Geremia 25, 1-13
In quei giorni. Questa parola fu rivolta a Geremia per
tutto il popolo di Giuda nel quarto anno del regno di Ioiakìm,
figlio di Giosia, re di Giuda, cioè nel primo anno del regno di
Nabucodònosor, re di Babilonia. Il profeta Geremia l’annunciò a
tutto il popolo di Giuda e a tutti gli abitanti di Gerusalemme
dicendo: «Dall’anno tredicesimo del regno di Giosia, figlio di
Amon,re di Giuda, fino ad oggi sono ventitré anni che mi è stata
rivolta la parola del Signore e io ho parlato a voi con premura
e insistenza, ma voi non avete ascoltato. Il Signore vi ha
inviato con assidua premura tutti i suoi servi, i profeti, ma
voi non avete ascoltato e non avete prestato orecchio per
ascoltare quando vi diceva: “Ognuno abbandoni la sua condotta
perversa e le sue opere malvagie; allora potrete abitare nella
terra che il Signore ha dato a voi e ai vostri padri dai tempi
antichi e per sempre. Non seguite altri dèi per servirli e
adorarli e non provocatemi con le opere delle vostre mani e io
non vi farò del male. Ma voi non mi avete ascoltato – oracolo
del Signore – e mi avete provocato con l’opera delle vostre mani
per vostra disgrazia”. Per questo dice il Signore degli
eserciti: Poiché non avete ascoltato le mie parole, ecco,
manderò a prendere tutte le tribù del settentrione – oracolo del
Signore – e Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo, e li farò
venire contro questo paese, contro i suoi abitanti e contro
tutte le nazioni confinanti, voterò costoro allo sterminio e li
ridurrò a oggetto di orrore, a scherno e a obbrobrio perenne.
Farò cessare in mezzo a loro i canti di gioia e di allegria, il
canto dello sposo e della sposa, il rumore della mola e
il lume della lampada. Tutta questa regione sarà distrutta e
desolata e queste genti serviranno il re di Babilonia per
settanta anni. Quando saranno compiuti i settanta anni, punirò
per i loro delitti il re di Babilonia e quel popolo – oracolo
del Signore –, punirò il paese dei Caldei e lo ridurrò a una
desolazione perenne. Manderò dunque a effetto su questo paese
tutte le parole che ho pronunciato a suo riguardo, tutto quanto
è scritto in questo libro, ciò che Geremia aveva profetizzato
contro tutte le nazioni.
Geremia è uno dei profeti più grandi d’Israele e, innamorato
della bellezza e della bontà del Signore, tenta di riportare
alla fedeltà il suo popolo, garantendo la pace. Ma la storia
travolge uomini, regni e persone e la parola di Geremia cade nel
vuoto. Anzi viene considerato un disfattista, un annunciatore di
sventure e rischia molte volte la vita. La storia è raccontata
da Geremia stesso nel suo libro autobiografico. Geremia, il
profeta, è un sacerdote del villaggio di Anatoth nel territorio
di Beniamino (1,1), vissuto durante il regno degli ultimi re di
Giuda: Giosia (640 a.C.-609 a.C.), Ioacaz (609), Joiakim
(609-598 a.C.), Ioiachin (598-597), e Sedechia (597 a.C.-586).
Il contesto della profezia di Geremia è la lunga lotta dei
Giudei contro i culti idolatri delle divinità dei paesi
circostanti, provenienti da Tiro e da altre città della costa
fenicia, profondamente radicati fin dal tempo di Manasseh
(696-642). Giosia è un grande re e fa sperare in una conversione
di cuore di tutto il popolo, poiché cerca di ristabilire il
culto legittimo ad un unico Dio,
nell'ambito delle sue riforme (2 Re 22,23). La riforma inizia
nel 628 a.C. (2 Cr. 34,3) e viene ad essa dato un rinnovato
impeto con la riscoperta del Libro della Legge nel 621 a.C. (2
Re 22,8). La vocazione di Geremia avviene nel 626 a.C. (1,2).
