
IV Domenica di
Pasqua
29 aprile 2012
Giovanni 10, 27-30
Riferimenti : Atti degli Apostoli. 20, 7-12 - Salmo
29 - Prima lettera a Timoteo4, 12-16
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Date al Signore, figli di Dio,
date al Signore gloria e potenza.
[2] Date al Signore la gloria del suo nome,
prostratevi al Signore in santi ornamenti.
[3] Il Signore tuona sulle acque,
il Dio della gloria scatena il tuono,
il Signore, sull'immensità delle acque.
[4] Il Signore tuona con forza,
tuona il Signore con potenza.
[5] Il tuono del Signore schianta i cedri,
il Signore schianta i cedri del Libano.
[6] Fa balzare come un vitello il Libano
e il Sirion come un giovane bufalo.
[7] Il tuono saetta fiamme di fuoco,
[8] il tuono scuote la steppa,
il Signore scuote il deserto di Kades.
[9] Il tuono fa partorire le cerve
e spoglia le foreste.
Nel suo tempio tutti dicono: "Gloria!".
[10] Il Signore è assiso sulla tempesta,
il Signore siede re per sempre. |
Atti degli Apostoli. 20, 7-12
Il primo giorno della
settimana ci eravamo riuniti a
spezzare il pane, e Paolo, che
doveva partire il giorno dopo,
conversava con loro e prolungò
il discorso fino a mezzanotte.
8
C’era un buon numero di
lampade nella stanza al piano
superiore, dove eravamo
riuniti.
9
Ora, un ragazzo di
nome Èutico, seduto alla finestra, mentre Paolo continuava a
conversare senza sosta, fu preso da un sonno profondo;
sopraffatto dal sonno, cadde giù dal terzo piano e venne
raccolto morto. 10 Paolo allora scese, si gettò su di lui, lo
abbracciò e disse: «Non vi turbate; è vivo!». 11 Poi risalì,
spezzò il pane, mangiò e, dopo aver parlato ancora molto fino
all’alba, partì. 12 Intanto avevano ricondotto il ragazzo vivo,
e si sentirono molto consolati.
L’episodio, raccontato negli Atti degli apostoli, per sé, è
simile a molti altri appuntamenti che Paolo sviluppa nella
comunità
cristiane. Qui, però, acquista un particolare significato per il
segno che viene offerto, poiché porta soccorso ad un ragazzo di
questa comunità che, incidentalmente, ha perso l’equilibrio e,
cadendo da una finestra del terzo piano, è morto.
La lettura di questo brano si inserisce nelle novità che Gesù
porta: la Parola di Dio, l’Eucarestia, la forza della fede, il
segno
della risurrezione che, in quell’occasione, si è manifestata,
addirittura, per l’intervento di un apostolo, su un ragazzo
morto.
Paolo ha abbandonato Efeso, si mette in viaggio per la
Macedonia, si ferma nelle varie comunità per alcuni mesi; poi,
per
complotti contro di lui e la sua predicazione, riprende la
strada del ritorno e giunge a Troade. Lo accompagnano sette
personaggi (20,4) che probabilmente sono i delegati delle Chiese
dell’Asia per la raccolta-colletta in aiuto alla comunità di
Gerusalemme in difficoltà. E’ stata una iniziativa di Paolo,
apprezzata dalle diverse nuove comunità visitate dall’apostolo,
su
cui Paolo ha riflettuto molto: su questo impegno di solidarietà
Paolo ha scritto molto nella II lettera ai Corinzi.
Dal racconto si scopre che anche Luca, autore degli “Atti degli
apostoli” è testimone dei fatti avvenuti. “Ci eravamo riuniti a
spezzare il pane, nel primo giorno della settimana", al tramonto
(E’, quindi, un sabato sera, all'inizio della settimana
ebraica).
