
X Domenica dopo
Pentecoste
5 agosto 2012
Matteo. 21, 12-16
Riferimenti :primo libro dei Re. 7, 51 - 8, 14-salmo 28 -
Seconda ai
Corinzi. 6, 14 – 7,1 |
A te grido, Signore; non restare in silenzio, mio Dio,
perché, se tu non mi parli, io sono come chi scende nella fossa.
Ascolta la voce della mia supplica, quando ti grido aiuto,
quando alzo le mie mani verso il tuo santo tempio. Non
travolgermi con gli empi, con quelli che operano il male.
Parlano di pace al loro prossimo, ma hanno la malizia nel cuore. |
primo libro dei Re. 7, 51 - 8, 14
In quei giorni.
Fu così terminato tutto il lavoro che il re Salomone aveva
fatto per il tempio del Signore. Salomone fece portare le
offerte consacrate da Davide, suo padre, cioè l’argento, l’oro
e gli utensili; le depositò nei tesori del tempio del Signore.
Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a
Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi
dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza
del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion.
Si
radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di
Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa.
Quando furono
giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono
l’arca
e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e
con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano
salire i sacerdoti e i leviti.
Il re Salomone e tutta la comunità
d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti
all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si
potevano calcolare per la quantità.
I sacerdoti introdussero
l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del
tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini.
Difatti i
cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini,
cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto.
Le
stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal
Santo di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi
sono ancora oggi.
Nell’arca non c’era nulla se non le due
tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il
Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando
uscirono dalla terra d’Egitto.
Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube
riempì il tempio del Signore,
e i sacerdoti non poterono
rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché
la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore.
Allora
Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube
oscura.
Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per
la tua dimora in eterno».
Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre
tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi.
Qui si parla della collocazione definitiva dell’arca nel tempio,
sognato da decenni, e
finalmente terminato da Salomone.
Vengono convocati in assemblea, a Gerusalemme, gli anziani
d’Israele, i capitribù, i principi
dei casati degli Israeliti e si radunano presso il re Salomone
tutti gli Israeliti nel mese di
Etanìm, tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti e i leviti.
Bisogna “fare salire l’arca dell’alleanza
del Signore "dalla città di Davide, cioè da Sion" al tempio di
Gerusalemme, costruito più in
alto. Tutta la zona si chiamerà, poi, monte Sion. Probabilmente,
per sottolineare l’eccezionale
importanza, si vuol dire che tutta Israele è presente
all’ingresso dell’arca nel tempio, costruito
con munificenza e splendore in molti anni di lavoro duro in cui
sono state profuse molte
ricchezze, ricorrendo anche ad artigiani provenienti da nazioni
straniere. L’avvenimento è
registrato “al settimo mese” in corrispondenza, grosso modo,
della festa delle Capanne che
cade in autunno, quando si commemora il cammino nel deserto dopo
l'uscita dall'Egitto.
La processione ha un andamento liturgico particolare, con molte
fermate durante le quali si
offrono buoi e pecore, lungo un cammino che sale. E si parla non
solo dell’arca ma anche
della “tenda del convegno” che ha accompagnato il popolo nel
deserto circa tre secoli prima.
Probabilmente la tenda, nel frattempo, è stata cambiata nelle
peripezie di collocazione, di
trafugamenti, rubata come trofeo di guerra dai Filistei e poi
rimandata per le malattie che si
diffondevano nella città che ospitava la tenda stessa.
L’arca è un contenitore delle “due tavole della Legge”, di una
brocca di manna e della verga di
Aronne. Un cassone lungo m1,22 , largo m 0,76 e alto m 0,76,
ricoperto da una lastra d’oro e
due cherubini, uno di fronte all’altro con le ali aperte. Viene
portato a spalla con due stanghe inserite nella parte lunga, solo dai sacerdoti. E’ considerato
il luogo da cui Dio parla ai suoi
servi: Mosè, Aronne, Giosuè, anzi lo sgabello della presenza di
Dio nel suo popolo.
La nube che rende impossibile continuare la liturgia sacrificale
è simbolo della gloria e della
presenza di Dio. In tal modo, il Signore manifesta il suo
assenso e la sua volontà di farsi
presente, in modo particolare, nel tempio di Gerusalemme. |
Seconda ai
Corinzi. 6, 14 – 7,1
Fratelli, non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti.
Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o
quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo
e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il
tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: Abiterò in
mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi
saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore,
non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò 18e sarò per voi
un Padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore
onnipotente. In possesso dunque di queste promesse, carissimi,
purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito,
portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio.
Paolo confessa la sua franchezza e manifesta i suoi sentimenti
per questa comunità di Corinto
che lo attrae fino a sentirsi per loro padre e lo rattrista,
nello stesso tempo, perché spesso
alcuni si lasciano coinvolgere in mentalità che fanno ritornare
al paganesimo.
L’immagine che anche Gesù aveva utilizzato è quella del giogo.
Lo si vede facilmente, in un
mondo contadino e di commercio sugli animali da tiro e sulle
spalle degli schiavi. Il giogo è
una trave di legno che serve a legare insieme due animali o due
persone per il tiro del carro o
dell’aratro. Esprime una sottomissione a precetti che mettono
l’altro in soggezione di
schiavitù. E’ anche segno di sottomissione a potenze straniere,
o a leggi troppo pesanti da
sopportare. Ne parla Pietro ricordando che il giogo ebraico era
insopportabile (At 15,10) e ne
parla Paolo, anche altrove, oltre che qui (Gal 5,1). Ma il giogo
può richiamare anche il
dominio di Dio giusto e gradevole. Gesù ha garantito che “il mio
giogo è gradevole e il mio
carico è leggero” (Mt 11,30). E con il suo lavoro Gesù deve
averne fatti tanti di gioghi, e
conosceva i gioghi agevoli e quelli che, difettosi, ferivano gli
animali. Spezzare il giogo
significa liberarsi dalla soggezione. Spesso si dice, però, che
Israele spezza il giogo della
legge di Dio per accettarne uno più pesante che viene dagli
idoli e che lo rende sempre più
schiavo.
Qui, in particolare, dicendo: “Non lasciatevi legare al giogo
estraneo dei non credenti”, si fa
riferimento ad una legge del mondo ebraico in cui si vieta che
si leghino insieme due animali
diversi, come un bue ed un asino allo stesso giogo: “Non devi
arare con un bue e un asino
aggiogati assieme” (Deut 22,10)
I fedeli di Corinto sono rimproverati da Paolo perché non sanno
più apprezzare la giustizia che
Dio offre ai suoi fedeli e quindi accettano una collaborazione
con i pagani. Paolo è fortemente
esigente e sembra smentire l’atteggiamento più duttile che ha
sempre dimostrato. Ma
probabilmente la situazione è giudicata critica e pericolosa.
Così con chiarezza, richiama alla
fede che manifesta la nostra adesione a Gesù, figlio di Dio, e
quindi mostra l’incompatibilità
con Beliar, che via via è stato identificato come Satana.
Questi testi invitano formalmente a rifiutare i criteri di vita
del paganesimo che sono diretti,
astutamente, dal male. Noi siamo il tempio di Dio e nella
sensibilità di Paolo questo
accostamento e questa parola fanno ritornare alla memoria tutta
la liturgia del tempio di
Gerusalemme e il suo ricordo, con le sue leggi di purità e di
santificazione..
Un seguito di diverse citazioni tratte dal Levitico, l’Esodo, i
profeti: Ezechiele, Geremia, Isaia
conduce alla conclusione di quell’enorme progetto che è la
santificazione. Paolo si fida di
questi suoi amici e riprende la supplica e la raccomandazione,
chiamando questi fratelli della
fede, e spesso in subbuglio, “diletti”.
Non è da escludere che il richiamo dell’arca sia stato presente
come garanzia della presenza
della santità di Dio nel popolo che crede. |
Matteo.
21, 12-16
In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel
tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei
venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa
di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel
tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi,
vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio:
«Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello
che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: Dalla bocca
di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode?».
Il capitolo 21 segna, nel vangelo di Matteo, il momento culminante della
manifestazione di
Gesù a Gerusalemme. Tutto avviene come se Gesù debba prendere possesso della sua
città
perché “Figlio di Davide”, Messia, inviato da Dio nel suo popolo.