Uomo solitario a causa del suo messaggio impopolare (15,17) che
deve portare, desidera sposarsi con Giuditta, ma Dio stesso
gli proibisce di sposarsi (16,2). Si trova anche in
contrapposizione con le autorità del paese e di ogni ceto
sociale (26,8). Per questo, la sua vita stessa corre seri
pericoli (11,18-23; 18,18; 26,8; 36,19; 38,6). Il suo messaggio
tocca temi scottanti e dolenti della vita nazionale. Soprattutto
il re Sedechia lo perseguita perché viene considerato un
disfattista, che mina il morale della nazione. Geremia annuncia
la prossima invasione dei babilonesi (37,3.17), contro i quali
non ci si può opporre, ma bisogna arrendersi e pagare a loro le
tasse. Il testo di oggi fa riferimento al 605 a.C. e la minaccia
è l'invasione di popoli dal Nord, talvolta indicata
genericamente, più spesso identificata chiaramente con i
babilonesi, guidati da Nabucodonosor. Il regno di Giuda è vinto
per mano del re conquistatore nel 597 a.C. e porta in esilio a
Babilonia la maggior parte degli intellettuali e degli attigiani
della Giudea. Ma poiché i rimasti in Israele hanno intentato un
nuova ribellione, nel 586 a.C , Nabucodonosor ritorna e, questa
volta, la distruzione di Gerusalemme è totale: distrutto e
bruciato il tempio, spodestata la dinastia davidica, deportati
tutti gli israeliti, salvo pochi poveri contadini e pastori
della zona montagnosa. Inizia così la cosiddetta “cattività
babilonese”. Geremia è risparmiato e lasciato vivere tra le
rovine di Gerusalemme, dove continua a predicare. Poi, catturato
dai suoi denigratori e portato in Egitto (dopo l’anno 586
a.C.), vi muore, secondo un’antica tradizione cristiana,
lapidato dai suoi connazionali, esasperati dai suoi rimproveri.
Il testo di oggi conclude, tuttavia, con uno spiraglio di
speranza, avendo il profeta predetto che, dopo 70 anni, anche i
babilonesi subiranno, a loro volta, la distruzione. Il numero 70
è un numero simbolico.
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Romani 11,25-32
Non voglio infatti che ignoriate, fratelli, questo
mistero, perché non siate presuntuosi: l’ostinazione di una
parte d’Israele è in atto fino a quando non saranno entrate
tutte quante le genti. Allora tutto Israele sarà salvato, come
sta scritto: Da Sion uscirà il liberatore, egli toglierà
l’empietà da Giacobbe. Sarà questa la mia alleanza con loro
quando distruggerò i loro peccati. Quanto al Vangelo, essi sono
nemici, per vostro vantaggio; ma quanto alla scelta di Dio, essi
sono amati, a causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di
Dio sono irrevocabili! Come voi un tempo siete stati
disobbedienti a Dio e ora avete ottenuto misericordia a motivo
della loro disobbedienza, così anch’essi ora sono diventati
disobbedienti a motivo della misericordia da voi ricevuta,
perché anch’essi ottengano misericordia. Dio infatti ha
rinchiuso tutti nella disobbedienza, per essere misericordioso
verso tutti!
L’infedeltà e il rifiuto d’Israele sono parziali mentre la
fedeltà e la Parola di Dio sono fedeli sempre. Abbiamo già
incontrato questi interrogativi e questa sofferenza nel brano
letto domenica scorsa nella lettera ai Romani (11,1-15). E
infatti questo testo ne è il seguito. Ci viene posto il
significato del “mistero d’Israele” (v 25). La certezza di una
soluzione positiva non avviene per una garanzia razionale e non
ci sono prove che garantiscano questa soluzione. Ma il messaggio
nasce dalla fiducia in Dio come per una profezia. Essa
garantisce, attraverso la Scrittura, che Dio mantiene la sua
parola. Viene posta, allora, la lettura e la interpretazione
teologica della storia. L’apostolo formula una previsione:
l’ostinazione di una parte d’Israele è in atto, fino a quando
non saranno entrate tutte quante le genti. Allora tutto Israele
sarà salvato.
Israele è “nemico del vangelo”, ma solo temporaneamente, poiché
non ha riconosciuto Gesù. Il versetto centrale regge tutto
l’impianto di speranza, anche se si rimanda alla conclusione
della storia: “Ma quanto alla scelta di Dio, essi sono amati, a
causa dei padri, infatti i doni e la chiamata di Dio sono
irrevocabili! (vv28-29)”. Quanto alla scelta di Dio, che è stata
la scelta gratuita del Padre, Dio non dimentica le sue
promesse”. La colpa di Israele è, soprattutto, l'aver voluto
raggiungere, con una pratica formale della Legge e con le
proprie forze, quella giustizia che può ottenersi solo con la
fede (10,1-21). Paolo, così, è convinto che Dio non ha rigettato
il suo popolo. Il suo stesso ministero lo conferma. Egli infatti
percepisce un legame misterioso tra la propria missione ai
Gentili e la salvezza del suo popolo. Dovunque ha predicato, il
rifiuto di Israele è stato causa di apertura della
evangelizzazione ai pagani; e tale rifiuto ha segnato la
riconciliazione del mondo. Ma Paolo va oltre. Se tali esiti ha
dato la loro riprovazione, quali potranno essere mai i frutti
positivi? Davanti a Dio non valgono privilegi razziali, ma vale
solo il riconoscersi racchiusi nella disobbedienza. Solo così si
rivela verso tutti la misericordia del Signore. |