Al piano superiore, la piccola comunità si trova a pregare e a
celebrare l'Eucaristia che fa memoria della passione e insieme
della risurrezione di Gesù, avvenuta esattamente il giorno dopo
il sabato, il primo giorno della settimana. Si ricordano il
“Discorso” e la “Conversazione”. Si intravede lo schema della
riunione: il tempo della riflessione (o liturgia della Parola
che
corrisponde a un lungo discorso tenuto da Paolo alla piccola
comunità, insieme con un tempo di riflessione e di spiegazione),
l'Eucaristia e quindi il pasto comunitario: praticamente ci si
richiama alla liturgia familiare della cena pasquale ebraica.
In questa riunione un ragazzo, di nome Fortunato (“Eutico”),
probabilmente stordito dalle tante lampade accese in quella
stanza, addormentandosi, cade da una finestra e muore.
L'episodio fa riferimento a due risurrezioni, nel Primo
Testamento, operate da Elia (1 Re 17,17-24) e da Eliseo (2 Re
4,30-37)
e all’episodio della risurrezione della figlia del capo della
sinagoga Giairo, operata da Gesù (Mc 5,35-43).
Tutto il testo ha molti riferimenti simbolici: le tenebre e le
lampade accese, la vita e la morte. Vince tuttavia la Parola di
vita e
il segno della risurrezione. |
Prima lettera a Timoteo4, 12-16
Carissimo, Nessuno disprezzi la tua
giovane età, ma sii di esempio
ai fedeli nel parlare, nel
comportamento, nella carità,
nella fede, nella purezza.
13
In
attesa del mio arrivo, dèdicati
alla lettura, all’esortazione e
all’insegnamento.
14
Non
trascurare il dono che è in te e
che ti è stato conferito,
mediante una parola profetica,
con l’imposizione delle mani
da parte dei presbiteri.
15
Abbi
cura di queste cose, dèdicati ad
esse interamente, perché tutti
vedano il tuo progresso.
16
Vigila su te stesso e sul tuo
insegnamento e sii
perseverante: così facendo,
salverai te stesso e quelli che ti
ascoltano.
Questa lettera è indirizzata ad un discepolo di Paolo, Timoteo,
responsabile della comunità di Efeso, che è soggetta a crisi ed
ha difficoltà anche perché la città, famosa e ricca, è un
crocevia di persone e di idee. In tale realtà si sta
costituendo,
lentamente, un pensiero nuovo, attraverso l’esperienza di Gesù,
la sua Parola e il rapporto con il Padre. E’ molto facile, però,
l’innesto e l’inquinamento di riflessioni, sensibilità e
atteggiamenti che vengono da una rilettura ebraica della fede o
da
abitudini e mentalità pagane. Timoteo viene fortemente
incoraggiato ad una fermezza che manifesti una lucidità
coraggiosa
che sostenga la fede della comunità. Circolano, infatti, e lo
saranno in maniera vistosa alcuni decenni dopo, nella Chiesa,
insegnamenti di "spiriti ingannatori" che diffondono pratiche
scorrette che Gesù non aveva mai proposto: vietare il
matrimonio o astenersi da alcuni cibi (4,3). La matrice, con
alcuni addentellati pagani, svilupperà correnti eretiche nelle
Comunità Cristiane con questi stessi contenuti che passarono
sotto il nome di “Encratismo”. Gli errori sul valore del corpo e
il disprezzo della materia derivano dal disprezzo della materia
e quindi anche del corpo umano e conducono a pratiche e
comportamenti contrari all’insegnamento che Gesù aveva dato, e
contrasta anche a quel patrimonio ebraico prezioso che fa
riferimento alla creazione del mondo da parte di Dio, che ha
fatto buone e belle tutte le cose.
E quindi, Timoteo, come collaboratore nella missione, deve
insegnare, con intelligenza e con responsabilità, la fede vera e
deve essere guardato con rispetto, soprattutto per una condotta
esemplare di vita che diventi esempio a tutti.
