
IV Domenica di Avvento
L'ingresso del messia
4 dicembre 2011
Marco11, 1-11
Riferimenti :
Isaia16,1-5 - Salmo 149 -
Prima lettera Tessalonicesi. 3,11 - 4, 2
Cantate al Signore un canto
nuovo; la sua lode nell'assemblea dei fedeli. Gioisca Israele
nel suo Creatore, esultino nel loro Re i figli di Sion. Lodino
il suo nome con danze, con timpani e cetre gli cantino inni. Il
Signore ama il suo popolo, incorona gli umili di vittoria.
Esultino i fedeli nella gloria, sorgano lieti dai loro giacigli.
Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle
loro mani, per compiere la vendetta tra i popoli e punire le
genti; per stringere in catene i loro capi, i loro nobili in
ceppi di ferro; per eseguire su di essi il giudizio già
scritto:questa è la gloria per tutti i suoi fedeli. Alleluia. |
Isaia16,1-5
Mandate l’agnello al signore
della regione, da Sela del deserto
al monte della figlia di Sion.
Come un uccello fuggitivo, come una
nidiata dispersa saranno le figlie di
Moab ai guadi dell’Arnon. Dacci un
consiglio, prendi una decisione! Rendi come la
notte la tua ombra in pieno
mezzogiorno; nascondi i dispersi, non tradire
i fuggiaschi. Siano tuoi
ospiti i dispersi di Moab; sii loro
rifugio di fronte al devastatore.
Quando sarà estinto il tiranno e finita la
devastazione, scomparso il distruttore della
regione, allora sarà stabilito
un trono sulla mansuetudine, vi
siederà con tutta fedeltà, nella tenda di
Davide, un giudice sollecito del diritto e
pronto alla giustizia.
Nel capitolo immediatamente precedente (ca.15) del testo di
Isaia, si parla di una minaccia pronunciata sul popolo di
Moab, un regno, confinante ad Israele e
tradizionalmente suo nemico. E tuttavia, nella memoria, i
Moabiti vengono fatti risalire alla
discendenza di Lot, nipote di Abramo. Isaia preannuncia tragedie
di guerre e distruzioni. Già un tempo Moab
inviava al re d'Israele 100.000 agnelli e la lana di 100.000
pecore, come segno di sottomissione (2 Re
3,4). Ora si incoraggia questo popolo a cercare rifugio nel
territorio di Giuda e, nello stesso tempo, si invitano
i Moabiti a riconoscere la sovranità del "Tempio" di
Gerusalemme. Debbono però dichiarare la propria dipendenza
in tempi ridotti. Si parla infatti dell'attesa di
donne in fuga, spaventate, che aspettano una risposta di
accoglienza ai guadi di Arnon, alle porte del
paese degli ebrei. Si chiede di essere "ospiti protetti", mentre
il profeta garantisce, guardando il futuro,
che scomparirà il tiranno e si concluderà la devastazione.
In futuro ilo profeta prevede un sovrano giusto,
garantito dalla parola di Dio sulla discendenza di Davide,
"sollecito del diritto e pronto alla
giustizia". Questa lettura del giudice misericordioso apre gli
orizzonti verso il Messia. Una simile tragedia
si svolge continuamente nella storia, e quindi ancor oggi:
popoli poveri che vengono travolti, sottomessi
e depredati, popoli che fanno valere il loro potere per mostrare
la propria potenza, popoli sicuri di
sconfiggere e di sottomettere. Ciò avviene a livello politico, a
livello economico, a livello culturale mentre vengono
depredate le materie prime, vengono obbligati i paesi
poveri a pagare tributi spaventosamente alti. Soggiacciono così
alla fame e alla miseria e, nello stesso tempo,
debbono far emigrare la parte migliore della popolazione,
La comunità mondiale intravvede orientamenti e spazi
nuovi di intervento, ma non è ancora capace di trovare delle
soluzioni di difesa delle realtà di popoli oppressi.
Si inventano, in alcuni casi, guerre e distruzioni, in altri
casi si mantengono silenzio e neutralità, in
altri casi gli interventi umanitari, che pure nell’immediato
sono un soccorso indispensabile, riproducono
all'infinito la debolezza di popoli senza casa, senza patria,
sfrattati e abbandonati, senza progetti futuri
e senza ricerche di autonomia propria e di proprie risorse.
