educare i discepoli perché trovino, nella preghiera, la
forma più alta di sincerità, di disponibilità e di comunione con il Padre.
Così avviene per alcune altre grandi scelte di Gesù: al battesimo (3,21),
prima di chiamare i 12 apostoli (6,12), nella Trasfigurazione (9,29), prima
di insegnare a pregare (11,1), nell'orto degli ulivi (22,39-46), dall'alto
della croce (23,34-46).Lc 9, 18-22 In quel tempo. Il Signore Gesù si
trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli
pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero:
«Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che
è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro
rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad
alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato
dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e
risorgere il terzo giorno».
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