Si parla di giovane età. Per il compito che deve sviluppare, le
comunità ancorate, fortemente ancora all’ebraismo, sono
abituate ad avete, come depositari della fede, gli “anziani”.
Così la giovane età di Timoteo può portare qualche difficoltà
nell’accoglienza del suo insegnamento. Paolo è già intervenuto
per sostenere il prestigio di Timoteo, in età assai più giovane,
quando lo aveva scelto come collaboratore (1 Cor 16,10-11). In
quel tempo, soprattutto per il ruolo che ha nella comunità, 35
o 40 anni sono ancora pochi. Timoteo deve sostituire con il suo
esempio e con una condotta esemplare ciò che manca alla sua
età
Si parla di “Lettura, esortazione e insegnamento”. Normalmente,
dopo la lettura pubblica, si aggiungono spiegazioni morali e
dottrinali così come si usava nella sinagoga (At 13,14-16).
Viene ricordato, quindi, il dono di Dio (“carisma”), conferito
con
l’imposizione delle mani e che già nel Primo Testamento veniva
usato come azione simbolica per trasmettere poteri o cariche.
Per le prime comunità cristiane è l'espressione simbolica
dell'inserimento in un ufficio: i sette diaconi (Atti 6,6),
Paolo e
Barnaba (Atti 13,3). Sta maturando, probabilmente, il
significato del sacramento del sacerdozio. Si trovano alcuni
elementi
formali, compreso la presenza “dei presbiteri” insieme, che ci
indicano segni e responsabilità precise.
Timoteo, infine, deve ricordare che in lui esiste un dono
spirituale su indicazione di "una parola profetica". Questa
Parola
potrebbe significare il suggerimento di persone fidate, dato a
Paolo, sulla scelta di Timòteo come collaboratore (1.18). In
questo caso, Paolo parla come di una vocazione.
L’imposizione delle mani, fin dagli inizi, deve essere
accompagnata con la preghiera per il compito di guidare la
comunità.
Timoteo deve rinnovare la sua fiducia nella grazia per svolgere
la sua missione |
Giovanni10, 27-30
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai Giudei: « Le mie
pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do
loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà
dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e
nessuno può strapparle dalla mano del Padre.
Io e il Padre
siamo una cosa sola».
Il Vangelo di Giovanni ci ripropone,oggi, una parte della discussione che
avviene con Gesù nel tempio tra i responsabili
religiosi e Gesù. Il tema fondamentale che viene posto con molta chiarezza è
quello della messianicità. “Fino a quando non ci
lascerai vivere? Se sei tu il Messia, diccelo apertamente”(Giovanni 10,24)..
Siamo d’inverno e ci si ricollega alla festa della Dedicazione che si celebra il
mese di dicembre, istituita da Giuda Maccabeo
nel 164 a.C. per l'inaugurazione del tempio che era stato profanato da Antioco
Epifane IV nel 171 a.C.
La festa si svolge come quella delle Capanne (settembre-ottobre), a volte
addirittura confuse tra loro. Detta "Dedicazione" , in
ebraico Hanukkah, è la "festa delle Luminarie" e per otto giorni si accendono
dei candelabri che illuminano tutta la città.
Sembra che, per le due ricorrenze, si leggessero le stesse letture bibliche e,
in particolare, nel sabato più vicino alla
Dedicazione, viene proclamato il testo di Ezechiele 34 con la celebre profezia
del Messia, il vero pastore suscitato da Dio. Da
qui il richiamo al Messia in questa festa, la grande attesa e quindi la domanda
posta a Gesù (Gv 10,24) il quale risponde con
il riferimento al gregge e al pastore. I capi religiosi “circondano Gesù” (e già
questa parola indica pericolo e assedio). E se chiedono a Gesù se è il Messia,
ma
non hanno intenzione di accettarlo o almeno di interrogarlo per capire. Hanno
ormai fatto un giudizio e vogliono una prova
pubblica per poterlo condannare. Gesù non si presta al gioco, inizialmente,
dicendo che non possono comprendere perché non
fanno parte delle sue pecore. Ma qualche versetto precedente, nella discussione
su Abramo, Gesù aveva detto: ”Chi è da Dio
ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate poiché non siete da Dio”
(Gv 8,47). E’ grave la denuncia che Gesù sta
facendo: i capi religiosi, le persone incaricate di far conoscere al popolo la
volontà di Dio, sono quelli che, quando Dio parla,
non ascoltano la sua voce.
