
V DOMENICA DOPO L'EPIFANIA
5 FEBBRAIO 2012
matteo 15,21-28
Riferimenti :
isaia 60,13-14 -
salmo 86 - romani 9,21-26
Supplica. Di Davide. Signore, tendi
l'orecchio, rispondimi, perché io sono povero e infelice.
Custodiscimi perché sono fedele; tu, Dio mio, salva il tuo
servo, che in te spera. Pietà di me, Signore, a te grido tutto
il giorno. Rallegra la vita del tuo servo, perché a te, Signore,
innalzo l'anima mia. Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno
di misericordia con chi ti invoca. Porgi l'orecchio, Signore,
alla mia preghiera e sii attento alla voce della mia supplica.
Nel giorno dell'angoscia alzo a te il mio grido e tu mi
esaudirai. Fra gli dei nessuno è come te, Signore, e non c'è
nulla che uguagli le tue opere. Tutti i popoli che hai creato
verranno e si prostreranno davanti a te, o Signore, per dare
gloria al tuo nome |
isaia 60,13-14
La gloria del Libano verrà a te, cipressi, olmi e abeti insieme,
per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il
luogo dove poggio i miei piedi. Verranno a te in atteggiamento
umile
i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante
dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno Città del
Signore, Sion del Santo di Israele.
il profeta, nella prospettiva di un popolo che è tornato con
grandi sogni e con molta povertà a Gerusalemme da Babilonia,
mostra un'abbondanza inimmaginabile poiché intravvede nel futuro
la ricostruzione del tempio, splendido, con i materiali migliori
che provengono dal legno del Libano, con un popolo di
supplicanti che manifesta la devozione al Signore di
Gerusalemme, pur essendo i figli degli oppressori di un tempo.
Si scorgono sogni di ricchezza e di splendore e il futuro della
città si allarga verso una ricca città cosmopolita per tutti
popoli della terra. Il tempio di Gerusalemme è la casa di Dio,
dove il Signore appoggia i suoi piedi (riferimento all'Arca
dell'Alleanza, nel Santo dei santi, considerato lo sgabello di
Dio. Ora l'Arca non c'è più, ma continua ad esistere il luogo
dove Dio si degna di essere presente.). Il tempio è anche il
luogo verso cui si dirige il grande pellegrinaggio: vi è sparita
ogni forma di violenza e tutti coloro che lo frequentano vivono
una dimensione di consapevolezza, di responsabilità e di umile
richiesta di perdono. Questi atteggiamenti sono i migliori segni
della pace per tutti, anche per i popoli pagani: gli stranieri,
che riconoscono il Signore. Il capitolo 60 inizia con queste
parole: "Alzati, rivestiti di luce perché viene la tua luce”. Il
brano che abbiamo letto fa riferimento al legno del Libano,
prezioso e profumato, che Salomone aveva utilizzato per foderare
le pareti del tempio. In tal modo il tempio, ricostruito dopo la
distruzione, esprime lo splendore del popolo e di Dio, adorato
in un abbraccio unico, anche dai figli degli oppressori. I
capitoli del "terzo Isaia" (così viene identificato questo
profeta anonimo che, tuttavia, ha mantenuto il nome del grande
profeta Isaia, vissuto circa tre secoli prima) sono
particolarmente aperti all'incontro tra i popoli, probabilmente
perché l’esperienza dei deportati a Babilonia li ha fatti
incontrare anche con popolazioni pacifiche ed ha fatto loro
intravedere che anche questi popoli possono entrare nella
prospettiva del culto ebraico. Difatti, sempre nel testo di
Isaia (56,6-7): «Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per
servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi
servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano
fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li
colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e
i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia
casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli». Questo
testo è presente nel linguaggio di Gesù quando scaccia i
mercanti dal Tempio di Gerusalemme (Matteo 21,13).
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romani 9,21-26 Forse il
vasaio non è padrone dell'argilla, per fare con la medesima
pasta un vaso per uso nobile e uno per uso volgare? Se pertanto
Dio, volendo manifestare la sua ira e far conoscere la sua
potenza, ha sopportato con grande pazienza vasi di collera, già
pronti per la perdizione, e questo per far conoscere la
ricchezza della sua gloria verso vasi di misericordia, da lui
predisposti alla gloria, cioè verso di noi, che egli ha chiamati
non solo tra i Giudei ma anche tra i pagani, che potremmo dire?
Esattamente come dice Osea: Chiamerò mio popolo quello che non
era mio popolo e mia diletta quella che non era la diletta. E
avverrà che nel luogo stesso dove fu detto loro:
"Voi non siete mio popolo", là saranno chiamati figli del Dio
vivente.
