
II DOMENICA DOPO L'EPIFANIA
15 gennaio 2012 Giovanni 2,1-11
Riferimenti : Isaia 25,6-10 - salmo 71 -
Colossesi 2,1-10
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su
questo monte, un banchetto di grasse vivande, un banchetto di
vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli
strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti
i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la
morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni
volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire
da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in
quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché
ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. Poiché la mano del
Signore si poserà su questo monte". Moab invece sarà calpestato
al suolo, come si pesta la paglia nella concimaia.
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Isaia 25,6-10
Preparerà il Signore degli eserciti per tutti i popoli, su
questo monte, unbanchetto di grasse vivande, un banchetto di
vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli
strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti
i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la
morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni
volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire
da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato. E si dirà in
quel giorno: "Ecco il nostro Dio; in lui abbiamo sperato perché
ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato;
rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. Poiché la mano del
Signore si poserà su questo monte". Moab invece sarà calpestato
al suolo, come si pesta la paglia nella concimaia.
Questo testo fa parte di una serie di capitoli (cc 24-27)
chiamati anche “Apocalisse di Isaia”. Vi si trova la rivelazione
del giudizio definitivo di Dio contro i suoi avversari e
l’annuncio dell’inizio del dominio universale di Dio sul mondo.
Dopo che il Signore avrà sconfitto l’esercito celeste e tutti i
re della terra, si potrà celebrare la sua intronizzazione sul
monte Sion, dove egli manifesterà la sua
gloria in una dimensione cosmica (si parla del sole che
impallidisce e la luna che arrossisce: Is24,22- 23). Il capitolo
25 va compreso come seguito della intronizzazione di Dio e si
apre con un inno di lode e di gloria a Dio (25,1-5). Dio prepara
un banchetto per tutti popoli: Egli stesso celebra finalmente la
conclusione festosa per la vittoria e rappresenta il
coinvolgimento di tutti popoli per cui è garantita la pace. Si
deve ricordare che uno stesso banchetto rituale fu consumato
dopo il “patto dell’alleanza” con Mosé al Sinai (Es 24,9-11).
Anche Gesù, nel Nuovo Testamento, celebra un banchetto, prima di
morire. Esso è, nello stesso tempo, il rinnovo della Nuova
Alleanza conclusa tra Dio e tutti gli uomini della terra e gesto
continuo di comunione in un mondo che si costituirà nella pace.
Si dice infatti nel Vangelo di Matteo “Ora, mentre mangiavano,
Gesù prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e, mentre
lo dava ai discepoli, disse: «Prendete, mangiate: questo è il
mio corpo». Poi prese il calice, rese grazie e lo diede loro,
dicendo: «Bevetene tutti, perché questo è ilmio sangue
dell’alleanza, che è versato per molti per il perdono dei
peccati”. (26,26-28). Il Signore eliminerà il
dolore da tutti popoli e “da ogni volto” e vincerà la morte. In
questo brano si apre anche lo spiraglio di una speranza di
immortalità e quindi il superamento della morte. Gesù ricorderà
la risurrezione. Tutti i popoli si riconosceranno nella fede e
nella speranza del Signore e quindi vivranno nella serenità,
felicità e pace. Per tre volte viene nominato il monte del
Signore per indicare che sarà proprio Gerusalemme il punto di
confluenza della vittoria di Dio sul male. Ma ancor oggi
Gerusalemme non è il luogo della pace e dobbiamo tutti pregare
perché possa vivere in pace il suo cammino e il suo cambiamento
per la concordia dei popoli.
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Colossesi 2,1-10
Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo
sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che
non mi hanno mai visto di persona, perché i loro cuori vengano
consolati e così, strettamente congiunti nell'amore, essi
acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e
giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di
Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della
sapienza e della scienza. Dico questo perché nessuno vi inganni
con argomenti seducenti, perché, anche se sono lontano con il
corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra
condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto,
ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato
insegnato, abbondando nell'azione di grazie. Badate che nessuno
vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati
alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non
secondo Cristo. È in Cristo che abita corporalmente tutta la
pienezza della divinità, e voi avete in lui parte alla sua
pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni
Potestà.
Paolo non è stato nella città di Colossi o di Laodicea né ha
fondato queste comunità e tuttavia è preoccupato per le notizie
che gli fa giungere Epafra, un collaboratore che sembra essere
stato il fondatore di queste piccole chiese. L’apostolo se ne
sente la responsabilità, pur non avendole fondate ed usa una
immagine biblica famosa, quella che corrisponde alla lotta di
Giacobbe con l’angelo (Gen32,25-33), quando dice:”Sappiate quale
lotta debbo sostenere per voi” (2,1).. Questa “lettera ai
Colossesi”, collocata durante la prima prigionia di Paolo a Roma
(tra il 61 e il 63 d.C.), affidata a Tichico, mette in guardia
da "inganni" che vengono proposti "con argomenti seducenti".