Orizzonti di speranza dovrebbero portare a tutti i
livelli la vita come valore, come esigente di diritti, di
rispetto e di giustizia.
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Prima lettera
Tessalonicesi. 3,11 - 4, 2 Voglia Dio stesso, Padre
nostro, e il Signore nostro Gesù
guidare il nostro cammino verso di voi!
Il Signore vi faccia crescere e
sovrabbondare nell’amore fra voi e
verso tutti, come sovrabbonda il nostro per
voi, per rendere saldi i vostri
cuori e irreprensibili nella
santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla
venuta del Signore nostro Gesù con tutti i
suoi santi. Per il resto,
fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel
Signore Gesù affinché, come avete
imparato da noi il modo di comportarvi e di
piacere a Dio – e così già vi comportate
–, possiate progredire ancora di
più. Voi conoscete quali
regole di vita vi abbiamo dato da parte
del Signore Gesù.
Secondo quello che raccontano gli Atti degli Apostoli, Paolo,
Silvano e Timoteo hanno raggiunto Tessalonica,
durante il secondo viaggio missionario di Paolo, probabilmente
attorno agli anni 50, espulsi da Filippi (At 16,16-40).
Paolo è ospite presso la casa di Giasone e predica
per tre settimane nella sinagoga. Ha successo, ma, per gelosia e
paura, viene provocata una rivolta della popolazione
ebraica per cui Paolo e Silvano fuggono e si rifugiano ad Atene
(At 17,10-15). Tuttavia Paolo, preoccupato per la
comunità di persone che non ha potuto conoscere e aiutare
lungamente, manda Timoteo con una lettera, non
potendo egli personalmente ritornarvi. Paolo abita, ora, a
Corinto e aspetta con trepidazione (siamo
probabilmente tra la primavera del 51 e la primavera del 52
d.C.), mentre teme le infiltrazioni di falsi
fratelli (cristiani giudaizzanti che combattono Paolo) e le
persecuzioni a cui sono soggetti i cristiani.
Quando finalmente Paolo riceve buone notizie, si
rincuora, garantendo: "siamo stati amorevoli, con voi come una
madre che ha cura dei propri figli... come un padre
abbiamo esortato ciascuno di voi" (2,7. 11). Gli resta un grande
desiderio di poter incontrare questi giovani
cristiani (3,11), e così scrive questa lettera per comunicare la
sua gioia e iniziare a risolvere alcuni
problemi di questa comunità che gli sono stati riferiti. Questo
scritto è il primo, in assoluto, dei testi del
Nuovo Testamento che ci sono giunti. Abbiamo
così, in questa lettera, il senso e la missione della vita di
una comunità cristiana, costituita in gran parte da
persone che provengono dal mondo pagano,
fondamentalmente greco (Tessalonica è l'attuale Salonicco, nella
Macedonia). Ci vengono così anche rivelati i
sentimenti fondamentali che devono reggere una comunità
credente. Paolo esprime il senso della sua
preghiera per questa comunità, augurando che possa essere “in
cammino verso la carità (carità come “amore di
comunione” che è la stessa carità di Dio: “agapè”) “Davanti a
Dio e Padre nostro.., saldi alla venuta del
Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi… possiate crescere e
sovrabbondare nell'amore fra voi e verso
tutti”. - Una comunità cresce se c'è un amore
reciproco che è generosità gratuita, a somiglianza dell’amore di
Dio. - Questo amore, per quanto è possibile,
non può darsi prospettive del limite o di selezione: ma sia "tra
voi e verso tutti", in una reciproca
attenzione. - “ Per rendere saldi e
irreprensibili i vostri cuori nella santità”, in una comunità,
si costituisce un vincolo saldo, mondato da
interessi, ma nella responsabilità personale e gratuita.
- L'orizzonte e, nello stesso tempo, la motivazione
fanno riferimento " a Dio e Padre nostro e alla venuta del
Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi”. Esiste
così una relazione con il presente (Dio Padre) ed esiste una
relazione col futuro come preparazione e attesa (la
venuta del Signore nostro Gesù). - Questo
amore deve poter provocare esempi di vita cristiana, misurata
sullo stile che Paolo stesso ha portato: "come
avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a
Dio". Allora diventa credibile l'amore
all'altro, poiché il cuore accetta di vivere con fermezza e con
responsabilità le scelte di Gesù: “per rendere saldi i
vostri cuori e irreprensibili nella santità”. Il
cuore, nella cultura ebraica, è la sede dell'intera vita
intellettuale, morale, spirituale. La solidità
della vita nasce dalla dimensione interiore piena e totale.