Paolo si pone il grande interrogativo del rifiuto della fede
in Gesù e proprio su questo si sfoga con i fratelli e le sorelle
cristiane di Roma. Questo abbandono gli procura una grande
sofferenza che egli vive quotidianamente attraverso l'esperienza
di apostolo: "Provo un grande dolore e una sofferenza
continua... vorrei essere io stesso maledetto, separato da
Cristo a favore dei miei fratelli... essi possiedono la promessa
con tutti i doni che Dio ha fatto. Dovrebbero perciò credere in
Gesù e raggiungere la salvezza, ma questo popolo, nel suo
insieme, non ha creduto in Gesù” (9,3-5). Paolo si rende conto
che sta tentando di sondare la libertà di Dio. Egli sa che Dio è
sovranamente indipendente e che l'uomo deve inchinarsi davanti
al suo mistero. Ognuno di noi è come un vaso e il vasaio ha
diverse prospettive e diversi scopi da raggiungere nel suo
lavoro. Perciò alcuni vasi sono d'ornamento e altri sono di uso
comune. Non dobbiamo dimenticare la libertà di Dio né, d’altra
parte, dobbiamo dimenticare, comunque, la nostra responsabilità
per cui noi possiamo arrivare a rovinare la nostra vita. Ci
verrebbe voglia d’immaginare, perciò, che esistano vasi eletti e
vasi distrutti qualora non corrispondano al progetto di Dio. E
invece ci sono vasi eletti e vasi tollerati. Nella prospettiva
della volontà di Dio esiste la misericordia ed esiste, perciò,
il progetto della conversione per tutte le genti. Poi, ma alla
fine, esiste anche il progetto di una conversione del popolo
d'Israele, grazie alla immutabilità del suo disegno di salvezza
(cap 11). Anche in questo testo si fa riferimento alla
prospettiva di una salvezza che viene offerta a tutti i popoli
della terra e di questa prospettiva Paolo sta facendone
un'esperienza, per quanto piccola, nelle sue comunità. Egli
scopre che i frutti dello Spirito si sviluppano con coerenza e
con soddisfazione, dimostrando così che la venuta di Gesù compie
il progetto di Dio dell'Antica Alleanza, aprendosi a tutti
popoli della terra. Certamente noi credenti sappiamo di essere
stati amati dal Signore per la fede che Egli ci ha comunicato.
Ma ci ha chiamati, anche, ad essere responsabili di questo
messaggio attraverso un annuncio completamente nuovo dei valori
e della realtà che Lui stesso vive e che propone a noi. I
cristiani hanno, così, un compito esemplare di testimonianza,
tanto più importante quanto più possono offrirla in gratuità e
in generosità semplice e profonda Dice il profeta Osea che tutti
noi siamo figli di Dio, ed è una cosa enorme. Per la nostra
testimonianza mostriamo agli altri che anche per loro esiste sia
la possibilità di essere figli e anche da loro il Signore si
aspetta che maturino uno stile di gioia che i figli di Dio
devono avere nel mondo. |
matteo 15,21-28
Partito
di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone. Ed ecco una donna
Cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore,
figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio". Ma egli
non le rivolse neppure una parola. Allora i discepoli gli si accostarono
implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro". Ma egli rispose: "Non sono
stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele". Ma quella venne e
si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!". Ed egli rispose: "Non è
bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini". "È vero, Signore,
disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla
tavola dei loro padroni". Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande è la
tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.
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Rovine di Tiro, la città della Fenicia nei cui presso avvenne il
commovente episodio della donna cananea |
Questo vangelo rispecchia il problema dell'accoglienza dei pagani nella fede
che Gesù predica. La comunità cristiana farà molta fatica ad accogliere i
pagani, pur in diverse circostanze e in diversi territori. Matteo vuole allora
aiutare ad afferrare alcuni aspetti che già sono presenti nell'opera di Gesù,
anche se Gesù non li ha sviluppati a sufficienza poiché egli sentiva che la sua
missione era, prima di tutto, una missione nel popolo di Dio. Nella istruzione
che Gesù, inizialmente, propone ai 12, ricordata da Matteo, dice: "(10, 5-6) Non
andate fra i pagani e non entrate nelle città dai samaritani; rivolgetevi
piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele". E tuttavia, quando incontra
un pagano che dimostra fede, Gesù ne resta sempre meravigliato, come nel caso
del centurione di Cafàrnao. "In verità vi dico, in Israele non ho trovato
nessuno con una fede così grande" . E aggiunge: "Io vi dico che molti verranno
dall'oriente e dall'occidente e si siederanno a mensa con Abramo, Isacco e
Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori
nelle tenebre" (Matteo 8,10-12). Nel capitolo 15, immediatamente prima
dell’incontro con la donna cananea, Matteo ricorda una pesante polemica sulla
tradizione dei farisei (15,1-20). Si tratta del cibo puro e impuro e Gesù,
negando una differenza tra cibi puri e impuri, coglie immediatamente l’occasione
per capovolgere le preoccupazioni dei saggi d'Israele sul problema delle
discriminazioni e la responsabilità sul male. "Non capite che tutto ciò che
entra nella bocca passa nel ventre e viene gettato in una fogna. E invece ciò
che esce dalla bocca proviene dal cuore: questo rende impuro l'uomo?"