Gesù entra a Gerusalemme con quell’apparato sorprendente e insolito del
cavalcare un
asinello. Non ci sarebbe stato nulla di particolare se un ingresso, così dimesso
e così insolito,
per Gesù non fosse stato collegato a Isaia 62,11 (Ecco ciò che il Signore fa
sentire
all’estremità della terra: «Dite alla figlia di Sion: “Ecco, arriva il tuo
salvatore; ecco, egli ha
con sé il premio e la sua ricompensa lo precede”) e a Zc 9,9-10 (Rallegrati,
città di Sion:
acclama, Gerusalemme; ecco giunge il tuo re: giusto, vittorioso, umile, cavalca
un asino, un
puledro d’asina. Distruggerà i carri di Ekròn e i cavalli di Gerusalemme;
distruggerà gli archi
da guerra e detterà pace alle nazioni; dominerà da mare a mare, dal Gran Fiume
ai confini
della terra).
Si aprono così delle speranze impensabili di sicurezza, di potere, di pace, di
benessere.
A questo punto Gesù osa, in questa occasione, entrare nel tempio, incurante
dell’entusiasmo
che lo segue e dell’indignazione che sta suscitando tra le autorità religiose.
Gesù sente davvero di essere il nuovo re che deve rigovernare il mondo di Dio e
sente che
bisogna incominciare dal tempio. Lì ci sono le basi della irreligiosità e della
ipocrisia, lì ci
sono le radici dell’idolatria.’
Nel cortile più esterno detto "atrio dei pagani" dove possono fermarsi tutti,
ebrei e non ebrei,
si svolge un mercato, collegato con il culto ed i sacrifici del tempio a
Gerusalemme. Si
cambiano monete, convertendo il danaro in circolazione con la moneta di Tiro,
l'unica degna
di essere raccolta come offerta nel tempio, e si vendono agnelli e pecore per i
ricchi (per chi
può spendere molto) o tortore e colombi alla portata delle tasche dei poveri.
Questi venditori si fanno garanti delle caratteristiche dell’offerta: animali
senza macchia, non
malati etc, secondo regole strettissime e complesse. In tutto questo commercio,
con molta
probabilità, filtravano anche l’imbroglio e lo sfruttamento.
Ma qui, probabilmente Gesù vuole addirittura contestare le pratiche religiose e
cultuali stesse
del Tempio di Gerusalemme, assumendosi la responsabilità di cancellare i
sacrifici di animali
(e quindi la loro compravendita) per restituire al tempio la sua vocazione di:
"casa di preghiera
per tutti popoli" (Is 56,7). «La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi
invece ne fate un
covo di ladri» (v 13). Nello stesso tempo vuole superare le discriminazioni tra
sani e malati,
tra puri e impuri poiché tutti sono figli di Dio e amati da Lui. Così Matteo
aggiunge che, nel
tempio, ciechi e storpi vanno incontro a Gesù ed egli li guarisce, mentre nella
Scrittura, agli
storpi è proibito entrare nel tempio (2 Samuele 5,8).
Perciò quello che Gesù fa è profondamente rivoluzionario per tutta la struttura
ebraica e per la
conduzione del culto del Tempio di Gerusalemme. Di questa comunità nuova fanno
parte
anche i bambini perché riconoscono che Gesù è "il figlio di Davide" (v15).
Ricorda allora il
salmo 8,3 “Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”
mentre ne sono
esclusi i sommi sacerdoti e gli scribi, che pure hanno tutta l’intelligenza
sufficiente per
interpretare le meraviglie che Gesù fa.
Probabilmente Matteo, sottolineando questo intervento, vuole comunicare alla sua
comunità
cristiana, fatta di ebrei convertiti e che tuttavia conservano la nostalgia del
tempo passato, il
cambiamento radicale che è avvenuto nel culto a Dio dopo la distruzione del
tempio di
Gerusalemme (anno 70 d.C.), quando è finita totalmente l’offerta degli animali.
Il rapporto con Dio si ristabilisce in un altissimo incontro di preghiera e in
quella grande
accoglienza degli esclusi. Il rapporto con Dio è cambiato e va oltre i gesti o
le cose che
vengono offerte. Il rapporto si ristabilisce nel riconoscimento reciproco
dell’alleanza,
nell’attesa, nella richiesta di comunione e di pace, nella riconoscenza, nella
nostalgia del
coinvolgimento di tutti popoli (“casa di preghiera per tutti i popoli” Is 56,7),
nei cammini coraggiosi di libertà
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