Confluiscono, probabilmente, elementi giudaici sugli angeli ed
elementi pagani che nascono da una suggerita "filosofia". Con
questo termine Paolo indica il pensiero anche religioso che
propone idee opposte al Vangelo. E l'inganno consiste nel
ritenere presenti altri esseri accanto a Cristo o in alternativa
a lui, per garantire che possono offrire essi stessi la
salvezza: si tratta di potenze cosmiche o angeli (1,16) come
pure elementi del mondo naturali (aria, acqua, terra, fuoco).
Questo affollamento di potenze e di elementi, accanto a Cristo,
compromette la fede nella sua supremazia sul mondo. Paolo non
mette in discussione la potenza e l'attività di queste realtà,
che egli assomiglia agli angeli della tradizione giudaica
(2,15), ma chiarisce che "è in lui, cioè in Gesù, che abita
corporalmente tutta la pienezza della divinità", e voi
partecipate della "pienezza di lui che il capo di ogni
principato e di ogni potestà" (2,10). E se gli angeli hanno
svolto un ruolo di mediazione e di
amministrazione della legge finora, essi hanno solamente
preparato questo tempo. Ora quel loro ruolo è cessato. E'
Cristo, il Signore, che ha preso in mano il governo del mondo e
ha instaurato un tempo nuovo. In questo testo Paolo accenna alle
lotte che ha affrontato per salvaguardare la fede nelle comunità
di Colossi e di Laodicea. Egli desidera
fortemente portare questa comunità a conoscere sempre più
profondamente il mistero di Cristo. Paolo prega perché i “cuori
vengano consolati” (2,2) nei doni dello Spirito Santo. Egli è
sicuro che la fraternità arricchirà "di una
piena intelligenza" ciascuno di questa comunità, "per conoscere
il mistero di Dio". Il mistero di Dio è "Cristo in cui sono
nascosti tutti tesori della sapienza e della conoscenza" (2,3).
Paolo parla della mistero che è unico, superando così tutta la
letteratura giudaica. Il mistero è concentrato in Gesù che attua
insieme la rivelazione e la presenza di Dio stesso nella
concretezza storica della sua vita. Questo mistero è rivelato ai
credenti nella Chiesa. E se in Gesù sono nascosti tutti tesori
della sapienza e della conoscenza, nella parola di Dio viene
svelato che essi risplendono nella sua pienezza nel cuore dei
credenti. Questo brano aiuta a capire anche il significato del
lavoro pastorale. Paolo ritiene giusto non essere di parte.
Anzi, la frammentazione in gruppi contrapposti lacera e
isterilisce la fede (1Cor1,10ss). Il suo compito non è solo
quello di annunciare ma è anche quello di sostenere, istruire e
incoraggiare per camminare verso la piena
maturità di Cristo. Si tratta così di un faticoso lavoro
quotidiano per far progredire la comunità, rivolgendosi a tutti
perché tutti possano conoscere il Signore Gesù e vivano senza
divisioni (id).. La pastorale che Paolo sviluppa, e che fa
maturare nelle sue comunità, proponendola come stile di
vita, non è certo quella della selezione, del creare
gruppi, del preoccuparsi di una elite di persone, ma è quella di
costituire una famiglia dove ci si accolga e dove ciascuno aiuti
l'altro nelle difficoltà e nelle incomprensioni. Non a caso
questo brano orienta verso la fraternità. Perciò Gesù è la
strada, il compagno di viaggio, la meta, il progetto, il
fondamento di tutto per tutti: "Camminate dunque nel Signore
Gesù". Restando perciò in comunione con Lui, ogni credente
riceve la garanzia da parte di Gesù risorto
che egli è in noi e noi aderiamo a lui. |
Giovanni 2,1-11
Tre
giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu
invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Nel frattempo, venuto a
mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino". E Gesù
rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora". La
madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà". Vi erano là sei giare di pietra
per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili. E Gesù
disse loro: "Riempite d'acqua le giare"; e le riempirono fino all'orlo. Disse
loro di nuovo: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". Ed essi gliene
portarono. E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola,
che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto
l'acqua), chiamò lo sposo e gli disse: "Tutti servono da principio il vino buono
e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad
ora il vino buono". Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea,
manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
Gesù è invitato ad un matrimonio e Giovanni ricorda che siamo al terzo
giorno, il settimo giorno dall'inizio del Vangelo, suggerendo un particolare
valore poiché siamo alla conclusione della nuova creazione. Il racconto è
particolare. Lo si dice "il primo dei segni": “segni” e non “miracoli. I segni
che Giovanni riporta nei primi 12 capitoli sono sette, tutti nella linea del
manifestare il significato della presenza di Gesù tra noi. Nel restante testo
del Vangelo si parla "dell'ora". “L’ora” viene ricordata anche qui, ma per
negarla: "Non è ancora giunta la mia ora" (2,4). Così il Vangelo di Giovanni è
compreso “nell’ora”: la prima è anticipo per la gioia degli sposi e l’ultima ora
è la gloria di Gesù morto e risorto (GV13,1ss).. Questo testo, che è splendido e
nello stesso tempo curioso, suscita molti interrogativi di interpretazione per
cui va letto, nello stesso tempo, come un episodio ma anche come un
interessantissimo racconto simbolico. Il settimo giorno, ovviamente, è il
parallelo con il racconto della creazione, quando Dio si riposa dopo aver creato
l'uomo e la donna (Gen 1,26-27). Egli riposa con loro in una intimità che fa
superare il rapporto e l’attenzione alle cose per orientarli nella gioia della
relazione e dell’accoglienza. E, nello stesso tempo, con terzo giorno”,si
ricorda l'operato di Gesù che dalla morte risorge. La risurrezione costituisce
la pienezza della creazione e della liberazione dal male. Non si parla per nulla
della sposa e, solo marginalmente, dello sposo. Non si parla degli invitati, ma
i due personaggi fondamentali sono Maria e Gesù. Il vino è il simbolo dell'amore
coniugale nel Vecchio Testamento e, se si accetta che questo segno sia
l'immagine dell'amore di Dio verso il suo popolo, si comprende come il rapporto
tra Dio e Israele (in ebraico Israele è femminile: è la sposa)
è destinato al fallimento. La madre di Gesù (Giovanni non la chiama mai Maria ma
la “donna”) intercede perché Dio compia, per pura gratuità il dono dell'amore
pieno. E se un primo momento la risposta di Gesù sembra esprimere diffidenza e
rifiuto: "Che cosa vuoi da me" , la risposta della madre corrisponde, insieme,
all’attesa di comprensione, alla sicurezza di amore, alla disponibilità verso la
volontà di Dio, incontestabilmente. “Qualsiasi cosa vi dirà, fatela" (2,5). E
questo testo si può accostare alla promessa del popolo d'Israele prima del dono
della legge al Sinai (Es 19,8): "Quanto il Signore ha detto, noi lo faremo". Ci
sono sei anfore di pietra, monumentali, inamovibili e per quello che appare,
sono anche vuote. Manca l'acqua della purificazione e manca il vino per la gioia
dell'amore. Colui che dirige il banchetto saprà solo scoprire l'eccellenza del
vino, ma non capirà altro. Rappresenta il vecchio mentre i servitori
intravvedono il nuovo perché hanno scoperto il senso di ciò che è avvenuto. Così
Gesù, dice Giovanni, inizia una serie di gesti (segni) che dovrebbero aiutare la
comunità cristiana a intravvedere il significato della presenza di Gesù tra noi.
Ci vogliono delle persone che Intercedano, sono necessarie delle attese e
speranze sul futuro (qualcuno poteva andarsene via prima, disgustato), è
necessario che qualcuno accetti di rischiare, come i servi,
perché può sembrare di dover fare gesti inutili o addirittura ridicoli.
Solo i discepoli riescono a credere e quindi saranno i custodi di
questa novità che li porterà ad essere annunciatori nel mondo. Collegando con la
conclusione del quarto Vangelo: "E’ stato scritto perché credono che Gesù il
Messia, figlio di Dio, e credendo abbiano vita nel suo nome" (Gv 20,31), con le
nozze di Cana, in un certo senso, tutto porta già alla conclusione. Questi testi
sviluppano il progetto della pace, danno speranza di pace e offrono suggerimenti
alla pace. Il nostro tempo soffre duramente l’instabilità, conosce di più la
morte perché le notizie sul mondo ci caricano di drammatiche conoscenze che ci
coinvolgono ogni giorno. Per questo conosciamo la morte più di prima ma, meglio
di altri tempi, aspiriamo alla pace e stiamo comprendendo meglio il bisogno ed
il coraggio di costruirla. |