(15,17-18). Non ci sono cibi puri o impuri, non ci sono persone pure o impure.
E’ il nostro cuore la sede delle scelte e dal cuore sorgono, modificate, le
azioni pure o impure. Questo dialogo suppone anche la convinzione di un
orizzonte nuovo anche nei riguardi dei popoli pagani. Questa riflessione,
inaudita, viene contestata dalle persone dotte e pie, scandalizzate da una
rivoluzione che Gesù suggerisce e che le disorienta fortemente. Gesù deve
fuggire dal territorio d’Israele e si dirige verso i territori pagani, la zona
di Tiro e Sidone, che però non raggiunge ma resta ai confini. Proprio provenendo
da questa terra, una donna cananea cerca aiuto, probabilmente da tempo informata
della presenza di questo guaritore che dimostra, ancor più, una grande
misericordia e un profondo rapporto con Dio. I dialoghi sono due. Il primo è con
i discepoli che si preoccupano delle grida e delle insistenze di questa donna
che li stordisce e li mette a disagio. “Mandala via”,dicono (e non “esaudiscila”
come nella traduzione, E’ lo stesso verbo che è stato usato quando, dopo la
predicazione di Gesù, a sera ormai, e prima della condivisione del pane
spezzato, i discepoli si preoccupano che la gente non abbia da mangiare. Essi
dicono a Gesù: “Manda via la folla perché vada nei villaggi a comprarsi il cibo”
14,15). Gesù motiva il suo silenzio e noncuranza, dicendo loro di essere stato
inviato alle pecore perdute della casa d’Israele. Esiste un compito prioritario:
l’elezione di Israele. Egli deve mantenere ed assolvere le promesse di Dio al
suo popolo. Ma questa donna, che chiama Gesù una volta “Figlio di Davide”, cioè
Messia, lo chiama tre volte “Signore”. In lei si fa strada una fiducia religiosa
grandissima Il secondo dialogo è con la cananea e Gesù si comporta con durezza,
come un buon Israelita credente. Non le rivolge la parola, non si degna di uno
sguardo. Alle insistenze della donna, Gesù si fa ancora più duro. La chiama
“cane”, addolcito con “cagnolino” (nel testo) in confronto agli Israeliti che
sono le “pecore perdute”. Il cane è considerato un animale impuro e così vengono
chiamati i pagani. Ma la donna ribatte: “Non voglio il pane, ma le briciole che
cadono. (Non voglio entrare nella sala del banchetto come ospite di onore ma
almeno aspetto quello che avanza)”. E’ umile e tenace. Riconosce che ci sono
persone scelte ed altre non scelte. Riconosce la libertà di Dio e di Gesù, ma,
in sé, intuisce che il Signore sa essere misericordioso. Al di là delle
apparenze, essa è entrata nella logica del Signore più di tutti gli altri. Gesù,
finalmente, smette di recitare la parte dell’Israelita “integro” per ricordare
che il rapporto con Dio si gioca sulla fede e quindi sulla libertà che si apre.
E questa donna ha una tale fede che meraviglia anche Gesù. Con la fede vengono
esauditi il desiderio, la richiesta di guarigione e l’incontro con il
Signore-Messia. Gli avanzi, le briciole, sono già pronti nelle 12 ceste, quando,
alla fine, dopo aver sfamato la folla, Gesù ha comandato di raccoglierli. Ce n’è
per tutti, per il nuovo popolo di Dio del mondo intero costituita dalla Parola
di Gesù e annunciato dai credenti della sua Chiesa(Mt 14,20). «Pietà di me»”. E’
il “kyrie eleison” che poi è entrato nella liturgia della Chiesa. Così
l’evangelista, nella crescita della fede della donna, vuole educare la crescita
della fede dei discepoli. Gesù non ha compiuto alcuna azione, Gesù non ha
cacciato il demonio. La fede della donna è ciò che caccia il demonio. in questo
brano l’evangelista vuole educare la comunità cristiana ad aprirsi ai pagani e
far comprendere che i pagani non vanno dominati secondo la tradizione del Messia
figlio di Davide, ma vanno serviti secondo la novità del Messia Figlio di Dio
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