- La raccomandazione di Paolo non esibisce tanto una
sua superiorità ma, con lo stile e la tenerezza del
padre e della madre, richiama i figli ad imitarlo
perché egli, a sua volta, ha maturato la sapienza di Gesù.
- In fondo questo atteggiamento è ciò che la gente
intende quando dice: “Vanno a messa e si comportano
come gli altri”. Non sempre a ragione, certo, ma
vuole inviarci un messaggio, a volte confuso, spesso legato alle
proprie attese e pregiudizi ideologici e tuttavia
esigente. Paolo continua a dirci che una comunità deve essere
irreprensibile davanti a Dio e a Cristo e deve
sviluppare un amore pieno, reciproco al suo interno, e aperto a
tutti. |
Marco11, 1-11
In
quel tempo. Quando furono vicini a
Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il
monte degli Ulivi, mandò due dei suoi
discepoli e disse loro: «Andate nel
villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso,
troverete un puledro legato, sul quale nessuno è
ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E
se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”,
rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo
rimanderà qui subito”». Andarono e trovarono un
puledro legato vicino a una porta, fuori sulla
strada, e lo slegarono. Alcuni dei presenti
dissero loro: «Perché slegate questo puledro?».
Ed essi risposero loro come aveva
detto Gesù. E li lasciarono fare. Portarono il puledro da
Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed
egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri
mantelli sulla strada, altri iinvece delle fronde,
tagliate nei campi. Quelli che precedevano
e quelli che seguivano, gridavano: «Osanna!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore!
Benedetto il Regno che viene, del nostro
padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E
dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai
l’ora tarda, uscì con i Dodici verso
Betània.
Il Vangelo di Marco ha ricordato, qualche versetto prima del testo di oggi,
che "Gesù camminava davanti a loro ed essi erano stupiti;
coloro che venivano dietro erano pieni di timore"(10,32). Gesù, infatti,
camminando verso Gerusalemme, insiste nel descrivere uno
orizzonte futuro di fatti drammatici: la sua consegna ai sommi sacerdoti, la
condanna a morte, la flagellazione, la sua morte e la sua
risurrezione. Avvicinandosi tuttavia a Gerusalemme, i
discepoli cambiano di umore poiché Gesù stesso si preoccupa di
organizzare un piccolo ingresso trionfale. In un certo senso, li rassicura anche
se, nella condizione di persone continuamente sorprese e
sconcertate dalle parole e dalle scelte del Maestro, non sanno sufficientemente
collegare fatti e prospettive. In fondo, i discepoli vivono
alla giornata, mantenendo per lo più, come gli altri, la speranza di un
messianismo trionfale. Due di loro sono inviati per
trovare un asinello e, con sorpresa, avviene tutto come è stato loro detto. Il
proprietario non fa alcuna obiezione, l'asinello è portato a
Gesù dopo quella strana richiesta: "il Signore ne ha bisogno, ma lo
rimanderà qui subito". E’ l'unica volta che Marco utilizza questa
parola: “il Signore”, esprimendo così una autorità universale,
una regalità pacifica, una giustizia sorretta da un esercito di popolo umile ed
esultante. Marco non richiama il profeta Zaccaria (9,9-10) nel
suo racconto e, però, è la descrizione concreta della profezia che
si realizza: "Gerusalemme, ecco, a te viene il tuo re. Egli è umile,
cavalca un asino, un puledro figlio di d’asina. Farà sparire
il carro da guerra da Efraim e il cavallo da Gerusalemme, l'arco di guerra sarà
spezzato, annuncerà la pace alle nazioni, il suo dominio sarà
da mare a mare e dal fiume sino ai confini della terra".
Bisogna dire che Gesù provoca volontariamente, tra la gente, questo segno che
molti in fondo coltivavano come speranza nel proprio cuore.