Gesù dice, “«Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco». Conoscere
significa sviluppare un rapporto di grande
confidenza e di grande intimità “«ed esse mi seguono»”.
1. Ascoltare la voce di Gesù significa voler capire, prima di tutto, cogliere il
significato e le prospettive che Gesù
desidera offrire.
2. Ascoltare ha anche il significato di accettare di vivere e quindi orientare
la propria vita su di Lui, (“seguirlo”),
impegnandosi sulle stesse scelte e prospettive a cui Gesù stesso si dedica.
3. Accettare le sue scelte che si aprono su orizzonti impensabili poiché non si
pongono nella soggezione del tempo,
ma sono nella prospettiva della “vita eterna”. E qui, per sé, non si parla della
vita futura, ma di una vita già presente,
indistruttibile, che pur passando attraverso esperienze di vita e anche di
morte, questa vita non si interrompe ma fiorisce in
una dimensione sempre nuova, completa e definitiva.
4. Seguirlo è fare le stesse scelte di Gesù ma è anche condividere il suo
destino e il suo progetto.
5. Rileggere i tempi in cui viviamo per scoprire i ladri ed i briganti prima di
Gesù (Gv 10,8) e il lupo che “rapisce e
disperde il gregge”(10,12). È questo l’impegno che Gesù si assume fino alla
morte perché il gregge resti nella fedeltà con il
Padre, non si disorienti e non si scoraggi.
6. Gesù è attorniato dai capi del tempio e parla di “altre pecore “che non
provengono da questo recinto” (10,16). Così
il suo gregge supera il perimetro del Tempio di Gerusalemme e si allarga in una
prospettiva universale, dove la parola delle
scelte di Gesù diventano fondamentali per un nuovo popolo.
7. Certamente tutto questo provocherà disagio, rischi e paura; tuttavia Gesù
garantisce la sua presenza, la sua forza, la
sua fedeltà. L’immagine, molto bella, “che nessuno le strapperà dalle mie mani”
ci dimostra un lottatore che si gioca tutto con
fedeltà gratuita e continuamente piena. Nella memoria ebraica c’è la lotta di
Sansone (Gdc14,6), la forza di Davide e dei
grandi combattenti-eroi d’Israele. Gesù stesso, a sua volta, garantisce la forza
di Dio che è Padre: “Nessuno le strapperà dalle
mani del Padre”.
8. Il progetto di questo popolo nuovo, fondato sulla fedeltà a Gesù, è il nuovo
progetto e il Padre apre nel cammino
del suo popolo. Qui non si parla più di Mosé né della Prima Alleanza, ma di una
nuova presenza ed una nuova parola che
fondano un patto nuovo che si allarga su un popolo nuovo. Il richiamo al Padre è
anche indicazione della pienezza di
creazione, l’opera iniziale di Dio che si schiude sempre più sul mondo. Come
garanzia non vengono promessi tanto
l’efficienza, la ricchezza, o il benessere. A garanzia c’è il volto di Gesù che
offre la sua vita. Il campo resta comunque sempre
aperto. Non ci sono esclusioni, non ci sono selezioni. La Porta (Gv 10,9) che è
Gesù, resta sempre aperta. Egli continua nel
tempo a parlare e ad essere ascoltato da chi lo desidera e lo cerca.
