
Natale del Signore
25 dicembre 2011
Luca2, 1-20
Riferimenti : Isaia. 8, 23b - 9, 6°
8,23bE
- Salmo 65 - Ebrei. 1, 1-8a
Venite, applaudiamo al Signore, acclamiamo alla roccia della
nostra salvezza. Accostiamoci a lui per rendergli grazie, a lui
acclamiamo con canti di gioia. Poiché grande Dio è il Signore,
grande re sopra tutti gli dei. Nella sua mano sono gli abissi
della terra, sono sue le vette dei monti. Suo è il mare, egli
l'ha fatto, le sue mani hanno plasmato la terra. Venite,
prostràti adoriamo, in ginocchio davanti al Signore che ci ha
creati. Egli è il nostro Dio, e noi il popolo del suo pascolo,
il gregge che egli conduce. Ascoltate oggi la sua voce: "Non
indurite il cuore, come a Meriba, come nel giorno di Massa nel
deserto, dove mi tentarono i vostri padri: mi misero alla prova
pur avendo visto le mie opere. |
Isaia. 8, 23b - 9, 6°
8,23b
In passato umiliò la terra di Zàbulon e la
terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa
la via del mare, oltre il Giordano, Galilea delle genti. Il
popolo che camminava nelle tenebre ha
visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra
tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai
aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce
quando si miete e come si esulta quando si divide la preda.
Perché tu hai spezzato il giogo che
l’opprimeva, la sbarra sulle sue spalle, e il
bastone del suo aguzzino, come nel giorno di
Madian.
Perché ogni calzatura di soldato che
marciava rimbombando e ogni mantello intriso
di sangue saranno bruciati, dati in pasto al fuoco. Perché un
bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue
spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio
potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il
suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo
regno, che egli viene a consolidare e rafforzare con il diritto
e la giustizia, ora e per sempre
Il profeta ripensa inorridito alle invasioni degli eserciti
orientali e alle deportazioni che gli ebrei del nord,
probabilmente dopo l’occupazione assira di Tiglat-Pileser IlI
del 732 a.C., hanno subito, disperdendosi nella immensa regione
della Mesopotamia. Egli però, come profeta del Signore, sa di
dover portare la speranza al suo popolo. Perciò è sicuro che
l’umiliazione non sarà definitiva: Dio non lascia al male
l’ultima parola. Così quella via del mare, che collega Damasco
con la costa della Galilea fino all’Egitto, diventerà una via
gloriosa. Le terre di Zabulon e di Neftali, al di là del
Giordano (per chi guarda dall’interno, e quindi per i
deportati), terre abitate da ebrei e da pagani (“distretto delle
nazioni”), ritorneranno a vedere i propri figli. Il popolo, che
cammina nelle tenebre (a volte perché accecato per la crudeltà
dei vincitori, comunque un popolo senza speranza), vede una
grande luce. Dio sfolgora inatteso e porterà la gioia e la
vittoria, spezzerà il giogo, frantumerà la sbarra di legno o di
ferro che portavano sulle spalle gli schiavi e i deportati, per
incatenare gli uni agli altri. Il bastone dell’aguzzino sarà
abbandonato come al tempo di Madian quando Gedeone vinse i
Madianiti (Gdc 7, 16-25). Nel luogo più compromesso per la
presenza di popolazioni pagane, Dio porterà la sua vittoria e
infonderà coraggio e luce. Così il profeta Isaia garantisce: -
la gioia di una presenza e di una luce fedele anche nelle
tenebre per il popolo, che cammina senza perdersi d’animo; - la
prospettiva di un mondo dove viene abbattuta ogni violenza
perché il povero ritrova la sua dignità; - l’abbondanza del
raccolto che viene goduto da un popolo in festa e non nella
chiusura di un egoismo particolare. |
Ebrei. 1, 1-8a
Fratelli, Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi
antichi aveva parlato ai padri per mezzo
dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per
mezzo del Figlio, che ha stabilito erede di tutte le cose e
mediante il quale ha fatto anche il mondo. Egli è irradiazione
della sua gloria e impronta della sua sostanza, e tutto sostiene
con la sua parola potente. Dopo aver compiuto la purificazione
dei peccati, sedette alla destra della maestà nell’alto dei
cieli, divenuto tanto superiore agli angeli quanto più
eccellente del loro è il nome che ha ereditato. Infatti, a
quale degli angeli Dio ha mai detto: Tu sei mio figlio, oggi ti
ho generato? E ancora: Io sarò per lui padre ed egli sarà per me
figlio? Quando invece introduce il primogenito nel mondo, dice:
Lo adorino tutti gli angeli di Dio. Mentre degli angeli dice:
Egli fa i suoi angeli simili al vento, e i suoi ministri come
fiamma di fuoco, al Figlio invece dice: Il tuo trono, Dio, sta
nei secoli dei secoli.