Così Marco racconta l’entrata di Gesù in Gerusalemme in un clima di festa,
somigliante a quella che si fa per la festa delle Capanne,
(settembre-ottobre). Qui siamo in prossimità della Pasqua, ma
si ricostituisce lo stesso contesto, spontaneamente, tra la gente accampata
fuori di Gerusalemme, forse soprattutto fra i suoi amici della
Galilea che sono venuti in pellegrinaggio. Nasce una specie di
processione e di trionfo con canti e grida, in un clima di festa e un grande
agitare di palme. E se Marco non cita direttamente il profeta,
ricorda il Salmo 118,25-27, nel canto di gioia: "Ti preghiamo, Signore:
dona la salvezza! Ti preghiamo, Signore: dona la vittoria! Benedetto
colui che viene nel nome del Signore. Vi benediciamo dalla
casa del Signore. Il Signore è Dio, egli ci illumina. Formate il corteo con rami
frondosi fino agli angoli dell'altare” Così "Osanna" ("dona la
salvezza")è un grido a Dio che manda il suo Messia, discendente di
Davide, per costituire un regno. Ma quale regno?• Ci si aspetta un
avvenimento rivoluzionario. La cavalcatura é richiamo ad un
ingresso solenne. Non militare, non politico, l'entrata a Gerusalemme sarà di
pace, seguita da gente semplice, con una cavalcatura, presa a
prestito in un villaggio. Poi sarebbe stata restituita. Il trionfo
della pace è gratuito ed é offerto dalla iniziativa di Dio e degli
uomini. Il fatto, poi, che questo asinello non sia mai stato
cavalcato prima, richiama alla novità della venuta del Messia e della Pasqua, in
cui si utilizza come per il pane azzimo, il lievito nuovo. Il
culto di Israele offriva a Dio la prima parte di primizie dei raccolti e delle
greggi. Tutto quello che è presentato a Dio deve essere
perfettamente integro, mai usato prima, mai manipolato, mai di seconda
mano. Persino l’altare (Esodo 20,24-25) per le offerte e i sacrifici
dovrà essere fatto di pietre rozze e non lavorate , perché
lavorare con la lama la pietra rende l'altare profano. La gente stende i
mantelli sull'asinello (non ha finimenti e non ha una sella) e sulla strada si
crea come un corridoio in cui la gente mette a disposizione
ciò che ha di più prezioso e di più personale: i propri mantelli.
Tutta la gioia di questo popolo salvato si riassume in un
dialogo-trionfo tra gente semplice che canta la propria
liberazione. E' segno del nuovo popolo d'Israele, é richiamo alla Chiesa che
accoglie il Signore come nel proprio grembo lo ha accolto
Maria che lo ha generato al mondo. Ma poi, delle persone che
hanno seguito Gesù non c’è più traccia. Gesù le ha abbandonate all’ingresso
della città o forse del tempio. La cosa, infatti, non ha
suscitato scalpore tra i romani, né ha creato agitazione, tanto è vero che non
si richiamerà questo episodio neppure durante il processo. E’ stato
il segno della profezia, il richiamo ai suoi della pace.
Tuttavia l'ultimo versetto introduce il giudizio: "Dopo aver guardato
ogni cosa... uscì". Lo sguardo su ogni cosa prepara il rifiuto
e la ribellione, il giorno dopo, contro il commercio che si svolge nel tempio
perché Gesù vuole riportare alla purezza, alla contemplazione
e alla preghiera il luogo di Dio e del suo popolo. L'Avvento é
perciò speranza di pace che viene donata e che viene maturata.
Il Signore ci faccia capaci di vivere costruendo la pace, responsabili del tempo
che viviamo. Ma il cammino della pace suppone, prima di tutto,
l’eliminare il male, il fare pulizia, il rivedere i criteri e le scelte, il
mettere a disposizione la propria vita. La pace
nasce dalla giustizia come preoccupazione perché il mio prossimo riceva
giustizia. Perciò la pace è solidarietà nonostante la fatica,
è disinteresse e coraggio. La pace si allarga “tra voi e verso
tutti”. E’ ascolto e ricerca comune. E’ riflessione in cui si mettono insieme
tutte le energie e le intelligenze. La pace
è il desiderio di ogni creatura, al di là delle provocazioni e delle
lacerazioni. E’ superamento della propria paura e sostegno
perché le persone siano liberate dalla paura. E’ pulizia nel
linguaggio e pulizia nelle ideologie che rivede i nostri concetti del “vincere,
prevalere, sconfiggere”. |