9. Il cammino nel tempo non fa dimenticare difficoltà e rischi di una
dispersione che moltiplica le sofferenze e lacera
spesso la speranza. Ma il volto di Gesù è il volto del crocifisso e del risorto.
10. Giovanni scrive questi testi per una comunità che incontra grandi difficoltà
ad inserirsi nella dimensione quotidiana
dell’impero romano, già fatta segno di alcune persecuzioni parziali, spesso
guardata con diffidenza e con disagio, spesso
rifiutata. Giovanni però sta dicendo, in un momento in cui la comunità cristiana
ha visto crollare il Tempio di Gerusalemme,
che Gesù è il nuovo santuario del nuovo popolo. Il Padre continua ad operare ed
è presente come lo stesso Gesù (Gv5,17). Il
popolo, che crede in Gesù, sa di poterci contare.
11. Alla fine Gesù si decide per la sua rivelazione piena che suona come
bestemmia. Siamo nel tempio di
Gerusalemme, nel luogo più santo e Gesù proclama. “«Io e il Padre siamo uno»”.
E’ molto complesso cogliere il significato
di questa affermazione che sarà utilizzata, insieme ad altre, nella riflessione
teologica sulla Trinità. Ma i suoi interlocutori
hanno nelle orecchie il testo di Zaccaria (14,9): “Il Signore sarà re di tutta
la terra. In quel giorno il Signore sarà unico e unico
il suo nome”.
12. Il futuro della Chiesa, dice Giovanni, è garantito a chi segue la sua voce.
Il Padre si gioca tutto con il Figlio e il
Figlio si gioca tutto come pastore.
Sono parole dette alla vigilia della morte e della dispersione, all’inizio della
contestazione contro l’azione degli apostoli, alla
vigilia delle persecuzioni, nella diffidenza di chi porta un messaggio
totalmente nuovo e, tutto sommato, pericoloso.
Sarebbe interessante, però oggi, che la comunità cristiana si facesse carico di
riflettere su quali messaggi pericolosi Gesù si è
giocato e, nella sua storia, la Chiesa e noi nella storia.
Lungo i secoli non siamo stati continuamente fedeli, coinvolti, dalle tentazioni
di prestigio, e di potere, di associazioni
potenti. La Chiesa è sempre stata, come ogni persona, tentata di non ascoltare
la voce del Signore Gesù e tuttavia, per fortuna,
essa ha mantenuto intatto il coraggio di continuare a leggere la Scrittura e il
Vangelo, in particolare, ed ha accettato perciò il
giudizio che nasce dall’ascoltare la Parola di Gesù. Troviamo tutti le stesse
difficoltà e le stesse fragilità e, tuttavia,
dovremmo ripensare seriamente a quali sono le scelte, pericolose anche in questa
nostra cultura, di Gesù. Quale ricchezza,
quale attenzione, quali fragilità accettiamo di guarire, quale rispetto per ogni
persona, superando gli orgogli di nazioni o di
civiltà, quale criterio di pace, quali responsabilità sul mondo, quale novità?
Il popolo di Dio è più credente quando frequenta il culto o è più vicino a Dio
quando accetta, credente o meno, di tradurre la
voce di Gesù nella storia?
Non si tratta qui, a scanso di equivoci, di parlare di contrapposizioni come
spesso facciamo: “o… o…” ma si tratta di
rileggere le priorità e di intravedere le concatenazioni e le precedenze. E
aprendo gli occhi, scopriamo che il gregge di Gesù,
spesso, o anche solo a volte, a secondo della nostra profondità di sguardo, sa
aprirsi dove non ci saremmo mai aspettati.
Ancora avvengono miracoli o, nel linguaggio di Giovanni, “i segni”. E, quando ci
rendiamo conto, dovremmo ringraziare il
Signore e costruire via via insieme, senza smettere di interrogarci sulle scelte
pericolose di Gesù. |