L’inizio della “lettera agli Ebrei” ci fa entrare nel mistero di
Gesù e ci svela il nostro nuovo compagno di viaggio: splendore
di Dio tra noi, figlio, erede. L’autore della lettera agli
Ebrei, è un sacerdote del tempio, convertito. La lettera è
databile, per alcuni, negli anni 90 d.C., per altri scritta non
dopo i 65-66 d.C. quando il tempio, che fu distrutto nel 70
d.C., era ancora in servizio. E’ un’omelia sul sacerdozio di
Cristo, scritta in un greco purissimo di notevole levatura.
Gesù, il Figlio di Dio, nel giorno della Croce, è insieme Sommo
Sacerdote che presiede il sacrificio, l’Agnello sacrificale e
primogenito del popolo dei redenti. Egli è uomo in tutta la sua
pienezza e fragilità e per questo soffrì, ma nella sofferenza si
affidò all’obbedienza della volontà di Dio, accettando di
entrare negli eventi con totale lucidità e responsabilità. Egli
offrì la sua vita per amore, senza chiedere nulla in cambio, ma
perdonando i suoi carnefici. Da lui possiamo sperare la
salvezza, oggi e sempre. E’, perciò, uno scritto composto con il
desiderio di restituire coraggio, forza e motivazione ai
cristiani in difficoltà nella testimonianza della fede. Ci
troviamo davanti a un Dio che prende a cuore le sue creature,
fattosi presente “molte volte e in diversi modi” nella storia
dell’umanità, servendosi prima dei Padri e dei Profeti e poi,
addirittura, tramite il suo stesso Figlio. E’ necessario allora
verificare questa presenza tra noi che si offre come ultima
parola garantita di Dio. Gesù è l’erede, generato dal Padre. Da
lui ha avuto la proprietà, la signoria su tutti i beni, su tutte
le cose. Anzi, fin dall’inizio della creazione, è stato presente
poiché "per mezzo di Dio ha fatto anche il mondo". La
riflessione sul significato di cielo continua poiché egli è
“irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza”,
cioè comunicazione e manifestazione del Dio nascosto. Nella
realtà, che non è più quella uscita dalle mani di Dio nella sua
purezza e trasparenza, la presenza del figlio passa anche per la
purificazione dei peccati. In tal modo tutta la creazione viene
rigenerata e ricostituita nel suo splendore. E così, finalmente,
si giunge alla conclusione dell'opera di Gesù che “si è assiso
alla destra della maestà nell'alto dei cieli". Il richiamo al
cielo rimanda ad una problematica particolarmente vivace e
controversa del valore degli angeli, abitanti del cielo e
servitori prossimi di Dio. Anzi di Gesù stesso qualcuno dice che
sia un Angelo. Così l'autore biblico ricorda che la maestà del
figlio è più grande della gerarchia celeste e garantisce la sua
superiorità tra gli angeli. Esiste, infatti, un abisso tra loro
poiché egli ha un “nome” molto superiore, ovvero un ruolo
diverso, non paragonabile a quello di qualunque angelo. È per
questo motivo che, fin da quando entra nel mondo, si dice di
lui: “Lo adorino tutti gli angeli di Dio”. Il senso profondo del
Natale è lo stupore di accorgerci che Dio mostra attenzione e
cura del mondo, non lo disprezza, non lo giudica, ma manda il
figlio suo perché il cuore di ciascuno sia rigenerato nella
speranza e collabori con Gesù alla ricostituzione di una
creazione sempre nuova e sempre grande. La purificazione, che
Gesù fondamentalmente ha recuperato per il mondo, va
continuamente richiamata, maturata nella libertà di ciascuno,
quindi, riproposta nel mondo. Così la bellezza e la trasparenza
delle cose, collaborando con la forza e la debolezza di Gesù,
tornino, anche attraverso la nostra collaborazione, a
risplendere. |
Luca2, 1-20
In
quel tempo. un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di
tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quirinio era governatore
della Siria. Tutti andavano a farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche
Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nazareth, salì in Giudea alla città di
Davide
Il
racconto del Natale ci viene trasmesso da S. Luca con la preoccupazione di
offrirci un messaggio grandioso, nonostante siano semplici e poetiche le linee
narrative di quei 20 versetti del 2° capitolo (la liturgia ci fa leggere, in
questa messa, solo i primi 14 versetti). Luca vuole rispondere a tante domande
che i cristiani del suo tempo gli fanno su Gesù, la proposta e la potenza di
Dio, la salvezza, la credibilità del messaggio evangelico. E’ troppo importante
non deludere le aspettative. Gesù infatti pone troppi problemi rispetto alla
potenza romana, alle attese e alla liberazione. Che cosa sperare in un uomo che
viene crocifisso? E mentre davanti a lui tutti fuggono, perché il cielo
resta muto? La nascita di Gesù anticipa tutti gl’interrogativi poiché vi si
ritrovano le povertà, i silenzi del cielo, le esclusioni degli uomini, le
solitudini, i pericoli, le attese e la gioia propria dei poveri che sentono la
“buona notizia”, portata da Gesù. Il racconto di Luca si divide in tre parti
molto precise e il testo greco (il Vangelo fu scritto in greco) inizia ogni
parte con la parola. “Avvenne che...”. * “Avvenne che “ (Lc2,1-5): i precedenti
e le occasioni della nascita a Betlemme (mettono in primo piano il potere di
Roma: Un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di
tutta la terra. Così il comando di un sovrano lontano, pagano e
dominatore, impegna il popolo di Dio in scelte e
obblighi
che definiscono il potere di Roma. Un censimento si faceva non certo per
interesse scientifico e statistico, ma per motivi economici (tasse da far
pagare) e militari (strutturare l’esercito). E al popolo ogni censimento
ricordava diffidenza e castighi poiché anche il grande re Davide (circa 1000
anni prima) aveva preteso di fare un censimento, ma ne erano derivate pestilenza
e morte. Il censimento rappresentava un gesto volgare di supremazia e di potere.
