
III Domenica di Pasqua
22 aprile 2012
Giovanni14, 1-11a
Riferimenti : Atti degli
Apostoli 16, 22-34 - Salmo 97- Colossesi 1, 24-29
Il Signore regna, esulti la terra,
gioiscano le isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia
e diritto sono la base del suo trono. Davanti a lui cammina il
fuoco e brucia tutt'intorno i suoi nemici. Le sue folgori
rischiarano il mondo: vede e sussulta la terra. I monti fondono
come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la
terra. I cieli annunziano la sua giustizia e tutti i popoli
contemplano la sua gloria. Siano confusi tutti gli adoratori di
statue e chi si gloria dei propri idoli. Si prostrino a lui
tutti gli dei! |
Atti degli Apostoli
16, 22-34 La folla allora insorse contro di loro e i
magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di
bastonarli e, dopo averli caricati di colpi, li gettarono in
carcere e ordinarono al carceriere di fare buona guardia. Egli,
ricevuto quest’ordine, li gettò nella parte più interna del
carcere e assicurò i loro piedi ai ceppi. Verso mezzanotte Paolo
e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i prigionieri
stavano ad ascoltarli. D’improvviso venne un terremoto così
forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito si
aprirono tutte le porte e caddero le catene di tutti. Il
carceriere si svegliò e, vedendo aperte le porte del carcere,
tirò fuori la spada e stava per uccidersi, pensando che i
prigionieri fossero fuggiti. Ma Paolo gridò forte: «Non farti
del male, siamo tutti qui». Quello allora chiese un lume, si
precipitò dentro e tremando cadde ai piedi di Paolo e Sila, poi
li condusse fuori e disse: «Signori, che cosa devo fare per
essere salvato?». Risposero: «Credi nel Signore Gesù e sarai
salvato tu e la tua famiglia». E proclamarono la parola del
Signore a lui e a tutti quelli della sua casa. Egli li prese con
sé, a quell’ora della notte, ne lavò le piaghe e subito fu
battezzato lui con tutti i suoi; poi li fece salire in casa,
apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi
per avere creduto in Dio
Il racconto degli Atti degli Apostoli, che leggiamo oggi, è
interessantissimo per uno stile di novità e di libertà che
dimostra; nella linea della Pasqua, si respira il senso della
speranza e della gioia della salvezza. Paolo, a Filippi, colonia
romana della Macedonia, si trova presto in difficoltà. Una
commerciante di porpora, Lidia, si è convertita con la sua
famiglia ed ha accolto Paolo a casa sua per ospitalità,
“costringendolo”. Paolo, che è restio a dipendere
dagli altri, in questa occasione accetta e inizia una vita
quotidiana di buoni credenti in terra pagana (At16,16-21),
suscitando però malumore. Ma ne suscita ancor più un fatto che
era già capitato, spesso, a Gesù (Lc4,34-41): delle persone,
accusate come indemoniate, gridavano a Gesù il fatto che fosse
un Giusto e Figlio di Dio.. Qui una schiava di
una famiglia ricca, che aveva uno spirito di divinazione e
faceva l’indovina, procurando molto guadagno ai suoi padroni,
insegue frequentemente per la strada Paolo, continuando a
gridare: «Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi
annunciano la via della salvezza», Paolo non sopporta la cosa e
la fa tacere. “rivolgendosi allo spirito di uscire da lei. Lo
spirito uscì”. Ma i padroni di lei si sentono defraudati e
quindi lo accusano per la sua religione giudaica, dai romani per
sé solamente "tollerata", ma che suscita frequentemente
tensione, obbligando le autorità a dimostrarsi intransigenti. In
carcere Paolo e Sila, nonostante la flagellazione e le percosse,
mantengono un atteggiamento sereno: pregano e cantano inni fino
a mezzanotte. I carcerati ne sono meravigliati , anzi
affascinati poiché questi due ultimi
incarcerati dimostrano, qui, una libertà di cuore ed una
disponibilità inconcepibili. Un improvviso terremoto, che fa
cadere le catene e scardina le porte, può portare alla fuga. Se
un carceriere non ferma i fuggitivi, potrebbe ricevere un
castigo drammatico. E infatti, quando il carceriere si rende
conto delle porte spalancate, nella sua disperazione vorrebbe
suicidarsi. Ma Paolo si preoccupa di lui e lo
salva dalla angoscia. La conseguenza è la conversione di questa
famiglia riconoscente (non si dice nulla degli altri
prigionieri). Luca, l’autore degli “Atti degli Apostoli”, e
quindi di questo racconto, vuole suggerire un comportamento
inusuale. Egli vuole ricordare che un contegno cristiano va
inventato di volta in volta. Esso si struttura sulla profonda
speranza del Signore Gesù che ci fa comunque liberi; ma si
struttura anche sulla preoccupazione della situazione di chi ti
sta accanto, poiché può aver bisogno della tua libertà come del
tuo aiuto per riprendere la sua vita e le sue responsabilità.