Davide si rese conto, si pentì e divenne, comunque, grande poiché Dio aveva
sorretto il suo trono e il suo popolo (2Samuele 24). *”Avvenne che” (Lc.2,6-14):
A Betlemme nasce Gesù i due giovani sposi, immigrati e sconosciuti, arrivano in
questo piccolo e famoso paese, ma non sono accolti nella convivenza umana,
poiché circostanze e povertà, probabilmente, non permettono un alloggio più
comodo. Il racconto moltiplica i richiami della umanità e della povertà: un
bambino, avvolto in fasce, è deposto in una mangiatoia perché non c’era
posto per loro nell’albergo. E il Natale è tutto qui, ridotto anche
dall’evangelista in un mondo di esclusi e di poveri disorientati. Ma Luca vuol
chiarire che questo bambino è seguito dallo sguardo misericordioso di Dio che
raggiunge i lavoratori della notte, i poveri del tempo. La sua nascita è
insignificante ma agli occhi e nei progetti di Dio questa presenza è
formidabile. Arricchisce e rinnova tutta la speranza d’Israele. “Oggi vi è
nato nella città di Davide un salvatore che è il Cristo Signore”. * Allora i
pastori decidono di andare a cercare “questo avvenimento che il Signore ci ha
fatto conoscere”. E si mettono in viaggio, nella notte, mentre il
Signore li aiuta a cercare. Trovano veramente un bambino che giace in una
mangiatoia. Eppure non si disorientano ma il segno della umanità respinta e
della povertà fa loro intuire che il messaggio è vero. Dio ha visitato il suo
popolo. E si fanno annunciatori a Giuseppe e Maria, alla gente che incontrano,
ai loro amici di lavoro. E, segno della presenza del Signore, tornano
glorificando e lodando Dio. Così il testo di Luca racchiude in sé tutta la
problematica del nostro rapporto con Gesù. - Egli nasce nel tempo della violenza
e del sopruso dove si crede che la soluzione della vita sia la prepotenza e il
dominio. - Nella culla della sopraffazione che rende animali gli uomini nasce
colui che restituirà dignità di figli di Dio e nasce nell’anonimato. Ma Dio non
sa nascondere la speranza ai poveri perché la salvezza verrà da Gesù e dai
poveri che avranno il coraggio di seguirlo. - E i poveri (i pastori sono gli
esclusi della comunità religiosa ebraica, i senza Dio, i lontani dalla fede
perché profanatori del sabato), anzi i peccatori scoprono la salvezza perché Dio
li ha chiamati ed essi vanno a verificare e a portare gioia. Là dove tutti
trovano desolazione, normalità, sfiducia essi trovano segni, racconti di
speranza, novità impensabili. Una piccola annotazione sulla nuova traduzione
porta a significati diversi:”La traduzione precedente parlava di “Gloria a Dio e
pace agli uomini di buona volontà” e metteva l’accento sul merito delle persone.
La traduzione nuova, che usiamo adesso, più fedele all’originale, dice: “Gloria
a Dio e pace agli uomini che egli ama” e si svela la scelta universale che Dio
fa di tutti, siano essi buoni o peccatori. Il Natale è dono a tutti e non solo a
qualche brava persona. E’ il segno dell’amore gratuito di Dio e, insieme,
l’inizio della conversione dei nostri criteri di credenti. |