Paolo si preoccupa di questo e, probabilmente, cerca di aiutare
anche gli altri prigionieri a restare in carcere, nonostante la
possibilità di fuga. La Pasqua è alla radice di questo stile di
vita. La libertà, capace di accogliere un cammino anche se
faticoso, ci fa fiduciosi e ricchi di speranza anche per altri.
La fatica di chi può essere in difficoltà
diventa un parametro per soccorrere gratuitamente, senza nessuna
contropartita. Gesù ha sempre pensato così
l’Evangelo: esperienza di qualcuno che lo abbia conosciuto
profondamente, e che cammina nel mondo con la sua libertà, che
si mette a disposizione di chi ha bisogno, senza timori o
perplessità, per quel che riesce a fare.Così Paolo salva la vita
al carceriere. Si parla di salvezza poiché con la salvezza
fisica si sviluppa anche, in brevissimo tempo, la richiesta
della salvezza di Gesù. Il carceriere si sente alla presenza di
un potere ed un comportamento divino. Chiama i discepoli:
"Signori". La risposta dei missionari è la sintesi della fede
cristiana. C'è un solo Signore e quindi: "Credi nel Signore Gesù
e sarai salvato tu e la tua famiglia" (v.31). Di fronte alla
fede ci ritornano in mente le parole di Gesù: “In verità, in
verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io
compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre”
(Gv14,12). La conclusione sembrerebbe corrispondere allo
sviluppo dell'educazione alla fede e quindi al battesimo delle
prime comunità cristiane: istruzione (v.32); battesimo (v. 33);
eucarestia (v. 34). Paolo vive in una società violenta, ma
scopre le alternative evangeliche nell’itinerario che egli
sviluppa nell’evangelizzare. Risulta difficile precostituire il
che fare, salvo porre alcune linee di valore e alcuni progetti.
Ma la vita si incarica di proporre segni da parte di Gesù e
richiami dello Spirito per cogliere novità in noi e individuarle
anche negli altri. E’ la festa quotidiana della novità. |
Colossesi 1, 24-29
Ora io sono lieto nelle sofferenze che sopporto per voi e do
compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia
carne, a favore del suo corpo che è la
Chiesa. Di essa sono diventato ministro, secondo la
missione affidatami da Dio verso di voi di portare a compimento
la parola di Dio, il mistero nascosto da secoli e da
generazioni, ma ora manifestato ai suoi santi. A loro Dio volle
far conoscere la gloriosa ricchezza di questo mistero in mezzo
alle genti: Cristo in voi, speranza della gloria. È lui infatti
che noi annunciamo, ammonendo ogni uomo e istruendo
ciascuno con ogni sapienza, per rendere ogni uomo
perfetto in Cristo. Per questo mi affatico e lotto, con la
forza che viene da lui e che agisce in me con
potenza.
Paolo sta vivendo, ormai anziano, un tempo di inattività
poiché è in carcere. Da qui scrive quattro lettere dette "della
prigionia” (ai Filippesi, agli Efesini, ai Colossesi e a
Filemone). Esse rappresentano un bilancio ed una scoperta, nello
stesso tempo, per sé e per gli altri. Ripensando alla sua vita
che ha offerto con gioia al Signore Gesù, Paolo sa che ha
continuato a condividere con Lui la sua fatica e la sofferenza
di una trasformazione e di una attesa che è “tribolazione” prima
che avvenga la conclusione della storia. Questa fatica, che si
accompagna a quella di Gesù, porta gioia anche perché è il suo
contributo al crescere della Chiesa e alla fede dei credenti a
cui scrive, sentendosi affezionato a loro. Ora sta valutando i
tanti passi, le peripezie e le scelte, il ministero come
risposta alla missione affidatagli per un mondo che si è
svelato. Paolo sa di avere particolarmente contribuito a
scoprire e a vivere, con gli altri, il grande segreto di Dio che
si è manifestato passo passo (“il mistero nascosto”) e che ha
coinvolto tutta l’umanità, ebrei e pagani. Attraverso lui Cristo
ha continuato a sviluppare la sua opera e quindi vede con gioia
fiorire la Chiesa: luogo di salvezza di un unico popolo e di un
unico corpo. Paolo si sente testimone e collaboratore di quel
mistero, che si è svelato e che lui ha sperimentato, per cui
tutto il mondo ritorna ad essere unito in
Gesù. E questa è la sua gioia, pur nella fatica. Ma sa che ogni
uomo deve collaborare nella salvezza, senza preclusione e
illusioni a buon mercato, poiché ogni uomo è chiamato ad essere
"perfetto in Cristo". La fatica e la lotta dell'apostolo per
arrivare all'unità, svelata da Dio, sono possibili perché
ciascuno vive la forza che Dio stesso ha dato e dà: e sarà
sorretto nella sua generosità, continuando a
vedere maturare i frutti. Lo spirito da vivere nella Chiesa è,
perciò, uno spirito di condivisione, di preghiera, di coraggio
per un mondo che cresce, anche se spesso riscontriamo povertà e
limiti in noi, prima di tutto, e poi nella Chiesa stessa
|
Giovanni14, 1-11a
Non
sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me.
Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado
a prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi
avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono
io siate anche voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via». Gli disse
Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». Gli
disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non
per mezzo di me. Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da
ora lo conoscete e lo avete veduto». Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il
Padre e ci basta». Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi
hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire:
“Mostraci il Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le
parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il
Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete a me: io sono nel Padre e
il Padre è in me.
Nell’ultima cena Giovanni sintetizza tutto il messaggio di Gesù che acquista
un particolare valore per il contesto, i gesti, le parole dette a metà ma
gravide di tensione. E’ come un “discorso di addio”, quasi un testamento
lucidissimo sul futuro che i discepoli ascoltano, ma non capiscono. Questi
discorsi sono stati preceduti dalla lavanda dei piedi (13,2-11), la predizione
sia del tradimento di Giuda (13,1-30) che della negazione di
Pietro (13,36-38). Quanto basta per ritrovarsi disorientati di fronte a quella
eterna e indiscutibile convinzione che Gesù è messia e Signore, potente e
trionfatore. Certo i segni che offre non sono in quella linea, ma certamente,
pensano, si scuoterà dal torpore e dalla incertezza. Il
turbamento nasce dalla insicurezza, ma anche dal non riuscire a capire.
Probabilmente ognuno scaccia il disagio guardandosi in giro, cercando di
scorgere nel volto dell’altro qualche segno di chiarezza e di illuminazione.
Gesù allora richiama su di sé gli sguardi: “Abbiate fede in Dio e abbiate fede
anche in me”. Ma qualche cosa hanno capito. Gesù sta parlando di una sua
partenza. E questo li riempie di sconforto e di paura. Però
Gesù li rassicura per il futuro. “«Nella casa del Padre vi sono molte
dimore»”. Qual è la dimora di Dio? Noi ci siamo sempre abituati a ripensarla
come paradiso, come cielo. Ma pochi versetti più avanti Gesù
rassicura: “«Se uno mi ama osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e
noi verremo a lui e faremo dimora presso di lui» (14,23)”. La nostra
immagine, legata ai posti riservati e alle manifestazioni di riguardo, rimanda
alle poltroncine con”posto riservato” e il nome di ogni apostolo, e quindi di
ciascuno di noi, unico,indistruttibile, scritto in grassetto. Ma Gesù ci dice
che siamo noi la dimora del Padre, di Gesù e dello Spirito che Egli manda. Dio
dimorerà in noi e a noi è riservato un compito prezioso , unico come
ciascuno di noi è unico, e abbiamo un ruolo di servizio e di operosità nella
casa di Dio, continuatori della bellezza di Gesù per la speranza di ognuno. Non
c’è più un santuario dove si manifesta Dio, ma ogni persona, che lo accoglie, è
eletta come dimora di Dio, ma anche come responsabile. In altri termini Gesù ci
affida dei posti di responsabilità e di impegno, a ciascuno nel tempo, come suoi
collaboratori, in compagnia della sua pienezza. Gesù si mostra allora come il
maestro che fa le consegne ai suoi perché continuino: ognuno opera e attinge a
Gesù che è via, verità e vita. “Chi ha visto me ha visto il Padre” (14,9-11).
Filippo ci riporta, in questo frangente, all’enorme desiderio di ogni
uomo e che Mosè espresse a Dio: “Mostrami la tua gloria” (Esodo 33,18.20). Nel
nostro linguaggio, nel linguaggio di ogni uomo e donna, corrisponde a: “Fammi
vedere il senso pieno delle cose, la Bellezza, il valore di ogni realtà, il
valore di tutto”.Gesù risponde: “Il volto di Dio lo puoi vedere in me” . E Gesù
sta suggerendo l’inammissibile:”Il volto di Dio è sulla croce”. Quel volto è
sfigurato poiché ama ogni uomo, lotta per ogni peccatore, cerca ogni lontano,
incoraggia ogni disperato e ognuno che si sente maledetto. Gesù ci ha orientato
nel tempo della Pasqua, Egli è, aprendoci gli orizzonti di Dio e della vita.
Gesù è “via” (mediazione per arrivare al Padre), è “verità” (conoscenza profonda
del Padre), è“vita (condivisione della pienezza di grazia e di amore che Egli
già vive). Ma alla luce della Pasqua 1. Gesù sviluppa il significato della sua
vita per sé e per noi: guida, garante, servo. 2. Gesù è “verità”: aiuta a
intravedere, nell’esperienza che offre, il mistero di Dio e incoraggia noi a
diventare umili servitori del volto del Padre in Gesù. Noi non portiamo la
verità ma “siamo la verità”, con tutta la pochezza dei nostri limiti perché
conosciamo Gesù, e ci sforziamo di interpretarlo, sapendoci sempre inadeguati e
quindi obbligatoriamente in ricerca. 3. Gesù è “vita”: e ci chiede di mettere a
disposizione le nostre energie perché anche gli altri conoscano il Signore. E’
il nostro posto nel cammino verso il Regno, è il nostro ruolo che mostri Dio
nell’amore pieno e non nella paura o nel giudizio. |